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Capitolo III

LA VITA D'AMORE E LA PERFEZIONE CRISTIANA

1. Amore e santità. Quante siano le anime sante nel tempo della storia presente, Dio solo lo sa. Questo tuttavia si può affermare: che non sono pochi i cristiani che ritengono la santità, se non proprio un'esclusività del chiostro, almeno un « affare » riservato a poche anime privilegiate, per le quali poi la santità sarebbe un dono piovuto dal cielo e non per loro. Un tal modo di pensare, oltre che errato, è dannoso; in quanto trattiene le anime in un'inerzia spirituale e le adagia in una mediocrità che per nulla s'addicono a chiunque si professi cristiano. La vocazione alla santità è di tutti indistintamente i battezzati, in quanto membra di uno stesso corpo mistico: se è Santo il Capo, lo sono anche le membra. Quando nel Vangelo Gesù dice: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48), si rivolge a tutti i suoi discepoli. Quando san Paolo scrive: Questa è la volontà di Dio, la vostra santzficazione (1 Ts 4,3), è ancora per tutti i cristiani. Se Dio ci vuole santi, non v'è dubbio ch'Egli anche ci elargisce le grazie necessarie per conseguire la santità: tutto ciò che Gesù ha fatto per noi, o ci ha donato e lasciato, tutto è in ordine non solo alla nostra salvezza, bensì pure alla nostra santificazione. Il desiderio, la gioia, vorremmo dire l'ambizione di Gesù è precisamente quella di vederci santi. Lo confermava Egli a suor Consolata, dicendole: Se sapessi quanto Io godo nel fare un 'anima santa! Tutti dovrebbero farsi santi per procurarmi questo piacere. Ne vuoi una pallida idea? Pensa alla gioia che prova una mamma quando vede il figlio suo tornare raggiante con la laurea conseguita: la felicità di questa mamma è indescrivibile! Ebbene, la mia felicità nel vedere un'anima giungere alla santità, supera immensamente questa debole immagine.

Gesù parla anche qui per tutte le anime. È dunque sommamente importante che i fedeli siano ben illuminati su questo punto. Perché temere diparlar loro di santità, o perché distoglierli dall'aspirare alla santità, se essa è un preciso dovere di ogni cristiano? L'importante è farsi un giusto concetto della santità stessa, sia per non errare nella pratica e poco o nulla concludere, credendo di far molto; sia per non lasciarsi allontanare da così nobile impeguo, a motivo della propria meschinità o debolezza. È un errore - e lo dichiara espressamente Gesù a suor Consolata, come abbiamo visto - parlando di santità o di Santi, far cadere l'accento sui doni straordinari o grazie gratis datae; ed è pure un errore farlo cadere sulle penitenze straordinarie, sulle austerità, ecc. quasi che il primo e grande comandamento della Legge, e quindi il primo e grande dovere del cristiano, non sia l'amore di Dio e del prossimo, ma la macerazione del proprio corpo. Non bisogna travisare il Vangelo né ridurre o abbassare i Santi del Cristianesimo quasi al livello di una setta di flagellanti, non ponendo nel dovuto rilievo quella interiorità - unione con Dio: amore - da cui tutte le opere e tutte ancora le virtù traggono vita, valore e perfezione. E neppure il Vangelo è un messaggio di tristezza, bensì di gioia, dal lieto annunzio degli Angeli a Betlemme, a quello trionfante degli Angeli presso il sepolcro vuoto di Gesù. E chi può affermare che Gesù abbia vietato ai suoi discepoli di usare delle pure e caste gioie della vita, quando è il suo amore che le semina, intrecciate al dolore, sul nostro cammino? E non è pure lo stesso sacrificio quotidiano trasfigurato dalla luce della speranza cristiana? Già in questo Messaggio abbiamo trovato parecchi accenni al riguardo; ne riporteremo alcuni altri. Un giorno suor Consolata, colpita da influenza maligna, si appoggiò al banco stando in Coro, poi ancora sedette, (cosa che mai faceva per spirito di mortificazione). In seguito però ne sentì un po' di pena e ne chiese perdono a Gesù. E Gesù a lei: Stà in pace, non farmi severo, Consolata! Gesù, che al Padre tuo san Francesco mandava il corvo a svegliarlo più tardi il mattino, unicamente perché la nolle aveva dormito meno, può anche permettere a una sua creatura di appoggiarsi, di sedersi in Coro, perché hai... l'influenza! Hai capito che Gesù è la bontà, la misericordia, l'indulgenza?

Suor Consolata era attaccatissima alla vita comune in tutto, anche nel vitto; rinunziava perciò volentieri e di proposito a ciò che la Comunità era solita passare alle più deboli, e a questa regola mai avrebbe voluto derogare, neppure nei giorni di prostrazione fisica o d'infermità. Ora, ecco la bella lezione di Gesù (24 settembre 1936): Consolata, ricordati che sono buono, non mi trasfigurare. Vedi: la santità il mondo ama figurarla con immagini tutte di austerità, flagelli, catenelle... No, non è così. Se il sacrificio, se la penitenza entra a far parte della vita di un Santo, non ne è poi tutta la vita. Il Santo, ossia l'anima che si da generosamente a Me, è l'essere più felice della terra, perché Io sono buono, esclusivamente buono. Oh, non dimenticare mai che quel Gesù, che vedrai morire su di una Croce al termine della sua mortale carriera, è quel Gesù che per trenta anni divite la vita comune a tutti gli uomini, in seno alla propria famiglia; è quel Gesù stesso, che nei tre anni di predicazione, lo vedrai assidersi e quindi prendere parte anche a banchetti. E Gesù era Santo, Consolata, il più Santo di tutti gli uomini! Quindi nelle tue necessità non mi trasfigurare, pensa che Gesù è sempre buono, che per te è e sarà, sino all'ultimo tuo respiro, la tenerezza materna. Se amo la fedeltà alle tue promesse, amo ancora la tua confidenza nella mia materna bontà e, quando ne sentirai vero bisogno, sarò felice che tu faccia eccezioni. Ricordalo, non dimenticarlo mai: Gesù è buono; non mi trasfigurare! Non si toglie, dunque, nulla di ciò che realmente può servire alla santificazione dell'anima, ma ogni cosa sta al suo posto e ad ogni cosa è dato il proprio valore in ordine alla santificazione stessa. Insomma, se Gesù nel Vangelo chiama tutti i suoi seguaci alla santità e a tutti ne ha dato l'esempio, dev'essere necessariamente una santità unica per tutti e accessibile a tutti: anche se diverse saranno le vie che vi conducono, a seconda della diversa condizione delle persone e dei diversi disegni che Dio ha sulle anime. 

Questa santità sta essenzialmente nell'amore: come quello che unisce l'anima alla sorgente di ogni santità, che è Gesù Cristo. Quindi, mentre non da tutti Egli esige gli stessi sacrifici o nella stessa misura, da tutti invece vuole essere amato; non solo, ma essere amato con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima, con tutta la forza. Di questo amore così totale ne ha fatto un preciso comandamento per tutti, compendio di tutta la Legge. Quando perciò un'anima gli dà questo tutto, è santa e lo è nella misura che lo ama così totalmente quanto si oppone all'amore perfetto. E quindi facile comprendere nel suo preciso significato la seguente lezione di Gesù a suor Consolata, nella quale si ribatte lo stesso concetto precedente (16 dicembre 1935): Consolata, di' alle anime che preferisco un atto di amore e una Comunione di amore a qualunque altro dono che possono offrirmi. Sì, un atto di amore a una disciplina, perché ho sete di amore. Povere anime! Per giungere a Me credono che sia necessaria una vita austera, penitente… Vedi come mi trasfigurano! Mi fanno temibile, mentre Io sono solamente buono. Come dimenticano il precetto che Io vi ho dato, che è il compendio di tutta la Legge: amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, ecc. Oggi, come ieri, come domani, alle povere creature Io chiederò solo e sempre amore! Se i cristiani comprendessero più profondamente il Vangelo, secondo il suo spirito, quanto più facilmente e lietamente lo tradurrebbero in pratica nella loro vita quotidiana! Amore per amore: ecco tutto!

2. L'amore e l'intimità con Gesù. Scopo e frutto della vita d'amore è, dunque, l'unione dell'anima a Gesù per conseguire la santità. E questo il tesoro di cui parla il Vangelo e chi l'ha scoperto, compra il campo in cui esso è nascosto, vendendo tutto quello che ha (cf Mt 13,44). il campo fortunato è il raccoglimento, per avere il quale bisogna spogliarsi di tutto, in una rigorosa mortificazione del cuore e dei sensi, sia interni che esterni. Non tutti comprendono questo linguaggio. Sono anzi relativamente poche le anime, anche fra le persone consacrate, che riescono a scoprire tale tesoro; o se lo hanno intravisto, non giungono a possederlo, perché non sanno tmporsi le necessarie rinunce. Potrebbero vivere una vita divina e divinamente feconda, invece si fermano sulla soglia del palazzo del Re, adagiandosi in un tenore di vita poco più che mediocre, o per lo meno molto distante da quella perfezione a cui sono votate. Gesù, Re d'amore, dona tutto ma vuole tutto: il cuore con tutti i palpiti, la mente con tutti i pensieri, i sensi con tutte le operazioni, l'anima con tutte le potenze. Egli allora non mette limiti nel donare e nel donarsi e l'anima, come assorbita in Lui, vive e agisce in Lui, in una così ineffabile intimità di affetti e di intendimenti, da non aver riscontro che nella vita dei beati in Cielo. 

Tutte le richieste d'amore di Gesù a suor Consolata miravano precisamente a questo: portarla a una unione attuale e stabile, perciò viva e intima, con Lui. Non meraviglia ch'Egli, ammaestrandola, portasse molto avanti le sue esigenze, sino a non permetterle la minima distrazione volontaria (8 agosto 1935): Per nessun motivo non distogliere lo sguardo da Gesù, così più celermente vogherai verso l’eterna riva. Se già la voleva perfetta in tutto, tanto più su questo punto da cui le virtù traggono la loro perfezione (10 ottobre 1935): Ti voglio perfetta, ti voglio continuamente con Me, quindi: Gesù solo! Io solo che basto per tutto. Ti fidi di Me, vero? Non la segregava materialmente dalle creature: anzi, Gesù pretese sempre da lei una perfetta vita comune in tutto, comprese le ricreazioni. Tuttavia ella doveva impegnarsi, in ogni tempo e luogo, a non distrarre mente e cuore da Lui (5 agosto 1936): Sai che voglio Io da te? La continuità intima, senza dipartirtene un istante; sempre con Me, anche quando devi parlare con le creature. Un giorno, per avere un po' di aria in cella, tenne aperta la porta, ma era osservata nel lavoro che faceva. Gesù allora le disse: Consolata, chiudi la porta della cella a ogni rumore terrestre e lascia solo più aperta la finestra a tutto ciò che è cielo. Uguale esortazione le rivolgeva riguardo alla porta dei sensi, assai più pericolosa e distraente (29 ottobre 1935): Come chiudi la porta della cella (perché oh! La solitudine è così bella), così chiudi ogni porta ai sensi. Viviamo nell'intimità sempre, noi due soli; chiudi l'adito a ogni pensiero, a tutto, sempre noi due soli. Unita così intimamente al Santo dei Santi, l'anima farà passi rapidi e sicuri nella via della santità. Certo, ella dovrà pur sempre sforzarsi di corrispondere all'azione della grazia, specialmente con la fedeltà ai propositi che ne sono l'attuazione pratica, ma ecco Gesù dire a suor Consolata (23 giugno 1935): Io sono sempre fedele alle mie promesse, così tu, se stai sempre in Me, sarai fedele a ciò che mi prometti, ai tuoi propositi, perche ciò che c'è nella vite, c'è pure nei tralci. Questo vale per tutte le virtù, che in Gesù sono in grado infinito e che Egli trasfonde nell'anima, nella misura che essa gli è unita (22 agosto 1935): Tu stai in Me e facciamo una cosa sola e porterai molto frutto e diverrai potente, perché scomparirai come una goccia d'acqua in seno all'oceano; e in te passerà il mio sdegno, la mia umiltà, la mia purezza, la mia carità, la mia dolcezza, la mia pazienza, la mia sete di sofferenza, il mio zelo per le anime, da volerle salvare a tutti i costi. E, come si vede, la trasfusione della vita divina nell'anima. Così intimamente unita a Colui che è la santità per essenza, l'anima non può non assorbirla in se stessa (12 novembre 1935): Ricorda sempre che Io solo sono santo e posso farti santa, trasfondendo la mia santità in te: la mia santità diventa la tua, come tua è la mia purezza, tua la mia umiltà, hai capito? Se si considera che la perfetta unione dei cuori comporta la comunanza dei beni tutto ciò è facilmente comprensibile. Ora, poiché l'anima non ha nessun bene proprio, i beni di Gesù diventano suoi. Quante volte, esortando suor Consolata a quest'intima unione, Gesù le ripeteva: Ciò che è mio è tuo, Consolata! E le specificava, insieme con tutte le virtù: tue le mie parole, i miei pensieri e quindi il mio dolore e il mio amore. Non si tratta soltanto del frutto abbondantissimo della santificazione, ma anche dell'apostolato, perché i due doni - santità e anime - sono inseparabili l'uno dall'altro (19 novembre 1934): Poiché hai sete di amarmi e di salvarmi anime, sta' in Me sempre: sul lavoro, a ricreazione... Non lasciarmi un istante e porterai molto frutto. Guarda san Pietro: da solo aveva pescato tutta la notte e aveva preso nulla; con Me, appena gettate le reti, le ritirò piene di pesci. Così tu se stai con Me, se non mi lasci un istante: a ogni ispirazione di mortificazione che t'invierò, tu, seguendola, getterai la rete e Io la ritirerò su piena di anime, che tu conoscerai solo quando sarai in Paradiso. Lezioni, queste, preziose per tutte le anime, claustrali e non: la santità è alla base dell'apostolato, come l'unione con Gesù è alla base della santità. Infatti, è precisamente l'amore che attua tale unione. Dopo aver riportato a suor Consolata le parole di san Giovanni: Dio è Amore, chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv 4,16), Gesù gliele commentava così: Vedi, Io sono Amore e finché tu rimani nell'amore, tu rimani in Me, ma anch'Io in te. Quindi anche quando tacerò e tu non mi. sentirai più, ricorda sempre che, finché tu mi ami, Io sono in te e tu in Me... E tu vuoi solo e sempre amarmi, non è vero? Quindi sempre Io rimango in te e tu in Me, Se l’amore è il tramite della nostra unione con Gesù, ne consegue che quanto più perfetto è l'amore, tanto più perfetta sarà l'unione.

3. L'intimità d'amore nella verginità di spirito. Tale perfezione d'amore, e quindi di unione con Gesù, non può praticamente conseguirsi che attraverso una triplice verginità: di mente, di lingua, di cuore. Gesù vi accennava dicendo a suor Consolata (19 aprile 1936): Per pregare senti il bisogno di essere attorniata dal silenzio e così pure, per stare unita a Me, nell'interno bisogna che vi sia profondo silenzio. Un piccolo rumore turba l'orazione, similmente un nonnulla che ti distrae, turba l'intimità. Ci vuole verginità sempre! Tale verginità - sempre nelle divine lezioni - si concretizza in un triplice silenzio: di pensieri (verginità di mente), di parole (verginità di lingua), d'interessamenti (verginità di cuore). Come si vede, la vita d'amore praticata in tutta la sua perfezione è tutt'altro che un giocare con le parole: nessuno vi si può inoltrare, che non sia deciso a sacrificare tutto. Non grandi austerità sono richieste, ma una mistica crocifissione di tutti i sensi. La prima è la verginità di mente col silenzio di pensieri: Ama il Signore Dio tuo... con tutta la tua mente (Mt 22,37). Non è un consiglio solo per chi è consacrato con i voti, ma un comando rivolto a tutti i cristiani, il primo anzi dei comandamenti. Dunque, va eseguito. Dio non comanda l'impossibile: lo si può eseguire, naturalmente a seconda dello stato d'ognuno e della grazia di Dio, benché ci voglia lo sforzo. A suor Consolata, anche in questo, Gesù richiese la massima perfezione. Le diceva (24 marzo 1934): Consolata, tu lo sai che ti amo tanto! Vedi, il mio Cuore è divino, si, ma è umano come il tuo e quindi ho sete del tuo amore, di tutti i tuoi pensieri. Se tu pensi ad altri, siano pur persone sante, tu non pensi a Me. Sono geloso dei tuoi pensieri, li voglio tutti. Senti: Io penserò a tutto, anche alle minime cose, e tu pensa solo a Me; ho sete del tuo amore, quindi nessun pensiero: sarebbero spine al mio capo.

Se i pensieri inutili, volontariamente ammessi dall'anima, sono spine al capo di Gesù, la rinunzia ai medesimi pone l'anima in un'assillante lotta, che per lei è la sorgente d'innumerevoli atti di rinnegamento. Le spine che essa vuole risparmiare a Gesù, deve infliggerle a se stessa, al proprio capo (2 agosto 1935): Vedi Gesù coronato di spine? Lo puoi realmente imitare non lasciando entrare un pensiero, nessuno. Così le anime si salvano e tu sei libera di amare. Non è una corona transitoria, ma di tutta la vita, se l'anima vuole mantenersi nella verginità di mente (7 ottobre 1935): La corona di spine, dal momento che cinse la mia fronte io non la diposi più; così devi fare tu: l'unico pensiero dev'essere amare. Ma sai quando deporresti la corona di spine? Allorquando ti soffermassi in un pensiero, qualunque sia. Certamente la lotta contro i pensieri inutili è fra le più difficili, come sperimentò suor Consolata durante tutta la sua vita. Essa, pertanto, va condotta con tattica, con calma e dolcemente, con grande pazienza e più grande costanza, senza tuttavia pretendere di raggiungere, nella verginità di mente, una perfezione che non è di questa vita. Non dipende infatti dall'anima l'essere più o meno assalita da pensieri inutili; come nessun'anima, per quanto perfetta, può pretendere di andar esente dalla lotta contro i medesimi o illudersi ch'essa abbia a cessare. Basta all'anima il non ammetterli volontariamente, come Gesù spiegava a suor Consolata (5 ottobre 1935): Vedi, Consolata, i pensieri che ti vengono e che tu non vuoi, non sono infedeltà. Tale lotta, anzi, fa parte dell'economia divina nella santificazione dell'anima (13 ottobre 1935): La lotta dei pensieri inutili te la lascio, perché ti è meritoria. Più insistente essa è, più grande è il merito per l'anima (31 ottobre 1935): Li vuoi i pensieri inutili? No. E allora tutto è merito. Quando non si desidera che di amare, amare, tutto ciò che ostacola questo amore, diventa meritorio, hai capito? E non è un merito soltanto per l'anima, bensì pure per il bene di altre anime (20 ottobre 1935): Io permetto questa lotta assillante di pensieri, che ti opprime, perché mi dà gloria e anime. Offrimi a ogni istante: « per Te e per le anime! »questi pensieri che non vuoi e che spuntano continuamente dallo svegliarti a quando ti addormenti, per impedirti di amare, e Io li cambio in grazie e benedizioni di anime.

Gesù, dunque, anche in questo vuole e si accontenta dello sforzo della povera creatura, che però è necessario, non potendosi amare Dio con tutta la mente, se non con una perfetta verginità di mente. Insieme con la verginità di mente Gesù chiedeva a suor Consolata la verginità di lingua, senza la quale la prima sarebbe impossibile. Ogni parola inutile genera sempre un po' di dissipazione allo spirito e la dissipazione dissipa in primo luogo l'intimità con Gesù. Tutte le anime di vita interiore hanno amato il silenzio, che santa Teresina definiva: « la lingua dei beati abitanti del Cielo » ed al quale fu rigorosissimamente fedele. Si potrebbe pensare che tutto questo vada solo per coloro che sono in clausura, ma se è vero che le esigenze sono diverse per le diverse anime, è anche vero che Gesù ha lasciato detto nel Vangelo per tutti: Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mt 12,36). Non ci si deve stupire quindi che Gesù, dopo aver chiesto a suor Consolata tutti i pensieri, le abbia chiesto tutte le parole (30 marzo 1934): Ora che tutti i tuoi pensieri sono miei,  dammi tutte le tue parole, le voglio tutte: voglio un silenzio continuo, ti voglio tutta mia. Oh, non temere, prendo Io la responsabilità e dei pensieri e delle parole, ossia di farti osservare queste due promesse, sei contenta? Ti fidi di Me? Il silenzio richiesto da Gesù a suor Consolata, oltre quello di regola, includeva il proposito di non parlare se non interrogata, eccetto (s'intende) che per dovere o carità (14 luglio 1935): Voglio che tu pensi solo a Me e che non parli se non interrogata;  allora risponderò Io, sempre, e tu non ti stupirai delle risposte che usciranno da te, perché sono Io che le proferisco. Ma anche quando la necessità o la carità lo richiedeva, ella doveva attenersi allo stretto necessario (2 agosto 1935): Fa' sempre silenzio, sii avara anche delle parole necessarie, dona in cambio un sorriso a tutte e conserva sempre il tuo volto atteggiato a sorriso. Riguardo alle diverse azioni della giornata, e sempre in riferimento al silenzio, Gesù le suggeriva (22 agosto 1936): Quando sei in dubbio sulla scelta di due azioni, scegli sempre dove ti trovi più sola, dove puoi fare più silenzio, dove puoi amare di più. Questo è il mio volere. Alla ricreazione - le Cappuccine ne hanno circa una mezz'ora al giorno - suor Consolata partecipava regolarmente, come a un atto comune, e la norma che Gesù le aveva dato, era: In ricreazione parla solo quando il discorso sta per farsi pericoloso, tu allora svialo.

All'infuori di questo caso, ella doveva attenersi anche allora al non parlare se non interrogata. Ciò valeva non solo per i giorni comuni, ma anche per quelli delle grandi solennità, quando il silenzio era dispensato (8 dicembre 1935): E anche oggi che il silenzio è dispensato, sorridi a tutte, ma se non sei interrogata, non parlare con nessuno, perché altrimenti dopo provi solo rimorsi. Li provava infatti, come ella stessa testimonia nel diario (16 agosto 1936): « Gesù ha le sue esigenze e ciò che ha chiesto una volta, lo esige per sempre. Per esempio, il silenzio nei giorni in cui è dispensato. Ho ceduto in questi giorni di festa (Assunzione della B.V. Maria) e stanotte la mia povera anima è a brandelli. Il Signore ha avuto compassione e mi ha fatto comprendere: che i piccolissimi si sporcano sempre, eppure la mamma continua sempre con amore a cambiare vestitini, ravviare i capelli in disordine, lavare il musetto sporco, insomma a riabbellirli, ben convinta che ciò durerà poco. Sembra proprio il mio ritratto. Al mattino, il proposito di vita eroica come Gesù la vuole, e poi... tutto crolla! Ricornincio pertanto il silenzio rigoroso, sempre». Anche per questo, dunque, ella dovette sempre lottare. Di estrema semplicità e schiettezza, assolutamente incapace di finzione per sé e per gli altri, ciò che sentiva in cuore ella lo metteva fuori: il che, fra l'altro, le era causa di molte umiliazioni, pentimenti ecc., tanto che un giorno Gesù stesso dovette intervenire per incoraggiarla dicendole: Un'anima che sia realmente mia, posseduta da Me diventa come l'olio che respinge inesorabilmente ogni fusione di liquido contrario: aceto, acqua ecc. Eccoti spiegato il tuo aborrimento a tutto ciò che non è verità, semplicità, schiettezza, obbedienza ecc. Ecco il perché se, durante la lotta, tentazione, il nemico riesce a farti penetrare un pensiero, un'impressione contraria alla carità ecc., non può rimanere dentro di te, ma alla prima occasione uscirà dalle tue labbra. E così, oltre a servirti di umiliazione, ti costringerà pure ad essere più vigilante. Vedi, questi pensieri in te non possono rimanere, perché in te ci voglio restare Io solo. Le era perciò necessaria la verginità di mente per chiudere al nemico ogni accesso in pensieri, impressioni ecc., e la verginità di lingua per evitare le suddette mancanze, che non cessano di essere tali, anche se involontariamente. Quindi è che Gesù le confermava (14 settembre 1935): Sta' salda nel tuo voto: non parlare mai se non interrogata; eviterai così tutti i difetti e tutte le imprudenze, e sarai sicura che le parole che dovrai rispondere, saranno sempre tutte volute e benedette da Me.

Gesù accenna qui ad evitare, oltre i difetti, anche le imprudenze. Suor Consolata doveva evitare con somma cura di manifestare l'azione divina nella sua anima: cosa difficile in una Comunità religiosa, dove le conversazioni vertono per lo più su argomenti spirituali. Basta una frase o una parola per tradirsi. Suor Consolata lo comprendeva bene, tanto che scriveva al Padre Spirituale: « . . Vede, Padre, mai parlare se non interrogata mi è più che necessario anche in ricreazione, dove espramere i miei pensieri e ciò che sento, è pericoloso. Vedo in questo e in altre piccole cose la mano divina. Gesù mi vuole realmente tutta sua; dimodoché, tranne i venti minuti di ricreazione, la cella mi attrae come il tabernacolo» (24 luglio 1935 sera). La verginità di lingua, pertanto, come quella di mente, non fu conseguita da suor Consolata facilmente o in poco tempo. Fu invece un faticoso lavorio su se stessa per tutta la vita, attraverso sforzi generosi, come svelano i suoi scritti: « Voglio, voglio, fortissimamente voglio non lasciar entrare un pensiero e non parlare se non interrogata ». « Gesù non ha negato al Divin Padre né un pensiero, né una parola ne un azione; gli ha dato tutto. Così devo fare anch'io: dargli veramente tutto: tutti i pensieri e un silenzio perpetuo». « Lo sforzo di Gesù nel Getsemani giunse a fargli sudar sangue. A qualunque costo non lascerò entrare un pensiero, né proferirò una frase in più dello stretto necessario ». « La ricreazione va meglio (luglio 1936), ma la mia natura non è ancora completamente vinta, lascia facilmente di amare per parlare. Ma ora, più che alla vigilanza a non parlare se non interrogata, bisogna che vigili sul rispondere il solo necessario. È proprio vero che noi donne abbiamo la lingua lunga! ». Di simìli confessioni e propositi ce ne sarebbe da riempire pagine su pagine. Era un rinnovarsi incessantemente nella buona volontà, senza mai disarmare di fronte alle difficoltà o agli insuccessi. Va aggiunto che, durante l'ultima malattia, richiesta di un ricordo per la sua cara Comunità, rispose: « L'osservanza del silenzio! ». E spiegava a chi la interrogava in proposito: « È perché   anche per esperienza propria - la maggior parte delle mancanze, in una Comunità religiosa, provengono dal non osservare il silenzio prescritto ». La verginità di mente e di lingua è favorita e integrata dalla verginità di cuore che, oltre a imporre all'anima religiosa il distacco effettivo e affettivo dalle cose del mondo esterno, esige il distacco da tutto ciò che costituisce il « piccolo mondo interno» del monastero, soprattutto eliminando in assoluto tutti gli interessamenti non buoni, la mania cioè di occuparsi degli affari altrui. Fu il punto su cui suor Consolata, dato anche il suo temperamento, dovette lottare di più. Le stesse dette mancanze, nel riguardo della verginità di mente e di lingua, dipendevano quasi sempre dal non riuscire a vincersi in questo. Scrive infatti: « . . L'ostacolo principale ad amare era la lingua, e il silenzio fu la virtù ch'ebbi più di mira durante il noviziato. Ma prima di giungere ad osservarlo, quante cadute! Propositi, lotta e poi, al momento di riportar vittoria, una frase sfuggiva e succedevano burrasche ». 

« Una volta, in una novena, Gesù mi disse: Che cos’è, Consolata, che ti impedisce di amarmi? I pensieri inutili e l'interessarti delle altre. E promisi di non più interessarmi di nessuno. Dopo giornate di lotta, dopo aver all'infinito ripetuto nel mio interno: - Non mi interessa, a me non importa ecc. - alla prima occasione la frase tante volte ricacciata in gola, sfuggiva. Una sera, a meditazione, il Signore mi fece comprendere al vivo le conseguenze del mio difetto, tanto che tracciai queste righe: - Alla luce divina ho compreso che la mia lingua mi porta all'inferno! - Nuove promesse e nuove cadute; la mia debolezza era estrema, formava la mia umiliazione » « Lotte violentissime provavo a mensa. Una frase dirà tutto: - Cosa vuole, Madre Abbadessa, io da queste anime che si uccidono per penitenze straordinarie, pretenderei un'obbedienza che scatta! - Di san Pietro non ho solo il nome, ma qualcosa di più!... Ma Gesù volle combattere in me queste tendenze e una sera, in cella presso la finestra, mi disse: Consolata, se contemplando il cielo tu posi lo sguardo sulle finestre delle case circostanti, tu trovi la morte. Similmente, se invece di tendere unicamente ad amarmi, tu posi lo sguardo sulle azioni altrui, tu trovi la morte. La lezione mi servì». Le servì, ma non la liberò dalla lotta, mai. Gesù stesso dovette ancora intervenire, e più d'una volta, ad ammonirla a riguardo. Così avviene nel novembre 1934:Seguimi, che t'importa delle tue Sorelle? Tu pensa unicamente a seguirmi. Ciò non significa che chi vive in comunità non debba prendere a cuore il bene delle consorelle, piuttosto questo bene non deve volerlo contro il bene della propria anima; o in opposizione ai disegni di Dio, che non sono gli stessi per tutte le anime, o coll'immischiarsi in ciò che non spetta a lei. Si ascolti, ad esempio, la seguente lezione di Gesù a suor Consolata riguardo alle penitenze straordinarie che Gesù non voleva da lei, e alle quali certe consorelle si sentivano inclinate: Vedi, Consolata, in Paradiso ogni Coro angelico attende a compiere il suo ufficio, senza invidiare o desiderare l'ufficio di un altro. Così, in una Comunità, ciascuna deve attendere alla propria missione, senza invidiare o bramare nulla di un 'altr'anima. Tu devi essere nella tua Comunità, in Coro e ovunque, il mio piccolo serafino e quindi devi. solo attendere ad amare, senza badare o invidiare la missione delle tue consorelle. Un'altra volta per stroncare in lei ogni velleità al riguardo (2 giungo 1936): Per obbedienza, non badare a ciò che mi danno le tue Sorelle, Io e tu, basta! Alla vigilia di separarsi sensibilmente da lei, fra le altre promesse richieste, ci fu anche questa (1 dicembre 1935): Promettimi che riguardo a Suor X tu non t'interesserai per nulla, né direttamente e né indirettamente. Faccia l’osservanza o non la faccia, cammini nella semplicità della vita comune o anche con sotterfugi si metta nelle vie straordinarie, non importa: tu devi promettermi che non ne parlerai o penserai, come se in Comunità non esistesse. Nulla, tranne i rapporti di carità, lavoro, ecc. Anche la Madonna, un giorno che suor Consolata lottava fra il parlare o il tacere sul conto d'una Consorella, le fece intendere: Non ti preoccupi di ciò che accade in altri monasteri; fa, lo stesso qui; considerati come pellegrina o forestiera, con un unico impiego: amare! 

Per spuntarla una buona volta contro questo demonio degl'interessamenti, suor Consolata, che in ogni lotta portava tutto l'ardore del suo spirito, ricorse al solito mezzo: legarsi con voto. Ciò fù il 26 maggio 1936: « .. .A meditazione il nemico, sotto pretesto di zelo, lavorava per rubarmi i pensieri con l'interessarmi delle altre. Trovai l'interessamento un ostacolo che mi attraversava la via e da cui dovevo liberarmi una volta per sempre. La grazia allora m'ispirò di stringermi con nuovo voto, il quale, rinnovato ad ogni tentazione, mi avrebbe aiutata a riportare sempre vittoria. Intuii che il Padre Spirituale avrebbe approvato questo voto e lo emisi: mai interessarmi di ciò che accade in Comunità, di nulla e di nessuno » Il voto le giovò moltissimo, ma la lotta contro gli interessamenti, più o meno aspra, durò fino al termine della sua vita, richiedendole un continuo ed eroico sforzo di volontà. E qui bisogna ricordare che questa triplice verginità: di mente, di lingua e di cuore, non vuol essere fine a se stessa, ma mezzo per avanzare nella predetta perfezione d'amore. Lo dichiarava espressamente Gesù a suor Consolata: (17 giugno 1934): Dimentica tutto e tutti e pensa solo più ad amarmi, concentra ogni tuo pensiero, palpito e silenzio a quest’unica cosa: amare! (18 agosto 1936) Non pensare a nulla, a nulla, a nulla, tranne di amarmi e di soffrire con tutto l'amore possibile; basta così. A che gioverebbe infatti il silenzio di parole, di interessamenti ecc., se poi il cuore fosse vuoto di Gesù? Non dunque il silenzio per il silenzio, ma il silenzio per l'amore e l'amore per una vita d'unione con Gesù (6 novembre 1934): Consolata, ora nell'oblio assoluto di ogni pensiero, nel silenzio rigoroso di ogni parola, vivi Gesù intensamente. Che significa vivere Gesù intensamente? Significa vivere in così intima unione con Lui, da quasi scomparire e trasformarsi in Lui, identificarsi in Lui, deificarsi in Lui. E quello che san Paolo diceva di sé: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). E Gesù a suor Consolata (6 novembre 1934): Se tu scompari, non lasci più entrare un pensiero, penserò Io in te, se tu non parli parlerò Io in te; se non cerchi di fare la tua volontà, agirò Io in te: non sarai più tu che vivrai, ma Io in te. In tal modo l'anima, con tutte le sue potenze e operazioni, resta come divinizzata, e chi può dire le mirabili ascensioni che essa compie giorno per giorno nella santificazione propria? Diceva perciò Gesù a suor Consolata (23 giugno 1935): Da' l'addio per sempre ad ogni pensiero, ad ogni parola; lascia che tutti facciano ciò che vogliono, tu sta' in Me, porterai molto frutto perché agirò Io. Tutto lo sforzo di suor Consolata, attraverso il triplice silenzio di pensieri, parole e interessamenti, doveva dunque mirare a questo: conseguire la massima intimità d'amore con Gesù. Null'altro Gesù voleva da lei, perché in questo sta la vera santità e tutta la santità (26 settembre 1935): Ricordati e tieni ben fisso, tu che brami portare tanto frutto, che Io nel santo Vangelo non ho detto che porterai tanto frutto, se farai mortificazioni straordinarie, ma se stai in Me. Dunque, non deviare dal retto sentiero e tutta la tua cura sia nello stare ben unita alla Vite, non distaccarti da « Gesù solo! » neppure con un pensiero (penso Io a tutto), neppure con una parola non richiesta. L'anima che vuol progredire nella vita d'amore, dovrà tener presenti tali lezioni di Gesù a suor Consolata sulla verginità di spirito. Che se è vero che non sono per tutte le anime i modi straordinari (gratiae gratis datae), è altresì vero che è per tutte le anime la perfezione della carità nel suo modo ordinario di sviluppo, fino al suo completo fiorire: così come è richiesta dal primo e grande comandamento della Legge.

4. Con l'amore tutto si dona a Gesù. Tante divine insistenze, perché l'anima concentri i propri sforzi nell'unico compito di amare, dimostrano con evidenza che l'amore è tutto e che perciò, attraverso l'amore, l'anima dona realmente tutto a Gesù. Non fu questa la grande scoperta che diede ali a santa Teresina per realizzare la propria santificazione e attuare i magnanimi desideri di apostolato? « La carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava: capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d'Amore. Capii che solo l'Amore faceva agire le membra della Chiesa: che se l'Amore si dovesse spegnere, gli Apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i Martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue... Capii che l'Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l'amore era tutto » Abbiamo parlato di scoperta di santa Teresina: lo fu infatti per la sua anima, ma tale non si potrebbe dire nel campo dottrinale della Chiesa cattolica. Le suddette parole della Santa, se ben considerate, non sono infatti che l'eco - fedelissima nella sostanza - del grande insegnamento dell'Apostolo il quale, dopo aver ricordato la sublime verità della nostra incorporazione a Cristo afferma: Voi siete corpo di Crtsio e sue membra (1 Cor 12,27). Ora, ogni membro ha il proprio dono e non deve invidiare i doni altrui, bensì aspirare ai carismi più alti. Quindi aggiunge: io, vi mostrerò una via migliore di tutte (1 Cor 12,31): migliore, cioè, di tutti i doni carismatici, di tutti i misteri che si esercitano nella Chiesa, di tutte le opere che vi si compiono. Qual è questa via? L'Apostolo risponde sciogliendo quel meraviglioso inno all'amore che ben può dirsi la sintesi dogmatica e morale del messaggio evangelico e che costituisce il cap. 13 della prima Lettera ai Corinti. Viene qui riportato nella prima parte, dovendo richiamarlo in seguito: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e se possedessi la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non avessi la carita' non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità niente mi giova (1 Cor 13,1-3). 

Se, dunque, tutte le opere nel campo del bene - scienza, fede, elemosina, sacrificio e lo stesso martirio - sia singolarmente, che nel loro insieme, sono nulla e valgono niente senza l'amore, ne consegue che solo l'amore conta, solo l'amore è veramente tutto; e che perciò un'anima, non chiamata oppure impossibilitata a compiere tali opere, se tuttavia ama Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza, in realtà essa dona tutto a Dio. Fu questo il punto di partenza per santa Teresina nell'abbracciare la via d'amore e lo fu anche per suor Consolata, alla quale Gesù confermava: (7 agosto 1935): Amami, Consolata, amami solo; nell'amore è tutto e mi dai tutto. (20 settembre 1935): Quando tu mi ami, dài a Gesù tutto quello ch'Egli desidera dalle sue creature. l'amore! Non voleva perciò che disperdesse le proprie energie spirituali nella moltitudine dei propositi, sempre poco concludente, mentre in quest'unico proposito dell'amore sono racchiusi tutti gli altri (1 dicembre 1935): L'amore è tutto. ora fissandoti in quest'unico proposito, dai tutto a Gesù. Indubbiamente è necessario osservare la Legge, ma chi la osserva? Colui che ama. Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23). E Gesù a suor Consolata (15 novembre 1935): Vedi, Consolata, le mie creature mi fanno più temibile che buono e Io, invece, godo a essere solo e sempre buono. Che cos'è che Io domando? L'amore e solo l'amore, perché chi mi ama mi serve. Al contrario, chi non ama è già fuori della Legge: Chi non mi ama, non osserva le mie parole (Gv 14, 24). Chi poi osservasse la Legge, ma solo per timore, non farebbe opera perfetta, come Gesù spiegava a suor Consolata (16 novembre 1935): Vedi, Io bramo essere servito dalle mie creature per amore. Ora, evitare la colpa per timore dei miei castighi non è quello che Io bramo dalle mie creature. Io voglio essere amato, Io voglio l'amore dalle mie creature, e quando mi ameranno, non mi offenderanno più. Quando due creature si amano veramente, non si offendono mai; e così, ma propriò così ha da essere fra il Creatore e le sue creature. Un giorno, suor Consolata, impressionata da una frase udita a meditazione, si rivolse a Gesù. « Gesù, se maledetto è l'uomo che fa l'opera negligentemente, benedetto sarà chi fa l'opera diligentemente ». E Gesù a lei (29 novembre 1935): Più che con diligenza, tu cerca di fare tutto con grande amore. Sia che lavori, che mangi che beva, che dorma, fa' tutto con tanto, tanto amore, perché Io ho sete di amore. In un'azione è l'amore che cerco. Altre volte ancora, insistendo su questo punto di valorizzare tutte le azioni con l'amore, le insegna: (10 ottobre 1935): Metti tutta l'attenzione nel dovere attuale per compierlo con tutto l'amore possibile. (16 novembre 1935): Tanto più valore avranno le tue azioni, quanto più tu aumenterai in amore. Ugualmente vale per tutto ciò che di penoso l'anima incontra nel suo cammino. Chi non ricorda i « fiorellini » di santa Teresina? Ma quale valore agli occhi di Dio per l'intensità d'amore con cui venivano offerti! Lo stesso linguaggio con quasi identiche espressioni si trova nelle lezioni di Gesù a suor Consolata: (14 novembre 1935): Trasforma tutte le cose disgustose che incontri sul cammino, in roselline: raccoglile con amore e offrimele con amore. (3 dicembre 1945:) I doni Io li gradisco così, fatti con tutto l'amore possibile, allora anche i vostri nonnulla mi diventano preziosi. Non è dunque all'offerta in se stessa o alla sua entità, che Gesù guarda. Che possiamo noi dargli, che non sia già suo? Se io avessi fame, a te non lo direi: mio è il mondo e quanto contiene (Sal 49,12). L'amore, invece, è nostro e a questo Gesù guarda. Diceva, pertanto, a suor Consolata (24 novembre 1935): No, Consolata, no! Non gli atti eroici Gesù esige da te, ma semplicemente dei nonnulla, offerti però con tutto il tuo cuore. Tutto ciò deve confortare quelle anime - e sono la maggior parte - che, non chiamate a compiere opere grandi, passano la vita nell'adempimento di umili doveri quotidiani, non visti né apprezzati dal mondo. Un mattino suor Consolata componeva un mazzo di fiori per la Madonna, ma erano piuttosto scadenti e ciò le rincresceva. Ma la voce della grazia le fece intendere: Non sempre si possono offrire a Dio fiori belli di virtù, però si può sempre accompagnarli con l'amore. E Gesù non è al fiore che guarda, ma all'amore con il quale lo si offre. Opera dunque saggiamente l'anima che, nell'esercizio stesso delle virtù, più che agli atti delle medesime, mira direttamente - con l'intenzione e lo sforzo - all'amore, che vivifica e perfeziona tutte le virtù. Se già la mutua carità fraterna copre una moltitudine di peccati (cf 1 Pt 4,8), come dubitare che l'amore non abbia a supplire davanti a Dio i difetti, cui un'anima può andar soggetta? E in questo senso che vanno intese le seguenti parole di Gesù a suor Consolata (10 novembre 1935): Sei piena di difetti? Guarda, Io preferisco un 'anima piena di difitti ma col cuore totalmente mio, che se fosse perfetta, ma col cuore diviso. Gesù parla qui di perfezione puramente formale, in contrapposizione a quella essenziale che sta nell'amore. Qualunque virtù, infatti, che non sia riferita al Bene finale e perfetto, è sempre « virtù », ma imperfetta. Si comprende, quindi, come Gesù potesse dire a suor Consolata: Quando il cuore è molto malato, rende inerte una persona per robusta che sia. Così se il cuore non è mio' non so che farmene dell'anima, per quanto si voglia adorna di virtù. Insomma, è più perfetta l'anima che più si avvicina a Dio, e poiché Dio è Amore, si avvicina più a Lui, e quindi è più perfetta l'anima che lo ama di più. Lo confermava Gesù a suor Consolata: l'anima che mi è più cara, è quella che mi ama di più.

5. L'amore tutto riceve da Gesù. L'anima che ama Gesù con tutto il cuore e con tutta la forza, non solo dona tutto a Gesù, ma tutto ancora da Lui riceve: sia in ordine alla propria santificazione, sia in ordine alla salvezza delle anime. Qui ci si limiterà a considerare ciò che riguarda la santificazione dell'anima. Va detto anzitutto che l'anima amante è, tra tutte, quella che maggiormente sente il bisogno di non perdere tempo in effimere velleità, in vuote asserzioni di amore, ma di provare il proprio amore col dono totale di sé. Essa ha compreso le verità espresse nei paragrafi precedenti: che le opere, per essere meritorie e feconde di bene per sé e per gli altri, devono procedere dall'amore, e che è l'amore stesso che le suggerisce, le sostiene, le vivifica e le perfeziona. In altre parole: non è male aggrapparsi alle opere per giungere all'amore, ma è più logico - e diremmo teologico - aggrapparsi all'amore per giungere alle opere. San Francesco di Sales a quel tale che gli diceva: « Voglio essere molto umile per poter amare molto il Signore», rispondeva: « Io invece voglio amare molto il Signore per poter essere umile». Ecco il divario fra le due vie. Da quale parte sta la ragione? Noi siamo con san Francesco di Sales, il quale a sua volta è con san Paolo che scrive: « la carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta » (1 Cor 13,4-7). Chiaro: difetti da evitare, virtù da praticare, tutto nell'amore e attraverso l'amore. E non solo siamo con san Paolo, ma siamo soprattutto con il Vangelo: Senza di Me non potete far nulla (Gv 15,5). Chiaro anche questo. E allora ci sembra che agisca con maggior sicurezza chi mira direttamente all'unione con Gesù per giungere alle opere, piuttosto che chi spera il contrario, mentre poi nulla può fare senza Gesù. E ancora nel Vangelo che Gesù soggiunge: Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in Me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e Io in lui fa molto frutto (Gv 15,4-5). Ma come dimorare in Gesù in modo che Egli dimori in noi? Dio è Amore; chi sta nell'amore, dimora in Dio e Dio dimora in Lui (1 Gv 4,16). Come tutto è chiaro, semplice, rettilineo nel Vangelo! Con l'amore c'è l'unione a Gesù, nell'unione con Gesù l'abbondanza di ogni frutto di santificazione: le virtù divine passano nell'anima come la linfa passa dalla vite nei tralci. Già questa verità ebbe solenne conferma nella dottrina e soprattutto nella vita di santa Teresina, la quale, attraverso l'amore, raggiunse l'eroismo in tutte le virtù, come ha proclamato la Chiesa. Ora, inoltre, sembra che Dio voglia riconfermare tale verità con la dottrina e con l'esempio di suor Consolata. Ecco, pertanto, alcune lezioni di Gesù all'umile Cappuccina, a conferma di quanto detto. Prima di tutto l'amore è la prima e più perfetta riparazione dei propri peccati. « il pentimento che esclude l'amore di Dio, - insegna san Francesco di Sales - è infernale, simile a quello dei dannati; il pentimento che non respinge l'amore di Dio, anche se ancora ne è privo, è pentimento buono e desiderabile, ma imperfetto, e non può darci la salvezza, finché non abbia raggiunto l'amore e non si sia mescolato con lui » Del resto, non abbiamo che da aprire il Vangelo: Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato (Lc 7,47). Poi ancora: Quello a cui si perdona poco, poco ama (ivi7,48). Ora, il Vangelo è di tutti i tempi e per tutte le anime, come è per tutte le anime quest'insegnamento di Gesù a suor Consolata (22 novembre 1935): Vuoi fare penitenza dei tuoi peccati? Amami, la tua penitenza sia l'amore. Lo stesso vale per chi vuole riparare per i peccati altrui. Nella domenica della Palme del 1936, nel leggere la Passione di N. S. Gesù Cristo, suor Consolata si soffermò sul tradimento di Giuda e dal cuore le uscì come un grido: « Oh potessi riparare a tutti i sacrilegi! ». E intese: Sì, con l'amore puoi riparare gli orrendi sacrilegi, con l'amore puoi soffrire, puoi immolarti, puoi consumare il sacrificio. Tutto con l’amore, nient'altro che con l'amore. Oltre che riparazione, l'amore è purificazione. Esso infatti è luce che fa scoprire all'anima anche i più piccoli nèi che possono offuscarne la bellezza; è forza che dà all'anima l'energia necessaria per estirpare i difetti fino alla radice; è fuoco che brucia e consuma le erbe cattive radicate in noi. « Io so - diceva santa Teresina - che il Fuoco dell'Amore è più santificante di quello del Purgatorio »." Una sera (11 novembre 1935), Gesù diceva a suor Consolata in preghiera davanti al tabernacolo: Consolata, portami le tue mancanze di oggi. - Gesù, io non le ricordo! Anch’Io le ho dimenticate. - E allora? - Dimmi che mi ami e vai in pace, che non esistono più! Per gli esercizi spirituali del 1935, il Padre Spirituale faceva pervenire a suor Consolata una lettera in cui, per esercitarla nell'umiltà, le elencava alcuni difetti che diceva d'aver scoperti in lei e, intanto, le accludeva un'immaginetta raffigurante il buon Pastore con sulle braccia, stretta al cuore, una piccolissima agnella. Gesù, a sua volta, ne prendeva motivo per così introdurre suor Consolata nei santi esercizi: Consolata, come questa agnellina, rimarrai sul mio Cuore durante i santi esercizi e continuerai ad amarmi, Io penserò a tutto il resto. Mentre tu reclinata sul mio Cuore mi ami, Io brucio i tuoi difetti anche quelli che il tuo Padre trova in te. amor proprio, superbia, esagerazione, mancanza di semplicità ecc. Io brucio tutto. Un altro giorno (19 agosto 1936), mentre si confessava umilmente piena di mancanze, Gesù le faceva intendere: Amami, l'amore farà scomparire tutte le tue deficienze. Non voleva, perciò, come già è stato detto, che si ripiegasse sulle proprie infedeltà; le diceva (9 luglio 1934): Non ripiegarti su te stessa, su ciò che hai fatto, ma al di sopra di tutte le miserie, ama sempre. Dopo aver rinnovato l'anima attraverso la riparazione e la purificazione, l'amore la porta all'acquisto ditutte le virtù, oltre che, poi, alla perfezione delle medesime, conforme a quanto si è spiegato. Grande certamente era la vocazione particolare di suor Consolata, perché grandi i disegni di Dio su di lei, ma ella vi doveva corrispondere. Perciò, ecco Gesù ad assicurarla (30 agosto 1935): Vuoi corrispondere alla tua vocazione? Amami solo, amami sempre e corrisponderai pienamente ai miei disegni su di te. Ciò naturalmente richiede l'esercizio delle virtù, ma è precisamente attraverso l'amore che l'anima è sicura di praticarle. Così, riguardo alla carità fraterna, tanto cara a suor Consolata, Gesù le prometteva (2 luglio 1935): Tu pensa solo ad amarmi e Io penserò a renderti caritatevole. Uguale promessa troviamo riguardo all'umiltà, virtù fondamentale della perfezione cristiana: (22 agosto 1935) Più starai in Me e più Io farò passare attraverso di te la mia umiltà. (4 luglio 1935) Amami solo, penso Io a tenerti nell'umiltà. Se stai in Me, ciò che c'è nella vite, c'è pure nei tralci. Dunque, le anime che seguono la via d'amore, non è che non apprezzino il valore e non sentano la necessità delle altre virtù, ma sono intimamente convinte che il mezzo più sicuro per giungervi sia quello di essere molto unite a Gesù, come il tralcio alla vite. Di qui i richiami di Gesù a suor Consolata, affinché non deviasse: (20 agosto 1935): L'amore è santità, più mi ami e più ti farai santa. (8 novembre 1935) Ricorda che l'amore e solo l'amore ti porterà al più alto grado di santità. E mentre Gesù le parlava di alto grado di santità, il Divin Padre le assicurava le stesse vette della santità (19 settembre 1935): Ricordati, Consolata, che l'amore e solo l'amore ti porterà vincitrice su tutte le vette!

6. Di alcuni frutti della vita d'amore. Come l'anima possa praticamente attuare la vita d'amore, lo si vedrà in seguito. Qui si dirà brevemente di alcuni frutti particolari - oltre i già indicati - della medesima. il   primo è la gioia intima e profonda dell'anima, che sa e' sente di possedere Dio ed essere da Lui posseduta; sa e sente di valorizzare al massimo per la gloria di Dio, per se stessa e per la salvezza delle anime, la breve giornata di questa vita; sa e sente che nulla e nessuno può strapparle questo tesoro immenso, purché perseveri fedelmente nella via intrapresa, facendo proprie le parole dell'Apostolo: Chi ci separerà dall'amore di Cristo? (Rm 8,35). Una delle prime parole di Gesù a suor Consolata è questa: Amami e sarai felice, e più mi amerai e più sarai felice. E ciò sempre, nella luce o fra le tenebre di spirito (15 marzo 1934): Anche quando sarai nelle tenebre fitte, l'amore produce luce, l'amore produce forza, l'amore produce gioia. Se così è per tutte le anime, lo è in particolare per quelle consacrate con i voti, da Lui elette e predilette (20 agosto 1935): Se tutte le mie spose mi amassero, verserei sulla terra, nei loro cuori, il Paradiso, perché il Paradiso si gode nell'amarmi. Se tutte le anime comprendessero questa verità! E se la comprendesse anche questo povero mondo che, per essersi allontanato da Gesù, ha smarrito la via della sua vera ed unica felicità! Sarà pur sempre vero ciò che Gesù diceva a suor Consolata (13 ottobre 1935): Oh, se mi si amasse, quanta felicità regnerebbe nel mondo così infelice! Che dire allora della sofferenza, retaggio d'ogni umana creatura e mezzo così potente di santificazione? Sarà essa estranea all'anima che vive d'amore? Tutt'altro, in quanto l'amore si nutre proprio di sacrificio. il Calvario è la vetta del sacrificio, perché è la vetta dell'amore. E Gesù prometteva a suor Consolata (27 maggio 1936): L'amore ti porterà sulla vetta del dolore! Non basta infatti soffrire, ma è necessario soffrire bene, e questa difficile scienza non la si impara che alla scuola dell'amore (11 novembre 1935): Per soffrire bene hai bisogno di amare, solo amare, sempre amare e intensamente amare. Forse il valore soprannaturale della sofferenza non è in ragione della purezza e del grado di amore che la vivifica? Diceva perciò Gesù a suor Consolata (1 dicembre 1935): L'amore è più grande della sofferenza e la sofferenza sarà tanto più perfetta, quanto più l'amore sarà in te gigante. Ed è ancora l'amore e solo l'amore che può cambiare la sofferenza in gioia secondo le parole di san Paolo: Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione (2 Cor 7,4). E Gesù confermava a suor Consolata (10 dicembre 1935): La sofferenza quando è accettata con amore, non è più sofferenza ma si cambia in gioia. Ciò naturalmente non esclude che l'anima « senta» la sofferenza, come non la dispensa dallo sforzo per soffrire con perfezione, ma è pur sempre vero che l'amore dona all'anima la forza necessaria. Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore (Ct 8,6). Ed è anche più forte della morte, perché l'anima che ama, è rivestita della stessa forza divina. Un giorno (26 febbraio 1936), suor Consolata piangeva sulle proprie infedeltà: - Gesù, son tanto vile!   Unisciti alla forza! - E in che modo? - Rimani nell'amore! Poi ancora le soggiungeva: Unita alla forza, sarai più forte dei forti! Un altro frutto, pure inseparabile dalla vita d'amore, è la pace profonda e stabile dell'anima. E ciò per il fatto che, quando questa si abbandona fiduciosamente all'amore, ha perciò stesso eliminato la causa di tante inquietudini: la ricerca di sempre nuove vie, nuovi mezzi, nuove pratiche, la moltitudine di desideri sempre insoddisfatti e talora insoddisfabilì. 

Essa ha semplificato al massimo la vita spirituale. Un solo desiderio: amare. Una sola occupazione: amare. Una sola preoccupazione: amare. Tutto il resto le verrà con I’amore. Non si tratta dunque di quietismo o di altro del genere, ma dell'opposto: vivere d'amore vuoi dire vivere la vita soprannaturale il più intensamente possibile, concentrandola però in un punto solo: l'amore. Una delle lezioni più spesso ripetuta da Gesù a suor Consolata è questa: Tu pensa solo ad amarmi, Io penserò a tutto il resto, fino ai minimi particolari. Ed è così che pensieri vani, interessamenti inutili, preoccupazioni opprimenti, tutto resta eliminato per l'anima che vive d'amore (31luglio 1936): Consolata, tu sai che Io penso a tutto, ti provvedo di tutto sino ai minimi particolari, perciò non lasciar entrare un pensiero, un interessamento... Non temere, penso Io a te! Ella lo sperimentò in tutta la sua vita. Già privata della presenza sensibile di Gesù, scriveva: ... Dal giorno in cui Gesù mi disse: Io penserò a tutto fino ai minimi particolari, tu pensa solo ad amarmi, prese sopra di Sé la responsabilità di tutti i miei doveri, impegni, desideri, insomma tutto. E anche oggi che tace, continua a pensare a tutto sino ai minimi particolari. Gesù agisce in me e Consolata non ha che da pensare ad amarlo. 

Sì, gli avvenimenti ecc. son terra che a me più non deve interessare; io devo aprirmi e lasciar entrare solo cose di cielo, di Paradiso. Ora il Paradiso è amare e, quindi, non devo ammettere altro che amore ». Se il Paradiso è amare, la felicità del Paradiso è un atto nell'anima che vive d'amore. Solo che su questa terra l'amore è militante, mentre in Cielo sarà giubilante e glorificante. Un giorno suor Consolata si dichiarava immeritevole dei gaudi eterni, perché le pareva di non far nulla, ma Gesù a lei (15 novembre 1935): Non meriti queste gioie eterne perché fai niente? Dimmi, che cosa dice il catechismo? Che sei creata per conoscermi, amarmi e servirmi e poi godermi eternamente. E tu non mi ami? Non mi servi? E allora alla gloria e ai gaudi del Paradiso hai diritto; il Paradiso te lo concedo non solo per amore, ma per diritto. E quale Paradiso? Rispondiamo con un'altra citazione dal diario di suor Consolata (maggio 1935): ... Stasera sostai alcuni istanti in lavanderia per compiere un atto di carità. Mentre lavoravo, la grazia sussurrò al mio cuore, che in quell'istante era alli tato da soavi pensieri: Vedrai, vedrai che cosa saprò fare per Consolata! Tu mi ami e Io ti darò tutta la gloria! - Gesù mi darai anche tutto il dolore, vero? - Sì, tutto il dolore, tutto l'amore e tutta la gloria, perché mi ami... » Come dubitare ancora che l'amore sia veramente tutto? Che tutto doni a Gesù e tutto da Lui riceva?... Concludendo, pertanto, questa parte sulla vita d'amore, lasceremo a lei, la creatura eletta che credette all'amore, che sperò e confidò nell'amore, che amò l'Amore, di dare sfogo ai serafici ardori del suo cuore: « O Gesù, anch'io canterò, canterò sempre: nell'ora della lotta, come in quella dell'amore; nell'ora della gioia, come in quella del dolore. E così proprio così, si consumerà la mia vita: amandoti e sacrificandomi. E il mio canto d'amore, i miei tenui sacrifici, attraverso il tuo Cuore, acquisteranno valore infinito; e Tu, nella tua condiscendenza ineffabile, ti degnerai farli scendere sulle tre Chiese: quale pioggia di amore, di refrigerio e di misericordia immensa, così come hai fatto per me. Oh, sì, lo sento che Consolata sarà un'apostola del tuo Cuore, della tua misericordia, sempre, sino al termine dei secoli! Me l'hai detto Tu, o Gesù!... Gesù, io credo, credo e confido in Te!... Gesù, ti amo!».