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CAPITOLO 16

 

I tre re Magi vengono dall'oriente ed adorano il Verbo incarnato a Betlemme.

 

552. I tre re Magi, che vennero in cerca del bambino Gesù, erano nativi della Persia, dell'Arabia e di Saba, regioni che si trovano ad oriente della Palestina. La loro venuta fu profetizzata specialmente da Davide e prima di lui da Balaam, quando questi per volontà divina benedisse il popolo di Israele, mentre Balak, re dei moabiti, lo aveva condotto perché lo maledicesse. In queste benedizioni, Balaam disse di sé che egli avrebbe visto il re, Cristo, ma non subito, e che lo avrebbe contemplato, ma non da vicino; infatti, non lo vide di persona, ma per mezzo dei Magi suoi discendenti, e ciò non avvenne immediatamente, ma dopo molti secoli. Disse anche che sarebbe spuntata una stella da Giacobbe, perché doveva servire ad indicare colui che nasceva per regnare eternamente sulla casa di Giacobbe.

553. Questi tre re erano molto sapienti nelle scienze naturali ed istruiti nelle Scritture del popolo di Dio; per la loro sapienza furono chiamati Magi. Per la conoscenza dei testi sacri e per i colloqui avuti con alcuni ebrei, giunsero a credere nella venuta del Messia, che Israele aspettava. Erano inoltre uomini retti, sinceri e molto giusti nel dirigere i loro stati; e poiché questi non erano tanto estesi come i regni dei nostri tempi, li governavano con facilità essi stessi ed amministravano la giustizia come re saggi e prudenti, dato che questo è l'ufficio che compete al re. Perciò, lo Spirito Santo dice che Dio tiene il suo cuore in mano per dirigerlo, come un canale d'acqua, dovunque egli vuole. Avevano anche cuori grandi e magnanimi, senza avarizia né cupidigia, la quale opprime, avvilisce e restringe gli animi dei principi. Poiché questi Magi vivevano in stati non lontani tra loro, si conoscevano, comunicavano tra loro circa le virtù morali che avevano e le scienze che praticavano e si davano notizia delle cose più grandi e rilevanti che giungevano a penetrare. Erano, insomma, amici e corrispondenti fedelissimi in tutto.

554. Già si è detto come nella medesima notte in cui nacque il Verbo incarnato essi furono avvisati della sua nascita nel tempo per ministero dei santi angeli. Accadde in questa maniera: uno degli angeli della scorta della nostra Regina, superiore a quelli dei Magi, fu inviato dalla grotta e illuminò i tre angeli custodi dei tre re, dichiarando loro la volontà e il messaggio del Signore, affinché ciascuno di essi manifestasse a quello a lui affidato il mistero dell'incarnazione e della nascita di Cristo nostro redentore. Subito ciascuno dei tre angeli parlò in sogno al re di cui era custode, alla stessa ora. Questo è l'ordine comune delle rivelazioni angeliche: passare dal Signore alle anime attraverso la gerarchia degli angeli. Questa illuminazione dei re fu molto abbondante e chiara circa i misteri dell'incarnazione, perché seppero che era nato il re dei giudei, vero Dio e vero uomo, che era il Messia e redentore promesso nelle Scritture e profezie, e che sarebbe stata data loro come guida, per poterlo cercare, quella stella che Balaam aveva profetizzato. I tre re compresero anche, ciascuno da sé, che lo stesso avviso veniva dato agli altri due e che questo non era beneficio né prodigio concesso loro per rimanere ozioso, ma affinché operassero con la luce divina quello che questa avrebbe loro insegnato. Furono elevati ed accesi di grande amore e desiderio di conoscere Dio fatto uomo, di adorarlo come loro creatore e redentore, di servirlo con più sublime perfezione; li aiutavano molto per tutto questo le eccellenti virtù morali che avevano acquisito, perché con esse si trovavano ben disposti a ricevere la luce divina.

555. Dopo questa rivelazione del cielo ricevuta in sogno, i tre re si svegliarono; subito si prostrarono a terra tutti e tre alla stessa ora e adorarono in spirito l'essere immutabile di Dio. Magnificarono la sua misericordia e la sua bontà infinita per l'incarnazione del Verbo in una vergine per la redenzione del mondo e la salvezza eterna degli uomini. Immediatamente tutti e tre, guidati singolarmente da un medesimo spirito, determinarono di partire senza indugio per la Giudea in cerca del bambino Dio per adorarlo. Prepararono i tre doni da portargli: oro, incenso e mirra in quantità uguale, perché in tutto erano misteriosamente guidati; e, senza avere parlato fra sé, si trovarono concordi nelle determinazioni e nelle disposizioni. Per partire con prontezza e speditamente, approntarono in quello stesso giorno tutto il necessario: cammelli, equipaggio e servitori per il viaggio. Anziché preoccuparsi dello stupore che ciò avrebbe causato nel popolo o del fatto che andavano in un regno straniero, e con potere limitato e scarso apparato, senza avere notizie precise circa il luogo né segni per riconoscere il bambino, decisero con fervoroso zelo ed ardente amore di partire subito per cercarlo.

556. Nel medesimo tempo il santo angelo, che partito da Betlemme si era recato dai re, formò dall'etere una stella luminosissima, benché non grande come quelle del firmamento, perché bastava che fosse visibile da tale distanza, tanto da indirizzare e guidare i santi re fino alla grotta dove stava il bambino Dio. Aveva, però, un chiarore nuovo e diverso da quello del sole e con bellissima radiosità riluceva di notte come torcia luminosissima e di giorno si manifestava tra lo splendore del sole con straordinaria attività. All'uscire dalla propria casa questi re, benché ciascuno da un luogo diverso, videro la nuova stella, anche se era una sola, perché fu collocata a distanza ed altezza tali da poter essere vista da tutti allo stesso tempo. Incamminandosi tutti e tre dove li invitava la miracolosa stella, si vennero a riunire in breve tempo. Allora la stella si avvicinò molto di più a loro, abbassandosi e discendendo di molti gradi, cosicché essi potevano godere maggiormente del suo splendore. Parlarono insieme delle rivelazioni che avevano ricevuto e dell'intento di ciascuno, che era lo stesso. In tale colloquio s'infiammarono maggiormente nella devozione e nel desiderio di adorare il neonato. Restarono, inoltre, meravigliati e magnificarono l'Onnipotente per le sue opere e per i suoi sublimi misteri.

557. I Magi proseguirono il loro viaggio guidati dalla stella, senza perderla di vista finché giunsero a Gerusalemme. Per questo, come anche perché quella era la città più grande e la capitale dei giudei, stimarono che essa fosse la patria dove era nato il loro legittimo e vero re. Entrarono nella città e domandarono pubblicamente di lui, dicendo: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». Questa novità giunse all'orecchio di Erode, che in quel tempo, benché ingiustamente, regnava in Giudea e dimorava in Gerusalemme. L'iniquo re, spaventato all'udire che era nato un altro re più legittimo, restò turbato e si rattristò molto; con lui tutta la città s'inquietò, alcuni per adularlo ed altri per timore della novità. Come riferisce san Matteo, Erode comandò subito che si riunissero i sommi sacerdoti e gli scribi, ai quali domandò dove doveva nascere il Cristo, che essi secondo la loro fede e le loro Scritture aspettavano. Gli risposero che, secondo il vaticinio del profeta Michea, doveva nascere a Betlemme, perché questi aveva lasciato scritto che da quel luogo sarebbe uscito il capo che avrebbe retto il popolo d'Israele.

558. Erode, conosciuto il luogo in cui era nato il nuovo re d'Israele e meditando da quel momento di ucciderlo, licenziò i sacerdoti e chiamò segretamente i Magi per informarsi circa il tempo in cui avevano visto la stella che annunciava la sua nascita. Siccome essi glielo manifestarono con sincerità, disse loro con nascosta malizia: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». I Magi partirono e l'ipocrita re restò perplesso ed angosciato per i segni tanto certi della nascita nel mondo del legittimo Signore dei giudei. Anche se avrebbe potuto placarlo, quanto alla sicurezza di non perdere il suo potere, il sapere che non poteva regnare così presto un neonato, la prosperità umana è così debole e fallace che un bambino o un segno minaccioso, sebbene lontano, bastano a farla precipitare; e la sola immaginazione impedisce tutto il piacere e la consolazione che essa ingannevolmente offre a chi la possiede.

559. Quando uscirono da Gerusalemme, i Magi ritrovarono la stella che avevano perso al loro ingresso in città. Con la sua luce giunsero a Betlemme, alla grotta della nascita. La stella trattenne su di essa il suo corso e si abbassò entrando per la porta e, diminuendo la sua dimensione, non sparì se non dopo essersi posta sopra il capo del bambino Gesù; allora lo circondò tutto con la sua luce e subito la materia di cui era formata si dissolse. La nostra grande Regina era già stata avvisata dal Signore dell'arrivo dei re e, quando intuì che si avvicinavano alla grotta, ne diede notizia al santo sposo Giuseppe, non perché si appartasse, ma perché fosse presente al suo fianco. Anche se il sacro testo del Vangelo non lo esprime - perché ciò non è necessario per la comprensione del mistero, come non lo sono neanche altre cose che gli Evangelisti hanno passato sotto silenzio -, è certo che san Giuseppe fu presente quando i re adorarono il bambino Gesù. In ciò non era richiesta cautela, perché i Magi sapevano già per illuminazione divina che la Madre del neonato era vergine e che egli era Dio vero, non figlio di san Giuseppe. Dio non avrebbe condotto i re ad adorarlo, se fossero stati così poco istruiti da mancare in cosa tanto essenziale come il giudicarlo figlio di Giuseppe e nato da madre non vergine. Essi giungevano illuminati in tutto e con profondissima penetrazione di quanto apparteneva a così magnifici e sublimi misteri.

560. La divina Madre, con il neonato Dio tra le braccia, attendeva i devoti re; aveva incomparabile modestia e bellezza, e lo splendore del suo volto rivelava in quell'umile povertà indizi di maestà più che umana. Il bambino Dio spargeva un fulgore ancora più intenso, per cui tutta quella grotta era divenuta un cielo. I tre re orientali entrarono in essa ed alla prima vista del Figlio e della Madre rimasero a lungo meravigliati e pieni di stupore. Si prostrarono poi a terra ed in tale posizione riverirono ed adorarono il bambino, riconoscendolo come vero Dio e vero uomo e come redentore del genere umano. Alla vista e alla presenza del dolcissimo Gesù furono di nuovo illuminati interiormente dal potere divino. Conobbero la moltitudine degli spiriti angelici, che come servi e ministri del grande Re dei re e Signore dei signori` assistevano con tremore e riverenza. Quindi, si alzarono in piedi e subito si congratularono con la loro e nostra Regina per essere madre del Figlio dell'eterno Padre, arrivando a venerarla genuflessi. Le domandarono la mano per baciargliela, come nei loro regni si era soliti fare con le regine. La prudentissima Signora ritirò la sua ed offrì loro quella del redentore del mondo, dicendo: «Il mio spirito gioisce nel Signore e l'anima mia lo benedice e lo loda, perché tra tutte le nazioni vi ha chiamati e scelti per arrivare a vedere con i vostri occhi ed a conoscere colui che molti profeti e re hanno desiderato vedere, ma non hanno visto, cioè il Verbo eterno incarnato. Magnifichiamo e lodiamo il suo nome per i suoi misteri e per la misericordia che usa verso il suo popolo. Baciamo la terra, che egli santifica con la sua presenza regale».

561. A queste parole di Maria santissima i tre re si umiliarono di nuovo, adorarono il bambino Gesù e riconobbero il grande beneficio della nascita del sole di giustizia per illuminare le loro tenebre. Fatto questo, parlarono a san Giuseppe, esaltando la sua felicità nell'essere sposo della Madre di Dio, e per lei si congratularono con lui, compassionando tanta povertà ed ammirando che in Maria fossero racchiusi i maggiori misteri del cielo e della terra. Trascorsero in questo tre ore; poi, i re domandarono licenza a Maria santissima di andare in città a prendere alloggio, non essendovi posto per trattenersi nella grotta e stare con lei. Li seguivano molti, ma solo i Magi ricevettero gli effetti della luce e della grazia. Gli altri, che ponevano gli occhi e l'attenzione soltanto sull'esteriore e guardavano lo stato povero e spregevole della Madre e del suo sposo, anche se sentirono qualche meraviglia per la novità, non compresero il mistero. 1 re si licenziarono e partirono, mentre Maria santissima e Giuseppe rimasero soli con il bambino, dando gloria a sua Maestà con nuovi cantici di lode, perché il suo nome cominciava ad essere conosciuto ed adorato dalle genti. Quello che fecero dopo i re si dirà nel capitolo seguente.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

562. Figlia mia, gli avvenimenti contenuti in questo capitolo potrebbero istruire i re, i principi e gli altri figli della santa Chiesa riguardo alla pronta devozione ed umiltà dei Magi per imitarla, e alla durezza iniqua di Erode per temerla. Ciascuno raccolse il frutto delle sue opere: i re, quello della loro segnalata virtù e giustizia; Erode, quello della cieca ambizione e superbia con cui ingiustamente regnava e di altri peccati a cui lo portò la sua tendenza all'eccesso. Per quelli che vivono nel mondo basta questo, con tutte le altre forme d'istruzione che ricevono nella santa Chiesa. Quanto a te, applica a te stessa l'insegnamento di ciò che hai scritto, considerando che tutta la perfezione della vita cristiana si deve fondare sulle verità cattoliche e sulla conoscenza costante e ferma di esse, come le insegna la santa fede della Chiesa. Per imprimerle maggiormente nel tuo cuore, devi trarre profitto da tutto quello che udrai e leggerai nelle divine Scritture ed in altri libri di devozione intorno alle virtù. Questa fede santa deve tradursi in abbondanza di buone opere, attendendo sempre la visita e la venuta dell'Altissimo.

563. Con questa disposizione la tua volontà sarà pronta come io la voglio, affinché quella dell'Onnipotente trovi in te la docilità e sottomissione necessaria per non incontrare resistenza in ciò che ti manifesterà; così, al conoscerlo, tu lo potrai compiere senza altri riguardi verso le creature. Se farai ciò come devi, mi offro di essere la tua stella e di guidarti per i sentieri del Signore, affinché tu cammini velocemente sino a vedere e godere in Sion il volto del tuo Dio e sommo bene. In questo insegnamento ed in quello che accadde ai devoti re d'Oriente è racchiusa una verità essenziale per la salvezza delle anime, ma pochi sono coloro che la conoscono e ancor meno quelli che la tengono nella giusta considerazione. Tale verità è che le ispirazioni e chiamate che Dio invia alle creature regolarmente hanno questo ordine: le prime muovono ad operare alcune virtù; se l'anima corrisponde a queste, l'Altissimo ne invia altre maggiori per farla operare più eccellentemente ed essa, traendo profitto dalle une, si dispone per le altre e riceve nuovi e maggiori aiuti. I favori del Signore vanno così crescendo nella rnisura in cui la creatura corrisponde ad essi. Da ciò intenderai due cose: la prima, quanto grave danno sia disprezzare le opere di qualsiasi virtù e non compierle secondo il dettame delle divine ispirazioni; la seconda, che molte volte Dio darebbe aiuti grandi alle anime, se esse incominciassero a corrispondere a quelli minori, perché è pronto ed aspetta che gli diano modo di operare secondo l'equità dei suoi giudizi e della sua giustizia. Poiché disprezzano questo modo di procedere delle sue chiamate, egli sospende il flusso della sua Divinità e non concede ciò che desidera e che le anime riceverebbero se non frapponessero alcun ostacolo; per tale motivo, queste passano da un abisso ad un altro.

564. I Magi ed Erode presero vie contrarie. Quelli corrisposero con opere buone ai primi aiuti ed alle prime ispirazioni, disponendosi così con molte virtù ad essere chiamati e condotti dalla rivelazione divina alla conoscenza dei misteri dell'incarnazione e nascita del Verbo e della redenzione del genere umano, e da questa felicità a quella di essere santi e perfetti nel cammino del cielo. Il contrario successe ad Erode, perché la sua durezza ed il suo disprezzo del bene operare con gli aiuti del Signore lo condussero a superbia ed ambizione smisurate. E questi vizi lo portarono sino all'ultimo precipizio della crudeltà, cioè tentare di togliere la vita al Redentore del mondo prima che alcun altro uomo macchinasse ciò ed a fingersi a tal fine devoto con simulata pietà. A causa del suo furioso sdegno, per trovarlo giunse a togliere la vita a dei bambini innocenti, affinché non restassero delusi i suoi dannati e perversi disegni.