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CAPITOLO 29

Cristo, nostro redentore, ascende al cielo con tutti i santi che lo assistevano e porta con sé la sua Madre santissima per darle il possesso della gloria.

1509. Giunse l'ora felicissima in cui il Figlio, che nell'incarnazione si era allontanato dal cielo, doveva tornarvi per virtù propria e sedersi alla destra dell'eterno Padre, come gli toccava di diritto in quanto suo erede, generato della sua stessa sostanza e uguale a lui nella natura e nella gloria infinita. Si innalzò tanto perché prima era disceso quaggiù, come dice l'Apostolo. Aveva adempiuto pienamente quello che era stato scritto del suo avvento nel mondo, della sua vita e morte e della redenzione, e come Signore di tutto era penetrato fino al centro della terra. Pose il sigillo ai suoi misteri con questo della sua ascensione, nel quale promise lo Spirito, che non sarebbe venuto se prima egli non fosse salito all'empireo, da dove insieme con il Padre lo avrebbe inviato alla sua Chiesa. Per celebrare quel giorno tanto festoso e sublime, designò come testimoni speciali le centoventi persone alle quali aveva parlato nel cenacolo: Maria beatissima, gli Undici, i settantadue discepoli, Maria di Màgdala, Marta e Lazzaro, fratello di entrambe, le altre Marie e alcuni fedeli, uomini e donne, fino al compimento del suddetto numero.

1510. Il nostro divino pastore uscì dalla sala con questo piccolo gregge, conducendolo per le strade innanzi a sé; al suo fianco stava la Madre. Si avviarono tutti con ordine verso Betània, che distava meno di mezza lega ed era situata ai piedi del monte degli Ulivi. Gli angeli e i santi che erano stati liberati dal limbo e dal purgatorio andavano appresso al trionfatore con nuovi cantici di lode, ma solo la Vergine godeva della loro vista. La notizia della risurrezione di Gesù di Nazaret si era già divulgata lì e per tutta la Palestina. Sebbene la perfida malizia dei sommi sacerdoti cercasse di far prevalere la menzogna del furto da parte dei devoti, molti non le dettero credito. Nonostante ciò, la Provvidenza dispose che nessuno degli abitanti della città facesse caso a quella processione impedendole di procedere, e così tutti furono incapaci di conoscere un fatto tanto eccezionale; del resto, solo i centoventi giusti prescelti per contemplarlo in tale circostanza potevano distinguere il loro capitano e maestro.

1511. Con questa sicurezza in cui furono posti, tutti avanzarono fino alla cima del monte degli Ulivi e, arrivati al luogo stabilito, si distribuirono in tre cori: uno di angeli, l'altro di santi e il terzo di apostoli e di fedeli. Si divisero in due ali e sua Maestà ne formava la testa. Subito la prudentissima Principessa si prostrò davanti al suo Unigenito, lo adorò come vero Dio e salvatore, con straordinaria riverenza e umiltà, e gli chiese la sua ultima benedizione. Tutti gli altri, ad imitazione di lei, fecero lo stesso; poi, con grandi sospiri e singhiozzi, domandarono a Cristo se fosse quello il tempo in cui avrebbe ricostituito il regno di Israele. Rispose che era un segreto dell'Altissimo e non spettava a loro penetrarlo, ma per il momento era necessario e conveniente che, appena ricevuto il Paraclito, cominciassero a predicare a Gerusalemme, in Samarìa e tra tutte le genti.

1512. Dopo aver preso congedo da quella felice assemblea, con aspetto sereno e solenne congiunse le mani e iniziò a sollevarsi per virtù propria, imprimendo nel terreno le sue sacre orme. Con un dolcissimo incedere prese ad avanzare nell'aria, traendo dietro di sé gli occhi e i cuori di quei primogeniti, che lo seguivano con l'affetto tra gemiti e lacrime. Come al movimento del primo mobile corrisponde quello dei cieli inferiori, che la sua vasta sfera racchiude, così egli portò con sé le schiere dei suoi ministri e dei padri che lo accompagnavano glorificati, gli uni nelle sole anime, gli altri in corpo e anima. Si alzarono dal suolo tutti insieme e compostamente, incamminandosi con il loro sovrano. La meraviglia più mirabile che il braccio dell'Onnipotente realizzò in questa occasione, però, fu il condurre con sé la Signora per darle lassù il possesso di quella gloria e di quella sede che le aveva destinato come a vera madre, che ella aveva acquistato con i suoi meriti e che era preparata per lei per il futuro. Era già stata informata di questo favore, promessole dal Risorto nei quaranta giorni in cui le era stato accanto. Affinché quel sublime arcano non fosse ancora manifesto a nessuna creatura umana e affinché la Maestra rimanesse con i figli della Chiesa, perseverando con loro nella preghiera fino alla discesa dello Spirito Santo, come si racconta negli Atti', il potere divino con un miracolo fece in modo che stesse in due posti: restò con i discepoli e contemporaneamente fece ingresso con il Redentore nell'empireo, dove dimorò per tre giorni sul suo medesimo trono con il perfetto uso delle facoltà e dei sensi, che nel cenacolo utilizzava in misura minore.

1513. Fu innalzata con lui e gli fu collocata accanto: si adempiva ciò che aveva detto Davide riguardo alla regina seduta alla sua destra con un vestito doratoti di splendori. Ella era circondata di vari doni e di grazie davanti a quanti ascendevano con Gesù. Desidero che lo stupore di fronte a un evento tanto eccelso risvegli sempre più la devozione, ravvivi la fede e muova i credenti a magnificare l'autore di un prodigio assolutamente singolare e mai più udito. Così, avverto i lettori che, da quando mi rese noto che era sua volontà che io narrassi questa Storia e mi comandò insistentemente di accingermi a farlo, l'Eterno mi ha dischiuso numerosi e profondi misteri non tutto a un tratto, ma lentamente e nei lunghi anni che sono passati, perché l'altezza dell'argomento esige una certa disposizione. Non mi è stato accordato tutto fin dal principio, dato che la nostra limitatezza non è capace di tanta abbondanza; affinché io scriva, però, vengo nuovamente illuminata su ogni particolare in un'altra maniera. Mi sono generalmente stati comunicati nelle feste del Salvatore e di Maria, e specialmente questo, che cioè la Vergine pur continuando a stare sulla terra in modo eccezionale andò con l'Unigenito alla sua dipartita, mi è stato palesato per più anni consecutivi nelle medesime date.

1514. La certezza che la verità divina ha in sé non lascia dubbi nell'intelletto che la contempla in Dio stesso, dove tutto è luce senza tenebre e dove si conoscono insieme l'oggetto e la motivazione, ma a coloro che ascoltano bisogna che siano forniti fondamenti per dare credito a ciò che è oscuro. Questo mi avrebbe trattenuto dal parlare della salita al cielo della Principessa, se non fosse stata una mancanza troppo grave privare il testo di una simile prerogativa, che lo qualifica tanto. Tale titubanza mi si presentò quando la appresi, ma adesso non l'ho più; ho già riferito infatti nella prima parte che, appena nata, ella fu elevata fino al paradiso e in questa seconda che lo stesso accadde altre due volte nei nove giorni precedenti l'incarnazione, perché fosse preparata convenientemente a un avvenimento così grande. Se la potenza superna le fece benefici tanto enormi mentre ancora non era Madre del Verbo, affinché fosse pronta a divenirlo, è molto più accettabile che abbia voluto ripeterli quando era già consacrata come tale avendolo portato nel suo castissimo talamo, dandogli forma umana dal suo sangue puro, avendolo alimentato al suo petto con il proprio latte e avendolo allevato, e dopo che per trentatré anni lo aveva servito, seguito e imitato nella sua vita, passione e crocifissione con una fedeltà che nessuno può spiegare.

1515. Chiedersi perché l'Altissimo abbia tenuto tutto questo nascosto per tanti secoli è assai differente dal tentare di comprendere perché l'abbia effettuato. In quest'ultima ricerca dobbiamo basarci sul suo potere, sul suo immenso amore verso di lei e sulla dignità che le dette al di sopra di tutti. I mortali non giungono a ponderare interamente né l'onore di essere sua madre, né l'affetto per lei dell'Unigenito e di tutta la Trinità, né la santità a cui fu sollevata; per questa loro ignoranza, limitano la forza di sua Maestà nell'agire in suo favore, mentre egli può tutto quello che vuole. Se a lei sola offrì se stesso in modo così unico come è il farsi figlio della sua sostanza, era conseguente che nell'ordine della grazia egli con lei eseguisse in maniera del tutto insolita ciò che non era opportuno con nessun altro. Trattandosi di lei, non solo le elargizioni del Signore devono essere straordinarie, ma la regola complessiva è che non le rifiutò niente di quello che poté concederle per la sua gloria e perfezione.

1516. Quanto alla rivelazione di queste meraviglie, però, ci sono altre ragioni della provvidenza, con la quale la Chiesa viene governata e ottiene splendori sempre diversi, in relazione ai tempi e alle necessità che via via compaiono. Il fortunato giorno della grazia, che spuntò con l'incarnazione e con la redenzione, ha il suo mattino e il mezzogiorno, come avrà il suo tramonto. La sapienza del sommo sovrano determina tutto questo come e quando è vantaggioso. Benché i misteri di Cristo e della Regina siano già contenuti nei libri sacri, non vengono manifestati tutti assieme, ma l'Onnipotente ritira a poco a poco il velo delle figure e delle metafore che copre molti di essi per il momento appropriato; succede come per i raggi del sole, che rimangono celati dalle nuvole finché queste non si diradano. Non deve sconcertare che agli uomini egli mostri per parti qualcuno dei tanti riflessi della luce divina, perché agli angeli stessi non furono illustrate tutte le conseguenze, le condizioni e le circostanze dell'incarnazione, sebbene fin dal principio essi ne avessero cognizione in sostanza e in generale come fine al quale era ordinato il loro ministero verso l'umanità; anzi, ne scoprirono molto dopo più di cinquemiladuecento anni dalla creazione. La chiarezza su quanto non sapevano nei particolari provocava in essi nuova ammirazione e dava loro occasione di rendere lode a chi ne era autore, come ho spesso ribadito. Con tale esempio rispondo alla sorpresa che può sorgere in chi oda per la prima volta questo arcano, tenuto segreto in passato finché l'Eterno non ha voluto svelarlo con gli altri dei quali scrivo.

1517. Prima che fossi istruita su questo, allorché mi fu dichiarato che il nostro Salvatore aveva condotto con sé Maria nella sua ascensione, il mio stupore non fu poco. Lo presentai a lui non tanto a nome mio quanto a nome di coloro che ne sarebbero venuti a conoscenza e allora, tra l'altro, egli mi ricordò che cosa Paolo dica di se stesso quando riferisce l'estasi in cui fu innalzato fino al terzo cielo, quello dei beati, lasciando in dubbio se con il corpo o fuori di esso, senza affermare o negare alcuna di queste due eventualità. Se all'Apostolo, che aveva allora solo colpe, non molto dopo la conversione fu possibile essere ammesso all'empireo e se attribuire a Dio questo miracolo non porta pericoli o inconvenienti alla comunità ecclesiale, non è lecito supporre che sia stato donato lo stesso anche a colei che aveva tanti incommensurabili meriti? Gesù aggiunse che, se alcuni santi risuscitati poterono salire in corpo e anima con lui, c'erano motivi maggiori per accordare tale beneficio alla Vergine, alla quale, anche se esso non fosse stato dato ad alcun altro, sarebbe in qualche modo spettato per aver patito con il suo diletto. Inoltre, bisognava che ella condividesse il trionfo e l'esultanza con cui egli prendeva possesso della destra del Padre; avrebbe preso possesso di quella del Figlio, che aveva ricevuto dalla sua stessa sostanza la natura umana nella quale lasciava la terra. Ugualmente, come era giusto che Figlio e Madre non venissero separati in questa gloria, lo era anche che nessuno godesse in corpo e anima della felicità senza fine prima di lei, neppure Gioacchino e Anna o il suo sposo Giuseppe. A tutti, infatti, e al medesimo Verbo in quel giorno sarebbe mancata parte del gaudio accidentale, se ella non fosse stata con loro, entrando nella patria di lassù come colei che aveva generato il Messia ed era la Signora dell'universo, che non doveva vedersi anteporre alcuno dei suoi vassalli.

1518. Quanto ho asserito mi pare sufficiente perché la pietà cattolica si rallegri e si consoli apprendendo questa verità e quelle simili delle quali parlerò. Ritornando al discorso interrotto, paleso che sua Maestà sollevò la Regina, piena di splendore davanti agli esseri spirituali e agli eletti, con incredibile letizia e ammirazione di tutti. Fu molto opportuno che ciò fosse ancora nascosto agli Undici e agli altri fedeli, perché, se avessero potuto scorgerla allontanarsi con lui, sarebbero stati oppressi senza misura dall'afflizione e non avrebbero trovato sollievo, dato che non ne rimaneva loro uno migliore che pensare di avere accanto la pietosissima Principessa; nonostante questo, furono tanti i sospiri e i lamenti mentre osservavano il loro Maestro che se ne andava. Quando ormai stava sfuggendo dalla loro vista, una nube radiosissima si interpose tra lui e quelli che restavano nel mondo ed egli spari del tutto: in essa veniva l'Altissimo, disceso ad accogliere il suo Unigenito incarnato e colei che gli aveva dato la natura umana. Accostando entrambi a sé, li strinse in un inseparabile abbraccio di infinito amore, arrecando contentezza alle innumerevoli schiere che l'accompagnavano. In poco tempo, questa processione giunse nel luogo più eminente dell'empireo, attraversando tutti i cieli; i ministri che arrivavano da quelli inferiori e gli altri che facevano ritorno con i loro sovrani si rivolsero a quanti si erano trattenuti nelle regioni superiori, cantando le parole di Davide riguardanti questo arcano e continuando con le seguenti:

1519. «Aprite, o principi, aprite le vostre porte antiche. Si alzino e stiano spalancate, perché entri nella sua abitazione il re della gloria, il Signore delle virtù, potente in battaglia, che viene forte e vittorioso su tutti i suoi nemici. Aprite per sempre le porte del paradiso, perché ascende il nuovo Adamo, liberatore degli uomini, ricco di misericordia e dei tesori dei propri meriti, carico di spoglie e di primizie della grande redenzione che ha operato con la propria passione. Già ha riparato la nostra rovina e ci ha elevato alla suprema dignità del suo stesso essere immenso. Già si avvicina con il regno dei salvati che il Padre gli ha dato. Già la sua larga clemenza concede ai mortali il potere di acquistare legittimamente il diritto, perso per il peccato, di guadagnare la vita imperitura con il rispetto della sua legge, come suoi fratelli ed eredi dei beni di suo Padre. Per sua maggiore esaltazione e per gioia nostra ha con sé colei che gli dette la forma umana nella quale sconfisse il demonio. Ella viene tanto graziosa da deliziare chi la guarda. Uscite, uscite, contemplerete il nostro bellissimo Re con il diadema che gli pose sua Madre, e lei coronata della gloria che le dà il Figlio».

1520. Con questo giubilo, che eccede ogni nostra immaginazione, il corteo si introdusse con ordine nell'empireo. Gli angeli e i santi si disposero in due cori, e Gesù e Maria passarono in mezzo; essi li venerarono, intonando per loro inni di lode. L'Eterno pose Cristo sul trono alla sua destra, con fulgore e magnificenza tali da provocare meraviglia e timore reverenziale in costoro. Penetravano tutti con visione chiara ed intuitiva la divinità di sconfinata eccellenza racchiusa in una persona e in essa unita sostanzialmente all'umanità beatissima, e questa adornata ed innalzata alla preminenza e gloria che le risultava da quel legame indissolubile, che orecchio non ha sentito, occhio non ha visto e che mai alcuno quaggiù ha potuto immaginare.

1521. Fu allora che giunsero al culmine la modestia e la sapienza della prudentissima Vergine, che tra favori così straordinari, stando presso la predella del seggio regale nell'umile riconoscimento della propria piccolezza, prostrata adorò il Padre e lo celebrò con dei cantici per quanto comunicava al suo Unigenito, sollevando la sua umanità divinizzata ad un'altezza tanto eccelsa. Per i presenti fu un altro motivo di apprezzamento e di gaudio l'avveduta sottomissione della loro Signora, dalla quale, come da un modello vivente, copiavano, emulandola piamente, tali doti. Si udì la voce del Padre, che proclamava: «Figlia mia, ascendi più su». Anche il Figlio la chiamò: «Madre mia, levati, vieni al luogo che ti è dovuto per avere ricalcato le mie orme». Lo Spirito Santo esclamò: «Sposa e amica mia, avvicinati ai miei sempiterni abbracci». Immediatamente fu reso noto il decreto che le assegnava come sede perenne la destra del Redentore, poiché gli aveva dato la natura umana dal suo stesso sangue e lo aveva allevato, servito e seguito con tutta la pienezza di perfezione possibile a una semplice creatura. Nel tempo stesso si ordinava che nessuno potesse prendere il possesso dello stato a lui assegnato prima che ella, enormemente superiore a tutti gli altri, fosse collocata in quello che le veniva giustamente destinato per dopo il termine della sua esistenza terrena.

1522. Perché ciò si adempisse, fu messa sul trono al fianco del Salvatore. Come ella medesima e gli altri eletti intesero, non solo quel posto le apparteneva per sempre, ma poteva stabilire di restarvi da subito senza fare ritorno nel mondo. Era come volontà condizionata delle tre Persone che, per quanto dipendeva da loro, ella rimanesse in tale stato; ma, affinché fosse lei a decidere, le furono mostrate di nuovo le condizioni in cui si trovava la Chiesa militante, nonché la solitudine e le necessità dei suoi membri, la cui difesa era lasciata alla sua scelta. Così la mirabile provvidenza di Dio dette occasione alla Regina della pietà di vincere in modo sublime se stessa, e di vincolare a sé gli uomini con un atto di misericordia e magnanimità simile a quello con il quale sua Maestà aveva accettato la passibilità, sospendendo la gloria che avrebbe potuto e dovuto ricevere nel corpo allo scopo di riscattarci. Anche in questo ella lo imitò, per essere in ogni cosa somigliante a lui; capendo senza inganno tutto quello che le veniva proposto, si alzò e, stesa al cospetto della Trinità, disse: «Mio immenso Signore, accogliere fin da ora quanto la vostra benignità mi offre mira al mio riposo, mentre ricominciare ad affannarmi tra i discendenti di Adamo, aiutando i credenti, è a vostro onore e a beneficio dei miei figli esuli e pellegrini. Acconsento alla fatica e mi spoglio per adesso della gioia che mi viene dal vostro starmi accanto. Sono consapevole di ciò che mi è concesso, ma lo sacrifico al vostro amore per loro. Approvate, padrone di tutto il mio essere, la mia rinuncia, e la vostra forza si degni di guidarmi nell'arduo compito che mi avete affidato. Si estenda la fede in voi, sia magnificato il vostro nome, si moltiplichi la Chiesa acquistata con il sangue del vostro e mio Unigenito, poiché io mi consegno ancora per lavorare duramente per la vostra esaltazione e per guadagnare tutte le anime che potrò».

1523. La Principessa delle virtù arrivò a fare questa eroica e inconcepibile oblazione, così gradita all'Altissimo che egli la premiò senza indugio, disponendola con le purificazioni e illuminazioni da me altrove riferite perché lo potesse contemplare in modo intuitivo; fino a quel momento ella non aveva avuto questo tipo di visione, ma solo quella astrattiva, con tutto ciò che precede. Mentre era tanto elevata, egli le si manifestò in visione beatifica e la arricchì a tal punto di beni spirituali che a noi non è dato parlarne.

1524. Le confermò e rinnovò tutti i doni, nel grado che conveniva per inviarla un'altra volta come maestra della comunità ecclesiale, e tra essi anche il titolo di Sovrana dell'universo e di avvocata e signora dei cattolici. Come il sigillo si imprime nella morbida cera, così in lei per l'onnipotenza divina furono impresse ancora la natura umana e l'immagine di Cristo, affinché si ripresentasse con questo contrassegno alla Chiesa militante, nella quale avrebbe dovuto essere realmente giardino chiuso e sigillato per conservare le acque della vita. Oh, verità tanto venerabili quanto profonde, segreti meritevoli di ogni riverenza! Oh, carità e clemenza, mai immaginata dall'ignorante progenie di Eva! Fu rimesso alla determinazione di questa Madre unica e benevola il soccorso dei suoi devoti, secondo un piano disegnato per rivelarci in tale meraviglia l'affetto materno che forse in numerose altre sue opere per noi non avremmo compreso interamente. Avvenne per beneplacito superno, perché a lei non mancasse questa eccellenza e a noi questo debito, e perché il suo comportamento ci fosse di stimolo. A chi mai, davanti a questa straordinaria tenerezza, sembrerà molto ciò che hanno fatto i santi e patito i martiri, abbandonando qualche piacere passeggero per giungere alla pace, mentre ella si privò dell'autentico gaudio per tornare a sostenere i suoi figlioletti? Come nasconderemo la nostra confusione, quando non vogliamo perdere neppure un insignificante ed apparente diletto, che ci attira la loro inimicizia e addirittura la rovina, né per gratitudine per un favore così grande né per seguire questo esempio né per vincolarla a noi né per ottenere la sua eterna compagnia e quella del suo Gesù? Sia benedetta: la lodino i cieli, la proclamino beata tutte le generazioni.

1525. Ho posto fine alla prima parte di questa Storia con il capitolo trentunesimo dei Proverbi, illustrando con esso le splendide qualità della Regina, che fu l'unica donna forte tra noi; concludo la seconda parte con lo stesso capitolo, perché lo Spirito abbracciò tutto nella fecondità di quell'arcano scritto. Questo si verifica meglio nel mistero del quale ho trattato, per lo stato sublime in cui rimase dopo aver ricevuto tale grazia. Esporrò solo qualcosa, senza attardarmi a ripetere ciò che lì ho dichiarato e che può servire a intendere molto di quanto potrei asserire qui. Ella fu la donna forte, il cui valore venne da lontano e dagli estremi confini dell'empireo, dalla fiducia che la Trinità ebbe in lei. Non fu deluso il cuore del suo uomo, perché non gli mancò niente di ciò che si aspettava da lei. Fu la nave del mercante che dalle altezze portò l'alimento alla Chiesa, fu colei che con il frutto delle sue mani la piantò, colei che si cinse di fortezza e spiegò l'energia delle sue braccia per cose mirabili, colei che aprì le mani al misero e le stese al povero, colei che vide quanto fosse buono il suo traffico di fronte alla ricompensa della felicità imperitura, colei che coprì i suoi familiari di una doppia veste, colei alla quale non si spense la lucerna nella notte della tribolazione e che non poté temere in mezzo al rigore delle tentazioni. Per compiere questo, prima di andarsene dal paradiso, chiese al Padre il potere, al Figlio la sapienza, allo Spirito Santo il fuoco del suo amore, ed a tutte le tre Persone l'aiuto e la benedizione per discendere. Gliela dettero, mentre stava prostrata davanti al loro trono, e la colmarono di nuovi eccezionali influssi; quindi, la congedarono con delicatezza, piena dei loro tesori ineffabili. Gli angeli e tutti gli eletti la esaltarono con soavissimi cantici ed ella rientrò nel mondo, come riferirò nella terza parte narrando quanto fece durante il tempo in cui vi si fermò. Ciò fu motivo di ammirazione per essi e recò beneficio ai mortali, perché costei faticò e soffrì sempre affinché questi pervenissero alla gioia senza termine. Avendo conosciuto la carità nel suo principio e nella sua origine, cioè nel Dio che è amore`, ne restò infiammata e l'ebbe come pane giorno e notte. Passò dalla Chiesa trionfante a quella militante come ape industriosa, carica dei fiori della carità, per lavorare il dolce favo di miele dell'amore di Dio e del prossimo, con il quale nutrì i piccoli figli della comunità primitiva, allevandoli fino a renderli adulti tanto robusti e solidi da poter essere fondamenta dei suoi elevati edifici.

1526. Per completare questo capitolo, e con esso la seconda parte, riprenderò a parlare dei credenti che abbiamo lasciato in pianto sul monte degli Ulivi. Maria nella sua gloria non li dimenticò e, dalla nuvola sulla quale saliva e dalla quale non cessava di assisterli, li scorse assorti a osservare mestamente il cielo, dove il Maestro era scomparso ai loro occhi. Di fronte alla loro pena, implorò con fervore il Redentore di confortare quelle povere creature che divenivano orfane laggiù. Egli, piegandosi alle domande della Madre, spedì dalla nube due messaggeri in vesti bianche e splendenti, che apparvero in forma umana a tutti i discepoli` e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo»`. Li rinfrancarono con queste ed altre parole, perché non venissero meno per il dolore e aspettassero ritirati lo Spirito promesso dal Salvatore e la consolazione che avrebbe portato loro.

1527. Avverto che tali espressioni furono anche un rimprovero ai loro dubbi. Se fossero stati ben preparati e saldi nella carità pura, avrebbero saputo che non era necessario né utile continuare a stare rivolti verso l'alto, poiché quell'affetto tanto terreno non li metteva in grado né di distinguere né di trattenere il loro Signore; era piuttosto con la fede che potevano cercarlo dove era e certamente trovarlo. Esso era insufficiente e sterile, dato che, per muoverlo a soccorrerli con la sua grazia, non c'era bisogno che lo vedessero corporalmente e che conversassero con lui. Non capire questo era una grave mancanza in seguaci così illuminati. Erano stati a lungo alla scuola di Cristo e vi avevano bevuto la dottrina della santità alla sua stessa fonte cristallina e chiara, in modo tale che ormai avrebbero dovuto essere molto più spirituali e capaci della massima perfezione. La nostra natura, però, è tanto miserevole nel servire i sensi che vuole assaporare e amare con essi anche le cose più divine; abituata a questo e lenta nel liberarsene purificandosi, a volte si inganna quando ha caro con maggior soddisfazione e senza timori l'oggetto migliore. Ciò si realizzò per nostra istruzione negli apostoli, ai quali sua Maestà aveva rivelato non solo che egli era verità e luce, ma anche via, e che per mezzo di lui sarebbero giunti alla conoscenza del Padre dal momento che la luce non è fatta per manifestare solo se stessa né la via perché si rimanga in essa.

1528. Questo insegnamento spesso ripetuto nel Vangelo, udito proprio dalla bocca dell'Unigenito e confermato dal suo esempio, avrebbe potuto sollevare il loro cuore e il loro intelletto alla sua comprensione e pratica; ma il medesimo gusto spirituale e sensibile che ricevevano dalla familiarità con lui e la sicurezza con la quale giustamente gli erano attaccati occuparono tutte le energie della volontà legata ai sensi, per cui non riuscivano neppure a passare da quello stato a un altro, né ad avvertire che cercavano molto se stessi, attratti dalle proprie tendenze a tale piacere. Se non fosse stato il Maestro ad abbandonarli con l'ascensione, sarebbe stato assai difficile allontanarli da lui senza grande malinconia e amarezza. Così abbattuti, non sarebbero stati particolarmente adatti alla predicazione della lieta novella, che avrebbe dovuto estendersi in tutto il mondo a costo di tante fatiche e della vita stessa di quanti l'annunciavano. Non era un compito da bambini, ma da persone vigorose e forti nell'amore, non dedite al gusto sensibile dello spirito e dipendenti da esso, bensì pronte all'abbondanza e alla penuria, alla buona e alla cattiva fama, alla gloria e al disonore", alla tristezza e alla gioia, che conservassero sempre lo zelo per il nome dell'Onnipotente con animo generoso e superiore a ogni avvenimento sia prospero sia avverso. Dopo essere stati biasimati in tal maniera dagli angeli, rientrarono tutti con la Regina dal monte degli Ulivi al cenacolo, dove perseverarono insieme a lei nella preghiera attendendo la venuta dello Spirito Santo.

Insegnamento della Regina del cielo

1529. Mia eletta, concluderai felicemente questa seconda parte della mia Storia se resterai persuasa dell'efficacissima dolcezza dell'amore di Dio e della sua immensa larghezza verso coloro che non gli pongono impedimenti. All'inclinazione del sommo Bene e al suo venerabile e perfetto volere è più conforme accarezzare le creature che affliggerle, più dare loro sollievo che tribolazioni, più ricompensarle che punirle, più confortarle che angustiarle. 1 mortali ignorano questa scienza, perché desiderano che dalla sua mano vengano loro consolazioni, diletti e premi terreni e pericolosi, preferendoli a quelli veri e sicuri. Quando li corregge con dolorose prove, li fa soffrire con traversie, li educa con castighi, tenta di emendare questo rischioso errore. La natura umana, infatti, è lenta e vile: se non è coltivata e non viene rotta la sua durezza, non dà frutti maturi e saporiti, né è ben disposta per la deliziosa confidenza con lui. Dunque, è opportuno esercitarla e pulirla con il martello dei tormenti e rinnovarla nel crogiolo delle pene, perché divenga capace dei doni e dei favori divini, imparando a non vincolarsi agli oggetti materiali e fallaci, nei quali sta nascosta la rovina.

1530. Allorché mi resi conto di quanto l'eterna bontà mi aveva preparato, mi parve poco ciò che avevo sopportato. Così, essa decretò con mirabile provvidenza che io ridiscendessi alla Chiesa militante per mia propria scelta; questo, infatti, dava maggiore esaltazione a me e all'Altissimo, e il soccorso ai credenti era portato nel modo più santo. Mi sembrò doveroso privarmi per gli anni che poi trascorsi tra loro del gaudio che possedevo in cielo e tornare a ottenere nuovi guadagni con il compiacimento del Signore, perché tutto mi veniva dalla sua liberalità che mi aveva rialzato dalla polvere. Carissima, trai insegnamento dal modello che ti offro e sforzati valorosamente di imitarmi in un tempo nel quale la comunità ecclesiale è tanto desolata e non ha tra i suoi membri chi si adoperi per rincuorarla. A questo fine, voglio che tu ti impegni con coraggio, elavando dal tuo intimo invocazioni, richieste e suppliche a vantaggio dei fedeli, e se sarà necessario patendo e dando per essa la tua stessa vita. Ti garantisco che la tua sollecitudine sarà molto gradita agli occhi di mio Figlio ed ai miei. Tutto sia a gloria e onore dell'Altissimo, re dei secoli immortale e invisibile, e della sua madre santissima Maria, per tutta l'eternità.