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CAPITOLO 18

 

Prosegue il mistero della concezione di Maria santissima con la seconda parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse.

 

264. Proseguendo, la versione letterale del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse si esprime così: Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello». L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

265. Questi angeli, di cui parla in questo luogo l'Evangelista, sono sette tra quelli che stanno alla presenza di Dio, ai quali egli ha dato potere di punire alcuni peccati degli uomini. Questa vendetta dell'ira dell'Onnipotente avverrà negli ultimi secoli del mondo ed il castigo sarà così nuovo che né prima né dopo nella vita mortale se ne sarà visto altro maggiore. Siccome questi misteri sono arcani e non di tutti ho luce, né appartengono tutti a questa Storia, non occorre che mi dilunghi in essi; passo subito a ciò che mi interessa. Questo angelo che parlò a san Giovanni è quello per mezzo del quale Dio vendicherà con terribile castigo le ingiurie fatte contro la sua santissima Madre, poiché, per averla disprezzata con folle audacia, hanno eccitato l'indignazione della sua onnipotenza. Essendosi la santissima Trinità impegnata ad onorare ed innalzare questa Regina del cielo sopra ogni creatura umana ed angelica e a porla nel mondo come specchio della divinità ed unica mediatrice dei mortali, Dio avrà particolare cura di punire le eresie, gli errori, le bestemmie e qualsiasi irriverenza commessa contro di lei, il non averlo glorificato, conosciuto ed adorato in questa sua dimora e il non avere approfittato di una così incomparabile misericordia. Questi castighi sono profetizzati nella Chiesa santa. E sebbene l'enigma dell'Apocalisse copra di oscurità questo rigore, guai agli infelici cui toccherà e guai a me che offesi un Dio così forte e potente nel castigo! Rimango stupefatta nel venire a conoscere una calamità così grande come Dio la minaccia.

266. L'angelo parlò all'Evangelista e gli disse: Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello. Qui dichiara che la città santa di Gerusalemme che gli mostrò è la sposa dell'Agnello, intendendo sotto questa metafora - come ho già detto - Maria santissima, che san Giovanni contemplava, madre e sposa dell'Agnello che è Cristo, perché tutti e due questi uffici la regina ebbe ed esercitò divinamente. Fu sposa di Dio, unica e singolare per la particolare fede e per l'amore con cui questo matrimonio fu compiuto. Fu madre del Signore incarnato, dandogli la sua sostanza e carne mortale ed allevandolo e nutrendolo nella forma umana che gli aveva dato. Per vedere ed intendere così alti misteri, l'Evangelista fu sollevato in spirito su di un alto monte di santità e di luce, poiché senza uscire da se stesso e sollevarsi sopra la debolezza umana non li avrebbe potuti comprendere, come per le stesse cause non li intendiamo noi creature imperfette, terrene ed abiette. Così sollevato, dice: Mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, edificata e formata non sulla terra, dove era come pellegrina e straniera, ma in cielo, dove non si poté costruire con materiali di terra semplice e comune. In verità, se dalla terra ne fu presa la natura, fu allo scopo di sollevarla al cielo, per edificare qui questa città mistica in modo tutto celestiale, angelico ed anche divino e simile alla Divinità.

267. Aggiunge che era risplendente della gloria di Dio, poiché l'anima di Maria santissima partecipò della divinità, dei suoi attributi e delle sue perfezioni in modo tale che, se fosse possibile vederla nel suo proprio essere, apparirebbe illuminata con lo splendore eterno del medesimo Dio. Cose grandi e magnifiche sono state dette nella Chiesa cattolica su questa città di Dio e sulla gloria che ricevette dallo stesso Signore. Eppure, tutto è poco ed i termini umani sono insufficienti, cosicché l'intelletto creato, vedendosi vinto, finisce per dire che Maria santissima ebbe un non so che della Divinità, confessando così la verità nella sostanza ed allo stesso tempo la propria ignoranza inabile a spiegare ciò che si riconosce vero. Se fu costruita in cielo, solo il suo artefice conosce la sua grandezza, la parentela e l'affinità che egli contrasse con Maria santissima, assimilando le perfezioni che le donò a quelle stesse che racchiude in sé la sua infinita divinità e grandezza.

268. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Non è tanto difficile intendere come assomigli al cristallo e al diaspro insieme, cose così dissimili tra loro, quanto lo è comprendere come sia somigliante a Dio; però, per mezzo di quella similitudine conosceremo in qualche modo quest'ultima. Il diaspro contiene molti colori, aspetti e molteplicità di ombre, di cui si compone; invece, il cristallo è chiarissimo, purissimo ed uniforme. Tutti e due insieme formano una singolare e bella varietà. L'anima di Maria santissima fu composta ed intessuta di diverse virtù e perfezioni, in modo tale che tutte queste grazie, e lei stessa, furono simili ad un cristallo purissimo, senza neo né atomo di colpa. Anzi, nella sua limpidezza e purezza, ella riflette e presenta aspetti di divinità, come il cristallo che, colpito dal sole, pare lo tenga dentro di sé riverberando come il sole stesso. Questo diaspro cristallino ha anche delle ombre, poiché Maria è figlia di Adamo, non più che creatura, e tutto il suo splendore le è comunicato dal sole della Divinità. Così, benché sembri sole divino, non lo è per natura, ma per partecipazione e comunicazione della sua grazia; è creatura formata e plasmata dalla mano dello stesso Dio, ma quale doveva essere per divenire sua Madre.

269. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte. I misteri racchiusi in questa muraglia ed in queste porte di una tale città mistica, cioè Maria santissima, sono così grandi ed imperscrutabili che io, donna ignorante e tarda, potrò difficilmente esprimere a parole ciò che mi verrà rivelato. Avverto che nel primo istante della concezione di Maria santissima, quando Dio le si manifestò per mezzo di quella visione ed in quel modo che ho riferito sopra, tutta la beatissima Trinità - a nostro modo di intendere - fece un accordo e quasi un contratto con questa signora, come rinnovando gli antichi decreti di crearla ed esaltarla, ma senza per il momento darne a lei conoscenza. Avvenne con un dialogo tra le tre divine Persone, in cui si espressero così:

270. «La dignità che stiamo per dare a quella semplice creatura, di nostra sposa e Madre del Verbo, richiede come cosa a lei dovuta che noi la costituiamo regina e signora dell'intero creato. Per questo, oltre ai doni ed alle ricchezze della nostra divinità, che le concediamo in dote per lei stessa, conviene che le diamo autorità di disporre dei tesori delle nostre misericordie infinite, perché da essi possa trarre e distribuire a suo piacere le grazie ed i favori necessari ai mortali, specialmente a quelli che la invocheranno come suoi figli e devoti, e perché possa arricchire i poveri, risanare i peccatori, fare grandi i giusti ed essere universale patrocinio di tutti. Perciò, affinché tutte le creature la riconoscano come loro Regina, superiora e depositaria dei nostri beni infiniti con facoltà di poterli dispensare, le consegneremo le chiavi del nostro cuore e volere, dovendo essere in tutto l'esecutrice del nostro beneplacito con le creature. Le daremo anche dominio e potere sul dragone nostro nemico e su tutti i suoi alleati, cosicché temano la sua presenza ed il suo nome e da questo siano schiacciati e fatti svanire i loro inganni. Inoltre, tutti i mortali che ricorreranno a questa città di rifugio, lo trovino certo e sicuro, senza timore dei demoni né dei loro inganni».

271. Senza manifestare all'anima di Maria santissima tutto ciò che era contenuto in questo decreto ed in questa promessa, il Signore in quel primo istante le comandò di pregare con affetto e di intercedere per tutti, procurando e sollecitando la loro salvezza eterna, specialmente per quelli che si fossero raccomandati a lei nel corso della loro vita. La santissima Trinità le prometteva che in quel rettissimo tribunale niente le sarebbe stato mai negato: comandasse, dunque, al demonio cacciandolo con autorità e forza da tutte le anime, poiché in tutto questo l'avrebbe assistita il braccio dell'Onnipotente. Non le fu, però, rivelata la ragione per cui le veniva concesso tale favore e gli altri contenuti in esso, e cioè che doveva diventare Madre del Verbo. Perciò san Giovanni, dicendo che la città santa aveva un grande e alto muro, volle significare questo beneficio fatto da Dio a sua Madre costituendola sacro rifugio, custodia e difesa degli uomini, affinché tutti i figli di Adamo trovassero ciò in lei come in una città forte e dentro una muraglia sicura contro i nemici e facessero ricorso a lei come a regina potente, signora dell'intero creato e dispensatrice di tutti i tesori del cielo e della grazia. Dice, poi, che questa muraglia era molto alta, perché il potere di Maria purissima per vincere il demonio e per sollevare le anime alla grazia è così alto che è prossimo a Dio stesso. Insomma, questa città è così ben guarnita e difesa ed è talmente sicura per sé e per quanti cercano in essa protezione che tutte le forze create non potranno mai conquistare né scalare le sue mura; lo può solo Dio.

272. Queste mura della città santa hanno dodici porte, perché il suo ingresso è libero ed aperto a tutte le nazioni e le generazioni, senza escluderne alcuna. Tutti, anzi, essa invita, affinché nessuno - se non lo vuole - sia privato della grazia e dei doni dell'Altissimo né della sua gloria, per mezzo della Regina madre di misericordia. Sulle dodici porte stanno dodici angeli. Questi santi principi sono i dodici da me sopra citati tra i mille che furono destinati alla custodia della Madre del Verbo che stava per incarnarsi. Ministero di questi dodici angeli, oltre che l'assistenza alla regina, fu il servirla specialmente nell'ispirare e difendere le anime che con devozione invocano Maria nostra regina in loro difesa e si distinguono nella devozione, nella venerazione e nell'amore verso di lei. L'Evangelista dice che li vide sulle porte di questa città perché essi sono ministri che agiscono nell'aiutare, ispirare e dirigere i mortali, cosicché entrino per le porte della pietà di Maria santissima all'eterna felicità. E molte volte ella li manda con ispirazioni e favori, affinché sottraggano dai pericoli e dalle tribolazioni dell'anima e del corpo coloro che la invocarlo e sono suoi devoti.

273. Soggiunge che avevano nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele, perché gli angeli ricevono i loro nomi dal ministero e dall'ufficio per cui vengono inviati nel mondo. Poiché questi dodici principi assistevano la Regina del cielo specialmente per cooperare secondo il suo volere alla salvezza degli uomini e poiché sotto il nome delle dodici tribù d'Israele sono significati tutti gli eletti che formano il popolo santo di Dio, l'Evangelista dice che tali angeli avevano i dodici nomi delle dodici tribù, come destinati ciascuno alla propria tribù, e che attendevano alla protezione ed alla cura di quanti per queste porte dell'intercessione di Maria santissima sarebbero entrati nella Gerusalemme celeste da tutte le nazioni e le generazioni.

274. Meravigliandomi io di tale e tanta grandezza di Maria purissima e che ella fosse la mediatrice e la porta per tutti i predestinati, mi fu fatto intendere che questo beneficio corrispondeva all'ufficio di madre del Cristo e al beneficio che come madre aveva fatto al suo Figlio santissimo ed agli uomini: aveva donato a lui dal suo purissimo sangue e dalla sua sostanza il corpo umano, con cui avrebbe patito e redento gli uomini. Così, in qualche maniera ella pati e morì in Cristo per questa unità di carne e di sangue; inoltre, lo accompagnò nella sua passione e morte, che pati volontariamente come poté, con sovrumana umiltà e fortezza. Per questo, avendo cooperato alla passione ed avendo dato a suo Figlio la sostanza in cui soffrire per il genere umano, il Signore in cambio la fece partecipe della dignità di redentrice e le consegnò i meriti ed il frutto della redenzione affinché li distribuisse e solo per sua mano venissero comunicati ai salvati. Oh, ammirabile tesoriera di Dio, quanto sicure si trovano nelle tue divine e liberali mani le ricchezze della destra dell'Onnipotente! La città aveva a oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. A ciascuna parte del mondo corrispondono tre porte e nel numero di tre dispensa a tutti noi mortali quanto possiedono cielo e terra, anzi quello stesso che diede l'esistenza a tutto il creato, cioè le tre divine Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciascuna delle tre vuole e dispone che Maria santissima abbia porte per sollecitare i doni di Dio a favore dei mortali. E sebbene sia un Dio solo in tre Persone, ciascuna delle tre le dà ingresso e libero accesso perché questa purissima Regina entri al tribunale della santissima Trinità per intercedere, chiedere ed ottenere doni e grazie da distribuire ai suoi devoti che la cercheranno e la legheranno a sé in qualsiasi parte del mondo, cosicché in nessun luogo ci sia scusa per alcuno dei mortali di ogni generazione e nazione, essendovi non una sola, ma tre porte aperte verso tutte le parti dell'universo. Già accedere ad una città che abbia libero ed aperto l'ingresso per una porta è cosa così facile che se qualcuno non entrasse non sarebbe per mancanza di porte, ma perché egli stesso si trattiene e non vuole mettersi in salvo. Che cosa potranno qui rispondere gli increduli, gli eretici ed i pagani? E che cosa i cattivi cristiani e i peccatori ostinati? Se i tesori del cielo stanno in mano alla nostra Madre e signora, se ella per mezzo dei suoi angeli ci chiama e sollecita e se è la porta, anzi molte porte del cielo, come avviene che siano tanti quelli che se ne stanno fuori e tanto pochi quelli che vi entrano?

275. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. I basamenti immutabili e forti su cui Dio edificò la città santa di Maria sua madre furono tutte le virtù che lo Spirito Santo le dava con speciale disposizione. Dice poi che furono dodici, con i dodici nomi degli Apostoli, sia perché ella fu fondata al di sopra della più alta santità di coloro che sono i più grandi tra i santi, secondo quel detto di Davide per cui le sue fondamenta sono sui monti santi, sia perché la santità e la sapienza di Maria furono per gli Apostoli il loro fondamento e la loro fermezza dopo la morte di Cristo e la sua ascesa al cielo. Anche se sempre fu loro maestra ed esempio, allora fu lei sola il maggiore sostegno della Chiesa primitiva. Essendo stata destinata a questo ministero fin dalla sua immacolata concezione mediante le grazie e le virtù corrispondenti, viene detto qui che i suoi basamenti erano dodici.

276. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro e misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. In queste misure l'Evangelista racchiuse grandi misteri riguardanti la dignità, le grazie, i doni ed i meriti della Madre di Dio. Fu veramente grande la sua misura, cioè quella della dignità e dei benefici che Dio pose in lei; ma a questa corrispose l'altra della sua gratitudine per quanto fu possibile, cosicché le due misure furono uguali. La sua lunghezza è uguale alla larghezza, cosicché in tutte le sue parti è proporzionata ed uguale, senza che in lei si trovino mancanza, disuguaglianza o sproporzione alcuna. Non mi dilungo per ora su questo, rimettendomi a ciò che dirò in tutto il corso della sua vita. Avverto solamente che questa misura, con cui furono misurate la dignità, i meriti e le grazie di Maria santissima, fu l'umanità del suo benedettissimo Figlio unita al Verbo divino.

277. Questa umanità viene chiamata canna dall'Evangelista per la fragilità della nostra natura di debole carne e viene detta d'oro per la divinità della persona del Verbo. Fu con questa dignità di Cristo, Dio ed uomo vero, con i doni della natura unita alla divina Persona e con i meriti di questa che venne misurata dallo stesso Signore la sua Madre santissima. Fu lui che la misurò con se stesso ed ella, misurata così da lui, risultò uguale e proporzionata nell'altezza della sua dignità di madre. Nella lunghezza dei suoi doni e benefici e nella larghezza dei suoi meriti, in tutto fu uguale senza mancanza né sproporzione. Se non poté essere uguale in modo assoluto al suo Figlio santissimo con quella uguaglianza che i dotti chiamano matematica, a quanto sento - e ciò perché, essendo Cristo Signore nostro uomo e Dio vero ed ella semplice creatura, la misura doveva necessariamente eccedere infinitamente la cosa misurata - Maria purissima ebbe una certa uguaglianza di proporzione con il suo Figlio santissimo. Di fatto, come a lui niente mancò di quanto gli conveniva e di quanto doveva avere come Figlio vero di Dio, così a lei niente mancò di quanto le era dovuto né ella mancò a quanto doveva come Madre vera dello stesso Dio. Così, ella come madre e Cristo come figlio ebbero uguale proporzione di dignità, di grazia e di doni, come anche di meriti; e nessuna grazia creàta vi fu in Cristo che con data proporzione non fosse nella sua Madre purissima.

278. Dice che misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. Questa misura di stadi ed il numero dodicimila con cui fu misurata la divina Signora nella sua concezione racchiudono profondi misteri. L'Evangelista chiamò stadi la misura perfetta con cui si misura l'altezza di santità dei predestinati, secondo i doni di grazia e di gloria che Dio nella sua mente e nei suoi eterni decreti dispose ed ordinò di comunicare loro per mezzo del suo Figlio che stava per incarnarsi, valutandoli e determinandoli con la sua infinita equità e misericordia. Con questi stadi tutti gli eletti e l'altezza delle loro virtù e dèi loro meriti sono misurati dal medesimo Signore. Infelicissimo colui che non giungerà a tale misura né si troverà corrispondente ad essa, quando il Signore lo misurerà! Il numero dodicimila comprende tutto il resto dei predestinati ed eletti, ricondotti ai dodici capi di queste migliaia, cioè i dodici Apostoli principi della Chiesa cattolica, così come nel capitolo settimo dell'Apocalisse sono ricondotti alle dodici tribù d'Israele. Ciò accade perché tutti gli eletti si devono conformare ed attenere alla dottrina che gli Apostoli dell'Agnello insegnarono, come ho già detto sopra circa quel capitolo.

279. Da tutto ciò si conosce la grandezza di questa città di Dio, Maria santissima, poiché, se agli stadi materiali assegniamo almeno centoventicinque passi per ciascuno, immensa si stimerebbe una città di dodicimila stadi. Maria santissima, signora nostra, fu misurata con gli stadi con cui Dio misura tutti i predestinati. Dell'altezza, lunghezza e larghezza di tutti loro insieme non avanzò nulla, perché colei che era Madre del medesimo Dio e loro regina e signora li uguagliò e da sola poté contenere più del resto dell'intero creato.

280. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Questa non fu la misura della lunghezza delle mura della città di Dio, ma della sua altezza. Se gli stadi del quadrato della città erano da tutte le parti dodicimila sia in lunghezza sia in larghezza, necessariamente le mura dovevano averne un po' di più, specialmente nella superficie esterna, per potere racchiudere dentro di sé tutta la città. Ora, la misura di centoquarantaquattro cubiti, di qualunque specie fossero, era poco per le mura di una città tanto estesa, mentre era assai proporzionata per la loro altezza e per la sicura difesa di chi in essa vivesse. Questa altezza indica quanto e come fossero al sicuro in Maria santissima tutti i doni e tutte le grazie, sia di santità sia di dignità, che pose in lei l'Altissimo. Spiega ciò dicendo che l'altezza conteneva centoquarantaquattro cubiti, che è somma composta da tre distinti numeri disuguali, designanti tre diversi muri - uno grande, uno di media misura, uno piccolo - corrispondenti alle opere che la Regina del cielo fece in ciò che era maggiore, in ciò che era medio ed in ciò che era piccolo. In lei non c'era niente di piccolo, ma le materie in cui operava erano differenti, e quindi anche le opere. Le une erano miracolose e soprannaturali, le altre morali, riguardanti le varie virtù; di queste, poi, alcune erano interiori ed altre esteriori. A tutte diede tanta pienezza di perfezione che per quelle grandi non tralasciò quelle piccole, né per queste mancò in quelle superiori. Le praticò tutte in così alto grado di santità e con tale compiacimento del Signore che fu a misura del suo Figlio santissimo, tanto nei doni naturali quanto in quelli soprannaturali. Perciò, la misura era nient'altro che quella dell'uomoDio. Questo è l'angelo del gran consiglio, elevato sopra tutti gli uomini e tutti gli angeli; e come il Figlio superò tutti gli angeli e gli uomini così fece in proporzione anche la Madre. L'Evangelista prosegue dicendo:

281. Le mura sono costruite con diaspro. Le mura di una città sono ciò che prima si incontra e si offre alla vista di chi la guarda. Ora, la varietà degli aspetti e dei colori con le loro ombre che contiene il diaspro, di cui erano costruite le mura di questa città di Dio, Maria santissima, significa l'umiltà ineffabile dalla quale erano celati ed accompagnati tutti i privilegi e le grazie di questa grande regina. Infatti, pur essendo degna Madre del suo Creatore, esente da ogni macchia di peccato e da ogni imperfezione, si presentò alla vista degli uomini con le ombre della legge comune agli altri figli di Adamo, sottomettendosi ai disagi della vita ordinaria, come a suo luogo dirò. Però, questa muraglia di diaspro, che lasciava vedere queste ombre come nelle altre donne, era solo nell'apparenza come parte esterna della città, a cui serviva da inespugnabile difesa. Della parte interiore, invece, l'Evangelista dice:

La città è di oro puro, simile a terso cristallo. Maria santissima, infatti, né nella sua formazione né nel corso della sua vita innocentissima ebbe mai in sé alcuna macchia che oscurasse la sua cristallina purezza. Come una macchia o un neo, fossero pure una particella, se cadessero nel cristallo mentre questo si forma, non si potrebbero mai più togliere via in modo che non si riconosca il difetto, o almeno che una volta c'è stato, e sempre sarebbero una impurità nella sua trasparente chiarezza; così, se Maria purissima avesse contratto nella sua concezione la macchia o il segno della colpa originale, sempre quel difetto si scorgerebbe in lei e la sfigurerebbe, per cui ella non potrebbe più essere cristallo purissimo e nitidissimo. Non sarebbe neppure oro puro, poiché la sua santità ed i suoi doni conterrebbero quella lega del peccato originale che la farebbe reputare di valore minore, mentre questa città fu oro e cristallo, perché fu purissima e simile a Dio.