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CAPITOLO 1

 

Come l'Altissimo prepara Maria santissima al compimento del mistero dell'incarnazione nei nove giorni che lo precedono. Si narra ciò che avviene nel primo giorno.

 

1. L'Altissimo impegno la nostra Regina e signora nei doveri di sposa di san Giuseppe, ponendola così anche nell'occasione di conversare più spesso col prossimo, affinché la sua vita innocente fosse per tutti un esempio di somma santità. In questo nuovo stato, la divina Signora, era capace di pensieri tanto elevati, di decisioni così ben ponderate e di regolare tutte le azioni della sua vita con tale sapienza da provocare negli angeli una mirabile emulazione e dare agli uomini un esempio mai visto prima. Pochi la conoscevano e ancor meno avevano a che fare con lei; questi più fortunati, però, ricevevano influssi così divini da quel cielo di Maria, che con ammirabile giubilo e parole eccezionali avrebbero bramato alzare la voce e rendere nota la luce che infiammava i loro cuori, sapendo che proveniva dalla presenza di Maria purissima. Questi effetti, che la mano dell'Altissimo operava, non erano nascosti alla prudentissima Regina, ma non era ancora tempo di manifestarli al mondo, né la sua profondissima umiltà lo consentiva. Chiedeva continuamente a Dio che la nascondesse agli uomini e che tutti i favori della sua destra ritornassero solo a sua lode, lasciando che ella fosse ignorata, anzi, disprezzata da tutti i mortali, affinché non venisse offesa la sua bontà infinita.

2. Il Signore accettava in gran parte queste suppliche della sua sposa, per cui disponeva con la sua provvidenza che la stessa luce facesse ammutolire quelli che da essa venivano spinti ad esaltarla. Mossi così dalla forza divina, si arrestavano e rivolgevano l'attenzione a se stessi, lodando il Signore per la luce che percepivano. Sopraffatti dall'ammirazione, sospendevano il giudizio e, lasciando la creatura, si volgevano al Creatore, al punto che molti uscivano dal peccato solo per averla guardata e altri miglioravano la loro vita. Tutti alla sua vista si correggevano, perché ricevevano influssi celesti nelle loro anime, ma subito si dimenticavano della fonte da cui traevano il loro ravvedimento, perché se l'avessero tenuta presente o ne avessero conservato l'immagine, nessuno si sarebbe allontanato da lei; tutti, poi, l'avrebbero cercata con passione se Dio, misteriosamente, non l'avesse impedito.

3. Nelle opere da cui si coglievano tali frutti, e nell'aumento dei meriti e delle grazie da cui tutto procedeva, la nostra Regina, sposa di Giuseppe, s'impegnò per sei mesi e diciassette giorni, quanti ne passarono dal suo matrimonio all'incarnazione del Verbo. Non posso qui trattenermi a riferire dettagliatamente gli atti eroici interiori ed esteriori di tutte le virtù, di carità, di umiltà, di devozione, le elemosine, i benefici e le altre opere di misericordia che compì, perché tutto questo non si può esprimere a parole e supera le mie capacità. Il modo di manifestarlo meglio è dire che in Maria santissima l'Altissimo trovò la pienezza del suo compiacimento, l'intera soddisfazione del suo desiderio e tutta la corrispondenza dovuta da una semplice creatura al suo creatore. Da tale santità e da tali meriti Dio si trovò quasi obbligato e, a nostro modo d'intendere, costretto ad affrettare il passo e stendere il braccio della sua onnipotenza alla più grande meraviglia che si sia mai vista, sia prima che dopo, quale fu il fatto che l'Unigenito del Padre si facesse carne nel grembo verginale di questa Signora.

4. Per eseguire dunque quest'opera come si conveniva alla dignità del medesimo Dio, egli preparò in modo del tutto singolare Maria santissima nei nove giorni che precedettero immediatamente tale mistero. In questo spazio di tempo, lasciando traboccare l'impeto del fiume della Divinità perché inondasse questa Città di Dio 1 , le comunicò tanti doni e favori, che io ammutolisco alla sola conoscenza che me ne è stata data, poiché la mia limitatezza non giunge a riferire ciò che comprendo, essendo la lingua, la penna e tutte le facoltà delle creature strumenti inadeguati per rivelare misteri così mirabili. Per questo voglio che s'intenda che quanto io dirò non è che un'ombra oscura della minima parte di questo stupendo e inesplicabile prodigio, che non deve essere misurato con i nostri termini limitati, ma con lo sconfinato potere divino.

5. Nel primo giorno di questa felicissima novena avvenne che la divina principessa Maria, dopo un breve riposo che era solita prendersi, si alzò a mezzanotte a imitazione di Davide suo padre - questo era infatti l'ordine e la regola che le aveva dato il Signore - e, prostrata alla presenza dell'Altissimo, cominciò la sua solita orazione e i suoi santi esercizi. D'un tratto, le parlarono i santi angeli che l'assistevano e le dissero: «Sposa del nostro re e Signore, alzatevi, perché sua Maestà vi chiama». Ella si alzò e con amore fervoroso rispose: «Il Signore comanda che dalla polvere si sollevi la polvere». Quindi, rivolgendosi al Signore che la chiamava, continuò dicendo: «Altissimo e onnipotente Signore mio, che volete fare di me?». A queste parole la sua anima santissima fu elevata in spirito ad un'altra nuova e più alta abitazione, più vicina al Signore e più lontana da tutto ciò che è terreno e momentaneo.

6. Subito comprese che qui gli angeli la disponevano con le illuminazioni e purificazioni, che aveva ricevuto altre volte, per qualche più alta visione della Divinità. Io non mi trattengo a descriverle, perché già l'ho fatto nella prima parte. Dopo ciò, Dio le si manifestò in visione, non intuitiva ma astrattiva, benché con una evidenza e chiarezza tale che di quell'oggetto incomprensibile comprese più questa Signora in tale modo, di quanto sia possibile ai beati attraverso la visione intuitiva con cui lo conoscono e lo godono. Questa visione fu più alta e più profonda delle altre di questo genere, perché di giorno in giorno la celeste Signora se ne rendeva più capace. Poiché ne traeva profitto in modo perfetto, ogni favore la disponeva per un altro. Le ripetute comunicazioni della Divinità la rendevano più vigorosa per operare davanti a quell'Oggetto infinito.

7. In questa visione la nostra principessa Maria conobbe altissimi segreti della Divinità e delle sue perfezioni, specialmente della sua comunicazione ad extra per l'opera della creazione: come questa procedette dalla bontà e liberalità di Dio e come per il suo essere e per la sua infinita gloria non aveva necessità delle creature, perché senza di esse era già glorioso nella sua eternità interminabile prima della creazione del mondo. Inoltre, furono comunicati alla nostra Regina molti arcani misteri, che non si possono né si devono manifestare a tutti, perché ella sola fu l'unica e l'eletta per queste delizie del sommo re e Signore di ogni cosa creata. Tuttavia sua Altezza, venendo a conoscere tale propensione di Dio a comunicarsi ad extra, maggiore di quella che ha ogni elemento verso il suo centro, e trovandosi ella così presa nella sfera di quel fuoco del divino amore e da esso infiammata, supplicò l'eterno Padre perché inviasse al mondo il suo Unigenito, dando così ad un tempo agli uomini il rimedio e a Dio e alle sue perfezioni la soddisfazione e l'esecuzione che richiedevano.

8. Queste parole della sua sposa erano molto dolci per il Signore, erano la fascia purpurea con cui legava e stringeva il suo amore. Di conseguenza, per venire all'adempimento dei suoi desideri, volle preparare da vicino la dimora in cui voleva discendere dal seno del suo eterno Padre. A tale scopo, determinò di dare alla sua diletta, scelta come madre, conoscenza chiara di tutte le opere ad extra, come la sua onnipotenza le aveva formate. Così in questo giorno, nella medesima visione, le manifestò tutto ciò che aveva fatto nel primo giorno della creazione del mondo, com'è riferito nella Genesi, tanto che ella ebbe cognizione di tutte quelle opere con più chiarezza e comprensione che se le avesse avute presenti agli occhi del corpo, perché le conobbe prima in Dio e quindi in se stesse.

9. Comprese dunque come in principio il Signore creò il cielo e la terra; quanto questa era vuota, mentre le tenebre ricoprivano l'abisso; come lo Spirito del Signore aleggiava sulle acque e in che modo, al comando divino, fu fatta la luce; come, dividendo da essa le tenebre, queste si chiamarono notte e la luce giorno. In questo impiegò il primo giorno. Conobbe la grandezza della terra, la sua longitudine, latitudine e profondità, le sue caverne, che sono l'inferno, il limbo e il purgatorio, con i loro abitanti; le varie regioni, i climi, i meridiani, la divisione nelle quattro parti del mondo e tutti quelli che le occupano. Con uguale chiarezza conobbe i cieli inferiori e l'empireo e quando furono creati gli angeli nel primo giorno; ne comprese la natura, le qualità, le differenze, le gerarchie, i compiti, i gradi e le virtù. Le fu manifestata la ribellione degli angeli cattivi e la loro caduta, con le sue cause e le circostanze in cui si verificò, ma il Signore le nascondeva sempre tutto quello che riguardava lei. Le furono rivelati il castigo e gli effetti del peccato nei demoni, conoscendoli come sono in se stessi. Alla fine di questo favore del primo giorno, il Signore le fece comprendere di nuovo che ella era formata di quella vile materia della terra, della stessa natura di tutti coloro che ritornano in polvere; non le disse però che avrebbe dovuto tornare in polvere, ma le diede una così profonda conoscenza dell'essere terreno, che la Regina si umiliò sino al profondo del niente e, pur non essendo colpevole, si annientò più di tutti i figli di Adamo, che invece sono pieni di miserie.

10. L'Altissimo ordinava tutta questa visione con i suoi effetti allo scopo di scavare nel cuore di Maria fondamenta tanto profonde quanto richiedeva l'altezza della costruzione che in lei voleva edificare, dovendo questa ergersi sino all'unione sostanziale ed ipostatica con la medesima Divinità. E poiché la dignità di Madre di Dio era quasi senza termine e in qualche modo infinita, occorreva che si fondasse sopra un'umiltà ad essa proporzionata e che anche questa fosse illimitata, senza tuttavia oltrepassare i limiti della ragione. Perciò, arrivando al supremo grado della virtù, la benedetta fra tutte le donne si umiliò tanto, che la santissima Trinità restò in certo modo appagata, soddisfatta e - a nostro modo d'intendere - obbligata ad innalzarla al grado di dignità più eminente tra le creature e più vicino a Dio. Con questo beneplacito sua Maestà le pailò e le disse:

11. «Sposa e colomba mia, grande è il mio desiderio di redimere l'uomo dal peccato e la mia pietà immensa si sente come violentata, finché non discendo a salvare il mondo. Chiedimi dunque continuamente in questi giorni con grande affetto la realizzazione di questo desiderio e, prostrata alla mia regale presenza, non far cessare le tue suppliche e i tuoi gemiti, affinché l'Unigenito del Padre discenda davvero ad unirsi con la natura umana». A questo comando la divina Principessa rispose: «Signore e Dio eterno, a cui appartengono ogni potere e tutta la sapienza e alla cui volontà nessuno può resistere, chi impedisce la vostra onnipotenza? Chi trattiene il torrente impetuoso della vostra Divinità sì che non si compia il vostro beneplacito a vantaggio di tutto il genere umano? Se mai, mio amato, fossi io questo ostacolo a un beneficio così immenso, che io muoia piuttosto che resistere al vostro volere! E se questo favore non può essere meritato da creatura alcuna, almeno non vogliate, mio Signore, aspettare che ce ne rendiamo sempre più immeritevoli. I peccati degli uomini si moltiplicano e crescono di continuo a vostra offesa: come dunque giungeremo a meritare quel bene del quale ogni giorno ci rendiamo più indegni? In voi stesso si trova, mio Signore, la ragione del nostro rimedio. La vostra bontà infinita, le vostre misericordie senza numero vi obbligano; i gemiti dei Profeti e dei Padri del vostro popolo vi sollecitano, i santi vi desiderano, i peccatori vi attendono e tutti insieme alzano a voi le loro grida. E se io, vile vermiciattolo, non mi rendo indegna della vostra benignità con la mia ingratitudine, vi supplico dal profondo dell'anima mia che affrettiate il passo e veniate finalmente a salvarci per la vostra stessa gloria».

12. La Principessa del cielo terminò questa orazione e ritornò subito al suo stato più naturale e ordinario. Tuttavia, per il nuovo comando che aveva ricevuto dal Signore, protrasse per tutto quel giorno le suppliche per l'incarnazione del Verbo; con profondissima umiltà continuò a pregare prostrata a terra in forma di croce, perché lo Spirito Santo, che la guidava, le aveva insegnato quella posizione, di cui tanto si sarebbe compiaciuta la beatissima Trinità, quasi che dal suo trono regale guardasse crocifissa nel corpo della futura Madre del Verbo la persona di Cristo. Così riceveva quel sacrificio mattutino della purissima Vergine, con cui ella preveniva quello del suo Figlio santissimo.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

13. Figlia mia, i mortali non sono affatto capaci di comprendere le opere ineffabili che il braccio dell'Onnipotente operò in me mentre mi preparava all'incarnazione del Verbo eterno. Specialmente nei nove giorni che precedettero un così alto mistero, il mio spirito fu elevato verso l'essere immutabile di Dio e ad esso unito, a tal punto che restò annegato in quel mare di infinite perfezioni, partecipando di tutti questi effetti eminenti e divini, che non possono entrare in cuore umano. La conoscenza che mi comunicò delle creature penetrava fino nel loro intimo con più chiarezza e maggiori privilegi rispetto a quella di tutti gli spiriti angelici, pur tanto ammirabili in questa cognizione delle cose create, che ricevono dalla visione di Dio. Da allora in poi, le immagini di tutto ciò che intesi mi restarono impresse in modo tale da poterne sempre usare come volevo.

14. Quello che ora voglio da te è che, stando attenta a quanto io feci con l'aiuto di questa conoscenza, mi imiti secondo le tue forze mediante la luce infusa che a tal fine hai ricevuto. Approfitta della conoscenza delle creature, formando con esse una scala che ti porti al Creatore, cercando in tutte il principio da cui hanno origine e il fine a cui sono ordinate. Di tutte ti devi servire come di specchio nel quale riverbera la sua Divinità, di ricordo della sua onnipotenza e di incentivo all'amore che io voglio da te. Ammira e loda la grandezza e la magnificenza del Creatore, e alla sua presenza umiliati fino a terra, non rifiutandoti di fare né di patire cosa alcuna pur di giungere ad essere mansueta ed umile di cuore. Medita con attenzione, carissima, e vedi come questa virtù fu il fondamento fermissimo di tutte le meraviglie che l'Altissimo operò in me; e, per meglio apprezzarla, considera che tra tutte le virtù essa è tanto preziosa quanto delicata, dato che, se in qualche cosa la perdi e non sei ugualmente umile in tutte, non lo sarai con verità in nessuna. Riconosci di essere una creatura terrena e corruttibile e sappi che l'Altissimo, nella sua grande provvidenza, formò l'uomo in modo tale che la sua stessa natura gli intimasse, insegnasse e ripetesse continuamente l'importante lezione dell'umiltà. Per questo non lo formò di una materia più nobile, lasciandogli così il «peso del santuario» dentro se stesso; in tal modo, ponendo su un piatto della bilancia l'essere infinito ed eterno del Signore e sull'altro quello della sua vilissima materia, avrebbe saputo dare a Dio ciò che è di Dio e a se stesso quel che gli spetta.

15. Questo io feci con perfezione per dare un esempio e un insegnamento ai mortali e voglio che anche tu lo faccia a mia imitazione, mettendo tutta la tua attenzione e la tua sollecitudine nell'essere umile. Con ciò compiacerai l'Altissimo e me, che voglio la tua vera perfezione. Questa non può essere tale se non si basa sulle fondamenta della conoscenza di te stessa e, quanto più esse saranno profonde, tanto più alto e sublime s'innalzerà l'edificio della virtù e la tua volontà troverà un posto più intimo in quella del Signore, perché egli guarda dall'altezza del suo trono gli umili della terra 9 .