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CAPITOLO 26

Cristo, nostro salvatore, risorge ed appare alla sua Madre beatissima, accompagnato dai santi padri del limbo.

1466. L'anima santissima di Cristo si trattenne nel limbo dalle tre e mezzo pomeridiane del venerdì sino a dopo le tre del mattino della domenica seguente. A tale ora egli tornò al sepolcro, accompagnato come principe vittorioso dagli stessi angeli che aveva portato con sé e da coloro che aveva riscattato da quelle carceri sotterranee, come spoglie della sua conquista e come pegno del suo magnifico trionfo, abbandonando prostrati e castigati i suoi ribelli nemici. Là c'erano molti altri spiriti celesti, che custodivano la tomba onorando le sacre membra unite alla divinità. Alcuni di essi, per comando della loro Regina, avevano recuperato il sangue sparso, i brandelli di carne saltati per le ferite, i capelli strappati dal sublime capo e il resto che apparteneva all'ornamento e alla totale integrità della sua umanità beatissima; di tutto ciò si prese cura la Madre della prudenza. Conservavano queste reliquie, esultando ciascuno per la parte che gli era toccato in sorte di raccogliere. Prima di ogni altra cosa, fu mostrato ai padri il corpo del loro Salvatore, piagato, lacerato e sfigurato, come lo aveva ridotto la crudeltà dei giudei. Tutti costoro lo adorarono, riconoscendolo anche da morto, e proclamarono di nuovo che veramente il Verbo fatto uomo si era caricato dei nostri dolori e aveva estinto il nostro debito, pagando con sovrabbondanza alla giustizia dell'eterno Padre quello che noi meritavamo, essendo egli irreprensibile e senza colpa. I nostri progenitori Adamo ed Eva compresero la strage compiuta dalla loro disobbedienza, il penoso rimedio che essa aveva avuto e l'immensa bontà e misericordia di Gesù. I patriarchi e i profeti videro adempiuti i loro oracoli e le speranze delle promesse superne. Sentendo nella gloria delle loro anime l'effetto della copiosa redenzione, lodarono ancora l'Onnipotente e il Santo dei santi, che l'aveva operata con una disposizione tanto meravigliosa della sua sapienza.

1467. Dopo di ciò, davanti a tutti loro, i ministri dell'Altissimo restituirono al corpo defunto i pezzi che avevano radunato come frammenti venerabili, riportandolo alla sua completezza e perfezione; nel medesimo istante l'anima santissima del Signore si ricongiunse ad esso, dandogli vita e splendore immortale. Al posto del lenzuolo e delle unzioni con cui era stato sepolto, fu rivestito dei quattro doni della gloria, cioè della chiarezza, dell'impassibilità, dell'agilità e della sottigliezza, e questi dall'anima si trasmisero al corpo divinizzato. Erano dovuti all'Unigenito come per eredità e partecipazione naturale dall'istante della sua concezione, perché fin da quel momento la sua anima santissima era stata glorificata e la sua umanità innocentissima unita alla divinità; in tale occasione, però, essi erano rimasti sospesi, senza ridondare nel corpo purissimo, per lasciarlo soggetto alle sofferenze e permettergli, privandosene, di conseguire la nostra gloria. Quando risorse gli vennero con ragione riconsegnati in misura proporzionata all'unione della sua anima con la divinità e alla gloria corrispondente. Come questa è inspiegabile ed ineffabile per la nostra scarsa capacità, così è impossibile anche definire adeguatamente con parole e con esempi quella delle sue membra divinizzate, perché a paragone anche il cristallo è oscuro. La luce che contengono e riflettono sovrasta quella degli altri corpi gloriosi come il giorno vince la notte e un migliaio di soli una singola stella. Se anche si facesse confluire in qualche essere la bellezza di tutti gli altri, sembrerebbe bruttezza al confronto e nell'intero universo non ce n'è alcuno simile.

1468. L'eccellenza di tali quattro doti superò allora di gran lunga quella che esse avevano avuto sul Tabor ed in altri frangenti nei quali Cristo aveva mutato il suo aspetto: il suo sacro corpo le aveva sempre avute di passaggio e nel modo conveniente al fine per il quale si era trasfigurato, mentre in questo caso le ebbe con pienezza per goderne perennemente. Per mezzo dell"'impassibilità" esso divenne invulnerabile rispetto ad ogni potere creato, perché niente era in grado di alterarlo o cambiarlo. Tramite la "sottigliezza" fu purificato a tal punto da poter penetrare negli altri corpi senza incontrare resistenza, come un semplice spirito; così, attraversò la pietra del sepolcro senza muoverla né spezzarla, nella stessa maniera in cui era uscito dal grembo verginale della castissima Madre. L"'agilità" lo rese tanto libero dal peso e dalla lentezza della materia da oltrepassare quella degli angeli immateriali e da dargli facoltà di spostarsi da un luogo all'altro con più rapidità di loro, come accadde nelle apparizioni agli apostoli e in altre circostanze. Le sacre piaghe, che prima deformavano il suo beatissimo corpo, diventarono nei piedi, nelle mani e nel costato così graziose e sfavillanti da farlo stupendo, in modo ammirevole. Il nostro Salvatore si alzò dalla tomba con tutta questa magnificenza e maestà, e alla presenza dei santi e dei patriarchi promise a tutto il genere umano che, come frutto della sua risurrezione, ciascuno sarebbe risuscitato nel proprio corpo e i retti sarebbero stati glorificati in esso. Come pegno di questa assicurazione e come caparra della risurrezione universale, ordinò alle anime di molti tra coloro che si trovavano lì di ricongiungersi ai loro corpi e di risuscitarli per l'immortalità. Tale comando fu immediatamente eseguito ed essi tornarono in vita, come riferisce Matteo anticipando il mistero. Fra di loro vi furono sant'Anna, san Giuseppe, san Gioacchino ed altri padri che si erano distinti nella fede e nella speranza dell'incarnazione, desiderandola e domandandola con più insistenza. Come premio per queste opere, fu anticipata la glorificazione dei loro corpi.

1469. Oh, come già si mostrava vigoroso e mirabile, vittorioso e forte questo leone di Giuda, figlio di Davide! Nessuno si destò mai dal sonno con la velocità con cui egli si svegliò dalla morte. Subito, alla sua voce imperiosa, le ossa rinsecchite e disperse di tali vecchi cadaveri si accostarono e la carne, ormai trasformata in polvere, si formò di nuovo e si unì ad esse ricostituendo l'antico corpo, migliorato dai doni di gloria che ridondavano dall'anima glorificata da cui riceveva vita. Tutti quei giusti furono fatti risorgere in un attimo e stettero in compagnia del loro Redentore, più rifulgenti del sole stesso, puri, leggiadri, trasparenti e leggeri per seguirlo ovunque. Con la loro sorte beata ci confermarono nella fiducia di contemplarlo nella nostra stessa carne, con i nostri stessi occhi, e non con quelli di altri, come aveva profetizzato Giobbe per darci consolazione. La Regina era informata di tutti questi segreti e partecipava di essi con l'illuminazione che aveva nel cenacolo. Nell'istante in cui l'anima santissima di Gesù entrò nel proprio corpo fu comunicato a quello di Maria il gaudio che era rimasto trattenuto nella sua anima, e come concentrato in essa in attesa della risurrezione di lui. Questo beneficio fu tale da portarla dalla pena alla letizia, dalla tristezza alla contentezza, dal dolore alla felicità ineffabile e al riposo. In quell'occasione Giovanni si recò a visitarla, come aveva fatto il giorno precedente, per rincuorarla nella sua amara solitudine, e scorse improvvisamente colma di splendore e di contrassegni di gloria colei che poco innanzi riconosceva appena nella sua afflizione. Si meravigliò e, avendola osservata con grande riverenza, giudicò che Cristo dovesse essere già risorto, poiché ella era così rinnovata.

1470. La Signora, con questa eccezionale esultanza e con atti sublimi che compiva di fronte a realtà tanto eccelse, cominciò a disporsi all'incontro con il suo diletto, al quale era già molto vicina. Tra gli inni, i cantici e le preghiere, sentì in sé un altro mutamento, cioè una specie di giubilo e sollievo celeste, corrispondente in modo straordinario alle tribolazioni che aveva sostenuto. Questo era differente e più elevato della ridondanza di gioia che dalla sua anima traboccava in maniera naturale nel corpo. Dopo tali effetti provò subito un terzo favore di altre elargizioni superne: avvertì che le erano infuse con diversa luce le qualità che precedono la visione di Dio, nell'illustrazione delle quali non mi soffermo, avendolo già fatto nella prima parte. Aggiungo solo che in questa circostanza ella ottenne grazie più abbondanti ed eccellenti che nelle altre, per il sacrificio di sua Maestà e i meriti da lei acquistati in esso; il conforto che le veniva dalla mano onnipotente di lui era proporzionato ai suoi molteplici affanni.

1471. Il nostro Salvatore, risorto e glorioso, arrivò da lei, che era così preparata, accompagnato da tutti i santi e i patriarchi; ella, sempre umile, si prostrò a terra e adorò il suo Unigenito, che la fece alzare e la strinse a sé. Con questo abbraccio, più intimo di quello che Maria di Màgdala bramava con la sua umanità e le sue piaghe, alla Madre vergine fu fatta una concessione assolutamente singolare, di cui ella soltanto fu degna, in quanto libera dalla legge del peccato. Anche se allora non fu la più considerevole, non avrebbe potuto accoglierla se non fosse stata sorretta dagli angeli e dal Signore stesso, perché non venissero meno le sue facoltà. Il prodigio fu che il corpo glorioso racchiuse quello della sua castissima genitrice, compenetrandosi con lei o penetrandolo con se stesso, come se un globo di cristallo tenesse dentro di sé il sole, che con i suoi raggi lo riempisse tutto di luminosità e di bellezza. Così ella si unì a lui per mezzo di quel divinissimo contatto, che fu come una porta per entrare a comprendere la gloria della sua anima e del suo corpo. Per tali privilegi, come per gradi di doni ineffabili, il suo spirito si innalzò alla cognizione di profondi arcani; mentre era in essi, udì una voce che le diceva: «Amica, ascendi più su». Per essa fu trasformata completamente e ammirò l'Altissimo in modo chiaro e intuitivo, trovando in lui, benché di passaggio, il riposo e il premio di tutte le sue angustie. Qui è necessario il silenzio, perché mancano le parole e la capacità per riferire ciò che le avvenne in tale visione, che fu più mirabile delle altre che aveva avuto. Celebriamo questo evento con stupite lodi, con congratulazioni, con amore e con riverenti ringraziamenti per quanto ci guadagnò e per quanto fu sollevata.

1472. Per alcune ore la Principessa godette di Dio con suo Figlio, partecipe della sua gloria come lo era stata del suo strazio; quindi, discese attraverso gli stessi gradi per i quali era salita e alla fine restò di nuovo reclinata sul braccio sinistro della santissima umanità, accarezzata in altra maniera dalla destra della sua divinità. Ebbe con Gesù dolcissimi colloqui sugli inesprimibili misteri della sua passione e della sua esaltazione, rimanendo in essi un'altra volta inebriata dal vino della carità, che bevve senza limitazione alla sua stessa fonte. In tale occasione le fu dato con larghezza quanto una semplice creatura poté mai ricevere, perché l'equità celeste volle compensare il "quasi aggravio" - lo chiamo così perché non mi so spiegare meglio - che, tanto integra e senza macchia, aveva sofferto con gli spasimi della crocifissione e di quanto la precedette, che furono gli stessi di Cristo; il gaudio e il beneficio corrisposero alle pene che ella aveva subito.

1473. Quindi, sempre in uno stato eccelso, si rivolse ai presenti, che riconobbe tutti insieme e ciascuno individualmente secondo il loro ordine, magnificando l'Onnipotente per ciò che la sua sconfinata misericordia aveva realizzato in ognuno. Le dette particolare gioia incontrare i suoi genitori Gioacchino e Anna, il suo sposo Giuseppe e Giovanni il Battista. Parlò a loro e poi ai patriarchi, ai profeti e ai progenitori Adamo ed Eva. Tutti si inginocchiarono contemporaneamente davanti a lei, Madre del Salvatore, causa del loro rimedio e cooperatrice della loro redenzione. Come tale vollero venerarla adeguatamente, poiché così dispose la sapienza superna; la Regina delle virtù e maestra dell'umiltà, però, si chinò al suolo e rese omaggio a tutti come era loro dovuto. Sua Maestà le permise di farlo perché costoro, benché inferiori nella grazia, le erano superiori essendo nella condizione di beati con gloria perenne, mentre ella era ancora viatrice. Continuò poi tale conversazione dinanzi all'Unigenito, e invitò loro e gli angeli ad acclamare colui che aveva prevalso sulla morte, sul peccato e sull'inferno; questi, dunque, intonarono altri cantici, salmi ed inni. Giunse così l'ora nella quale il Risorto apparve altrove.

Insegnamento della Regina del cielo

1474. Carissima, rallegrati nell'afflizione che provi nel riconoscere il tuo discorso insufficiente per esporre ciò che il tuo intimo afferra di realtà tanto sublimi quali sono quelle delle quali hai scritto. È trionfo della persona e onore del suo Autore che essa si dia per vinta di fronte ad arcani così ammirevoli, tanto più che nella carne peritura si possono capire in misura minore. Io sentii i tormenti del mio adorato e, anche se non persi la vita, sopportai in maniera inesplicabile i dolori propri del decesso. A questo ebbe proporzionatamente seguito in me una straordinaria risurrezione mistica ad un modo di essere più elevato nella perfezione e negli atti. Essendo l'Altissimo infinito, quantunque se ne partecipi molto si ha ancora tanto da intendere, gustare, amare. Perché adesso tu possa indagare qualcosa della gloria del mio Signore, della mia e di quella degli eletti, scorrendo le doti del corpo glorioso, ti voglio proporre la regola per passare a quelle dell'anima. Ti è noto che queste sono: "visione", comprensione e fruizione.,; le prime, invece, sono quelle che hai già ripetuto: "chiarezza", "impassibilità", "sottigliezza" e "agilità".

1475. A tutte queste qualità si collega in chi è in stato di grazia qualche incremento per qualsiasi azione apprezzabile, benché non maggiore del muovere una pagliuzza per amor di Dio o del porgere un bicchiere di acqua'. Per ciascuna, sebbene piccolissima, costui si procura per quando sarà in paradiso più "chiarezza" di quella di molti soli. Con l"’impassibilità" si allontana dalla corruzione mondana più di quanto riesca a respingerla con tutti i suoi sforzi, scostando da sé ciò che lo può offendere o alterare. Con la "sottigliezza" avanza nell'essere al di sopra di quello che gli può resistere e acquista nuova forza su ciò che cerca di penetrare. Riguardo all"’agilità", per ogni opera buona gli è data più velocità di quella degli uccelli, dei venti, del fuoco e di tutti gli altri elementi nel tendere verso il loro centro di attrazione. Dall'aumento delle doti del corpo dedurrai che cosa ottengano quelle dell'anima, alle quali esse corrispondono e dalle quali derivano. Nella "visione" beatifica ogni atto lodevole garantisce una cognizione degli attributi e delle prerogative dell'Eterno più profonda di quella conseguita da tutti i dottori e i dotti dei quali la Chiesa si vanta. Si estende pure la "comprensione" di tale oggetto, perché per la fermezza con cui si possiede quel sommo e inesauribile bene viene concessa al giusto ulteriore sicurezza e riposo più stimabile che se fosse suo quanto vi è di più prezioso, ricco e desiderabile, anche se l'avesse tutto senza timore di esserne privato. Nella "fruizione", per la carità con cui si agisce, sono elargiti in cielo eccellenti gradi di amore fruitivo. Mai il più intenso affetto che i mortali hanno per ciò che è materiale arrivò a poter essere paragonato con tale accrescimento, né il godimento che risulta da esso con tutto quello che si trova nell'esistenza terrena.

1476. Figlia mia, innalza le tue riflessioni: dai mirabili premi anche di un solo gesto fatto per l'Onnipotente pondera a fondo quale sarà quello dei santi, che per lui ne compirono di tanto eroici e magnifici, e patirono torture e martiri così crudeli come sono attestati. Se accade questo in loro, che sono semplici uomini e soggetti a colpe e mancanze che ritardano il merito, considera quanto più potrai quale debba essere l'enorme grandezza del mio Unigenito, e coglierai sino a che punto sia limitata la vostra capacità, soprattutto nel tempo del pellegrinaggio, per abbracciare degnamente questo mistero e farsene un giudizio appropriato. L'anima santissima di Cristo era congiunta sostanzialmente alla Persona divina ed era conseguente che Dio, dopo averle comunicato in modo ineffabile il suo stesso essere, riversasse in essa l'oceano sconfinato della medesima divinità, beatificandola in misura adeguata. Anche se Gesù non guadagnò questa gloria, perché l'ebbe fin dall'istante della sua concezione nel mio grembo per l'unione ipostatica, quello che fece in trentatré anni, nascendo in povertà, vivendo in mezzo a tribolazioni, amando come viatore, ammaestrando, soffrendo, acquistando meriti, redimendo l'intero genere umano, fondando la comunità ecclesiale e quanto la fede cattolica insegna, procurò al suo corpo purissimo gloria proporzionata a quella dell'anima. Ciò è inesprimibile ed immenso, e sarà manifestato solo quassù. Il braccio vigoroso dell'Altissimo realizzò anche in me, umile creatura, cose stupende, che mi fecero subito dimenticare i tormenti della passione. Lo stesso avvenne ai padri del limbo e avviene agli altri retti quando ricevono la ricompensa. Scordai l'amarezza e le pene che avevo dovuto sopportare, perché il sublime gaudio bandì il dolore, ma non cancellai mai dalla mia mente quello che il Redentore aveva sostenuto per tutti.