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CAPITOLO 8

 

Viene pubblicato l'editto dell'imperatore Cesare Augusto per censire la popolazione di tutto l'impero; la condotta di san Giuseppe quando ne venne a conoscenza

 

448. Fu stabilito dalla volontà immutabile dell'Altissimo che il suo Figlio unigenito dovesse nascere nella città di Betlemme. Questo decreto divino era stato predetto, molto tempo prima di adempirsi, dai Santi e dai Profeti dell'Antico Testamento; poiché la volontà del Signore è sempre infallibile. Passeranno i cieli e la terra prima che possa aver compimento, giacché nessuno può opporvisi. Il Signore dispose l'esecuzione di questo decreto per mezzo di un editto pubblicato dall'imperatore Cesare Augusto nell'impero romano, affinché, come riferisce san Luca, fosse enumerata e registrata tutta la popolazione del mondo. Si estendeva, allora, l'impero romano per gran parte della terra conosciuta, e perciò i suoi principi si chiamavano signori di tutto il mondo, non tenendo conto del resto. Tutti gli abitanti dovevano ritenersi vassalli dell'imperatore, e tributargli un determinato censo, dovuto al naturale signore del potere temporale. E ciascuno si recava ad iscriversi nel registro comune della propria città. Giunse questo editto a Nazaret; ed arrivò la notizia anche a san Giuseppe, il quale tornando a casa - perché l'aveva intesa mentre era fuori - afflitto e mesto diede spiegazione alla divina sposa sul contenuto e la novità dell'editto. La prudentissima Vergine rispose: «Non vi turbi, signore e sposo mio, l'editto dell'imperatore terreno, perché tutti i nostri eventi stanno a cuore al Signore, re del cielo e della terra; e la sua provvidenza ci sosterrà e ci verrà incontro in ogni circostanza. Rimettiamoci dunque a lui, pieni di confidenza, e vedrete che non saremo delusi».

449. A Maria santissima erano noti tutti i misteri del figlio, e conosceva inoltre le profezie e il loro compimento: l'Unigenito del Padre e suo doveva nascere a Betlemme come povero pellegrino e straniero. Nulla, comunque, di tutto questo ella manifestò a san Giuseppe, perché senza l'ordine del Signore non avrebbe mai svelato il suo segreto. E su tutto ciò che non le veniva comandato di dire taceva assennatamente, perché, nonostante nutrisse il desiderio di consolare il suo fedelissimo e santo sposo Giuseppe, voleva abbandonarsi obbediente alla guida di Dio, e comportarsi così come donna prudente e saggia. Discussero subito su ciò che dovevano fare, perché già si approssimava il parto della divina Signora, essendo inoltrata la sua gravidanza. San Giuseppe le disse: «Signora mia, regina del cielo e della terra, se non avete ordini diversi dall'Altissimo, mi pare opportuno che io vada ad adempire questo editto dell'imperatore. Potrei, anche, andarvi da solo - perché l'esecuzione di tale dovere compete ai capi delle famiglie - tuttavia non ho il coraggio di lasciarvi senza assistenza; né io posso vivere senza la vostra presenza e avere un momento di quiete standovi lontano, perché non è possibile che il mio cuore stia tranquillo senza vedervi. D'altra parte mi sembra impossibile che voi possiate venire con me a Betlemme per eseguire l'ordine dell'imperatore, essendo molto vicino il tempo del vostro divin parto. E proprio per questo motivo e per la mia povertà non oso esporvi ad un rischio tanto evidente. Il mio dolore e la mia afflizione sarebbero così indicibilmente grandi, se qualche disagio vi accadesse durante il viaggio, ed io non fossi in grado di soccorrervi. Questo pensiero mi tormenta. Vi supplico, Signora mia, di presentare ciò al cospetto dell'Altissimo e di pregarlo che ascolti il desiderio di non separarmi da voi».

450. L'umile sposa accondiscese a ciò che san Giuseppe le chiedeva. E benché non ignorasse la volontà divina, accettò di obbedire a questa richiesta. Presentò al Signore la volontà e i desideri del suo fedelissimo sposo e sua Maestà le rispose: «Amica e colomba mia, obbedisci al mio servo Giuseppe in quello che desidera. Accompagnalo nel viaggio. Io sarò con te, e ti assisterò con paterno amore nei travagli e nelle tribolazioni che per me soffrirai. Saranno molto grandi, ma il mio braccio onnipotente ti aiuterà a venirne fuori in modo glorioso. I tuoi passi saranno belli agli occhi miei. Non temere, mettiti in cammino, perché questa è la mia volontà». Immediatamente il Signore davanti agli occhi della divina Madre intimò ed ordinò ai santi angeli protettori che la servissero in quel viaggio con speciale assistenza e diligente sollecitudine, conformemente a quanto di mirabile e misterioso sarebbe potuto accadere. Oltre ai mille angeli, che abitualmente la custodivano, il Signore comandò ad altri novemila di assistere la loro Regina e signora, e di servirla, in modo che, fin dall'inizio del viaggio, l'accompagnassero tutti e diecimila assieme. Così avvenne, e tutti, come fedelissimi servi e ministri del Signore, la servivano, come dirò in seguito. La celeste Regina fu preparata e corroborata da una nuova luce divina, in cui conobbe i misteri dei travagli che l'attendevano, dopo la nascita del bambino divino, a causa della persecuzione di Erode e di altre preoccupazioni e tribolazioni che sarebbero sopravvenute. Ed ella offrì, per tutto ciò, il suo invitto cuore, senza alcun turbamento, e rese grazie al Signore per le meraviglie che in lei operava e disponeva.

451. La gran Regina del cielo ritornò con la risposta a san Giuseppe, e gli rivelò che era volontà dell'Altissimo che ella gli prestasse obbedienza e l'accompagnasse nel suo viaggio a Betlemme. Il santo sposo rimase pieno di nuovo giubilo e consolazione; e riconoscendo questo gran favore dalla mano del Signore, lo ringraziò con profondi atti di umiltà e riverenza. Quindi, parlando alla sua sposa disse: «Signora mia e causa della mia gioia, della mia felicità e della mia fortuna, mi rimane solo la sofferenza dei travagli che in questo viaggio dovete patire, dal momento che non ho i mezzi per eliminarli e rendervi il viaggio comodo ed agiato. A Betlemme, però, troveremo parenti, conoscenti ed amici della nostra famiglia; spero che saremo accolti con carità, cosicché là possiate ristorarvi della fatica del viaggio - se l'Altissimo così dispone - come io vostro servo desidero». Il santo sposo Giuseppe in cuor suo si augurava che le sue attese si avverassero, ma il Signore aveva già disposto diversamente. E proprio perché rimasero frustrati i suoi desideri, provò poi maggiore amarezza, come si narrerà. Maria santissima non palesò a Giuseppe quello che ella, illuminata dal Signore, aveva previsto riguardo il mistero del suo divin parto, benché fosse a conoscenza che nulla di quanto egli pensava sarebbe accaduto. Ed infondendogli coraggio, disse: «Sposo e signore mio, io verrò volentieri in compagnia vostra. Faremo il viaggio come poveri in nome dell'Altissimo, poiché il Signore non disprezza quella povertà che viene a cercare con tanto amore. E dal momento che la sua protezione e difesa ci saranno assicurate nella necessità e nel travaglio, riponiamo in lui la nostra confidenza. E voi signor mio gettate su di lui tutte le vostre preoccupazioni ed affanni».

452. Stabilirono, subito, il giorno della partenza; ed il santo sposo andò per Nazaret a cercare qualche bestia da soma, su cui trasportare la Signora del mondo; ma non poté facilmente trovarla, perché tanta gente stava recandosi in diverse città al fine di eseguire l'ordinanza dell'imperatore. Dopo molte accurate e penose ricerche, san Giuseppe trovò un umile asinello, che potremmo chiamare veramente fortunato. E lo fu di certo, fra tutti gli animali privi di ragione, perché non solo portò la Regina di ogni cosa creata, e con lei il Re dei re, ma anche si trovò presente alla nascita del bambino e rese al suo creatore l'ossequio che gli uomini gli negarono, come si dirà in seguito. Prepararono così il necessario per il viaggio, che durò cinque giorni. I celesti viandanti portarono le stesse cose che avevano disposto nel primo viaggio alla casa di Zaccaria, come si è già detto nel libro terzo, capitolo quinto: solamente pane, frutta ed alcuni pesci, che costituivano il cibo ordinario, anzi il più squisito di cui facevano uso. E siccome la prudentissima Vergine sapeva, per luce divina, che avrebbe fatto ritorno a casa sua dopo lungo tempo, non solo portò i panni e le fasce per il suo divin parto, ma, passando inosservata, dispose le cose in maniera tale che servissero al compimento del volere del Signore. Lasciarono così la loro casa in custodia ad una persona, perché ne avesse cura fino al loro ritorno.

453. Giunse il giorno e l'ora di partire per Betlemme. Il fedelissimo e fortunato Giuseppe trattava già con straordinaria e somma riverenza la sua sovrana sposa; e come vigilante e premuroso servo cercava di accontentarla e servirla. La pregò, allora, con grande affetto, di fargli presente tutto ciò che desiderava, per soddisfare tutti i suoi bisogni, quali il riposo e il sollievo, e per il compiacimento del Signore che portava nel suo seno verginale. L'umile Regina gradì l'espressione di queste cortesie, e la riferì, dedicandola, alla gloria ed all'ossequio del suo santissimo Figlio. Maria santissima consolò ed incoraggiò il suo sposo ad affrontare le asperità del viaggio, mentre continuamente lo assicurava della benevolenza che sua Maestà nutriva verso di lui per tutte le sue premure e la fortezza e la gioia con cui entrambi, poveri e pellegrini, avrebbero via via accettato i disagi del cammino. E prima di partire, la Regina del cielo si mise in ginocchio e pregò san Giuseppe di darle la benedizione. L'uomo di Dio oppose resistenza, provando tanta difficoltà a farlo, per la dignità della sua sposa; ma ella vinse in umiltà e dolcemente l'obbligò a dargliela. San Giuseppe lo fece con gran timore e riverenza; subito con abbondanti lacrime si prostrò a terra e la pregò di offrirlo nuovamente al suo santissimo Figlio, e di ottenergli il perdono e la divina grazia. Dopo questa preparazione partirono da Nazaret per Betlemme nel cuore dell'inverno, circostanza, questa, che rendeva il viaggio più scomodo e penoso; ma la Madre che portava nel suo seno la vita, pensava solo a conversare santamente con il bambino divino, rimirandolo sempre nel suo talamo verginale, imitandolo nei movimenti ed attribuendogli onore e gloria più di tutte le altre creature insieme.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

454. Figlia mia, in ciascuno dei capitoli, sulla storia della mia vita e sui misteri divini, che vai descrivendo, conoscerai l'ammirabile provvidenza dell'Altissimo ed il suo paterno amore verso di me, sua umile serva. Certamente, il pensiero umano non può degnamente comprendere e ponderare questi prodigi di sublime sapienza, e quindi deve venerarli con tutte le forze ed essere pronto ad imitarmi, nonché a rendersi partecipe delle grazie che il Signore mi elargì. I mortali, infatti; non devono credere che solo verso di me e per me Dio abbia voluto mostrarsi santo, onnipotente ed infinitamente buono, poiché è certo che, se un'anima anzi tutte le anime si abbandonassero completamente al volere e alla guida del Signore, subito conoscerebbero, per esperienza, quella stessa fedeltà, attenzione e amorevole forza con cui sua Maestà disponeva, tramite me, tutte le cose che riguardavano la sua gloria ed il suo servizio. Ed ancora, avvertirebbero quelle dolcissime e divine mozioni che io sentivo abbandonandomi alla sua santissima volontà; e riceverebbero anche la sovrabbondanza dei suoi doni che come in un pelago infinito stanno rinchiusi nella sua divinità. E come le acque del mare traboccherebbero con impeto invincibile, se si potesse aprire un canale verso cui defluire per naturale inclinazione, a tal guisa si riverserebbero le grazie e i benefici del Signore sopra le creature razionali, se queste aprissero il loro cuore, lasciando spazio e non ostacolando la corrente divina. Gli uomini, purtroppo, ignorano questa verità, perché non si fermano a riflettere ed a considerare le opere dell'Altissimo.

455. Quanto a te desidero che studi questa scienza e la imprimi nel tuo cuore, e che, ancora, impari dalle mie opere a tener celato ciò che serbi nel tuo intimo. Voglio poi che tu viva obbediente e sottomessa a tutti, preferendo sempre l'altrui opinione al tuo giudizio. Per obbedire ai tuoi superiori ed ai padri spirituali tu devi chiudere gli occhi, anche se pensi che succederà il contrario di quello che ti comandano: anch'io del resto sapevo che non si sarebbe mai avverato quello che il mio santo sposo sperava che accadesse nel viaggio verso Betlemme. E se un ordine ti fosse dato da una persona inferiore o uguale a te, taci e dissimula; eseguilo se non c'è peccato o imperfezione. Ascolta tutti con silenzio ed attenzione. Nel parlare sii parsimoniosa e moderata: ciò è da persona prudente ed accorta. Ti ricordo nuovamente, per tutto quello che farai; di pregare il Signore e di chiedergli la sua benedizione, affinché non ti allontani dalla sua divina benevolenza. E se ne avrai l'opportunità, chiedi anche il permesso e la benedizione al tuo padre spirituale e maestro, perché nelle tue azioni non ti manchi il merito e la perfezione, e tu possa accontentarmi in ciò che desidero da te.