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Appendice I. - I fenomeni straordinari
Ecco la relazione che il medico dr. Adolfo Turano scrisse sulla prima manifestazione del fenomeno:
«
Il primo venerdí di marzo 1923, verso le 15 fui chiamato a casa di
Elena Aiello che giaceva supina, con gli occhi semichiusi, con la testa
reclinata da un lato. Dalla fronte gocciolava del sangue, che, in
rivoletti, si spandeva per le guance, per il collo, ed aveva
impiastricciato tutto il cuscino.
« Le braccia abbandonate, i
lineamenti del volto esprimenti una grande tristezza, la testa piegata
in avanti e lateralmente, le labbra leggermente dischiuse, le palpebre
semiaperte, davano all'inferma un aspetto mistico.
1 A. Fabrizio
- A. Turano, Di un singolarissimo ed unico caso di stillicidio
sanguigno dalla fronte di un'isterica nei venerdí di Quaresima, in
Rinascita Medica, del 15 marzo 1925 e nel numero successivo; relazione
riprodotta ancora dal Prof. V. Bianchi, nel suo art. Sudor sanguigno e
stigmate religiose in Rivista di Psicologia, 1 gennaio 1926.
«
Di tanto in tanto l'inferma s'irrigidiva, sollevava la testa,
spalancava le palpebre semiaperte, sbarrava gli occhi, come se
guardasse intensamente in un punto, ed assumeva diversi atteggiamenti.
«
La mimica del volto lasciava facilmente indovinare lo stato emotivo che
attraversava quella psiche; lo spavento, il dolore, la contemplazione
estatica, il gaudio.
« Con la contrazione dei muscoli della fronte si accompagnava un gemizio di sangue che veniva fuori dalla pelle.
«
Piú numerose erano le goccioline di sangue sulla fronte e propriamente
al centro, altre fuoriuscivano dal cuoio capelluto, specie lungo la
sutura sagittale.
« Dopo l'atteggiamento di estasi, la paziente
con flebile voce ma chiara, narrava di aver visto comparire Gesú sulla
croce, di averne contemplate le ferite sanguinanti. Lo strano e
meraviglioso fenomeno richiamò al capezzale dell'inferma, oltre che i
familiari, il confessore, i parenti, gli amici, ai quali questa
chiedeva se avessero anche essi assistito allo stesso spettacolo.
« Il fenomeno durò tre ore, ripetendosi a brevi intervalli gli atteggiamenti mimici piú diversi e lo stillicidio sanguigno.
«
Indi, l'inferma rientrò nello stato normale. Rimase un po' debole,
sfinita, ma si riebbe ben presto tanto che al mattino seguente,
levatasi dal letto, poté riprendere le sue abituali occupazioni ».
Sullo stesso tema ecco la narrazione dell'avv. Di Napoli, testimone oculare di quanto avvenne nel venerdí santo del 1924:
«
Al capezzale di Elena Aiello, denominata "Monaca Santa" fu in quella
occasione un uomo di scienza, il Prof. Fabrizio dell'università di
Napoli, invitato dal dott. A. Turano, medico di famiglia, intelligente
e preparatissimo professionista, il quale, con l'avvicinarsi della
primavera, aveva tentato di convincere mastro Pasquale a fare
ricoverare la figlia nella clinica del Prof. Fabrizio per essere
sottoposta ad osservazione se si fossero verificati i fenomeni
dell'anno precedente. Al netto rifiuto del padre che tanta cura aveva
per i figli, cresciuti con affettuosa riservatezza, il dott. Turano,
gli chiese che almeno avesse acconsentito al Prof. Fabrizio di
visitarla a casa e cosí avvenne.
« E, puntualmente, durante i
venerdí di quaresima il fenomeno riapparve. Durante una delle tante
visioni, Elena pregò il Signore di risparmiarle le piaghe alle mani per
non destare la curiosità e Gesú l'accontentò sostituendo alle ferite
delle mani atroci sofferenze interne.
« Iniziati i fenomeni il
decano Mauro, durante i venerdí, volendosi accertare che realmente non
si trattasse di fissazione religiosa, di esaltazione isterica, la
sottopose a diversi esperimenti. Il terzo venerdí essa volle essere
accompagnata dalla sorella Emma nella camera da pranzo, ma alle 15
precise avvertí fortissimi dolori per tutto il corpo. La paziente e
afflitta Emma, vedendola in quelle condizioni, l'incitò di recarsi a
letto, ma Elena si oppose per " ubbidire all'ordine di resistere ". Ma
le sue angustie non perdonavano ed infine sentí il bisogno di andare a
letto. Fatti pochi passi, presa dalla crisi, cadde per terra urtando,
nella caduta, col fianco destro allo spigolo di un tavolo, per cui ne
ebbe per piú mesi.
« Venerdí Santo dell'anno 1924, oltre il
sudore dalla fronte, ci furono le stimmate ai piedi e ulcerazioni alle
ginocchia. Fui presente dallo inizio alla fine. C'era quel giorno una
folla enorme, appena appena i carabinieri riuscivano a mantenere le
persone convenute anche dai paesi vicini e da altre località, che si
accontentavano di " spiare " velocemente dalla porta, restando commosse
dallo spettacolo pietoso che offriva Elena, sofferente a letto, col
busto coperto da un copertino bianco a righe, fuori le coltri
all'altezza delle ascelle.
« Fuori e per le scale " pellegrini "
a frotte, sostare, salire e scendere, commentare, o in tacite
meditazioni, e nell'ampia stanza due file, in andirivieni, nel
labirinto formato da alcuni familiari, da parenti ed amici, sbalorditi
dal flusso e riflusso degli estranei. Nessuno si preoccupava del
pavimento sottoposto al collaudo di un peso superiore alla sua portata.
« La porticina intercomunicante era aperta.
«
Quando giunsi io accompagnato dal fotografo Gabriele Serra munito di
apparecchio al magnesio, Elena aveva gli occhi aperti rivolti
fissamente in alto, in estatica contemplazione di gaudio.
« Il
fenomeno sangue fu preceduto da vari gemiti, come se fosse stata
torturata; ma quando il sangue copiosissimo iniziò ad uscirle dalla
fronte irrigandole il volto, Elena piú volte disse: "Com'è lieve questa
corona di spine che mi cinge la testa! Dio mio, che cosa rappresenta
questa sofferenza in confronto alla tua?! " - Di tanto in tanto si
muoveva, estranea a noi, poi cadeva in uno stato di prostrazione, i
gemizi si arrestavano, per ripigliare qualche minuto dopo. Erano le ore
10,30 del 18 aprile 1924, ora in cui la processione dei Misteri,
muovendo dalla piccola chiesa di S. Giacomo, in piazza Municipio, si
avviava per percorrere le vie del paese. Tale controllo era stato
predisposto per verificare se effettivamente, come lo scorso anno, a
detta dei familiari, il fenomeno coincidesse con l'inizio della
processione.
« Il Prof. Fabrizio giunse verso le undici, a
fenomeno iniziato, accompagnato dal dott. Turano, quando già ai gemizi
si alternavano piccoli periodi di estasi. Il dott. Matteo Caracciolo,
medico condotto; il dott. Adolfo Scotti, altro medico condotto; il cav.
Giuseppe Paglilla - sindaco; l'avv. Marc. Giorgio Alimena; ed altri che
fave, vano accompagnato, osservarono un attimo ed andarono via.
«
Qualche rappresentante della stampa vi fece capolino ed uscí per
attingere notizie. La presenza del Prof. Fabrizio mise tutti in
soggezione e data la ristrettezza dell'ambiente, furono osservate le
disposizioni da lui gentilmente impartite, che nessuno avesse accesso
nella cameretta dell'inferma, all'infuori dei due medici Turano e
Fabrizio, di me e del fotografo Serra.
« Elena ebbe qualche
istante di completo risveglio e provò disgusto nel vedere noi quattro
importuni nella sua camera, ma il dott. Turano la calmò, avvicinandosi
al capezzale dicendole: " Elenuccia, sono il tuo compare (la sorella
Agnese l'aveva cresimata), Adolfo Turano, non ti faccio nulla di male
". Il Prof. Fabrizio si avvicinò, a sua volta ed approfittando di una
nuova abbondante effusione di sangue, con alcuni vetrini raccolse gocce
di sangue e poi con piccole provette. Vetrini e provette, passati sulla
fronte, nei punti ove il sangue usciva, producevano in Elena sensazioni
dolorosissime e soffriva forte. Il fotografo Serra aggrinzava! Non
riusciva a far scattare l'obbiettivo. Prima di procedere a vari
esperimenti, il Prof. Fabrizio chiese di poter vedere le stimmate dei
piedi, e le ulcerazioni alle ginocchia. Il dott. Turano sospese il
piede destro tanto da consentire al prof. Fabrizio di adagiare due
cerini sulle parti opposte della stimmata, tenendo fra le dita la
capocchia di accensione, premendo e affondando discretamente i cerini,
fra lo strazio di Elena. Si ebbe l'impressione che tutta quella massa
di ossicini, di nervi e di tendini fosse molle e bucata.
«
Quell'esperimento richiamò l'attenzione dei familiari, i quali
intervennero irritati, e, se pur garbatamente, intimarono di procedere
meno crudelmente, sicché solamente di sfuggita si poterono osservare le
ulcerazioni alle ginocchia e nessuna altra parte del corpo, salvo le
braccia scoperte e il petto superiormente.
« Seguí una serie di
altri esperimenti sulla sensibilità. I dottori lavoravano per i fatti
propri; io segnavo sul mio taccuino; il fotografo era
impressionatissimo e impappinato.
« Poi i due dottori uscirono
dalla cameretta e si soffermarono a discutere avanti la porta,
lasciando a me l'incarico di guidare il fotografo e di avvisarlo di
fare scattare l'obiettivo in occasione di qualche momento ancora piú
straordinario, essendosi sparsa la voce che si fosse verificata anche
la levitazione. Il Serra ne eseguí qualcuna fuori fuoco; ma il tanto
atteso momento non giungeva mai.
« Ed ecco il prof. Fabrizio
entrare con la cartella clinica, dalla quale partí anche il Prof.
Bianchi per redigere la sua relazione nell'anno 1925.
" - ... di
valida costituzione scheletrica, senza deformità o asimmetria, con
apparato muscolare ben sviluppato e sanguinazione normale.
«
Nessuna sensazione l'inferma avverte, allorché cogliamo il sangue sul
viso per lo strisciamento leggero da noi praticato, mentre emette grida
di dolore e si contorce per lo spasimo, allorché tale manovra
pratichiamo sulla fronte, e specialmente sui punti gementi.
«
Accuratamente detergiamo la fronte con un batuffolo di cotone idrofilo
per osservare i punti gementi, e per quanto lunga fosse l'osservazione
non ci è dato possibile notare lesioni di continuo anche piccolissime.
«
Alla faccia dorsale di ambedue i piedi, in corrispondenza del terzo
superiore dello spazio fra il secondo e il terzo metatarso osserviamo
due lesioni di continuo, quasi identiche, circolari, della grandezza di
un centesimo a margini leggermente dentellati, a fondo rosso vivo con
scarsissima secrezione ematica. Alla parte plantare - e quasi nella
parte mediana di entrambi i piedi, notiamo due lesioni di continuo, piú
piccole delle prime con gli stessi caratteri, con la sola differenza
dei margini che sono piú irregolari, quasi frastagliati. Tali lesioni
per la loro forma, per la loro ubicazione, per la configurazione dei
margini danno l'impressione dei due fori di entrata e di uscita di un
chiodo.
« Identiche lesioni, che appena possiamo osservare per
la riluttanza dell'inferma, si trovano nella faccia anteriore delle
estremità del ginocchio.
« La temperatura massima dell'inferma è
di gradi 37, sei C., polsi radiali 134. espirazione 28. « La
sensibilità tattile, dolorifica e termica abolite sulla massima parte
della superficie del corpo. L'inferma non sente né il contatto dei vari
oggetti, né le punture di spilli, né il freddo, né il caldo, pure
avendole prodotte delle scottature di terzo grado all'avambraccio
sinistro e sul petto con un ferro quasi rovente. Alla fronte invece, e
specialmente sui punti gementi, alla regione cardiaca, alle ginocchia,
alle facce dorsali e palmari delle mani, a quelle dorsali e palmari dei
piedi notasi iperalgesis molto accentuata, giacché lievissimi contatti
con le barbe di una penna, o toccamenti con oggetti che abbiano una
temperatura di poco diversa del normale, producono forti dolori, per
cui l'inferma emette grida disperate accompagnate da un senso di
angoscia, da frequenza del ritmo cardiaco, da lagrimazione.
«
Notasi leggero esoftalmo, con midriasi, la quale si accentua
notevolmente durante i rapimenti d'estasi. Vi è aneurosi quasi
completa, non sapendo distinguere neppure i familiari che la
circondavano da altre persone.
« Alla luce del fiammifero, ed
anche a quella del magnesio non si ottiene nessuna reazione pupillare.
Il senso del gusto è completamente sovvertito.
« Le
somministriamo pochi sorsi di aceto avvertendola che è rosolio, e lei
accusa invece un forte sapore amaro; le mettiamo in bocca un pezzetto
di zucchero, che ricaccia subito, contraendo i muscoli facciali e
dicendo che le abbiamo somministrato fiele. Il senso dell'olfatto è
abolito, dappoiché tenendole sotto il naso, per lungo tempo, dell'acqua
di colonia, prima, dell'ammoniaca dopo, non avverte nessuna senzazione
né piacevole, né sgradita, mentre la respirazione non subisce alcuna
modificazione.
« Il senso dell'udito è parzialmente abolito.
L'inferma ode le parole che le rivolgiamo e risponde anche
adeguatamente; non ode però affatto né rumore, né suoni.
« Non
ode le ore suonate da un orologio a ripetizione, né il suono molto
acuto di un campanello da bicicletta accostato all'orecchio. Richiamata
la sua attenzione su quello delle campane della chiesa che in effetti
non suonano, risponde che essendo venerdí santo non possono suonare né
campane, né campanelle. Per completare l'osservazione facciamo
funzionare delle nacchere accostate all'orecchio, ma neppure il rumore
di queste percepisce, né il suono della musica, che a breve distanza
nella via esegue una marcia funebre.
« Nulla di obiettivamente patologico notiamo all'esame degli organi interni ».
«
Dopo la visita il Prof. Fabrizio e il dott. Turano andarono a pranzare
in casa del sindaco, essendo lo zio di costui, il colonnello a riposo
Ercole Paglilla, amico del Fabrizio. Nel pomeriggio in casa Turano vi
fu una riunione di medici e ciascuno espresse il proprio parere. Quelli
del Dott. Turano e del Prof. Fabrizio furono conformi, ritenendo che
"la strana fenomenologia doveva inquadrarsi perfettamente in quella
sindrone tanto complessa e polimorfe che è denominata isterismo ". -
Cosí conclusero alquanti mesi dopo nella relazione citata.
« Il dott. Matteo Caracciolo, con la sua caratteristica flemma, egli che non era uomo di chiesa, cosí concluse:
« Per me vi è qualcosa di soprannaturale! ".
«
Mentre si discuteva in casa Turano, dopo il passaggio della processione
(seconda fase), questa volta davanti la casa di Elena Aiello, per
deporre le statue dei Misteri nella chiesuola di San Giacomo, il
fenomeno andò scomparendo. Sull'imbrunire cessò definitivamente ».
Il
fenomeno si ripeterà ogni anno. Ecco ora la relazione che il 23
novembre 1938, il Dott. Cav. G. Battista Molezzi, scrisse a Cosenza,
per S. Ecc. l'Arcivescovo Mons. Roberto Nogara.
« Suor Elena Aiello e le sue stigmate ».
«
Quello che io dirò intorno a Suor Elena Aiello, il cui organismo in
ogni Venerdí di Passione presenta fenomeni tali da rendere
straordinariamente sorpresi, risulta da mie dirette osservazioni fatte
nella sua casa in Montalto Uffugo ed a Cosenza nell'istesso suo Asilo
delle " Piccole Abbandonate ".
« Non entrerò in vane
discussioni, né in argomenti dove per poco entri la religione, ma
riferirò soltanto quanto ho visto, e quello che mi ha colpito di
meraviglia e di viva commozione allorquando ne' detti Venerdí di
Passione vidi prodursi in modo impressionante le diverse stigmate
sanguinanti, come appresso descriverò, ed il quadro veramente tragico
delle sofferenze che martoriano quel povero corpo.
« Tralascio
di parlare delle gravi malattie delle quali suor Elena guarí senza i
rimedi della scienza, ma in seguito a soprannaturali interventi
com'essa stessa narra, e su' quali mi prefiggo, se il Signore me ne
darà la forza e l'attitudine, d'intrattenermi, sperando di tracciare un
giorno la vita della stigmatizzata.
« Molti de' fenomeni furono
studiati da scienziati quali il Fabrizio ed il Martelli, ma senza poter
venire a capo di una spiegazione qualsiasi.
« Innanzi tutto
bisogna accennare all'esistenza fisica di Suor Elena, che senza
concedersi sia anche un pasto frugale, ma cibandosi semplicemente di un
po' di legumi e bevendo solo acqua, sopporta una vita di lavoro
ininterrotto che fiaccherebbe ogni altro organismo ben costituito, e
ciò nonostante le sofferenze alle quali il suo fisico va soggetto. Può
dirsi che Suor Elena viva del suo digiuno che se non è straordinario,
come quello dell'altra stigmatizzata, Suor Teresa Neumann, non è men
degno di nota.
« Ma quel che sorprende è la comparsa delle
stigmate sanguinanti che ogni Venerdí di Passione e propriamente nelle
ore in cui N. Signore Gesú Cristo soffrí sulla croce, si manifestano
attorno alla fronte con la comparsa di numerosi punti emorragici come
se prodotti da acute spine, e poi al costato, alle mani, a' piedi, e,
fenomeno piú spettacoloso, questi forati da parte a parte come si è
verificato spingendo uno stecco di legno attraverso tutte e due le
piante, come se veri chiodi le avessero traforate.
« Tutte queste stigmate sanguinano abbondantemente tanto da restarne inzuppata molta biancheria.
«
Suor Elena resta allora in istato sonnambolico interrotto spesso da
estasi dolorose, durante le quali rimane con le braccia aperte come su
una croce, e gli occhi, spalancati, esterrefatti, fissantisi come su
una lontana visione paurosa. Nello svegliarsi, e quando ha man mano ben
ripreso la coscienza, afferma essere stata spettatrice della Passione
di N. Signore, ed a parte di quella Tragedia Divina.
« Tutti
questi fenomeni cessano d'incanto passato il Venerdí Santo; delle
stigmate sul costato, sulle mani e su' piedi restano macchie
cicatriziali epidermiche che alle volte si coloriscono in rosa, e
permangono, come puossi constatare in ogni tempo. Degno di nota è che
Suor Elena da uno stato di prostrazione profonda, anzi di vera adinamia
durante la quale piú di una volta fa temere per la sua vita, la mattina
del Sabato Santo si leva da letto ilare e forte, dà ordini,
sopraintende a tutto, ed inizia la sua vita di operosità e di bene,
come se nulla fosse successo nel suo organismo.
« Or quanto
abbiamo descritto si è voluto spiegare con i soliti fenomeni
d'isterismo o con l'influsso del sistema nervoso. Ma vi è invece da
domandarsi: ci troviamo d'innanzi ad un evento straordinario? E'
ignoranza la nostra che non spiega la fenomenologia biologica e
patologica oppure siamo d'innanzi alla manifestazione di un mistero
intorno al quale la scienza si affatica invano?
« Il certo è
questo che uscendo dalla casa dove si è assistito allo strazio di quel
povero corpo, si ha sempre presente agli occhi quel volto inanimato
rigato di sangue che cola dalla fronte e dalle tempie, quella maschera
di spasimi, ed il corpo sussultante ad ogni toccamento che il
visitatore incauto si permette fare su quelle piaghe.
« Sotto
l'incubo di un pensiero per ciò che non è conosciuto e spiegato, l'uomo
comune o di scienza rimane turbato e perplesso, e la mente non rifugge
dal pensare all'influsso di una forza ignota ed occulta che spinge il
dubbio ai margini del mistero. E dubbio e meraviglia crescono nel
segreto di un pensiero: come cioè quest'anima portata dal vento
dell'amore, possa dar forza al corpo martoriato continuamente da
molteplici sofferenze se non sorretta da un potere Supremo.
«
Questo è quanto in mia fede e coscienza, ed anche nella mia qualità di
medico curante, mi è dato affermare su quanto interessa la vita
straordinaria di Suor Elena Aiello ».
Giudizio
« Dal su
esposto e da quanto ho potuto fare oggetto delle mie considerazioni,
una sola cosa parmi certa ed è che tutto quello che si verifica in Suor
Elena Aiello avviene sotto l'influsso di una forza soprannaturale, e
che pertanto sfugge ad ogni controllo scientifico.
« Quest'umile
Serva che, con la certezza infallibile de' Santi, partí dal suo
paesello alla conquista di un Regno, quello di Dio, e che pertanto
compie le sue opere di bene che non sarebbero possibili senza una serie
ininterrotta di eventi miracolosi, presenta manifesti segni di un
potere che trascende ogni umana concezione.
D. G. Battista
Molezzi ». La relazione Fabrizio-Turano e l'art. del Bianchi che ne
dipende descrivono i fatti, e parlano di isterismo.
Altri
medici, presa visione diretta dei fenomeni e tenendo debito conto di
tutte le circostanze e degli altri eventi che li precedettero e li
seguirono, si pronunciarono allo stesso modo
del Dr. Molezzi nella sua relazione, e del Dottor Matteo Caracciolo.
La guarigione istantanea del 22 maggio 1924 è attestata anche nella relazione dr. A. Turanoprof. Fabrizio:
«
In seguito a questo nuovo insuccesso (gli ostacoli, cioè, incontrati
per la statua di S. Rita), i suoi mali si acuirono: l'alimentazione
divenne piú difficile, piú forte il dolore alla spalla, piú completa la
paralisi del braccio, ed intorno alla ferita operatoria, non ancora
cicatrizzata, si veggono comparire numerose piaghe.
« Il collega
Turano, che viene chiamato per gli opportuni rimedi, osserva queste
piaghe di forma circolare, con margini tagliati a picco come fatti con
uno stampo a fondo rosso sporco, sanguinanti e situate a corimbo. Per
lungo tempo, accuratamente medicate, non guariscono, anzi vanno
peggiorando.
«Dopo alcun tempo, però, di notte, ha una nuova
visione della Santa, la quale, poggiandole una mano sullo stomaco,
amorevolmente la ammonisce che le sue sofferenze finiranno presto. «
All'indomani, infatti, allo svegliarsi, si accorge, con grande sua
meraviglia, che può aprire liberamente la bocca, muove il braccio,
paralitico da diversi mesi, e le piaghe vanno rapidamente guarendo
senza alcun rimedio terapico». La relazione offre non poche
imprecisioni nei particolari!
Molto si è scritto sui fenomeni
del sudore di sangue e delle stigmate a proposito di P. Pio da
Pietralcina e di Teresa Neumann di Konnersreuth.
Nel leggere il
libro di Luciano Berra z, ci colpi la peculiare analogia tra gli eventi
che caratterizzano la gioventú di Teresa e quella di Elena.
Anche
Teresa nasce nella settimana santa, il 9 aprile 1898, da una famiglia
veramente cristiana; suo padre, Ferdinando, è sarto. A scuola, come le
altre bambine; una sola cosa l'attirava: il racconto della Passione di
Gesú; la piccola scolara timida e pigra, s'incantava, ascoltandola.
Resl
(Teresina) era una fanciulla, come tutte le altre; le piaceva giocare,
le piaceva cantare. Le sue tristezze erano fugaci; era contenta del suo
mondo, né la tormentava alcun desiderio e alcuna invidia. Anche il
lavoro non le pesava: dopo le ore di scuola, lavorava in campagna; lo
sforzo fisico la rendeva piú ilare.
Nel 1912 lasciava la scuola;
la sua semplicità era rimasta intatta. Venne la prima guerra mondiale
(1914). Teresa passò serva di campagna in casa d'altri. In casa del
sarto, infatti, la vita trascorreva grigia e penosa come in tutte le
case dei poveri. Nella sua miseria, Ferdinando Neumann era, con la sua
sposa, tutto abbandonato a Dio; il pensiero della Provvidenza
illuminava e consolava spesso i suoi discorsi.
Il 18 marzo 1918,
una domenica, scoppia un incendio nella fattoria di Martino Neumann,
dove Resl serviva. Mentre si adopera anch'essa a spegnere le fiamme, è
colpita da un male tremendo, alla spina dorsale. Teresa che da lunghi
anni portava nell'animo il desiderio di consacrarsi missionaria (e già
aveva ottenuto il permesso di entrare tra le Benedettine di Tutzing),
ormai non è piú che un corpo invecchiato e dolorante. Non può
camminare: lesione alla spina dorsale. Due mesi di ospedale non servono
a nulla; torna a casa a Konnersreuth; il male l'ha scarnita, ròsa,
contorta. Nell'ottobre 1918, diviene anche cieca. Non può piú
inghiottire cibo solido.
Anni di sofferenze, di silenzio, nel suo tettuccio; mentre l'animo è sorretto sempre dalla preghiera, dalla fiducia in Dio.
Il 23 aprile 1923 riacquista la vista: è una grazia di S. Teresa del Bambino Gesú, nel giorno della sua beatificazione.
Il
piede si rattrappisce e dalle piaghe brucianti manda sangue e materia
fetida e schifosa; anche questa volta i medici non possono nulla:
bisogna tagliare. Ma Resl prega S. Teresa del Bambino Gesú; una monaca
carmelitana le ha mandato tre petali di rosa che a Lisieux han toccato
la tomba della piccola Santa; chiede che li pongano sulla carne malata
quando le fasciano il piede; passano pochi secondi ed il piede ritorna
sano.
Il 17 maggio 1925, giorno della sua Canonizzazione, S.
Teresa del Bambino Gesú le appare; una luce splendente riempie la
stanzetta di Resl: la piccola Santa di Lisieux la guarisce: Resl può
camminare, dopo sette lunghi anni che il male la teneva inchiodata al
letto.
Nuova apparizione, il 30 settembre 1925: S. Teresa del B. G. le dice: « Tu puoi ora camminare, senza che alcuno ti sorregga ».
Il 7 novembre 1925, insorgono atroci dolori, si tratta di appendicite.
Alla
presenza dei familiari, del medico e del Parroco, Resl entra in estasi,
le appare S. Teresa del B. G., che immediatamente la guarisce.
Ritornata in sé, vuole recarsi subito in chiesa, perché cosí la Santa
le ha detto.
A metà quaresima del 1926, con la visione del
giardino del Getsemani, hanno inizio le contemplazioni estatiche della
passione di Gesú (cf. pp. 46-64).
« Ecco prima Gesú sul monte
degli Ulivi (cosí Teresa racconta la sua visione) inginocchiato mentre
gli Apostoli riposano. Poi ella vede Giuda...; è il tradimento. Si
avanza allora la soldataglia... Quindi la flagellazione.
« Le
scene si susseguono, si ricostruiscono davanti agli occhi attoniti di
Teresa che è ormai insensibile ad ogni richiamo, insensibile alla voce,
alla carezza, a qualsiasi cosa che sfiori la sua carne.
«
Seguono la condanna... la via Crucis... il Cireneo, la Veronica... la
crocifissione... Ai piedi della Croce Teresa non vede che la Vergine e
San Giovanni. Nell'ombra che cala improvvisa, soltanto la Croce appare
in luce. La sofferenza di Gesú è atroce. Teresa ode - nell'aramaico di
quel tempo - le sconsolate parole: Eloi, Eloi, lamma sabacthani! Mio
Dio, Mio Dio, perché mi avete abbandonato?
« Poi, dopo un ultimo
sussulto, Gesú muore. « La visione scompare. E Teresa che, per una
forza misteriosa, durante tutto il succedersi delle tragiche scene, è
rimasta rapita, con le mani levate verso l'alto, quasi sospesa, né
coricata né completamente seduta, s'abbandona pesantemente, come tutti
i suoi nervi si siano rilassati improvvisamente. E' un corpo morto che
cade, che s'abbandona stanco, sfinito, non avendo piú forza alcuna di
reggersi.
« Ella, infatti, durante la visione, ha molto
sofferto. Non ha soltanto visto ma ha pure partecipato, per cosí dire,
a quell'ora di passione. Nella sua carne, si sono, cioè, ripercossi gli
spasimi del corpo tormentato di Gesú: ella ha sofferto delle battiture,
delle trafitture delle spine e dei chiodi, ha sentito gravare sopra di
sé il peso della croce. Le grida della folla accecata di odio le sono
riecheggiate nell'anima dolorosamente. Le ha dato gioia l'atto pio
della Veronica, l'aiuto del Cireneo. Ma per pochi istanti. La
sofferenza l'ha subito nuovamente posseduta. Dalla ferita del cuore il
sangue è uscito continuamente.
« Fino a quel giorno Teresa aveva
potuto nascondere ai suoi di casa la ferita: soltanto sua sorella
Crescenzia sapeva. Ma non soltanto dal cuore il sangue era uscito: gli
occhi avevano pianto lagrime di sangue; il volto s'era rigato di rosso
e le lagrime sanguigne s'erano fermate e incrostate agli angoli della
bocca piegata in una smorfia di dolore.
« Ed ora che l'estasi è
trascorsa e s'abbandona spossata, Teresa sente che altro sangue le esce
dalle mani e dai piedi. Ma il sangue, raggrumato sugli occhi, le
impedisce di vedere cosa sia. Non dice niente a quanti le sono vicini.
Soltanto a sera chiama sua sorella Crescenzia.
« Ho tanto male alle mani e ai piedi e sento del sangue, guarda cos'ho ».
«
La giovinetta la scopre e vede che i piedi e le mani della sorella sono
segnati da ferite dalle quali esce il sangue. Allora ne informa i
genitori che fanno subito chiamare il parroco.
« Teresa non
vorrebbe mostrare queste sue piaghe. Bisogna che il sacerdote glielo
comandi, glielo imponga per obbedienza ed allora mostra le sue mani
sanguinanti ed i suoi piedi. Sono come il segno di una trafittura. Sono
- non c'è dubbio e incertezza nel giudizio del sacerdote confuso e
tremante egli stesso nel farne la costatazione - il segno delle piaghe
del Salvatore: le stigmate.
« Pallida, col volto incrostato di
sangue, le braccia un poco allargate, Teresa è lí nel suo letto senza
saper parlare, senza poter vedere, tra gente che piange in silenzio. Le
piaghe aperte la fanno soffrire, ma non si lamenta, non si turba. A
momenti un sorriso lieve le sfiora il volto e par quasi una luce che la
faccia tutta risplendere.
« La quiete del piccolo borgo è rotta.
Il nome di Konnersreuth che le guide non segnano, che i turisti non
conoscono, che le carte geografiche dimenticano, è ormai conosciuto
come quello di una metropoli. Sulle strade del paesotto bavarese
s'incammina una folla di pellegrini che vengono da tutti i paesi e
parlano tutte le lingue. I giornali portano lunghe cronache del "caso
di Konnersreuth ". Il nome di Teresa Neumann passa tutte le frontiere e
già molti la invocano come quello di una protettrice. Gente che crede e
gente che non crede viene al capezzale della contadina e taluno
s'inginocchia e tal'altro guarda soltanto con occhi curiosi e con
sorriso scettico. Chi parla di santità e chi di trucco, chi di grazia
divina e chi d'isterismo. Non sono soltanto donne e curiosi che vengono
a Konnersreuth, ma scienziati non usi a lasciarsi trascinare
dall'entusiasmo, abituati al freddo e preciso esame scientifico, alle
diagnosi mediche, alle severe indagini. Uomini che non hanno dubbi
sulla loro scienza; dei mistici della scienza alla quale credono come
alla verità suprema, insorpassabile. S'avvicinano al letto della
sofferente, la sottopongono a lunghi esami, la interrogano: vorrebbero
toccare con le loro mani il fondo del mistero e dar una spiegazione
anche agli enigmi (l'inspiegabile secondo leggi naturali è per taluno
enigma) piú oscuri. Molti si arrendono e confessano l'impossibilità per
la scienza di spiegare alcuni dei fenomeni che maggiormente hanno
attirata l'attenzione. Altri tentano il ragionamento scientifico, hanno
pronte le loro teorie che dovrebbero sciogliere ogni mistero e porre il
" caso di Konnersreuth " in una luce umana. Altri ancora vanno piú in
là e affermano che si è sotto il dominio di leggi soprannaturali ».
E
infine, a p. 66 ss.: « Chi ha assistito ad una di queste estasi n'è
rimasto fortemente impressionato. E' una visione tragica. Una donna che
non ha piú percezione di quanto è attorno a lei, soffre atrocemente e
piange, e si dibatte nel suo letto con le mani tese verso l'alto, verso
" qualcosa " che soltanto i suoi occhi sanguinanti scorgono. Una
sofferenza sovrumana tortura la carne e l'anima di lei che pare non
aver forza bastante per sopportarla. Si può credere o essere degli
scettici, si può pensare ciò che si vuole dei fenomeni straordinari che
si manifestano, ma di fronte a questa scena in cui il dolore appare in
una evidenza straziante, non si può essere degli indifferenti. Né per
un solo istante può passare nella mente il pensiero d'essere davanti ad
una commediante. C'è qualcosa di misterioso che sublima la scena e che
incute, a quanti vi assistono, sgomento e rispetto. « Anche quando
finalmente Teresa, dopo un ultimo gemito, dopo che le sue braccia per
l'ultima volta si sono levate verso l'alto, spossata cade riversa sui
cuscini, placata e pacificata, l'anima degli spettatori non s'acquieta.
Rimane qualcosa che tiene desti e inquieti. Non si può dimenticare e
nel tempo stesso non si può ritornare col pensiero a quanto si è visto
senza sentirsene nuovamente turbati. Uomini scettici e rudi hanno
ritrovato presso il letto di Teresa le loro lagrime. Altri ch'erano
andati a Konnersreutth con l'anima arida e impigrita ne sono venuti via
smarriti come tutte le volte che si scopre una realtà nuova, superba e
dominatrice ».
Perdonerà il lettore se rileverò ancora qualche
dato comune ai tre stigmatizzati: P. Pio da Pietralcina, Teresa Neumann
ed Elena Aiello.
Luciano Berra, nel libro citato (p. 145 ss.), cosí lo descrive:
«
Teresa legge nel segreto delle coscienze. Il suo occhio entra nella piú
profonda intimità. Non si rivelano cose nuovissime raccontando certi
fatti che sono ormai famigliari a quanti conoscono Teresa Neumann, e
che sono stati riportati in tutti i libri che parlano di lei. Uno dei
piú clamorosi è l'episodio raccontato da Mons. Schrembs, Vescovo di
Cleveland, che fu a Konnersreuth nella primavera del 1928 accompagnato
dal suo Cancelliere Mons. Fadden e da alcuni pellegrini. Mons. Schrembs
è oriundo bavarese ed era assai bene a conoscenza del " caso di
Konnersreuth ". La visita alla Neumann è stata da lui stesso raccontata
ed è qualcosa di piú d'una semplice " impressione ". è altissima
testimonianza di un fatto sul cui valore non vi possono essere giudizi
discordi. Appunto per questo lascio
a lui stesso la parola, riportando quanto egli scrisse, nella traduzione che è apparsa in diverse pubblicazioni.
«
Mentre mi trovavo nella camera delle visioni - scrive Mons. Schrembs -
con molti altri pellegrini, entrò la madre di Teresa. Mons. James A.
Mac Fadden, mio cancelliere, sedeva dietro di me. Ad un tratto Teresa,
che non poteva aver avvertita l'entrata della madre, disse a voce
bassa: - Mamma, questo signore accanto a te (voleva dire me) è
originario di questo paese. Nacque non molto lontano di qui. Tuttavia
egli abita ora al di là del mare e svolge una grande attività per la
causa di Dio. Egli è chiamato a fare ancora molto. Ho da dire qualche
cosa, " a lui solo ". - I pellegrini raccolti nella stanza
incominciarono ad uscire e con loro anche Mons. Mac Fadden. Allora
Teresa disse: - Il signore dietro di te, può restare; tanto non capisce
il tedesco. - E cosí Monsignore divenne l'unico testimonio auricolare
del colloquio confidenzialissimo svoltosi fra Teresa e me. Ella svelò i
segreti piú profondi della mia anima che solo Iddio ed io conoscevamo.
Mi parlò poi del passato e dell'avvenire ».
Di Elena Aiello si
narrano, da parte degl'interessati, molti episodi analoghi; alcuni sono
a nostra conoscenza. In attesa però che ne siano raccolte le
testimonianze giurate, ci siamo limitati a riferire, nel corso di
questi appunti, soltanto quei pochi di cui possiamo garantire, di
persona, la precisa formulazione e la oggettiva rispondenza con
l'avvenuta realizzazione.
Ancora a p. 95, di Teresa Neumann il
Berra scrive: « Ella dice di parlare per la verità. La verità è questa:
e lo dice placidamente paga della sua affermazione. Il non essere
creduta non la tormenta per sé, quanto - dice - per il rispetto dovuto
alle cose divine.
« Questa sua semplicità e questa sua
limpidezza tolgono al visitatore ogni soggezione. Passato il primo
istante di incertezza si discorre con Teresa come la si conoscesse da
chissà quanto tempo. Il suo buon umore ravviva spesso la conversazione
».
E piú oltre (p. 97): « E sorprende, in una contadina, certa
finezza di osservazione che giunge ad intendere l'opportunità di tacere
una notizia o un particolare quando possano trascinare responsabilità
altrui. Di sé nulla nasconde e nulla tace, della sua vita nulla
nasconde e nulla vuole si nasconda ».
« In Teresa tutto ciò (il
parlare della " scienza ") è naturale e spontaneo: parole che sgorgano
con tutta semplicità come dopo un'intima riflessione. In lei, del
resto, tutto è naturale e spontaneo. Non artificiosità, non pose, non
arie di sapiente. Si può quasi dimenticare - parlandole in ore normali,
quando non è rapita in estasi - di essere accanto ad una donna,
protagonista di cosí eccezionali avvenimenti.
« Domina la conversazione senza che lo si avverta » (p. 99).
«
In paese tutti parlano del " miracolo ". Pochissimi non vi credono e
parlano di "trucco". Il contadino non è uso a distinzioni ed alle
sottigliezze. Teresa la chiamano " la Santa " e credono che veramente
abbia in sé potenze non umane » (p. 105). Da ciò l'accorrere sempre
crescente a lei per ogni sofferenza, per ogni caso doloroso, in cerca
di preghiere e per consigli.
Appendice II. - Elenco delle case
Ecco lo schema delle Case, con l'indicazione dell'anno di apertura e qualche cenno dell'attività specifica:
1.
- Cosenza, Via dei Martiri 9. Casa Generalizia. « Istituto S. Teresa
del Bambino Gesú ». Dal 20 settembre 1937. (In Vico II Revocati,
gennaio 1928. Palazzo Caselli, nov. 1928. Rione Spirito Santo, febbr.
1932).
A parte: noviziato - probandato.
Attività:
Orfanotrofio con orfanelle e piccole abbandonate dai tre ai ventuno
anni. Scuole elementari. Laboratorio professionale di taglio, cucito,
maglieria, merletteria e ricamo.
Asilo infantile « Vera Palmardita ». Organizzazione delle colonie estive, per 710 assistiti, in due turni.
Assistenza
parrocchiale: catechismo, Azione Cattolica, Messa del fanciullo nelle
seguenti Chiese: S. Francesco di Paola, Spirito Santo, S.mo Crocifisso,
S. Agostino, S. Giovanni, S. Lucia, S. Aniello. Piú di un centinaio di
bambine.
2. - S. Fili. Orfanotrofio « S. Francesco di Paola ».
Dal 4 ottobre 1939. Superiora': Suor Vittoria Greco, con 4 Suore
professe. Orfanotrofio. Scuola Materna.
3. - Bucita. Orfanotrofio « S. Lucia ». Dal 13 dicembre 1941. Superiora: Suor Gertrude Fiorita, con 4 Suore professe.
4.
- Rovito. Asilo Infantile « S. Barbara ». Dall'11 ottobre 1942.
Superiora: Suor Filomena Santelli, con 4 Suore professe. Con
laboratorio professionale: taglio, cucito, ricamo.
5. -
Castrolibero. Asilo Infantile « S. Antonio di Padova ». Dal 4 aprile
1943. Superiora: Suor Cherubina Smeriglio, con 3 Suore professe.
6.
- Montalto Uffugo. Istituto Magistrale « S. Rita da Cascia ». Dal 12
aprile 1943. Complesso grandioso, che domina dall'alto il paese e
l'ampia valle del Crati. Superiora: Suor Angelica Trotta (attuale M.
Vicaria Generale), con 10 Suore professe. Aspirandato. Asilo Infantile.
Scuole Elementari. Scuola Media, Scuola Magistrale: legalmente
parificate. Orfanotrofio e Collegio. Laboratorio professionale.
7. - Ivi. Orfanotrofio « S. Chiara », dal 7 ottobre 1958; con 3 professe e un altro asilo in. fantile.
8.
- Paola (Marina), Via S. Leonardo 7. Istituto « S. Gemma Galgani ». Dal
23 novembre 1944. L'immobile fu acquistato da Suor Elena il 22 dicembre
1939; danneggiato dai bombardamenti nel 1943, dovette essere « funditus
» restaurato. Solo nel 1954 ebbero fine tali lavori ed è stata ripresa
tutta l'attività. Il numero delle bambine interne è di 65.
Orfanotrofio.
Asilo Infantile. Scuole Elementari. Laboratorio professionale.
Superiora: Suor Teresa Infusino, con 8 Suore professe.
La Casa consta di tre piani: nel I° sono 4 grandi vani; nel II° 8 e nel III° ancora 8.
9.
- Spezzano Piccolo. Asilo Infantile « S. Giuseppe ». Dal 17 marzo 1946.
Superiora: Suor Gemma Infusino, con 3 suore professe. Asilo Infantile e
Laboratorio di taglio, cucito, ricamo.
10. - Carolei. Asilo
Infantile « S. Luigi Gonzaga ». Dal 30 aprile 1947, nuovo edificio (Già
dal 1939, le Suore vi tenevano un asilo parrocchiale). Superiora: Suor
Francesca Scovino, con 5 Suore professe. Oltre all'asilo: orfanotrofio
e laboratorio professionale.
11. - Marano Marchesato.
Orfanotrofio « S. Cuore di Gesú ». Dal 31 ottobre 1950. Superiora: Suor
Rita Osso, con 4 Suore professe. Attività, come alla Casa precedente.
12.
- San Sisto. Asilo Infantile « P. Bernardino Clausi ». Dal 15 giugno
1952. Superiora: Suor Antonietta Mazzei con 3 professe. Asilo e
Laboratorio professionale.
13. - Cerchiara (Diocesi di Cassano
Ionio). Orfanotrofio « S. Maria delle Armi ». Dal 3 dicembre 1954.
Superiora: Suor Nicolina Ramundo, con 3 professe. Oltre
all'orfanotrofio: asilo infantile e Laboratorio professionale.
14.
- Orsomarso (Diocesi di Cassano Ionio). Asilo Infantile « Madonna di
Fatima ». Dal 10 maggio 1956. Superiora: Suor Margherita Casciaro, con
3 Suore professe. Anche Laboratorio professionale.
15. - San
Lucido. Casa di riposo « Antonio e Pierina Manes ». Dal 6 novembre
1957. Superiora: Suor Carmelina Cribari, con 3 professe. Per alcuni
anni, le Suore ebbero in fitto annuo un grande edificio, in prossimità
della spiaggia, per le colonie estive.
16. - Roma, Via dei
Baldassini 18. Asilo Infantile « Madonna di Fatima ». Dal 23 settembre
1959. Superiora: Suor Imelda Mazzulla, con 5 Suore professe. Educande.
17.
- Lauropoli (Diocesi di Cassano Ionio). Asilo Infantile « S. Maria
Cabrini ». Dal 24 ottobre 1959. Superiora: Suor Colomba Celestino, con
3 professe. Asilo e orfanotrofio.
18. - Cosenza - Panebianco -
Verso S. Vito. Istituto « Cuore Immacolato di Maria ». Dal 1 ottobre
1960. Superiora: Suor Candida Trifilio, con 6 Suore professe. Asilo.
Orfanotrofio. Scuole Elementari.
Le suddette Case sono di proprietà dell'Istituto, tranne quelle di Marano, Spezzano Piccolo, Cerchiara e Lauropoli.
Appendice III
In
occasione della morte di Suor Elena, le Suore Minime ricevettero
diverse lettere che parlano di grazie ottenute per intercessione della
loro Madre Fondatrice.
1. - Da Pontebba (Udine), 21 giugno 1961,
la signora Venerina Englaro (Via Mazzini), cosí scrive: « Ho appreso
dal giornale che Suor E. A. è morta ieri... Per riconoscenza mi sento
in dovere di comunicarvi che per intercessione di Suor Elena nel
lontano 1940 ottenni da Dio la guarigione prima di un mio figlio, e poi
dell'altro salvato miracolosamente per aver tenuto sul petto la lettera
che Suor Elena mi aveva scritto. Attraverso i pericoli della guerra e
sono trascorsi 21 anni; ho qui mentre scrivo la lettera ingiallita dal
tempo. P. S. Accludo la busta della lettera e riconoscerete la sua
calligrafia ».
2. - Il 9 luglio 1961, da Pisa, Ippolita Barberini (Via San Mattia, 63, Napoli) che parla di una grazia ricevuta.
3.
- L'8 novembre 1961, Antonietta Dionisio (Via Giandomenico Patroni, 6,
Bari) : « R. M. Superiora, la sottoscritta è una miracolata della
vostra consorella, Suor Elena Aiello. Soffrivo molto ai denti; poco
dopo la morte di Suor Elena la pregai di vero cuore se mi otteneva la
guarigione... ho sperimentato il suo soccorso ed è mio dovere
pubblicarlo a gloria Sua ».
4. - Il 21.6.1962, Maria Tanzi
vedova D'Angiò, da Foggia: « L'anno scorso il giorno 22 giugno, mi
trovavo in viaggio da Bari a Foggia di ritorno da una Clinica: con
l'aiuto della Croce Rossa, riportavo mio marito grave, ormai condannato
alla morte da un male ribelle. Affranta dal dolore, mi disperavo per la
salvezza della sua anima, poiché contrario ai Sacramenti e da molto
tempo lontano.
« Lungo il viaggio, non so come, mi capitò tra le
mani un frammento di giornale, dove appresi che in quello stesso giorno
avrebbero avuto luogo i funerali della Suora santa.
« Io allora,
con tanta fede, mi misi a pregare Suor Elena per la conversione di mio
marito, promettendo di far pubblicare detta grazia.
« Sono sicura che è stato per la sua intercessione che mio marito ricevette i Sacramenti e morí rassegnato.
« Io pregherò sempre Suor Elena Aiello in ogni mio bisogno, specie per ottenere una buona morte ».
5.
- L'l1.1.62, il signor Rocco Bottiglieri (Via Manin, 59, San Benedetto
del Tronto, Ascoli Piceno) comunica che nell'estate dell'anno
precedente dovendo subire un'operazione al collo, e data la stessa
indecisione dei medici, sia per la sua età avanzata che per l'alta
azotemia, si rivolse a Suor Elena, "passando" piú volte sul collo un
batuffolo col sangue preso dal pannello, di cui abbiamo parlato.
« Ripresi coraggio, speranza, vita ». Fu operato felicemente « senza un lamento ».
«
E' stata la santa che ha fatto il miracolo ed io La ringrazio vivamente
e La prego tutti i giorni come la mia Santa Benefattrice ».
6. -
Da Roma (Via Tor Sapienza, 73), il 5.4.1963, la signora Lucioli
Francesca cosí scrive: « Non ricordo la data precisa se fu l'ultimo di
novembre o i primi di dicembre del 1961. Ero disperata a motivo che il
mio figlio, di 12 anni e mezzo, ha avuto un abbassamento di vista. Ho
invocato Cielo e terra per venirmi in aiuto...
La notte, del
giorno sopra indicato, mi sogno tanta gente che camminava per la strada
e gridava: Suor Elena, Suor Aiello e pregavano e chiedevano grazie. Io
mi sono messa insieme a loro. Arrivati a un certo punto, abbiamo visto
una tomba chiusa di fresco: sembrò che tutta quella gente piú non ci
fosse. Ad un tratto ho visto una persona come in seguito spiego.
« Subito le dico: " Suor Elena, mio figlio guarisce? ". Lei mi guarda e mi dice: " Sí, fra un anno ".
«
La mattina, col vivo ricordo del sogno, che rimane tutt'ora come se
fosse stato adesso, non sapendo chi fosse questa Suor Elena, telefono
ad una mia zia, cui racconto tutto. Ignorava anch'essa chi fosse Suor
Elena e suggeriva non si trattasse di santa Rita: ma non mi convincevo
perché le rassomiglianze non c'erano.
« Dopo due o tre giorni,
mio figlio si trovava sul marciapiedi dinanzi al nostro negozio di
frutta; passa un signore che noi conosciamo, con della carta per
avvolgere la roba; e cosí dà a mio figlio qualche foglio di carta.
Questi, nello sfogliare la rivista, trova un articolo che parla di una
suora, e conoscendo il mio interesse per tali articoli, entra e mi
dice: " Mamma, questo è per te ".
« Con mia grande meraviglia e
sorpresa e non so dire quale gioia, era la persona che avevo sognato »
(Dal foglio accluso alla lettera, su cui la donna ha scritto: " Me l'ho
sognato proprio cosí ", risulta essere "Grazia" del 4 giugno 1961, p.
60 s.: la foto ritrae Suor Elena nel suo letto, con accanto visibile il
pannello di masonite con l'effigie che essuda sangue).
« Leggo
il nome e cognome proprio quello che io prima di allora non avevo mai
inteso nominare, né mai sentito parlare di questa suora.
« Io
aspettavo la grazia, ma siccome l'anno è passato e la grazia sembra che
ancora non è arrivata, da qualche giorno mi è venuta la pressante idea
di scrivere. Prego di pregarla voi, di fare qualche triduo o novena...
che mi concederà la grazia da me tanto aspettata. Forse vuole che la
pregate voialtri che sapete veramente pregare... ».
7. Da Roma,
9-10-1963: « Io qui sottoscritta, Emilia Francavilla, abitante a Via
delle Acacie, 152, dichiaro che la Signora Anna De Vita di Cosenza
mentre ero gravissima in Policlinico, con viva fede, il 25 maggio
corrente anno, mi ha passato sul corpo la reliquia (!) di N. S. Gesú
Cristo (quella imbevuta del sangue che scorreva alla parete del letto
di « Suor Elena Aiello »), implorando la grazia della mia guarigione
con l'intercessione della suddetta " Suor Elena Àiello ".
« La
Signora Anna De Vita passandomi sul corpo la "santa reliquia" ha detto:
"se vedrò in piedi questa ammalata le farò scrivere la dichiarazione ".
«
Infatti due giorni prima che ella (Sig.ra De Vita) lasciasse il
Policlinico, io accompagnata da mia sorella sono andata al bagno.
Ancora non sono completamente guarita; sto un periodo bene ed un altro
malissimo, però fido nella intercessione di Suor Elena Aiello e terrò
sempre nel mio petto la reliquia preziosa ».
Segue una lettera
del marito Signor Gabriele Serena, firmata anche a nome dei figli: in
essa è detto che il « giorno tre ottobre è uscita mia moglie da una
morte sicura, dopo sei mesi di dolore, di sofferenza ».
Sono in mio possesso due lettere, di alcuni anni piú indietro, scritte a Suor Elena Aiello, per grazie ricevute.
La
prima è del 13 ottobre 1955, da Cliffside Park, New Jersey. « Reverenda
e cara Madre, il giorno 29 settembre scorso sentii la sua voce e un po'
della sua storia dalla prima trasmissione di Lucio Basco e mi commossi
un poco, ma non ci pensai tanto a lungo.
« Alla mezzanotte dello
stesso giorno il mio bambino di 4 anni e tre mesi fu preso da un grave
attacco di grupp alla gola e stava soffocando. Venne subito il dottore
e me lo fece portare subito all'Ospedale dove gli diedero l'ossigeno e
gli apprestarono altre cure del caso e lo specialista accorso d'urgenza
non si peritò di dirmi che il caso era molto grave e se nelle prossime
poche ore non avesse migliorato l'unico tentativo era di operarlo
praticandogli un'apertura nella gola e intromettergli un tubo per
portare aria ai polmoni.
« Mi sentii agghiacciare e sedetti
vicino al suo lettino contemplando quel corpicino scosso e tormentato
da un respiro che sembrava un sibilo inumano senza avere nemmeno la
forza né di pensare né di pregare.
« Alle quattro del mattino
era lo stesso; mi ricordai della trasmissione radio e di voi; allora mi
avvicinai alla finestra e rivolgendo gli occhi al Cielo dissi: "
Signore se non puoi per me che sono cattiva e non merito, per l'amore
che Ti porta Suor Elena Aiello, salva il mio bambino ".
« Sentii
subito una nuova speranza e dopo qualche minuto incominciò a
migliorare. Alle otto e mezzo del mattino era fuori pericolo.
«
Ora è a casa ed è quasi guarito e senza operazione e ciò io
l'attribuisco a una grazia Celeste che il Signore ha voluto fare per
amor vostro.
« Accludo la foto del bambino e una modesta offerta
per i suoi orfanelli sperando che volete ricordarci nelle vostre
preghiere ora e sempre, devotissima
Teresa Aceto
236 Lincoln Avenue - Cliffside Park New Yersey ».
La seconda, è del 13-11-1958, da Palermo. « Rev.ma Madre,
Perdonate
il mio ritardo nello scrivere per ringraziarvi di aver spedito la
pezzolina bagnata del sangue del volto di Gesú. Forse non ricorderete
piú di che cosa si tratta.
« Il mio figliolo Ignazio si trovava
a quel tempo ricoverato in un sanatorio ammalato di tubercolosi
polmonare, fu nel maggio del 1957 che il suo stato divenne molto grave.
Fin dal primo giorno non ho fatto che pregare Iddio e la Santa Vergine
con una tale forza d'animo da infondere nel mio cuore una potente
speranza, fu in quel periodo che lessi sul giornale dell'esistenza di
quella Vostra miracolosa immagine del Volto di Gesú e vi ho subito
scritto, nell'attesa che tale risposta aumentava il calore delle mie
preghiere e di quelle del mio figliolo che consapevole del suo stato
grave rafforzava anche lui le sue preghiere; ci accostavamo spesso al
Sacramento della Comunione, facevamo mamma e figliolo un rito che non
aveva altro scopo che pregare, ottenere da Dio il perdono dei nostri
peccati in cambio della sua salute.
« La vostra risposta mi giunse dopo tre mesi tanto che fu per me proprio inaspettata.
«
Presi subito il tram e con quella reliquia dentro la borsetta, commossa
confusa per tanta fortuna, corsi al sanatorio, posi la stessa dentro un
sacchettino di stoffa e la misi al collo di mio figlio con mille
raccomandazioni di non perderla o di non farsela togliere da nessuno.
« Lui fu tanto contento quel giorno ci abbracciammo commossi e da quel momento sentimmo che Dio ci avrebbe esauditi.
«
Venne l'inverno, il male si era fermato, verso la primavera i medici
decisero un intervento chirurgico e si giunse al mese di maggio, ma
quando gli fecero una lastra prima dell'operazione trovarono che il
male non c'era piú, che per lui ormai occorreva solo un po' d'aria di
montagna e lo mandarono a Trento un posto bellissimo dove io speravo
che rimanesse un poco perché si ritemprasse bene, ma prima che finisse
maggio me lo vedo spuntare a casa d'improvviso, i medici lo avevano
mandato via perché lasciasse il posto a quelli che ne avevano bisogno
perché lui stava benissimo: poteva tornare a casa.
« Perdoni
cara Madre, il mal scritto, ma sono troppo commossa: perdonatemi ancora
se non ho scritto subito, una serie continua di contrarietà mi ha
impedito di farlo; sarebbe troppo lungo parlarne. Solo Vi dico, mio
figlio si era ammalato a causa della miseria, fu a lungo disoccupato,
ora ha la salute ma non ha il posto che ha cercato di avere ma per ora
con il sussidio del Sanatorio, ma noi preghiamo sempre e confidiamo
nella Divina Provvidenza che dopo avergli dato la salute gli dia anche
il suo pane quotidiano.
« Voglia, cara Madre, gradire questa
piccola offerta di L. 1.000 che in segno di gratitudine le invio per un
mazzo di fiori da fare alla Sacra Immagine del Volto di Gesú.
«
Spero vorrà ricordarmi nelle sue preghiere per aiutarmi ad ottenere da
Dio il perdono dei miei peccati per essere degna di ottenere la grazia
che gli chiedo incessantemente.
« Nel nome di Gesú e di Maria mi dico sua devotissima
Anna Patricolo Via Costantino Lascaris, 8 Palermo »