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Un pannello di legno essuda sangue (1955-1961)
Il
25 marzo 1957, il P. Francesco Mazza inviava a S. Ecc. L'Arcivescovo
Mons. Calcara, dietro sua richiesta, una relazione « sul fenomeno del
sudore sanguigno e sul profilo del volto di Gesú » apparso su un
pannello di masonite, « nella stanza di Suor Elena ».
« Da
parecchi anni tra il letto di questa e la parete, cui è addossato, data
la ristrettezza della camera, erano stati posti alcuni riquadri di
masonite, per proteggere in qualche modo la degente, dal freddo,
dall'umido causato da una batteria di rubinetti d'acqua corrente
dell'attiguo stanzino ».
Sul riquadro rispondente ai cuscini,
durante i fenomeni straordinari e in particolare nel venerdí della
Settimana Santa, alcune gocce sprizzate dal volto della sofferente
erano rimaste e vi si erano poi disseccate.
Il 29 settembre del
1955, festa di S. Michele Arcangelo, protettore dell'Ordine dei Minimi,
Suor Elena aveva rivolto all'Arcangelo fervide preghiere invocandone la
protezione e l'assistenza.
Verso la mezzanotte, mentre Suor
Luisa Perna, che l'assisteva, le dava alcune gocce di canfora, balenò
una luce sull'angolo sinistro e inferiore del suddetto pannello,
attirando la meravigliata attenzione delle due Suore.
Ed esse
videro del sangue scorrere dalle antiche disseccate gocce del pannello.
Suor Elena accostò le sue dita al legno e le ritrasse rosse di sangue.
Al mattino riscontrò bagnata di sangue la bianca sopracoperta aderente
al tramezzo.
Ebbe cosí inizio questo fenomeno, assolutamente
inspiegabile. Si accostarono batuffoli di cotone e fazzoletti e furono
ritirati bagnati di sangue, in forme determinate: di croce, di corona,
di cuore. E il Padre annetteva le relative fotografie.
Il sangue
continuò a fluire dal pannello suddetto dalla mezzanotte del 29
settembre al 13 ottobre. Il fenomeno si ripeté nei giorni 1, 21
novembre e 8 dicembre del 1955; quindi, nel 1956, il 6 gennaio, il 3
marzo, il 2 aprile, in maniera ancora piú vistosa il 3 maggio,
solennità della S. Croce, quindi il 31 maggio festa del Corpus Domini;
1'8 giugno (S. Cuore) e il 1 luglio festa del Preziosissimo Sangue,
anche questa volta in maniera particolarmente abbondante.
Suor
Elena in quest'ultimo giorno ha voluto lavare per ben sette volte la
masonite con acqua, ma il sangue ha continuato a scorrere per tutta la
giornata.
I lineamenti di un volto incominciarono ancor meglio,
nitidi e precisi, a delinearsi sul pannello. E cosí per le altre feste,
riferentesi in particolare ai Misteri della Passione e Morte del
Redentore.
Il sangue scorre in particolare dagli occhi
dell'effigie che richiama un'immagine di Gesú nella sua Passione;
effigie che vi rimarrà sempre, e vi si può tuttora osservare.
Nel
novembre di quell'anno (1956), era nella Casa Madre, per presiedere il
I° Capitolo Generalizio, l'Assistente Pontificio, il P. Bonaventura da
Pavullo. Venerdí 23 novembre alle 7,30 del mattino, alla vigilia della
sua partenza per Roma, il sangue incominciò a scorrere dal pannello e
il Padre oltre a bagnarne il fazzoletto, ne raccolse abbastanza per
farlo esaminare: risultò sangue umano. Il fenomeno, ad intervalli, come
sopra, è continuato negli anni successivi, fino alla morte di Suor
Elena.
Il professore Schettini, sindaco della città e valente
medico-chirurgo, altre autorità si recarono a visitare Suor Elena e a
mirare l'effigie sanguigna formatasi sul pannello di masonite; molti
poterono costatare il lento scorrere del sangue: nella relazione, il P.
Francesco ne riferisce il nome, indicando anche, per alcuni, la data
esatta.
Trascrivo al riguardo il rapporto (anch'esso del 1957) di un'altra fonte che ama restare innominata.
« Un ritorno in Calabria; da Paola a Cosenza con una littorina, sul tracciato infame che non si riesce ancora a sostituire.
«
Cosenza con la sua storia, palpitante ancora dai maestosi ruderi del
Castello, col ricordo sempre vivo di Alarico, epicamente sepolto, in
armi, sotto il Busento, si stende ormai rinnovata nella pianura, mentre
le fan corona diecine di paesi che costellano le falde silane e, un po'
piú lontane, quelle dell'Appennino.
« La ricchezza della sua
conca, le molteplici vie che irraggiano da ogni lato, rendono fiorente
il commercio e frequenti e affollati i suoi mercati. Risalendo il corso
del Crati, l'antica e sinuosa via dei Casali, poco prima di lasciare le
abitazioni per avviarsi fra ficheti, uliveti e vigne, è attraversata
dal cavalcavia ferroviario (Strade Ferrate del Mediterraneo:
Cosenza-Camigliatello; Cosenza-Catanzaro), nei pressi della piccola
stazione, detta dei Casali. Nell'artistico chiostro di S. Francesco
d'Assisi, nel cuore della città vecchia, tra frammenti di statue e
mutile iscrizioni, una lapide ricorda l'inaugurazione della Via dei
Casali, fatta da Federico II, insieme alla consacrazione del Duomo,
gioiello dello stile normanno.
« All'incrocio su accennato, a
destra, uscendo dalla città, due cancelli ad angolo costituiscono
l'ingresso di un istituto per orfanelle, che s'intitola a S. Teresa del
Bambino Gesú. Sorto nella nostra città fin dal 1928, l'istituto si
trasferí nella sede attuale nel 1937: celebra pertanto il suo
ventennio, la nuova casa: un edificio, esternamente ancor rozzo,
inizialmente destinato ad abitazione privata.
« Ideatrice e
fondatrice dell'opera è la Superiora Generale, Suor Elena Aiello, che
ha inteso ispirarsi alla carità del piú grande santo Calabrese,
Francesco di Paola...
E' questa la casa Madre della giovane
congregazione, che ospita ed educa 110 orfanelle; oltre alle Suore e al
Noviziato. A Montalto Uffugo, paese nativo della Fondatrice, l'Istituto
ha, principalmente per le proprie orfanelle, la sua scuola parificata,
dalle classi medie a quelle magistrali.
« La Casa Madre ha,
direi, la sua centrale in una stanzetta del primo piano: è la cella -
in termini monacali - della Superiora. Una specie di paravento in
legno, dai pannelli levigati, separa il letto dal muro, cui il primo è
addossato, dato il pochissimo spazio, tra la porta e la finestra. La
conversazione sulla vita dell'Istituto, sul numero delle orfanelle,
delle case...; sulla Befana un tempo (sotto il fascismo) curata dalle
autorità locali, (quest'anno vi ha pensato, come le è stato possibile,
la sola Madre Generale), e cosí via, si svolge piacevole e
interessante. Il mio sguardo ritorna di tanto in tanto sul primo
pannello che sta all'altezza dei cuscini.
« Nei primi giorni di
ottobre del 1955, da questo pannello incominciò a gocciolare sempre più
intenso, del sangue; mi trovavo lí in quei giorni e potetti cosí porre
alla base del pannello un fazzoletto che ritrassi bagnato di sangue.
«
Il fenomeno si è ripetuto quindi, ordinariamente, in rispondenza a
solennità che celebrano le sofferenze del Redentore e della Vergine sua
Madre. Mentre permane sempre, perfettamente visibile, l'effigie di un
volto sanguinante: effigie che si è formata sul legno a poco a poco,
subito dopo l'inizio del fenomeno.
« Piú di un anno era
trascorso e il mio sguardo ritornava spesso a quell'effigie, ancora lí.
Piú di un anno, da quella mattina del 1 ottobre, quando la biancheria,
in contatto col paravento, apparve rossa per il sangue gocciolante dal
pannello.
« Il legno venne energicamente lavato con soda, ma il
fenomeno è ricominciato; la fotografia riprende nitidamente l'effigie,
che nonostante tutto, vi permane; mentre l'analisi chimica ha rilevato
trattarsi precisamente di sangue, e di sangue umano.
« Vengono,
con spontaneità, in mente le lacrime della Madonna di Siracusa. Non
siamo noi i giudici di fatti che umanamente non si spiegano, basti
averli controllati e averne costatato l'esistenza.
« E' naturale
che ci si chieda il significato di un tale fenomeno: perché questo
sangue? han forse un linguaggio queste manifestazioni fuor
dell'ordinario?
« Forse la risposta è offerta da un povero e
semplice foglio di carta, che ho qui tra le mani, lieve come leggero
soffio di vento. Il suo contenuto, però, appare assai grave: ha il
calore e il tono di una pagina dell'Apocalisse; ne riecheggia le
pressanti ammonizioni, i tremendi annunzi; dalla visuale ampia che
abbraccia tutte le nazioni, dallo sguardo profondo che risale al
movente remoto e altissimo degli umani eventi.
« Eccone le frasi
piú salienti. " Gli uomini offendono troppo Dio. Se io ti facessi
vedere il numero dei peccati che si commettono in un sol giorno, ne
moriresti dal dolore.
« " I
tempi sono gravi. Il mondo è tutto sconvolto perché è diventato
peggiore che ai tempi del diluvio. Il materialismo si avanza e continua
la sua marcia segnata di sangue, in lotte fratricide. Vi sono segni
evidenti e pericolosi per la pace. Il flagello sta passando sul mondo
come l'ombra di una nube minacciosa, per testimoniare agli uomini che
la giustizia di Dio preme sull'umanità e che la mia potenza di Madre di
Dio contiene ancora lo scoppio dell'uragano. Tutto è sospeso come ad un
filo: quando questo filo si spezzerà, la Giustizia divina piomberà sul
mondo e compirà il suo terribile corso purificatore. Tutte le nazioni
saranno punite perché molti sono i peccati che, come una marea di
fango, ha ricoperto la terra. Le forze del male sono preparate a
scatenarsi in ogni parte del mondo, con aspra violenza. Tremendo sarà
lo sconvolgimento per quello che avverrà.
« "
Già da tempo, ho avvisato gli uomini, in tanti modi. I Governatori dei
popoli avvertono il pericolo gravissimo; ma non vogliono riconoscere
che, per evitare il flagello, è necessario far ritornare la società ad
una vita veramente cristiana. Quanto strazio sente il mio cuore nel
vedere che gli uomini a tutto pensano meno che a ritornare a Dio.
«
" Ma il tempo non è lontano e tutto il mondo sarà sconvolto. Molto
sangue sarà versato: di giusti, di innocenti, di santi sacerdoti, e la
Chiesa soffrirà molto. L'odio arriverà al colmo.
« "
L'Italia sarà umiliata, purificata nel sangue, e dovrà molto soffrire,
perché molti sono i peccati in questa nazione prediletta, sede del
Vicario di Cristo.
« "
Non puoi immaginare quello che accadrà! Si svilupperà una grande
rivoluzione e le vie saranno arrossate di sangue. Il Papa soffrirà
molto e tutto questo soffrire sarà per lui come un'agonia che
abbrevierà il suo pellegrinaggio terreno. Il suo Successore guiderà la
nave nella tempesta.
«
"Ma non tarderà la punizione degli empi. Quel giorno sarà spaventoso,
nel modo piú terribile: la terra tremerà e scuoterà tutta l'umanità.
I malvagi periranno nei tremendi rigori della giustizia di Dio.
« "
Lanciate un messaggio per avvisare subito, possibilmente, tutti gli
uomini della terra, perché ritornino a Dio con preghiere e penitenze ".
«
Il " messaggio ", ché come tale si presenta, è dell'8 dicembre, ultimo
scorso, festa della Immacolata. E' normale la connessione tra " delitto
e castigo "; normale il riferimento alla divina Giustizia, per le
ricorrenti " sciagure umane "; normale il riconoscimento della lotta
perenne tra " la città di Dio e la città di Satana ", con la periodica,
ma effimera prevalenza delle forze del male. Normale, almeno per il
credente. Anche questa volta, lascio al lettore le considerazioni, sul
giudizio amaro circa lo stato religioso e morale dei nostri tempi;
sull'avanzare del " materialismo " ateo e sul suo vero volto, sui suoi
scopi: alla Ungheria " recente ", si abbini la Spagna 1936, dove il
terrore rosso si preparò e prevalse all'ombra di un governo " cattolico
", presidente Gil Robles!
« Con i suoi tristi preannunzi, il "
messaggio " sembra prestare al pannello che scorre sangue, il
linguaggio appropriato. D'altronde, l'uno e l'altro, fan parte di una
serie di fatti e comunicazioni debitamente controllati; il materiale,
che si è riusciti a raccogliere con paziente ricerca, servirà per il
futuro, volendo rispettare il riserbo che, al riguardo, la Chiesa
s'impone ed impone. Solo qualche anno addietro, un giornale della
Capitale pubblicò la lettera che, tramite la signora Edwige, Suor Elena
fece pervenire a Mussolini, il 2 giugno 1940. Vi era la
raccomandazione, in termini netti e categorici, di non entrare in
guerra, con la minaccia, rivelatasi profetica: " Altrimenti farete la
fine di Napoleone ".
« Nella cameretta, abitualmente
silenziosa, Suor Elena cura il normale svolgimento della sua opera di
soprannaturale carità per l'educazione delle sue orfanelle; lí accanto
al suo letto, il pannello continua a gocciolar del sangue. Essa non ne
parla; non saprebbe - almeno cosí io penso - cosa dirne; sa che il solo
vero male non è la sofferenza, ma il peccato; è sicura del trionfo del
Regno di Dio; e questo le basta ».
Il sangue scorrente dal
pannello di legno, l'effigie su di esso delineatasi, erano certo un
segno, una testimonianza dati dall'alto, a conferma della vita e
dell'Opera di Suor Elena. E un ammonimento per noi.
Nella
cameretta, ormai vuota, tutti gli oggetti rimangono lí a rievocare la
figura della donna forte, che per circa ventitrè anni nei venerdí di
Passione e in particolare il venerdí santo, vi ha seguito la Passione
del Signore, preparandosi con la sofferenza e la preghiera alla gloria
della Risurrezione.
Il riposo - 19 giugno 1961
Questi
brevi appunti volgono al termine. Scorrendoli, moltissimi ci si svelano
i silenzi, le lacune. A qualcuna di esse ovvierà la riflessione del
lettore; dalle poche lettere, da noi trascritte, rileverà, ad es., il
culto dell'amicizia, il vivo senso della gratitudine, e qualche altro
aspetto caratteristico nella vita di questa grande figlia di S.
Francesco di Paola. Molti episodi testimoniano della sua virtú; ne
citiamo due, secondo la testimonianza di don Franco. Era stato appena
superato felicemente uno dei tanti ostacoli... Entrando nella stanzetta
della Madre, d. F. la sorprese sul suo letto in lacrime. « Vi ho
pregato - le disse - di non dare importanza a... queste persecuzioni...
». Ebbe per risposta: « No, non è questo. Piango per il male che egli
fa all'anima sua ».
In un pomeriggio estivo, sempre nella
stanzetta della Madre, mentre Lei a proposito di una Cappella che un
Signore voleva donare alla Congregazione, esponeva i suoi disegni a don
Franco e a un altro P., quest'ultimo intervenne in modo affatto
ineducato, formulando apprezzamenti quasi offensivi nei suoi riguardi.
Don
Franco (del tutto sorpreso) osservò Suor Elena: era sorridente e calma
come lo siamo ordinariamente quando si sente qualcuno dir le nostre
lodi o rivolgerci dei complimenti!
Il lettore ci perdonerà di
aver detto poco e di averlo detto cosí come ci è stato possibile: i
nostri appunti vogliono essere un inizio, lieti se, ben presto, una
documentazione piú completa permetterà di soddisfare le sue esigenze e
di presentare adeguatamente la vita e l'opera di Suor Elena.
« Fuor della vita è il termine della sofferenza del giusto, cittadino del cielo.
«
Di tutti i loro sbandamenti (degli uomini cioè che vivono
nell'indifferenza), questo - scrive Pascal, Pensieri, 195 - è senza
dubbio quello che maggiormente li convince di follia... E' infatti
indubitabile che il tempo di questa vita non è che un istante, che la
condizione della morte è eterna...
« Si giudichi dunque, a
questo proposito, di coloro che vivono senza pensare a questa estrema
fine della vita, (senza regolare la loro condotta in base alla verità
di quel punto che deve essere il nostro fine ultimo), che si lasciano
andare alle loro inclinazioni... senza riflessione e senza inquietudine
e che, come se potessero annullare l'eternità distogliendo da essa il
loro pensiero, non pensano a rendersi felici che unicamente in questo
fuggevole istante ».
Il pensiero della patria celeste era
continuo in Suor Elena che spesso parlava della sua morte. A don Franco
- che ama scherzosamente dirsi un senza tetto - diverse volte aveva
detto: « Quando morrò, dovete essere voi ad assistermi », « dovete
esserci voi ».
Nel 1961 alle consuete sofferenze fisiche si
aggiunse una forte febbre continua, che i medici non riuscirono a
spiegare e ad eliminare.
Durava già da circa due mesi, quando la
Madre espresse il suo desiderio di recarsi a Roma. Tutti, medici
compresi, espressero parere contrario, considerando le sue condizioni.
La Madre prese la sua decisione e il 7 giugno a sera partí da Cosenza, con la M. Vicaria e Suor Maria Silvana.
Alla
stazione, al mattino dell'8 giugno, era ad attenderla Suor Imelda,
Superiora della Casa di Roma, con le signore Anna Romanazzi, Diomira
Piccini, Marcella e Vittoria Quaranta che s'interessarono sempre
caldamente di Suor Elena e della sua Opera. Suor Elena aveva scritto di
preferire, per il tragitto non breve da Termini a Via dei Baldassini,
l'automobile della signora Romanazzi, che ne fu lietissima.
Il suo arrivo fu davvero una sorpresa.
« Questa volta me ne vado davvero » ella disse a don Franco accorso a salutarla.
Il
perdurare della febbre, la faticosa respirazione non allarmarono il
sacerdote, che considerava ormai normali in Suor Elena e il pensiero
della morte e le piú gravi sofferenze.
Si volle sentire un
clinico esperto e il prof. dott. Raffaello Liberti, primario
dell'Ospedale « S. Giovanni » si recò a visitarla.
Suggerí il trasferimento dell'ammalata all'ospedale suddetto, per tenerla in osservazione e procedere alle diverse analisi.
Suor
Elena lasciava fare: il 12 giugno passò cosí nella stanza n. 1 al 6°
piano del nuovo ospedale « S. Giovanni », nei pressi del Laterano
(lungo la Via Ambaradam)'.
Le Suore si alternavano
nell'assistenza affettuosa e devota alla loro Madre: ella, sempre piú
sofferente per la persistente febbre ormai quasi sempre a 40 gradi, e
per il caldo, sembrava spesso assopirsi.
Domenica, 18 giugno,
alle 19, Suor Imelda le disse ch'era l'orario della preghiera e le
chiese se doveva incominciare la recita del Rosario. Suor Elena le
accennò con la mano, di attendere un momento; quindi fece un ampio
gesto di croce e incominciò ella stessa la recita del Rosario,
continuando a rispondere a voce alta.
Verso le 22,30 Suor
Imelda, preoccupata per l'aggravarsi della Madre, telefonò a don
Franco, che accorse: oltre alla Superiora, che era nella stanza, trovò
in corridoio Suor M. Emma, Suor Silvana, Suor Teodolinda, in lacrime,
con la signora Marcella, che rimarrà con loro per l'intera notte.
Con
grande energia, e assumendosene la responsabilità, Suor Imelda provvide
al trasferimento dell'inferma nella Casa di Roma, dove attendeva la M.
Vicaria.
Appena nell'autoambulanza, con accanto la bombola
d'ossigeno - e con tutte le attenzioni del caso - Suor Elena aprí gli
occhi, riavendosi. Erano le 23,30.
Nell'autoambulanza erano con
gl'infermieri, Suor Imelda e don Franco; dinanzi aveva preso posto la
signora Marcella. E' ricordato come un sogno il tragitto da Via
Ambaradam a Via dei Baldassini, in quella chiara notte di giugno. Con i
medesimi accorgimenti e cautele, l'inferma fu trasferita
dall'autoambulanza nella stanzetta da lei occupata al pian terreno.
Anche qui riconobbe e indicò a voce alta la M. Vicaria e chiese un po'
di acqua.
Accorse il P. Salvatore Schembri, parroco della vicina S. Maria della Perseveranza.
Fu
chiamato il medico condotto della zona, dr. Mario Lucciarini, che
provvide al regolare funzionamento dell'ossigeno, e prescrisse alcune
iniezioni.
Quindi, arrivò la dottoressa Adele Pignatelli,
fondatrice dell'Associazione Femminile Medico Missionaria, chiamata da
don Franco: con l'abnegazione che le è normale ella con la dottoressa
Luisa Guidotti della stessa Associazione rimase accanto al letto
dell'inferma fino al mattino.
Verso le due circa, il Parroco
assistito da don Franco amministrò l'Unzione degl'Infermi, e insieme
recitarono le preci per i moribondi.
Alle 5,30 don Franco celebrò la S. Messa nella Cappella che è quasi di fronte alla stanza della Madre.
Finita la S. Messa, Suor Elena cessò di soffrire. Erano circa le 6,19.
«
La vostra amatissima Madre Generale... (scriveva il
P. Bonaventura) se ne è volata al cielo, all'alba, fra lo scintillio
dei primi raggi del sole nascente; nel silenzio solenne degli uomini e
delle cose; salutata oltreché dalle sue figlie prime e predilette,
rappresentanti tutta la Congregazione, anche dall'armonioso cinguettio
degli uccelli mattinieri.
« Ha spiccato il volo per l'eternità da questa città eterna da essa tanto amata... da questa « Città santa ».
Il
P. Bonaventura accorse subito, a Via dei Baldassini. Da Cosenza
arrivarono, in quel mattino, il fratello di Suor Elena, e le
consigliere generali: Suor Angelica, Suor Celina, Suor Teresa Infusino
e Suor Rita. La morte era giunta per tutti inaspettata.
La
venerata salma fu amorevolmente trasferita in Cappella, tutta adorna di
bianchi fiori. Nella notte, con le Suore vegliò in preghiera la sig.ra
Veturia Zanelli con la figliola.
Oltre alle fedeli Signore che
l'avevano accolta al suo arrivo, vennero a darle l'accorato addio, in
particolare: S. Ecc. Guido Palmardita con le figliole, S. Ecc. Gaetano
Marfisa (già prefetti a Cosenza), il dr. Dario Crocetta e il dr.
Giuseppe Trombetta (ambedue della Segreteria di S. Ecc. il Ministro
Colombo); Mons. Umberto Cameli.
L'On. Salvatore Foderaro
(vivamente commosso) provvide alle pratiche per il trasporto della
salma da Roma a Cosenza, e per l'autorizzazione della tumulazione nella
Cappella della Casa Madre, da parte dei Ministeri competenti.
Il mattino del 20 giugno arrivò il P. Francesco Mazza, dei Minimi, che con altri sacerdoti celebrò la S. Messa nella Cappella.
Nel
pomeriggio, ebbe luogo in parrocchia un solenne rito funebre; cantavano
le Suore Cateriniane, dette « Sorelle dei Poveri », (largo Don
Guanella), con la partecipazione di tutte le altre religiose e delle
associazioni parrocchiali. Alle 16,30 la salma partiva per Cosenza.
S.
Ecc. Guido Palmardita cosí telegrafava alla Casa Madre: « Mentre sacre
spoglie Vostra Fondatrice lasciano Roma dalla Procura Generale, unisco
mie preghiere alle Vostre nella fede certa che Vostra Santa
maggiormente oggi illuminerà, proteggerà et governerà Vostro Ordine,
affidato vostri sacrifici vostra dedizione sollievo infanzia
abbandonata. Una fiumana popolo fasci immensi fiori bianchi han reso in
Roma onore alla vostra Madre Generale che torna nella sua terra
generosa e grande, terra forte indimenticabile per virtú ingegno sua
gente Palmardita ».
Il 21 giugno la salma arrivò a Cosenza poco dopo le 10.
Precedentemente,
al bivio Acri-Bisignano, il carro funebre proveniente da Roma, dopo una
breve sosta, aveva raggiunto Montalto Uffugo.
La notizia si era diffusa e la folla accorreva ad ossequiare e a pregare.
Dopo
il discorso dell'avvocato Armando Di Napoli, lascia Montalto e
raggiunge successivamente gli abitati di S. Sisto dei Valdesi, Bucita e
San Fili.
Tappe della sua opera e delle sue lotte. A Cosenza la
salma è stata esposta nella Chiesa Cattedrale. Alla presenza di tutte
le Autorità, è stata celebrata la S. Messa e il P. Saragò ha
tratteggiato la figura di Suor Elena.
S. Ecc. Calcara assistito
dal Capitolo della Cattedrale ha impartito la benedizione al tumulo. La
bara portata dalle Suore Minime è stata quindi riposta nel carro
funebre. Precedevano le rappresentanze delle Case fondate da Suor
Elena; quindi quelle degli istituti religiosi della Città e delle
associazioni cattoliche. Seguiva una folla immensa di fedeli.
Nella Cappella dell'Istituto, la bara è stata riaperta ed è iniziato il mesto pellegrinaggio.
L'affluenza di persone di ogni ceto è proseguita per tutta la giornata.
Il
24 giugno, il giornale « Il Tempo », p. 12 (e altri quotidiani) dava la
seguente notizia: « Una donna " miracolata " dalla monaca santa di
Cosenza. Si tratta di una giovane, guarita improvvisamente da una grave
forma reumatica »; e cosí proseguiva:
« Suor Elena Aiello, la "
monaca santa " scomparsa a Roma alcuni giorni fa, avrebbe fatto il
primo miracolo. Questa è la sensazionale notizia diffusasi negli
ambienti cosentini nella mattinata di ieri.
« La miracolata
sarebbe la signora Niní Carravetta, di 30 anni, abitante nel Palazzo
Sicea di Via Panoramica, e impiegata nel reparto chimico della Società
Tannini di Calabria. Da molti anni la signora soffriva di una forma
reumatica gravissima alla gamba destra che non le dava pace e la
costringeva a camminare zoppicando in maniera sensibile. Nell'ultima
settimana, anzi, il male della Signora Carravetta aveva raggiunto
vertici inauditi e l'inferma, che con grande forza d'anima si recava
tuttavia ogni giorno in ufficio, era caduta in uno stato grave di
prostrazione.
« Ieri, proprio nell'ufficio della Società
Tannini, Niní Carravetta è stata colta da una crisi particolarmente
dolorosa ed ha invocato Suor Elena Aiello dalla cui recente morte era
stata particolarmente commossa. Lo slancio mistico e la fede di Niní
Carravetta avrebbero ottenuto a questo punto, a quanto si dice, la
grazia. Dopo pochi passi ogni dolore sarebbe scomparso e la "
miracolata " avrebbe costatato con sorpresa di poter camminare senza
alcun impaccio, con la stessa agilità di un tempo. Niní Carravetta è
rimasta per piú minuti senza poter parlare ed ha raccontato poi il suo
straordinario caso ai colleghi di ufficio ed ai familiari ».
Suor Elena Aiello
Pensavamo a una pagina conclusiva, che avesse raccolto e fuso, almeno in un abbozzo, i lineamenti qua e là accennati.
Provvidenzialmente,
il rev.mo P. Bonaventura da Pavullo, con la seguente lettera è venuto
inaspettatamente in nostro aiuto, fornendoci un bel quadro, da vero
maestro.
I lettori gliene saranno tanto grati. « Ave Maria!
Rev.mo Monsignore carissimo,
mentre
V. R. sta scrivendo, con vero intelletto d'amore e perfetta conoscenza
del soggetto, la vita di Sr. Elena Aiello, Fondatrice delle " Suore
Minime della Passione di N.S.G.C. di Cosenza ", morta in concetto di
santità, tre anni fa; penso fare cosa gradita a Lei, Monsignore, e
doverosa per me, che ebbi con Sr. Elena consuetudine famigliare per
oltre dieci anni, oltreché rapporti d'ufficio, come Assistente
Religioso della Sua Congregazione, (incarico che tengo tutt'ora), se Le
fornisco brevi note, illustranti la fisionomia morale-religiosa di
Colei che attentamente seguii, altamente apprezzai e santamente amai.
«
Piú la ripenso, oggi, a distanza di tempo, piú mi appare grande, piena
di fascino e meritevole di alto encomio, pur nella Sua estrema
semplicità e icastica limitatezza di sapienza umana. Mi viene spontaneo
il paolino: " ...infirma mundi elegit Deus, ut confundat fortia... "
mentre Essa può ben cantare il suo " Magnificat " al Signore; perché...
respexit humilitatem Ancillae suae; et fecit mihi magna Qui potens est!.
«
Ogniqualvolta l'andavo a trovare, inchiodata, 20 ore su 24, al suo
bianco lettino, là nella piccola cella, 3 x 4, della casa di Via dei
Martiri, 9, era una vera festa per entrambi. M'intrattenevo sempre a
lungo, anche perché molte erano le cose da dire e gli affari da
trattarsi; ma poi Essa apriva volentieri il suo animo e parlava,
parlava..., di cento argomenti riguardanti l'Anima, la sua Opera, con
le relative gioie, dolori, ansie e speranze; poi c'erano gli eventi
religiosi-politici-sociali del giorno...; perché s'interessava di tutto
e su tutto sapeva portare un giudizio sensato, molte volte acuto e
quasi profetico.
« Partecipava vivamente dei trionfi e delle
sofferenze della Chiesa e della società, come dei singoli individui e
li faceva oggetto non solo delle sue vivaci conversazioni, ma, molto
piú, delle sue fervorose preghiere e delle sue speciali sofferenze
dolorose e misteriose. Non me ne ritornavo mai, da quegli incontri, se
non altamente edificato e pensieroso. Sr. Elena fu veramente la donna "
forte " della S. Scrittura.
« Di poca istruzione (ai suoi tempi
in Calabria chi faceva studiare le donne?) ebbe però una intelligenza
aperta, un intuito pratico vivissimo, un gran buon senso e una volontà
adamantina, al punto, questa, da essere scambiata qualche volta per
ostinazione!
« " Figlia delle rocce Calabresi! " Le dicevo, in
simili casi, ridendo, ed Essa subito allentava la presa... esclamando,
mogia, mogia: "no, no, mi dica cosa debbo fare, che ubbidirò senza
aprire bocca ". Ciò ben dimostrava la rettitudine somma con cui si
regolava e reggeva, in tutto il suo operare, reprimendo quando
occorresse, il suo fiero carattere e la sua marcata personalità.
«
Si esprimeva ordinariamente in quel suo dialetto calabrese, di Montalto
Uffugo, ove era nata, cosí caratteristico, fiorito e incisivo! Era
assolutamente schiva da pose od artifizi; ma procedeva schietta,
semplice e spontanea, sia nel tratto che nelle parole, con tutti; anche
con le alte Autorità civili, e religiose, con cui aveva spesso a che
fare, senza, con questo, venire mai meno al doveroso rispetto, e queste
anziché dolersene, o meravigliarsene, ne godevano e restavano edificate.
«
Aveva uno spirito di Fede vivissimo, quasi connaturato, che Le serviva
di stella polare in tutte le sue azioni e intraprese. Parlava di Gesú e
della Madonna come di Persone di casa e di famiglia. Nutriva profonda
devozione per la SS.
Eucaristia, per la Passione di Gesú e per
la Vergine SS. Addolorata e Mediatrice degli uomini. « La corona del S.
Rosario l'aveva costantemente avvolta al polso a portata di mano, e la
sgranava in tutti i momenti liberi. Voleva bella la Chiesa, profumato
di fiori freschi l'Altare, e solenni e devote le sacre funzioni.
«
Delicatissima di coscienza, era però altrettanto aliena dagli scrupoli
e dalla pietà meccanica o formalistica. Amava trattare con il Signore,
come S. Teresina, sua particolare Patrona: con grande confidenza, pieno
abbandono e naturalezza infantile. Le sue conversazioni, anche piú
indifferenti, erano regolarmente punteggiate di espressioni, o
riferimenti religiosi; ma senza alcuna posa, o forzatura.
«
Sentiva la sua piccolezza e nullità, ma non per questo era pusillanime;
perché era veramente umile dell'umiltà, che è verità, come insegna S.
Teresa d'Avila.
« E questo spiega la facilità con cui parlava
dei suoi fenomeni mistici, però coi Sacerdoti e persone riservate e di
confidenza, di preferenza; affinché ne venisse lodato il Signore. E lo
faceva con molta semplicità e naturalezza.
Ebbe un culto
speciale per la sincerità e la schiettezza. Non poteva sopportare il
raggiro e la doppiezza e li smascherava e condannava apertamente e
sdegnosamente.
« Addirittura poi si ribellava contro
l'ingiustizia e la denunciava, starei per dire, ferocemente, da
qualsiasi punto venisse; soprattutto se perpetrata ai danni dei poveri,
dei deboli e degli indifesi. Piú volte sacrificò la prudenza (umana) e
le civili convenienze, pur di urlare in faccia agli sfruttatori, tutto
il suo sdegno e la minaccia dei severi castighi di Dio, oltre la
condanna degli onesti.
« Per questa sua franca e coraggiosa
linearità, incontrò incomprensioni, umiliazioni e anche danno
materiale; ma non per questo indietreggiò, o ammutolí.
« Donna
veramente forte e virile: animo " Battistino e Cateriniano " in fragile
corpo, tanto piú ammirevole ed encomiabile, se si pensa al tempo di
generale servilismo in cui visse. Si sentiva libera della libertà dei
figli di Dio, per cui parlava con rispettosa, ma estrema franchezza,
anche ai Potenti, non esclusi gli stessi Capi di Stato, o di governo.
«
Solo il peccato le incuteva paura e orrore, e gli mosse guerra
spietata, ovunque lo scorgesse. Pei peccatori invece aveva una
compassione materna; pur di salvarli non risparmiò preghiere, lagrime
di sangue e martirio non solo mistico.
« In un mondo che va
paurosamente materializzandosi Sr. Elena volle inalberare il vessillo
del candore e della purezza liliale, esigendo dalle sue Suore e dalle
ricoverate nelle sue case, il massimo impegno perché sventolasse sempre
immacolato, sotto il fulgore della Grazia divina e il sorriso della
Vergine dei vergini.
« Essa poi ne dava per prima l'esempio con
una riservatezza e un candore che era un incanto e un olezzante profumo
di Cielo. Era solita dire che il mondo, oggi, abbisogna, per redimersi,
di una triplice testimonianza: di umiltà, di carità e di purezza.
«
Dell'umiltà, con cui coperse sempre sé e le Opere che andava, via via,
realizzando, ne danno ampia testimonianza tutti quanti la conobbero.
Preferiva fare anziché conclamare. Invitata ad aprire Case della sua
Congregazione in alta Italia e in America, rispondeva: " noi non siamo
atte ad assumere opere in quei luoghi, ove si richiedono Suore istruite
e capaci piú di noi ". Ma era solo la sua grande modestia che la faceva
esprimere in quel modo; mentre le sue Suore erano ben formate e atte a
figurare bene ovunque.
« Alla carità del prossimo, riflesso
necessario dell'amore di Dio, Sr. Elena donò se stessa e l'Opera da Lei
fondata, senza limiti né misura. Abbracciò tutte le opere di
misericordia, sia spirituale che corporale, facendosene un
superprogramma. In particolare per le orfanelle fu tenerissima mamma,
assumendo, felice, il cumulo dei sacrifici, di preoccupazioni e di
responsabilità che tale titolo comporta. Si prodigava con vera passione
e slancio ammirevoli. Era solare che in tutti i sofferenti e in tutti i
deboli che soccorreva, vedeva Gesú. Imitava alla perfezione la figura
del divin Pastore, fra le conosciute e amate pecorelle.
« Quando
parlava delle varie case della sua Congregazione e delle svariate
attività che vi si compiono, s'infiammava tutta e diventava addirittura
magniloquente.
« Piú volte l'ho sentita ripetere: " se qualcuno
oserà toccare le mie opere, mi sentirà insorgere dalla tomba e
difenderle! ". Pur di renderle sempre piú fiorenti e feconde di bene,
affrontò disagi e sacrifici non comuni; fece tacere la sua naturale
riservatezza, ogni volta che le parve opportuno, per scrivere o
avvicinare alti personaggi; organizzare mostre dei lavori eseguiti
dalle orfanelle, preparare accademie, recite ecc. ecc. E' proprio vero
che: omnia vincit amor!
« Ancora per questa " Charitas " che
divenne il motto programmatico della sua istituzione, tutta
l'impostazione delle sue case era di vita di famiglia.
« Lo
stesso trattamento per le Suore come per le Orfanelle: comuni i pesi,
comuni i sollievi: tutte ugualmente Figlie dello stesso Padre che è nel
Cielo.
« Aveva, spiccatissimo, il senso della riconoscenza. Non
c'era benefattore delle sue case che non esperimentasse le delicate
attenzioni della sua anima veramente nobile e estremamente grata.
Coltivava pure le sante amicizie e vi restava fedele, sopratutto nelle
necessità e oltre tomba.
« Nella laboriosità ben pochi potevano
eguagliarla. Fin che stette in piedi era sempre la prima ad alzarsi e
l'ultima a ritirarsi. In tutti i lavori, anche piú umili, metteva mano,
anzi si riservava i piú noiosi e gravosi: era addirittura instancabile.
Costretta al letto, non per questo indulse all'ozio..., che chiamava
suo capitale nemico. O lavorava, come poteva, a maglia, o verificava il
lavoro delle Suore e orfanelle del laboratorio, giacché era abilissima
nel ricamo e nel taglio, o teneva istruzioni spirituali alle Novizie e
postulanti, o sbrigava la voluminosa corrispondenza, o studiava e
decideva, assieme ai Tecnici, atti legali civili, o amministrativi,
progetti di lavori da eseguire nelle varie case. La sua cameretta era
diventata un vero ufficio generale, e il suo lettino era sempre
cosparso di carte e fascicoli riferentisi alle svariate pratiche. Data
la sua intelligenza vivida e la lunga esperienza, pur non avendo studi
superiori, aveva acquistata una vera competenza nel disbrigo degli
affari anche piú intricati.
« Si deve aggiungere, che nella casa
durante i lavori manuali, assai spesso si recitava il S. Rosario o
altre preghiere, e si cercava di avere sempre viva la presenza di Dio,
al quale tutto veniva offerto e indirizzato. Cosí insegnava e
praticava, per prima, Sr. Elena.
« Infine è doveroso accennare al sommo amore e profonda venerazione che Sr. Elena portava alla S. Chiesa e al S. Padre, il Papa.
«
Quando ne parlava si commoveva e avrebbe data volentieri la vita per il
Pontefice " il dolce Cristo in terra ", e per la Chiesa.
« Nelle accademie o manifestazioni solenni non doveva mai mancare un accenno, un canto, un quadro ecc. del S. Padre.
«
Niente la feriva tanto al cuore quanto l'offesa recata alla Chiesa, o
al Suo Capo visibile sulla terra. E come ne prendeva le difese!...
Diventava un leone d'ardimento e di forza pur di sconfiggere gli
avversari del papato. Ma esigeva che tutti i buoni fossero, nel loro
modo di agire, oltreché di parlare, la dimostrazione palese della
santità della Chiesa di cui si dicevano figli.
« Qualcuno
l'accusò di non essere stata altrettanto devota al clero in genere,
come alla somma Autorità gerarchica della Chiesa. Ma chi l'affermò
bisogna pur dire che non La conoscesse a fondo. L'amore e la stima per
tutta la S. Gerarchia, in Sr. Elena, ci fu sempre e altissima e il
sottoscritto ne ha abbondantissime prove; ma proprio per questo ardente
affetto e alto sentire, qualche volta si lasciò andare a recriminare
certe deficienze e lacune che non onoravano la santità della veste
talare! Tutto qui. Ma soffriva e volentieri, e pregava intensamente,
perché i Religiosi e i Sacerdoti fossero senza macchia, né ruga, come
la Chiesa loro Sposa.
« Quante volte me ne parlava, incitandomi
a suscitare Ministri del Santuario e dell'Altare, santi, sempre piú
santi: vera luce e sale della terra.
« La Sua cameretta era mèta
continua di salutari visite da parte di Sacerdoti e Religiosi, e spesso
anche di Ecc.mi Vescovi, e nessuno ne godeva piú di Lei che, nelle
Anime consacrate e particolarmente nei Sacerdoti, vedeva e venerava
Gesú.
P. Bonaventura da Pavullo Def. Gen. Capp.no Assistente
Pontificio delle Suore Minime della Passione di N.S.G.C. in umile e
fedele testimonianza Roma, 13 Maggio 1964 ».