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L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE
LIBRO QUARTO
PREFAZIONE DI LANSPERGIO
Questo quarto libro contiene parecchie salutari rivelazioni, che
possono istruire il lettore e formarlo alla perfezione cristiana. Vi si
impara soprattutto, come e con quali esercizi dobbiamo onorare Gesù
Cristo e i Santi, specialmente nelle feste che la S. Chiesa ha
stabilito in loro onore; vediamo inoltre come sia facile ottenere
grazie per noi e per altri, dal dolcissimo Mediatore, Gesù benedetto,
il Quale supplisce abbondantemente a quello che ci manca, arricchendo
la nostra indigenza con i tesori della sua vita e della sua Passione.
L'anima devota potrà poi servirsi di questi esercizi a bene suo ed
altrui, non solo nelle feste loro assegnate, ma sempre. In questo libro
si vede pure come Dio gradisca l'omaggio del nostro culto e le
cerimonie della S. Chiesa. Nelle pagine seguenti abbondano paragoni ed
immagini, perchè Geltrude, nonostante la pienezza di luce che le
colmava l'anima, non ha saputo tradurre in altro modo e facilitare la
comprensione alla nostra intelligenza delle utilissime nozioni
spirituali che ella medesima aveva colto attraverso tali simboli; (gli
stessi autori ispirati dalla S. Scrittura non hanno agito
diversamente). Ciò che Geltrude ha. compreso nelle sue estasi, senza
forma e senza immagini, l'ha tradotto a stento, nel povero alfabeto
umano.
Infine da questo libro, come dai precedenti, esala il profumo di quella
divina dolcezza con cui il Salvatore ama teneramente i suoi eletti, li
guida con sapienza, li richiama se si allontanano, li stringe al Cuore
quando ritornano, mostrando che i tesori della divina Provvidenza sono
sempre aperti e che il Cuore del migliore degli Amici supplisce con i
suoi meriti all'umana indigenza.
PROLOGO
Siccome nei giorni delle più grandi solennità bisogna applicarsi
maggiormente alla divozione, se i lettori in tali circostanze,
desidereranno rianimare il fervore, troveranno in questo libro, in
ordine cronologico, quanto potrà loro essere utile, sempre guidati da
Geltrude, la quale era favorita dal Signore, in tali occasioni, da
consolazioni spirituali altissime, quasi per supplire alla debolezza
della sua salute che le impediva di seguire le austere costumanze del
suo Ordine.
CAPITOLO I. - PREPARAZIONE ALLA FESTA DEL SANTO NATALE
Geltrude la notte antecedente la vigilia della santissima Nascita di
Gesù, passò un'ora meditando silenziosamente le parole del Responsorio:
De ille occulta habitatione sua egressus est Filius Dei. Descendet
visitare et consolari omnes, qui cum de toto corde desiderabant. Ex
Sion species decoris ejus. Deus noster manifeste veniet. Descendet. Il
Figlio di Dio è uscito dalla sua dimora nascosta. Egli discende a
visitare e a consolare tutti coloro che lo desideravano di cuore. Da
Sion appare il suo splendore. Il noi stro Dio verrà visibilmente.
(Responsorio dell'antico Ufficio della Natività).
Ella vide che il Signore Gesù gustava tranquillamente un dolcissimo
riposo nel seno del Padre, mentre gli ardenti desideri delle persone
che si preparavano a celebrare la prossima festa, ascendevano verso di
Lui come leggere nuvolette. Gesù negl'incanti della giovinezza
irradiava dal suo divin Cuore fasci di luce che investivano quelle
piccole nuvole, come per tracciare la via affine di giungere
direttamente a Lui; mentre esse ascendevano verso Dio, Geltrude
s'accorse, che le anime che si erano umilmente raccomandate alle
preghiere altrui, procedevano rapidamente in alto, senza deviazioni,
illuminate dalla chiarezza del divin Cuore, quasi condotte per mano su
di una via diretta, senza ostacoli, nè a destra, nè a sinistra. Quelle
invece che, presumendo di sè, contavano solo sui loro sforzi personali
per disporsi alla festa imminente, abbandonavano momentaneamente la
retta via, ma poi, attratte dalla divina luce, s'avvicinavano al
Signore.
Geltrude, desiderosa di sapere in qual modo la divina Bontà accoglieva
ciascuna di quelle anime, le vide ad un tratto trasportate nel seno del
Padre, vicino al Figlio di Dio, dove s'inebbriavano di delizie
proporzionate ai loro desideri ed alla loro capacità. L'una non era
disturbata dalla presenza dell'altra, ma ciascun'anima godeva
pienamente di Dio, secondo le sue brame, come se il Signore si fosse
accordato solo a lei. Alcune l'abbracciavano quale amabile Bambinello
incarnatosi per noi; altre si rivolgevano a Gesù come ad un fedelissimo
Amico, depositario di tutti i loro segreti; altre infine colmavano di
carezze quello Sposo pieno di grazia, scelto fra mille. Ciascuna godeva
di Lui secondo l'attrattiva del suo amore.
Geltrude si avanzò, prostrandosi come soleva fare, ai piedi del
Salvatore; indi disse: « O
mio amatissimo Gesù, quale sarà mai la preparazione mia e quali
personali omaggi potrò offrire alla Tua beatissima Madre in questa
solennità della tua Nascita? Purtroppo ho omesso e non solo per
debolezza di forze, ma anche per negligenza, di recitare l'Ufflcio in
suo onore, quantunque obbligata dalla mia Regola ».
Il misericordiosissimo Salvatore ebbe pietà di tanto affanno e raccolse
in un fascio tutte le parole che Geltrude aveva pronunciato durante
l'Avvento, per lodare Dio e guadagnare le anime, sia istruendole, sia
illuminandole nei loro dubbi. Indi le offerse con tenerezza alla sua
dolcissima Madre, assisa onorevolmente al suo fianco in luce splendida
di gloria, per riparare le negligenze di Geltrude verso la Regina del
cielo. Vi aggiunse altresì il frutto che quelle parole avrebbero
prodotto sino alla fine dei secoli, trasmettendosi dì persona in
persona.
La Madre di Dio accettò amabilmente quell'offerta che l'adornava quasi
magnífìco gioiello. Geltrude le si avvicinò, pregandola d'intercedere
per lei presso l'unico suo Figlio, e la Vergine s'inchinò verso la
santa con volto sereno, raggiante di bontà. Indi, abbracciando il
diletto Figlio e coprendolo di baci, Lo pregò in questi termini: « Il
tuo amore unito all'amor mio, ti disponga, o Gesù, ad esaudire le
preghiere di questa tua diletta sposa ». Geltrude esclamò: « Oh
dolcezza dell'anima mia, Gesù amatissimo e desideratissimo, Tu che amo
sopra tutte le cose! ».
Dopo di avere ripetuto parecchie volte tali aspirazioni d'amore ed
altre consimili, interrogò lo Sposo divino: « Quale può essere il
frutto di queste parole, che la mia indegnità certo rende insipide? ».
Rispose Gesù: « Poco
importa che il profumo venga estratto da questa o da quell'essenza
d'albero, perchè diffonda fragranza gradevole. Così se qualcuno mi
dice: « Dolcissimo, amatissimo Gesù... ecc. » quantunque si stimi
creatura indegna, commuove la mia Divinità nell'intimo, facendo esalare
olezzo di meravigliosa dolcezza che imbalsama, con profumi di salute
eterna, l'anima che l'ha provocato con le sue parole di tenerezza
».
CAPITOLO II. - DELLA DOLCE VIGILIA DEL S. NATALE
Il giorno dopo, essendo Geltrude ancora sveglia per un certo tempo
prima di Mattutino, si ricordò davanti a Dio, nell'amarezza del cuore,
di una colpa d'impazienza che le era sfuggita per trascuratezza di chi
la serviva. Sentendo però ben tosto il primo tocco di Mattutino, si
levò con anima gioiosa, lodando Dio, perchè quella campana annunciava
la prossima festa della soave Natività di Gesù.
Il Padre celeste allora le rivolse dolcemente la parola « Io mando all'anima tua quello
stesso amore che ho inviato davanti al Volto dell'unico mio Figlio, per
purificare il mondo dal peccato; Io te lo mando perchè, purificata da
ogni colpa, liberata da qualsiasi traccia di negligenza, tu giunga alla
festa della Natività degnamente adorna di virtù ».
Anche dopo aver ricevuto un dono così splendido, Geltrude meditava in
cuore il triste ricordo della colpa commessa, dichiarandosi indegna
delle grazie divine, per aver reagito con impazienza di fronte ad una
leggera dimenticanza.
Allora la divina misericordia la illuminò con questo insegnamento: « Tutti i pensieri che l'uomo
coltiva riguardo alle sue colpe, dopo la penitenza fatta, di cui la
Scrittura ha detto: « In quacumque hora conversus fuerit peccator et
ingemuerit, omnium peccatorum suorum non recordabor amplius - In
qualsiasi ora il peccatore si convertirà e si pentirà, non mi ricorderò
più dei suoi peccati », tutti quei pensieri, dico, non hanno altro fine
che di renderlo più adatto a ricevere la divina grazia ».
Al secondo tocca della campana, mentre Geltrude si disponeva a lodare
il Signore, Dio Padre le disse: « Io
mando nuovamente all'anima tua quell'amore che ho inviato davanti al
Volto del Figlio mio, per riscattare tutti i difetti della fragile
natura umana; tale amore correggerà, in pari tempo, in te le
imperfezioni che non possono recarti vantaggio alcuno. Infatti certi
difetti possono essere utili perchè coltivano l'umiltà e la
compunzione, facendo progredire l'anima nella via della salvezza.
Queste imperfezioni le lascio sussistere perfino nelle anime più care,
per esercitarle nella virtù. Vi sono però altri difetti che si
biasimano quando si scorgono in sè, ma che talvolta si difendono come
si difenderebbe la giustizia, e dei quali non si vuole correggersi;
essi mettono talora l'uomo in pericolo di dannazione; di tali colpe tu
sei ora assolutamente purificata ».
Al terzo suono della campana la Santa si sforzava di lodare
fervorosamente il Signore. Allora il Padre Celeste le diede tutte le
virtù che aveva deposto, prima della nascita di Gesù, nel cuore degli
antichi patriarchi, dei profeti e di tutti i servi fedeli che avevano
tanto desiderato il Messia. Tali virtù erano: l'umiltà, il desiderio,
la conoscenza, l'amore, la speranza ed altre ancora: era appunto in
forza di tali virtù che Geltrude poteva prepararsi degnamente al S.
Natale. Il Signore ne compose una specie di tunica, con ornamenti
simili a fulgide stelle, poi, mostrandogliela, le chiese: « Che scegli, figlia mia? Vuoi tu
essere servita da me, o servirmi? ». Infatti la Santa
godeva del suo Dio in due differenti modi. Col primo era così
completamente trasportata in Dio con l'estasi, da non poter occuparsi a
far del bene al prossimo, col secondo, penetrava il senso profondo
delle S. Scritture: l'intelligenza, da Dio illuminata, trovava gusti
sorprendenti e deliziosi; pareva quasi che, faccia a faccia con Dio, si
divertisse come un amico che si siede con l'amico per giocare,
nell'intimità più serena, una partita a scacchi. Allora le era dato
partecipare alle anime i tesori ricevuti. Appunto perciò il Signore le
aveva chiesto se volesse essere servita, oppure servire. Ma Geltrude,
disprezzando il suo vantaggio per cercare quello di Gesù, scelse di
servirlo laboriosamente per la sua gloria, invece di gustare
passivamente quanto Egli sia dolce nella più eletta sodisfazione dello
spirito. La sua scelta piacque singolarmente al Salvatore.
All'inizio del Mattutino ella col « Deus in adjutorium » implorò il
divino aiuto. Al Domine labia mea aperies tre volte ripetuto, salutò
l'incommensurabile potenza del Padre, l'inesauribile sapienza del
Figlio, la bontà infinitamente dolce dello Spirito Santo e adorò con
tutto il cuore, con tutta l'anima e tutte le forze, Dio, uno nella
Trinità e Trino nell'Unità.
Ai cinque primi versetti del salmo « Domine, quid multiplicati sunt »
(Sal III) s'avvicinò alle Piaghe vermiglie di Gesù e le baciò
amorosamente.
Al sesto versetto del medesimo salmo, prostrata ai piedi del Signore,
l'adorò e Gli offerse fervidi ringraziamenti per la piena remissione
de' suoi peccati.
Durante il settimo versetto, rivolgendosi alle Mani del Signore, lo
ringraziò per tutti i benefìci ricevuti dalla sua gratuita bontà;
all'ottavo versetto salutò la Piaga d'amore del Suo Costato; durante il
Gloria s'inchinò profondamente per lodare, in unione con tutte le
creature, la radiosa sempre tranquilla Trinità; infine al Sicut erat,
avvicinandosi al Cuore di Gesù lo salutò con profonda tenerezza e lo
glorificò perchè conteneva in se stesso tutti i misteri incomprensibili
della Divinità.
Continuando in questo senso, Geltrude si prostrò al primo versetto del
Salmo Venite exultemus, davanti alla Piaga del piede sinistro e implorò
completa remissione di tutti i suoi peccati di pensieri e di parole.
Alla piaga del piede destro ottenne, col secondo versetto, il
supplemento di tutte le sue imperfezioni di pensieri e di parole. Alla
Piaga della mano destra, col terzo versetto, ebbe la remissione di
tutte le sue opere colpevoli; a quella della mano sinistra, col quarto
versetto, ebbe il supplemento a tutte le omissioni di buone opere.
Infine durante il quinto versetto, s'avvicinò alla sacratissima Piaga
del Cuore del suo dolcissimo Amante, (che abbonda e sovrabbonda d'ogni
bene), la baciò con divozione, purificandosi di ogni macchia nell'acqua
e nel Sangue, che il fiero Longino fece scaturire col colpo di lancia.
Divenuta candida quale neve, fu adornata di ogni virtù per mezzo di
quel prezioso lavacro, e infine, trasportata dai profumati vapori che
sfuggono da quella Piaga, fino alla sorgente di ogni bene. Perciò cantò
il Gloria Patri in onore e gloria della SS. Trinità e concluse col
Sicut erat, dicendolo col Cuore di Gesù, ricettacolo delle divine
influenze.
Con l'invitatorio Hodie scietis, che si canta cinque volte durante il
Venite, e si ripete due volte dopo il salmo, ricevette da Dio Padre la
purificazione delle sette potenze affettive, le quali, mediante
l'unione alle santissime affezioni di Gesù Cristo, furono
meravigliosamente nobilitate. Durante i salmi che seguirono, Geltrude
si tenne davanti a Dio nel suo vestimento adorno di splendide stelle,
poi innalzò ferventi brame per ottenere che a gloria della dolce
Natività di Gesù, tutti i suoi esercizi spirituali e corporali fossero
una lode degna per l'adorabile Trinità.
Durante il suono delle campane che annunciavano le Laudi, il Signore le
disse: « Come il suono
delle campane annuncia la festa della mia nascita, così io ti accordo
che tutte le tue opere, in questa solennità, canti, letture, preghiere,
meditazioni, e persino gli atti corporali, come il lavoro, i pasti, il
sonno, tutto infine risuoni a gloria della SS. Trinità, in unione ai
miei desideri e all'amore mio che mai dissonarono dalla Volontà di Dio
Padre». Quando si accesero i sette ceri, il Signore ornò
l'anima sua dei sette doni dello Spirito Santo.
Geltrude chiese poi al Signore, in nome dell'accondiscendenza che lo
fece nascere in una stalla, la grazia di essere preparata secondo i
suoi desideri alla prossima festa.. Il clementissimo Signore gradì
assai quella divota brama e mise nel suo cuore, a guisa di muri e di
tetto, la sua Onnipotenza, Sapienza e Bontà. La Santa si rallegrava
nell'intimo dell'anima, come se fosse stata nella stalla benedetta,
perchè sorgeva, sotto forma di leggiadri campanelli sospesi sul tetto e
sui muri, le opere compiute da tutte le creature umane con l'aiuto
della Potenza, della Sapienza, della Bontà divina e tali opere le erano
concesse per aiutarla a celebrare la imminente solennità nel modo a Dio
più gradito.
Fra queste dolci gioie che le davano un pregusto di Paradiso, Gesù le
apparve per aggiungere doni novelli, poi pose il colmo alla sua amabile
accondiscendenza, stabilendosi Lui stesso in quel luogo, con i suoi
servi, i principi celesti.
Geltrude recitò allora, in onore di tutte le membra del Sacro Corpo di
Gesù, duecento venticinque volte la preghiera: « Laudo, adoro etc. » e
le parve che ciascuna di quelle preghierine fosse presentata a Dio,
come omaggio di eletta fragranza. Dopo di che il Signore, con un divino
abbraccio, purificò tutti i suoi sensi interni ed esterni, rinnovandoli
e fortificandoli efficacemente con l'unione a tutte le sue sacratissime
membra.
Al suono della campana per il Capitolo, Geltrude rinnovò ferventi lodi
a Dio, ringraziandolo perchè volesse degnarsi di presiedere Lui stesso
quella riunione, come aveva rivelato a S. Matilde, di felice memoria.
(Libro della Grazia speciale L. I. cap. VII).
Ella comprese inoltre che la grande divozione con cui la maggior parte
della Comunità si recava ai capitolo, conoscendo la rivelazione fatta a
S. Matilde, era per Gesù una specie di soave provocazione, tanto
ch'egli aspettava le Religiose con gioia immensa.
Il Salvatore stava già seduto al posto della Madre Abbadessa e pareva
regnare al di sopra della medesima, nella gloria della sua divina
Maestà, circondato da una moltitudine di spiriti celesti, appartenenti
a diversi ordini, e sorretto su di un seggio reale per mezzo dei troni.
Quando la comunità ebbe preso posto in Capitolo, il Signore incapace
per così. dire, di trattenere più a lungo la sua gioia, esclamò: «
Eccovi infine, o mie carissime anime ». Indi la più giovane cantrice
intonò: « Jube Domne benedicere » e l'Abbadessa rispose: « In via
mandatorum tuorum etc. ». Allora il Salvatore, stendendo la sua
venerabile Mano benedisse il convento con queste parole: « Con
l'Onnipotenza di Dio Padre, dò il mio assenso a quanto diceste ». La
stessa cantrice continuò: « Jesus Christus, Filius Dei vivi in Bethleem
Judae nascitur: Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, nacque in Betlem
di Giuda». Tosto i cori angelici, sentendo proclamare la dolce nascita
del loro Re, furono riempiti d'ineffabile gaudio e con somma riverenza,
si prostrarono a terra per adorarlo.
La Comunità secondo il costume, s'inchinò per recitare il salmo
Miserere met Deus; allora gli angeli custodi delle Suore presentarono a
Dio il cuore della persona affidata alla loro cura. Da ciascuna di
quelle anime che dicevano divotamente il Miserere, il Salvatore
sembrava ricevere un nodo avvolto Nexum quemdam eonvolutum, ch'Egli
posava sul suo Cuore. Le anime delle Religiose più ardenti nell'amore
erano presentate dal Serafini, che sollevando le braccia del Signore
offrivano quelle ferventi Spose; le anime più illuminate nella divina
scienza, erano offerte dai Cherubini; le Virtù offrivano le anime più
virtuose, e così i cori angelici prestavano il loro ministero per
offrire le anime che avevano con essi qualche lineamento di
somiglianza. Le Suore che, pur conoscendo la sopra citata rivelazione,
si mostravano poco ferventi, non erano presentate al Signore per mezzo
degli Angeli, ma restavano semplicemente prostrate a terra.
Geltrude s'avvicinò poi a Gesù in ispirito d'umiltà e Gli offerse il
primo Miserere che, di solito, si recitava per sè, dicendogli: « Ah mio
dolcissimo Sposo, io ben volentieri rinuncio alla mia parte e ti offro
questo salmo solo per l'eterna tua lode e gloria! Degnati di usarne
anche per il bene de' miei amici, secondo il beneplacito della tua
misecordia ». Gradì assai il Signore tale offerta, che prese la forma
d'una perla preziosa di splendido bagliore. Egli la incastonò in una
magnifica collana sospesa ai collo, già adorna di gemme scintillanti e
di fiori d'oro, artisticamente lavorati. Poi disse: « Questa perla d'amore che tu mi
hai data, l'ho messa al posto d'onore nella mia collana; tutti coloro
che si raccomandano alle tue orazioni, o anche pensano solo di
rivolgersi a te, riceveranno la salvezza, cosìi come gli Ebrei
morsicati da serpenti velenosi, guarivano guardando il serpente di
bronzo che avevo ordinato a Mosè d'inalzare nel deserto ».
Terminati i salmi le Religiose si levarono dalla prostrazione e due
principi della Croce celeste apparvero, recatido una tavola d'oro che
deposero davanti al Signore, il Quale staccò i nodi allacciati riuniti
nel suo Cuore. Tosto si scorsero sulla tavola d'oro tutte le parole dei
salmi e delle preghiere recitate dal Convento, sotto forma di gemme
preziose dai colori vivi e variati; esse irradiavano fulgori
meravigliosi, producendo anche una soave armonia; tutti quei raggi si
riflettevano sul Volto del Salvatore, mentre la melodia l'invitava ad
offrire a ciascuna di quelle anime, una doppia ricompensa per il frutto
che ridondava a tutta la Chiesa dalle sacre parole pronunciate.
Geltrude comprese che il Signore le favoriva per avere tenuto in quel
giorno con tanta divoziope il Capitolo, presieduto da Gesù medesimo. In
seguito vennero letti i nomi delle Suore che dovevano leggere, o
cantare Mattutino. Il Signore si compiaceva di guardare con amabilità e
di salutare con un cenno del capo le persone che ascoltavano
attentamente tali prescrizioni. Umana lingua non può esprimere queste
cose. Il benignissimo Gesù si degnava perfino di consolare con accenti
ineffabili le Monache che si lamentavano sotto voce, perché questo, o
quel Responsorio non fosse a loro toccato.
Geltrude, che in spirito vedeva queste cose, disse: « Oh dolcissimo
Signore, se la Comunità potesse scorgere lo guardo benevolo di cui
onori le Suore nominate, quelle che non si sentono chiamate a nessun
ufficio, sarebbero ben tristi ». Rispose Gesù: « Ma se alcuna desidera leggere o
cantare, affliggendosi perchè tale compito è al di sopra delle sue
forze, io la consolerò con le medesime carezze e ricompenserò il suo
buon desiderio come l'opera stessa », Ed aggiunse: « Se la sorella che
si sente nominata inchina non solo il capo, ma la volontà con
l'intenzione di compiere il suo ufficio a mia lode e di rimettersi a me
perchè l'aiuti a farlo degnamente, può star sicura che ogni volta
attrarrà la mia tenerezza in modo così efficace d'accordarle il mio
bacio divino ».
Infine le Monache, seguendo la prescrizione della Regola, dissero le
loro colpe, la Vicaria prima di tutte davanti alla Madre Abbadessa, poi
le altre, secondo l'ordine di decananza. Quando s'inchinarono per
ricevere l'assoluzione, il Signore affermò con dolce serenità: « E Io vi assolvo con la mia
divina autorità di tutte le negligenze che avete accusate alla mia
presenza e vi prometto che, se la fragilità umana vi farà cadere nelle
stesse colpe, mi troverete sempre pronto alla misericordia ed ai perdono».
Durante la recita dei sette salmi penitenziali, in riparazione delle
colpe accusate, apparvero tutte le parole dei medesimi sotto forma di
perle fini, ma senza splendore; esse furono deposte sulla tavola d'oro,
di cui già abbiamo parlato, vicino a gemme fulgide e scintillanti.
Geltrude capì che le parole dei sette salmi erano perle opache ed
oscure, perchè recitate per abitudine, senza speciale divozione.
Questo fatto c'insegna che le suppliche offerte per abitudine sono
bensì presentate al Signore per accrescimento dei nostri meriti, ma che
le preghiere fatte con attenzione attuale, sono infinitamente più
nobili e più gradite a Dio. Durante l'inno del Vespro al Gloria tibi
Domine, Geltrude vide una moltitudine di angeli che aleggiavano intorno
alle Religiose, facendo gioiosamente risuonare lo stesso versetto. Ella
desiderava sapere dal Signore quale profitto possono ritrarre le anime,
dal fatto che gli Angeli ad esse si uniscono nella divina salmodia.
Gesù però non rispose, ed ella continuò in tale ricerca fìnchè, per
ispirazione di Dio, comprese che gli Angeli, presenti alle nostre
terrene solennità, chiedono al Signore, per le anime che li imitano
nella divozione, una specie di eguaglianza con essi, per mezzo di una
vera purezza di corpo e di anima.
In seguito però le venne il timore, (assai giustificato del resto), che
quella luce procedesse, non dal divino Spirito, ma dal senso umano. A
quel dubbio rispose Gesù: «Non
temere, figlia mia, perchè la tua volontà ed la mia sono così unite da
non formare che una cosa sola. Per questo, in ogni vicenda, tu brami
prima di tutto e sopra tutto la mia gloria, così gli spiriti angelici
sono sottomessi alla tua volontà in tal modo che, se non avessero
pregato per voi come tu l'hai compreso, lo farebbero ora unicamente
perchè tu l'hai desiderato. Dal momento che Io, supremo Imperatore, ti
ho eletta imperatrice, i miei celesti principi si piegano ai tuoi
voleri al punto che se tu loro comandarsi ciò che mai fecero, lo
compirebbero subito secondo i tuoi ordini, e volerebbero immediatamente
ad accontentarti».
Dopo Vespro, mentre si portava processionalmente, secondo l'uso,
l'immagine della Madonna, Geltrude si rammaricò di non aver potuto, per
il suo stato di malattia, moltiplicare, durante l'Avvento, omaggi e
preghiere, per fargliene dono in una festa a lei sì cara. Istruita però
dall'unzione dello Spirito Santo, ella seppe quello che doveva fare, e
offerse alla purissima Vergine il nobilissimo e dolcissimo Cuore di
Gesù, per supplire a tutte le sue negligenze.
La Madonna accettò con giubilo e riconoscenza, gustandovi ineffabili
delizie, superiori a qualsiasi altro tributo d'onore, perchè quel Cuore
nobilissimo, che in sè contiene tutti i beni, le offriva il complesso
delle preghiere e dei sacrifici fatti dai fedeli in ogni tempo, per
onorare la sua divina Maternità.
CAPITOLO III. - NASCITA DOLCISSIMA DI NOSTRO SIGNORE
A Mattutino, mentre Geltrude si sforzava di praticare gli insegnamenti
della notte precedente, il Signore Gesù volle ricompensare la sua
fedeltà e l'attrasse nel suo Cuore con tale potenza che lo scorrere
dolcissimo di Dio nell'anima, ed il riflusso di gratitudine dell'anima
in Dio, le fece godere, durante la Salmodia, ineffabile soavità. Mentre
gustava tali delizie, vide il Re dei re assiso sul trono della sua
Maestà e le Religiose disposte ripettosamente intorno a Lui, celebrare
divotamente le divine lodi con la recita del Mattutino.
Ella si ricordò allora di parecchie persone che si erano raccomandate
alle sue preghiere e, con umile cuore, disse a Gesù: « Ti pare
conveniente, dolcissimo Maestro, che io, così indegna, preghi per
queste Religiose che celebrano le tue lodi con tanto zelo e divozione,
mentre, per le mie infermità sono impotente ad imitarle?». Rispose il
Signore: « Tu puoi bene
pregare per loro, perchè ti ho eletta fra tutte e ti ho posta nel seno
della mia bontà paterna, affinchè mi domandi ed ottenga tutto ciò che
vuoi». E Geltrude: « Signore, se brami che preghi per
esse, degnati di fissarmi un momento ove possa farlo fedelmente,
procurando la tua gloria e il loro vantaggio, senza che io stessa mi
privi del celeste banchetto di cui in questo momento, mi fai partecipe
».
Rispose Gesù: « Raccomanda
ciascuna di queste anime a quella scienza divina ed a quell'amore che
mi hanno fatto uscire dal seno del Padre e discendere sulla terra per
salvare gli uomini». Ella obbedì, e pregò per esse,
pronunciando semplicemente il loro nome. Il Signore, cedendo al dolce
moto della sua tenerezza, soccorse quelle anime a una ad una, secondo i
loro bisogni particolari.
La Vergine apparve anch'Essa nella gloria dei cieli, assisa
onorevolmente a fianco del Figlio. Durante il Responsorio Descendit de
coelis « Discese dal cielo », il Signore parve ricordarsi di
quell'ineffabile accondiscendenza che l'aveva tolto dal seno del Padre
e fatto discendere in quello della Vergine purissima, per abitare
questa misera terra d'esilio. Sentendosi come struggere d'amore,
rivolse alla Madre sua uno sguardo sorridente, pieno di tale tenerezza
ch'Ella ne fu commossa fino nell'intimo del cuore. Egli depose sulle
caste sue labbra un bacio divino, per rinnovare con doppio rinforzo, le
gioie che la Vergine incomparabile aveva attinte sulla terra, nella sua
Santissima Umanità.
Geltrude scorse poi la Persona immacolata della gloriosa Madre di Dio
trasparente come puro cristallo, attraverso il quale il casto suo seno,
penetrato e riempito della Divinità, brillava come oro, rivestito da un
fine tessuto di tela di vari colori. Le parve che il Bambinello, Figlio
unico del Padre, trovasse le sue delizie, attingendo avidamente la vita
dal seno verginale di Maria; tale vista le fece capire che, se
l'Umanità di Cristo fu nutrita dal latte verginale, la sua Divinità fu
rallegrata dallo squisito banchetto che Gli offerse il Cuore più
innocente e tenero che gìammai sia esistito.
Al Responsorio XII, Verbum caro jactum est, le Religiose s'inchinarono
profondamente e Geltrude sentì dalle labbra di Nostro Signore queste
parole: « Ogni volta che, pronunciando questo versetto, una persona
s'inchina con riconoscenza, ringraziandomi d'essermi degnato
d'incarnarmi per amor suo, io, invitato dalla mia bontà, m'inchinerò a
mia volta verso di lei e con tutto l'amore del Cuore offrirò a Dio
Padre il frutto raddoppiato, per così dire, della mia beata Umanità,
per aumentare la gioia eterna di quell'anima ».
Alle parole: et veritatis, che concludono quel Responsorio, la Vergine
Maria si avanzò, mirabilmente adorna della duplice gloria della
Verginità e della Maternità. Ella s'appressò alla Suora del coro di
destra, la circondò col braocio, e, serrandola amorosamente a sé, le
depose nell'anima il suo nobile Bambinello, grazioso sopra tutti i
figli degli uomini. Poi fece il giro di tutto il coro e con un
soavissimo abbraccio, depose nell'anima di ciascuna l'amabile e tenero
Pargoletto. Tutte lo tenevano spiritualmente con le braccia dell'anima,
ma alcune gli sostenevano la testina con grande precauzione, come se
fosse adagiato su morbido cuscino. Altre, meno sollecite a sostenere il
capo del Bambinello, lo lasciavano cadere in modo assai incomodo.
Geltrude comprese che le Religiose perfettamente abbandonate alla
Volontà di Dio, posavano la testina del loro amatissimo Gesù su di un
soffice cuscino; quelle invece la cui volontà conservava rigide riserve
e compromessi imperfetti, lo lasciavano cadere in maniera assai
dolorosa.
O tu che leggi, togli dall'anima e dalla coscienza ogni ostacolo,
contraddizione, puntiglio; con piena, intera volontà offriti a Dio per
accontentarlo in tutto, giacchè Egli desidera solo la tua perfezione.
Possa tu non mai turbare, neppure per un solo istante, il riposo di
quel dolce Bambinello che si è degnato d'inchinarsi verso di te e
trovare le sue delizie nell'anima tua.
Alla S. Messa Dominus dixit, il Signore colmò l'anima di Geltrude di
incomparabile dolcezza, a proposito delle parole liturgiche, da essa
meditate. Al Gloria in excelsis, quando si giunse a quella frase «
primogenitus Mariae Filius » (queste parole facevano parte di quei
versetti che s'intercalavano ai canti liturgici), ella riflettè che il
Salvatore sarebbe stato chiamato più propriamente « unigenitus - figlio
unico », che « primogenitus - primo nato » perchè la Vergine Immacolata
non ebbe che quel Figlio unico, concepito per opera dello Spirito Santo.
L'amabile Vergine, guardandola con infinita tenerezza, le disse: « Il mio dolcissimo Gesù non è «
unigenitus - Figlio unico » ma « primogenitus », perché l'ho concepito
per primo nel mio seno; dopo di Lui, o meglio, per suo mezzo, io vi ho
tutti concepiti, raccogliendovi nelle viscere del mio materno amore,
affinchè foste fratelli di Gesù e fîgli miei».
All'Offertorio Geltrude comprese che le Monache offrivano al Signore le
preghiere recitate durante l'Avvento; qualcuna deponeva la sua offerta
nel Cuore stesso del Bambino Gesù, che si era stabilito nell'anima sua.
La Beata Vergine. mentre passava a visitarle a una ad una, si occupava
dei loro bisogni particolari e preparava il seno e le mani del suo
amatissimo Figlio, perchè ricevesse più comodamente i loro doni.
Altre Religiose s'avanzavano verso l'altare, in mezzo al coro, e là
offrivano le loro preghiere alla Vergine, che teneva fra le braccia il
Bambinelio. Ma siccome Egli non era posto dalla parte più comoda per
riceverle, pareva che non potesse sostenersi a causa della sua
debolezza infantile. Geltrude comprese che le Religiose che deponevano
la loro offerta nel Cuore di Gesù erano quelle che amorosamente lo
contemplavano nato spiritualmente nel loro cuore, e la Vergine le
aiutava a presentarGli i loro omaggi, godendo del loro amore e dei loro
progressi. Le Religiose invece che si limitavano ad adorare Nostro
Signore a Betlemme, ove la S. Chiesa ce lo mostra, erano quelle che,
procedendo in mezzo al coro, rimettevano i loro doni alla Madonna.
Geltrude s'avvicinò al Re di gloria e Gli offerse le preghiere recitate
da parecchie persone, prima della solennità natalizia, con la buona
volontà di altre che avrebbero pure desiderato presentare tale tributo
d'amore, se lavori urgenti non avessero occupato il loro tempo. La
santa vide che le preghiere recitate divotamente erano disposte come
perle preziose sul tavolo, del quale più sopra abbiamo parlato. La
buona volontà di coloro che, non avendo potuto offrire le loro
preghiere, ne provavano un senso di rammarico e di umiliazione, tale
buona volontà, dico, trovava posto nella magnifica collana che il
Signore portava al collo; quelle anime fortunate ottenevano così facile
accesso al divin Cuore, come chi tiene le chiavi d'un forziere può
aprirlo e togliervi quanto gli aggrada.
CAPITOLO IV. - LA FESTA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA
Un giorno, durante l'Avvento, mentre Geltrude pregava l'Apostolo ed
evangelista S. Giovanni, lo vide avvolto in un paludamento giallo,
cosparso di aquile d'oro. Quegli abiti volevano significare che S.
Giovanni, durante la sua vita mortale, benchè elevato in altissime
sfere per l'estasi della contemplazione, pure aveva saputo abbassarsi
nella valle profonda di una convinta umiltà. Osservando più
attentamente quegli abiti, Geltrude si accorse che le aquile d'oro
erano adorne di un bordo rosso. Quel colore significava che S.
Giovanni, per elevarsi nella contemplazione, prendeva sempre, come
punto di partenza, il ricordo della Passione di Gesù di cui era stato
testimonio oculare, soffrendo nell'intimo del cuore, compassione
fervidissima. Così, salendo di grado in grado, trasvolava fino alle più
sublimi altezze della mistica e là fissava, col suo sguardo d'aquila,
il centro del vero Sole, cioè la Maestà divina. Egli portava anche due
gigli d'oro: uno sulla spalla destra, l'altro sulla sinistra; su quello
di destra erano mirabilmente incise queste parole: « Discipulus quem
diligebat Jesus - Il discepolo che Gesù amava»; su quello di sinistra
queste altre: « Iste custos Virginis - « Costui è il custode della
Vergine ». Prove evidenti che Giovanni fu prediletto da Gesù e custode
del giglio purissimo del cielo, cioè della Vergine Madre.
Giovanni portava anche un magnifico ornamento sul petto, per ricordare
il privilegio avuto di riposare alla Cena sul dolcissimo petto di Gesù;
su di esso erano incise, a caratteri d'oro brillante, queste lettere: «
In principio erat Verbum » per indicare la forza vigorosa con cui
inizia il suo Vangelo. Geltrude chiese al Signore: « Perchè mai,
amorosissimo Gesù, presenti a me indegna il tuo prediletto discepolo?
». Rispose l'amabile Maestro: « Voglio
stabilire fra te e Lui una amicizia tutta speciale; poichè non hai
nessun Apostolo che ti sia protettore, ti accordo S. Giovanni come tuo
fedele Patrono presso di me in cielo ». Riprese ella: «
Insegnami, dolcissimo Salvatore, quale omaggio potrò renderGli, per
essere a Lui gradita ». « Chiunque
vorrà rendersi propizio questo apostolo - riprese Gesù - potrà dire
ogni giorno un Pater Noster in onor suo per ricordargli i sentimenti di
dolce fedeltà che irradiarono dal suo cuore quando insegnai quella
preghiera, onde ottenere la grazia di perseverare nel mio amore fino
alla morte ».
Nella solennità delle stesso Apostolo, mentre Geltrude assisteva con
maggior divozione a Mattutino, il discepolo che Gesù tanto teneramente
amava, (e che perciò deve essere da tutti particolarmente amato), le
apparve colmandola di tenerezza. Ella gli raccomandò parecchie
Consorelle che si erano affidate alle sue preghiere: il Santo ricevette
benevolmente i voti di tutti, dicendo: « Io assomiglio al mio Signore,
amo quelli che mi amano ». Geltrude insistette: « Quale grazia potrò io
ottenere in questa dolce solennità? ». Rispose il Santo: « Vieni meco,
tu che sei l'eletta del mio Dio. Riposiamo insieme sul seno di Gesù,
dove sono racchiusi i tesori tutti del cielo ». Così dicendo la
condusse davanti al Redentore e la dispose in modo che il capo di
Geltrude riposasse alla destra, ed il suo alla sinistra del petto di
Gesù.
Mentre entrambi riposavano soavemente sul Cuore divino, Giovanni,
segnando con rispettosa tenerezza il petto di Gesù Cristo, disse: «
Ecco il Santo dei Santi che a se attrae tutto il bene del cielo e della
terra ». Allora Geltrude chiese a Giovanni perchè mai avesse scelto il
lato sinistro, lasciando a lei il destro. Gli rispose: « Ho scelto la
parte sinistra, perchè, avendo vinto le battaglie della vita, sono
diventato un unico spirito con Dio, e posso penetrare là, dove non può
giungere la carne. Ti ho posta all'apertura del divin Cuore, perchè,
vivendo tu ancora in terra, non avresti potuto penetrare i segreti
nascosti ai aviatori mentre là, ti sarà facile attingere la dolcezza e
le consolazioni che la forza del divino amore diffonde continuamente su
coloro che ne mostrano il desiderio ».
Intanto i battiti del Cuore di Gesù rapivano l'anima di Geltrude. « O
prediletto del Signore », chiese ella a S. Giovanni, « questi palpiti
armoniosi che allietano tanto l'anima mia, letiziarono anche la tua
quando riposasti, durante la Cena, sul petto del Salvatore? ». « Sì, li
sentii e la soavità loro passò l'anima mia fino alla midolla, come il
profumato idromele impregna della sua dolcezza un morsello di pane
fresco; di più l'anima mia divenne ardente, come vaso posto su di un
fuoco violento ». Riprese Geltrude: « Come mai dunque, nel Vangelo, hai
lasciato solo intravvedere i segreti amorosi del Cuore di Cristo,
celando sotto silenzio quello che pure avrebbe servito per il profitto
delle anime? ». Rispose egli: « Il mio ministero, in quei primi tempi
della Chiesa, doveva limitarsi a dire sul Verbo divino, Figlio eterno
del Padre, poche altissime parole che l'intelligenza umana potesse
sempre meditare, senza mai esaurirne la ricchezza; agli ultimi tempi
era riservata la grazia di sentire la dolce eloquenza dei battiti del
Cuore di Gesù. A questa intuizione suprema il mondo invecchiato
ringiovanirà, si scuoterà dal torpore e verrà infiammato dal fuoco del
divino amore ».
Mentre Geltrude ammirava la bellezza di S. Giovanni, il quale le era
apparso riposando sul petto del Signore, sentì queste parole a lei
dirette dall'Apostolo prediletto: « Io mi sono sempre mostrato a te,
sotto la forma che avevo in vita, quando riposavo sul seno del
Salvatore, mio unico Amico e sommo bene. Se tu vuoi, otterrò che tu mi
veda tale e quale sono adesso in cielo, ove gusto le delizie della
Divinità ».
Geltrude accettò il desiderato favore. Ben presto ella vide l'oceano
immenso della Divinità, chiuso nel seno di Gesù; e in tale oceano
scorse S. Giovanni, sotto forma di un'ape navigante, quasi piccolo
pesce, con libero movimento e gioie ineffabili. Ella comprese pure che
S. Giovanni si portava, di preferenza, ove la corrente della Divinità
sfocia verso gli uomini.
L'Apostolo prediletto, inebbriato da quel torrente di gaudio, pareva
far uscire dal suo cuore una specie. di cannula, dalle quali scorrevano
abbondantemente su tutta la terra gocce di soavità divina. Erano
l'emblema degli insegnamenti della sua dottrina salutare, e
particolarmente del Vangelo: In principio erat Verbum.
Un'altra volta, ancora nella stessa festa, ella gustava delizie
ineffabili, sentendo celebrare, con parole soavissime, l'integrità
della verginità di S. Giovanni. Volgendosi all'insigne amico di Gesù,
lo supplicò di ottenerle con le preghiere una custodia così delicata
della castità, da poter associarsi nell'eterna vita, alle sue stesse
lodi per la gloria di Dio. Geltrude ebbe da S. Giovanni questa
risposta: « Per poter condividere il premio della vittoria, nell'eterna
beatitudine, bisogna correre la mia stessa carriera durante la terrena
vita ». Ed aggiunse: « Nel mio pellegrinaggio sulla terra, mi sono
ricordato assai spesso della tenera familiarità con la quale
l'amabilissimo Gesù mi ha guardato, ricompensando quel senso di candore
che mi ha fatto abbandonare la sposa e rinunciare alle nozze per
seguirlo. Fui poi sempre vigilante per non offendere nè con parole, nè
con opere questa squisita virtù, così cara al mio adorato Maestro. Gli
altri Apostoli si contentavano di evitare ciò che poteva essere
sospetto, ma nel resto, agivano con una certa libertà. "Erant cum
mulieribus et Maria, Matre Jesu" dicono gli atti degli Apostoli (Atti
1, 14). In quanto a me agivo con tale precauzione che, senza esimermi
di sovvenire alle necessità corporali o spirituali delle donne, pure
non ho mai cessato di circondarmi di riguardi; avevo l'abitudine, in
questi casi, d'invocare la divina Bontà ed è appunto per questo che si
canta di me: "In tribulatione invocasti me et exaudivi te" (Sal. LXXX,
8), perchè Il Signore non permise mai che il mio affetto ferisse la
purezza di nessuno. Per ricompensarmi, l'amatissimo mio Maestro, volle
che la virtù della castità fosse lodata più in me che in altri, e m'ha
dato in cielo un posto di speciale dignità. Negli splendori
fulgidissimi d'una gloria meravigliosa, ricevo direttamente con delizia
inebbriante, l'irradiazione di quell'amore che è lo specchio senza
macchia e lo splendore della luce eterna (Sap. XII, 26). Ogni volta che
nella Chiesa si fa memoria della mia castità, Gesù mi saluta con un
gesto pieno di tenerezza e colma il mio cuore di gioie ineffabili. Tale
gaudio, come dolce liquore, penetra la parte più intima dell'anima mia;
perciò si canta a mia lode: "Ti porrò come un sigillo alla mia
presenza" (Agg. 11, 24), cioè come il ricettacolo che deve ricevere
l'impronta del mio amore più ardente e più soave».
Geltrude, inalzata a conoscenze di ordine più elevato, comprese che,
secondo le parole del Signore: In domo Patris mei mansiones multae sunt
- Vi sono molte mansioni nella casa del Padre mio (Giov. XIV, 2), vi
erano specialmente tre dimore, nelle quali coloro che avevano custodito
l'íntegrità della verginale purezza, godono la beatitudine eterna. La
prima è per coloro che, come fu detto degli Apostoli, fuggirono ciò
ch'era sospetto, ma accolsero ragionevolmente ciò che non lo era. Se
qualche tentazione assalì la loro anima, seppero vincerla
generosamente; se talora soccombettero, si rialzarono però subito,
mediante la penitenza.
La seconda dimora è per coloro che, in ogni occasione sospetta, o meno,
fuggirono assolutamente ogni causa di tentazione. Essi castigarono la
loro carne e la ridussero in servitù, al punto che non avrebbe potuto
ricalcitrare allo spirito. In questa seconda dimora vennero collocati
S. Giovanni Battista e molti altri santi personaggi; da una parte, la
bontà di Dio li ha gratuitamente santificati, dall'altra essi
cooperarono alla grazia, fuggendo il male e praticando il bene.
La terza dimora è per coloro che, prevenuti dalla dolcezza delle divine
benedizioni, sembrano avere orrore naturale al male; così, quando le
circostanze li mettono in comunicazione coi buoni, o coi cattivi,
serbano saldamente la stessa ripugnanza per il male e lo stesso fervore
per il bene, decisi di serbare l'anima loro senza macchia alcuna.
Queste persone, conoscono bensì le debolezze della natura, ma ne
ritraggono profitto, quando nell'esercizio dei doveri di carità,
sentono che devono diffidare del loro cuore; trovano occasione di
umiliarsi e di vigilare maggiormente su loro stessi, secondo queste
parole di S. Gregorio: « E' la caratteristica delle anime virtuose di
temere il peccato, anche là dove esso non esiste ». Fra questi S.
Giovanni Evangelista ha il primo posto. Perciò nella sua festa si canta
« Colui che sarà vincitore », cioè dell'affezione umana, « sarà una
colonna del mio tempio », cioè la salda base che sopporterà
l'abbondanza delle delizie divine. « E scriverò su di lui il mio nome
», manifestando che l'ho segnato con la dolcezza della divina
familiarità. « E il nome della città, la nuova Gerusalemme », cioè
riceverà interiormente ed esteriormente una ricompensa speciale per
ciascuna persona di cui avrà promosso la salvezza eterna.
A ciò si riallaccia un'altra visione che ebbe più tardi. Ella si
domandava perchè mai si esaltasse tanto la verginità di S. Giovanni
Evangelista, essendo egli stato sul punto di contrarre nozze terrene,
mentre S. Giovanni Battista che non aveva conosciuto desideri
terrestri, era meno lodato per questa virtù.
Il Signore, che scruta i pensieri e distribuisce i doni, le mostrò
questi due Santi in una visione significativa. S. Giovanni Battista era
seduto su di un elevatissimo trono, posto su di un mare deserto; S.
Giovanni Evangelista si trovava in piedi, in mezzo ad una fornace così
ardente, che le fiamme lo circondavano da tutte le parti. Geltrude
guardava sorpresa questo spettacolo; il Signore si degnò di dargliene
spiegazione: « Ti pare più ammirabile, o che Giovanni Evangelista non
bruci, o che Giovanni Battista non sia sommerso? ». Ella capì allora
che la ricompensa è assai differente secondo che la virtù è stata
fortemente combattuta, oppure tranquillamente conservata nella pace.
Una notte, mentre Geltrude pregava sforzandosi di unirsi a Dio, vide S.
Giovanni Evangelista fra le braccia del divino Maestro, prodigargli
segni d'immensa tenerezza. Si prostrò allora umilmente la Santa ai
piedi del Signore, per ottenere il perdono delle sue colpe. S. Giovanni
le disse con bontà: « Non allontanarti per la mia presenza; ecco il
tesoro che si presta agli abbracci di mille amanti, ecco le labbra che
si offrono ai loro casti baci, ecco le fide orecchie pronte a
raccogliere i più intimi segreti».
Durante Mattutino, mentre si cantava: « Mulier, ecce filius tuus -
Donna, ecco il tuo Figlio» (Giov. XIX, 26), Geltrude vide scaturire dal
Cuore di Gesù uno splendore meraviglioso che investì S. Giovanni,
facendo convergere verso di Lui gli sguardi e l'ammirazione di tutti i
Santi. La Vergine, che si vedeva proclamata Madre dell'Apostolo
prediletto, gli mostrò gioia e tenerezza; Giovanni, a sua volta, la
salutò in atto di filiale amore. Quando, durante l'Ufticio, si faceva
qualche cenno a S. Giovanni, dicendo per esempio: « Questi è Giovanni
che riposò sul petto di Gesù, durante la Cena. E' il discepolo che fu
degno di conoscere i celesti, segreti. E' il discepolo che Gesù amava»,
il Santo Apostolo pareva accendersi in nuovi bagliori di gloria davanti
a tutti i Santi, che lodavano Dio con maggior ardore, per glorificare
il discepolo prediletto, il quale ne gustava gioie ineffabili.
A quella parola: « Apparuit charo suo Joanni ecc. - Apparve il Signore
a Giovanni che amava ». Geltrude comprese che, in quella visita che
Gesù fece al suo prediletto, il Signore gli rinnovò le soavi e
familiari tenerezze di cui l'Apostolo aveva fatto esperienza durante la
vita. Giovanni fu come mutato in un altro uomo e parve gustare già le
delizie del banchetto eterno, soprattutto per tre favori, dei quali
ringraziò Dio, in punto di morte.
Egli espresse il primo con queste parole: « Ho visto il tuo Volto e mi
parve uscire dal sepolcro ». Rivelò il secondo con l'espressione: « I
tuoi profumi, o Signore Gesù, hanno eccitato in me brame dei beni
eterni ». Infine disse del terzo: « La tua voce è piena di dolcezza
paragonabile al miele ». La soave presenza di Gesù gli aveva,
conferito, per così dire, la gioia dell'immortalità; in virtù della
scelta divina aveva ricevuto la speranza delle più dolci consolazioni;
infine la tenerezza delle parole di Cristo, gli aveva fatto gustare il
gaudio delle supreme delizie.
A quelle parole: « Giovanni si alzò all'invito del Signore e si mise a
camminare, come se volesse seguire il suo Maestro fino ai cielo ». Ella
capì che Giovanni aveva una confidenza assoluta nella bontà del suo
Signore e confidava che l'Amico suo divino l'avrebbe tolto dal mondo,
senza fargli sentire i dolori della morte; giacchè l'amore gli ispirò
quella santa audacia, meritò di essere esaudito.
Geltrude si era meravigliata nel leggere che Giovanni non era passato
fra gli orrori della morte, ma poi pensò che tale favore gli fosse
accordato, perché, ai piedi della Croce aveva sofferto nell'anima la
Passione del Maestro, e anche per aver conservata intatta la verginità.
Ella non poteva sapere che quella grazia era il premio della sua
confidenza. Ma Gesù le disse: « Ho ricompensato la compassione di
Giovanni ai piedi della Croce, e la sua integrità verginale con una
gloria particolare; ma mi sono compiaciuto di raccogliere la confidenza
incondizionata con cui volle onorarmi, ponendo le sue speranze
nell'infinita mia bontà; così l'ho tolto dalla prigione del corpo senza
che subisse i terrori della morte, e ho glorificato anche il suo corpo
verginale, dandogli incorrutibilità ed una specie di glorificazione ».
CAPITOLO V. - SALUTO AL NOME DI GESU' NELLA CIRCONCISIONE
Nel Santo giorno della Circoncisione, Geltrude offerse al Signore
alcune preghierine intese a salutare il dolcissimo Nome di Gesù,
invitando a farlo anche altre persone. Quelle giaculatorie apparvero
sotto forma di bianche rose sospese davanti a Gesù, sulla volta del
cielo. Da ciascuna rosa pendeva un campanello d'oro che, col suono
armonioso, eccitava sentimenti ineffabili nel Cuore divino,
ricordandoGli la sua bontà, dolcezza e le sue altre perfezioni già
espresse nelle giaculatorie rivolte al suo Santo Nome. Per esempio: «
Ti saluto, Gesù amatissimo, desiderabilissimo, clementissimo! » ed
altre ancora. Volle poi cercare per il Santo Nome di Gesù,
qualificazioni ancora più eccellenti il Cuore divino ne fu penetrato da
immensa dolcezza.
Nel compiere tale esercizio si sentì come venir meno, e il Signore,
vinto dalla sua tenerezza, si chinò con bontà verso di Lei; in uno
slancio ineffabile d'amore depose sulle labbra della Sua Sposa un bacio
più dolce della coppa d'idromele e le disse: « Ho impresso sulla tua bocca il
mio Santissimo nome. Voglio che tu lo porti davanti a tutti; ogni volta
che muoverai le labbra per pronunciarlo, farai risuonare al mio
orecchio un'amabile armonia ». A tali parole ella
comprese che il Nome di Gesù era impresso in modo ineffabile sul labbro
superiore della sua anima, a caratteri d'oro, splendenti come stelle.
Sul labbro inferiore era scritto, in lettere ugualmente brillanti, la
parola Justus. Con l'iscrizione del Nome di Gesù, che significa
Salvatore, doveva annunciare misericordia e salvezza a tutti coloro che
ne avrebbero il desiderio. Con la parola Justus doveva rappresentare le
divine vendette e spaventare con severe minacce le anime ostinate, che
non volevano essere ricondotte a Dio con persuasivi consigli.
Geltrude disse poi a Gesù: « O mio dolcissimo Amico, degnati quale
Sposo amoroso, di fare gli auguri di buon anno a questa Comunità che ti
è cosi cara! ». Rispose il Signore: « Renovamini spiritu mentis vestrae
- Rinnovatevi nello spirito della vostra anima» (Ef. IV, 23). Geltrude
aggiunse: « La tua tenerezza, in questo caro giorno della Circoncisione
sradichi ogni nostro difetto ». E Gesù: « L'osservanza della vostra
Santa Regola deve servirvi di spirituale circoncisione » Geltrude
riprese: « O amatissimo Gesù, perchè rispondi con una nota di severità,
come se tu volessi negarci il soccorso della tua grazia, riducendoci
alle nostre meschine risorse, quantunque tu sappia che da sole non
possiamo far nulla? ».
Il Signore profondamente commosso dalla dolcezza di quelle confidenti
parole, fece riposare l'anima sul suo seno, ed, accarezzandola
teneramente disse: « Voglio così bene accordarvi il mio aiuto che se
alcuna, per mia gloria e per amor mio, si applicherà, in questo primo
giorno dell'anno, a esaminare con compunzione le solite mancanze alla
Regola, proponendo di correggersi, sarò per quest'anima, come un
amorevole Maestro che istruisce uno scolaretto, teneramente amato; la
farò riposare sul mio Cuore, mostrandole dolcemente gli sbagli incorsi,
correggendola con bontà e supplendo alle sue negligenze. E se come un
allievo distratto sorvolerà su parecchi punti senza porvi la necessarìa
attenzione, veglierò io per lei e supplirò alle sue omissioni ». Il
Signore aggiunse: « Questo
è il mio dono di Capodanno. Darò alle tue Consorelle il desiderio di
fuggire il male, di piacermi in tutto e l'abbandono filiale alla mia
Volontà. Riparando io stesso le loro colpe, esse troveranno la luce
della conoscenza, sì che potranno prepararmi le strenne più conformi
alla mia gloria e più utili alla loro salvezza. Ogni anno, da vere
fedelissime Spose, loro sarà dato d'offrirmi questo dono, pegno della
unione con Me, loro Sposo rifulgente di bellezza».
In seguito Geltrude pregò per una persona che desiderava ardentemente
ottenere da Dio, per sua mediazione, come strenna, una perfetta
fedeltà, nelle cose prospere, come nelle avverse. Il Signore rispose
con bontà: « La domanda
ch'ella mi rivolge è per me una strenna assai preziosa! Siccome però è
conveniente che, per esaudire la sua preghiera, le faccia un dono, così
ho pensato di offrirle delle strenne che saranno utili per essa, e a me
gradite. Vi troverò una nuova gloria, mentre ella col soccorso della
grazia, potrà abbellire, di ora in ora, la sua eterna corona. Quando
una madre sta insegnando qualche cosa alla figlia, le lascia eseguire
ìl lavoro da sola, ma la va dirigendo con la sua esperienza; così la
mia eterna Sapienza, preparerà strenne con l'aiuto di quella persona».
Geltrude comprese che le perle e le gemme che dovevano ornare quelle
strenne erano l'amore, i santi desideri, i pensieri che avevano Dio per
oggetto, derivanti dalla carità, o dai timore, dalla speranza, dalla
gioia, perché il Signore, lungi dal trascurare un solo pensiero, li fa
tutti servire alla salvezza eterna. Allora Geltrude pregò per parecchie
persone e specialmente per una alla quale involontariamente, aveva dato
motivo di turbamento. Il Signore affermò: « A causa di quell'inquietudine ho
dilatato l'anima sua e preparato la sua mano, perchè possa ricevere più
abbondantemente e degnamente i miei doni». Ella rispose: «
Ahimè, Signore, per purificare quella persona che tu ami, io
miserabile, fui un flagello nelle tue mani. « Perché ti rammarichi - obbiettò
Gesù, - giacchè chi purifica i miei eletti senza avere intenzione di
nuocere, ma compatendo anzi alle loro sofferenze, è fra le mie mani un
leggero flagello, il cui merito si accresce, mentre purifica gli altri?
».
CAPITOLO VI. - TRIPLICE OFFERTA NEL GIORNO DELL'EPIFANIA
Nel giorno dell'Epifania, Geltrude avrebbe voluto offrire a Gesù dei
regali di lusso, come quelli dei Magi, per sodisfare a tutti i peccati
del mondo, da Adamo fino all'ultimo de' suoi figli. Ella offrì, come
mirra il Corpo di Cristo, con tutte le sofferenze, che lo dilaniarono,
specialmente durante la Passione. Presentò quale incenso l'Anima
santissima del Cristo, perchè le ardenti suppliche che si elevàrono da
quel divino incensiere, supplissero alle negligenze di tutte le
creature. Infine offerse come oro, per riparare le imperfezioni di
tutti gli esseri creati, la perfettissima Divinità e le delizie di cui
è la sorgente. Le apparve allora il Signore Gesù portando quella stessa
offerta, come un tesoro infinitamente prezioso, in atto di presentarla
alla SS. Trinità. Mentre si avanzava in mezzo al cielo, tutta la Corte
celeste, penetrata di rispetto, piegava il ginocchio e si chinava
profondamente, come fanno le persone devote quando il Corpo di Cristo
passa davanti a loro.
Geltrude si ricordò allora di parecchie persone le quali, con profondo
senso d'umiltà, l'avevano supplicata di offrire a Dio per loro, in
memoria dei doni dei Magi, alcune preghiere che aveva recitate in
preparazione alla festa. Mentre faceva tale offerta con tutto il cuore,
il Signore Gesù le apparve, attraversando il cielo con quel secondo
dono della sua Sposa, per presentarlo a Dio Padre. Tutta la Corte
celeste accorreva a Lui d'intorno, magnificando quello splendido
regalo. Ella ben comprese allora che, se un'anima offre a Dio le sue
preghiere ed azioni, tutta la Corte celeste esalta quel dono, come
offerta preziosa all'occhio del Signore. Quando poi l'anima, non
contenta di offrire i suoi beni, vi aggiunge le opere perfettissime dei
Figlio di Dio, i Santi, come già dicemmo, mostrano tanta riverenza a
quel dono come la cosa più preziosa, al di sopra della quale non sta
che l'Unica e adorabile Trinità.
Un'altra volta, mentre al S. Vangelo si leggevano, nella stessa
solennità quelle parole « Et procidentes adoraverunt eum - prostrati lo
adorarono » ella, con sentimento di grande fervore, si prostrò ai piedi
di Gesù divotamente, per adorarlo in nome di tutto ciò che esiste, in
cielo, in terra e nei luoghi inferiori.
Non trovando Geltrude però alcuna offerta degna di Dio, si mise a
percorrere tutto il mondo, con la brama ansiosa di cercare qualche cosa
che potesse essere presentata al suo Diletto. Mentre, ardente del più
puro amore, correva con l'immaginazione tutta la terra, trovò in grande
quantità cose disprezzabili che chiunque avrebbe rifiutato, perchè
scorie che non potevano contribuire alla gloria ed alla lode di Dio.
Invece con geniale pensiero le fece sue avidamente, per trasformarle in
cose degne di Colui che tutte le creature devono servire.
Raccolse dunque in cuore tutti i dolori, le pene, le ansietà, i timori
sofferti senza rassegnazione, con senso di umana fragilità;
s'impossessò di tutta la falsa santità, delle preghiere recitate senza
divozione dagli ipocriti, dai farisei, dagli eretici e gente consimile;
infine raccolse l'affezione naturale, l'amore morboso, falso ed impuro
dispensato da tante creature; trasformando quel cumulo di miserie con
l'ardore di desideri infuocati, quasi in mistico crogiolo, le presentò
al Salvatore, ridotte a mirra squisita, a fragrantissimo incenso,
all'oro più puro.
Gesù, seguendo con immensa gioia questo lavoro, tanto ingegnoso della
sua Sposa, s'affrettò a gradirlo. Pose quelle offerte come fulgide
gemme, nel suo stesso diadema reale, dicendo con ineffabile sorriso: «
Sono le perle del tuo amore! Le porterò sempre come ricordo della tua
straordinaria tenerezza verso di me, le porterò sulla corona che cinge
la mia fronte, dinanzi a tutta la Corte celeste, glorificandomi di
averle ricevute da te, o mia diletta Sposa; così appunto fanno gli
imperatori della terra, fissando sulla loro corona quella gemma,
chiamata volgarmente ein Besant, unica in tutto l'universo ».
In quel punto Geltrude si ricordò di una persona che parecchie volte,
l'aveva supplicata d'offrire al Signore, in quel solenne giorno,
qualche cosa a nome suo. Ella chiese a Gesù cosa gli sarebbe gradito ed
Egli rispose: « Offrimi
i suoi piedi, le sue mani, il suo cuore. I piedi rappresentano i
desideri: - poichè quella persona vorrebbe riparare i dolori della mia
morte, è bene che si applichi a sopportare pazientemente le sue
sofferenze fisiche e morali: - essa deve unirle alla mia Passione, e
offrirle per la lode e gloria del mio nome, e per l'utilità della
Chiesa, mia Sposa. Accetterò tale dono come sceltissima mirra. Le mani
simboleggiano l'azione: essa s'impegnerà di unire le sue opere
corporali e spirituali a quelle che io ho compiute nella mia santa
Umanità; tale intenzione nobiliterà e santificherà tutti i suoi atti,
che mi saranno graditi come profumatissimo incenso. Infine il cuore è
simbolo della volontà: essa, per conoscere i miei voleri, deve
interrogare umilmente un direttore esperto e star sicura che la sua
parola è l'eco fedele della mia. Se seguirà tali consigli accetterò
tutti i suoi atti come perfetta oblazione di oro purissimo. Per
premiare poi l'umile confidenza che l'ha indotta a cercare la tua
mediazione, farò sì che la sua volontà sia unita alla mia così
strettamente, come l'oro e l'argento che, posti al fuoco, si fondono in
un solo metallo ».
Geltrude offerse poi al Signore le preghiere che alcune persone le
avevano confidate divotamente. Vide allora Gesù porre in una borsa, che
aveva al lato sinistro, quegli spirituali tesori che distribuiva indi
a' suoi particolari amici. Quando poi ella stessa offerse le sue stesse
preghiere, esse presero forma di gioielli che il Salvatore dava alle
anime meno adorne e preparate: comprese che il Signore accettava le
preghiere delle persone che le si erano raccomandate sotto un duplice
aspetto, cioè per ricompensare la confidenza che avevano posto nella
sua mediazione, e il disinteresse col quale avevano lasciato libertà di
offrire tali suppliche, o come sue, o da parte loro, essendo paghe che
Gesù fosse onorato e contento.
CAPITOLO VII. - VENERAZIONE AL S. VOLTO NELLA II DOMENICA
DOPO L'EPIFANIA (OMNIS TERRA)
Geltrude, nella domenica Omnis terra, seconda dopo l'Epifania, nel
quale i fedeli di Roma usano venerare il S. Volto, si preparo a
quell'atto pio e solenne, con una confessione generale. I suoi falli le
apparivano così ributtanti che, confusa della propria deformità corse a
prostrarsi ai piedi di Gesù, implorando misericordia e perdono. Il
benignissimo Salvatore, alzando la Mano, la benedisse con queste
parole: « Per le viscere
della mia bontà affatto gratuita, ti accordo il perdono e la remissione
di tutti i tuoi peccati. Ora accetta la penitenza che t'impongo. Ogni
giorno, per un anno intero, farai un'opera di carità come se la facessi
a me stesso, in unione dell'amore con cui mi sono fatto uomo per
salvarti e dell'infinita tenerezza con cui ti ho perdonato le tue colpe
».
Geltrude accettò di gran cuore e con riconoscenza; poi tutto a un
tratto, ricordandosi della propria fragilità, disse: « Ahimè Signore!
Non mi avverrà talora di omettere questa buona opera quotidiana? E
allora che dovrò fare?». « Come
potrai tu ometterla - rispose Gesù - se è cosa così facile? Io non ti
chiedo che un solo passo offerto a tale intenzione, una paglia
sollevata da terra, un gesto di bontà, una parola affettuosa al
prossimo, un Requiem per i defunti, un accento caritatevole a favore di
un peccatore, o di un giusto. Ora di un solo di questi atti sarà pago
il mio divin Cuore». Consolata da queste dolci parole,
domandò la Santa a Gesù se altri ancora potesse avere parte a tale
privilegio, compiendo la medesima pratica ». « Sì - rispose il Salvatore -
accordo l'intera remissione di ogni peccato a chiunque vorrà adempiere
la penitenza che ho imposta ». E soggiunse: « Ah, quale dolce
accoglienza farò al termine dell'anno, a quanti avranno coperto, con
atti di carità, la moltitudine dei loro falli! ». Geltrude
obbiettò « Come sarà possibile una tale purificazione, se l'uomo è
tanto inclinato al male da peccare parecchie volto in un'ora? ». E il
Signore:
« Perché vuoi
sottilizzare e mostrarti così difficile, mentre io, che sono Dio,
prevedo tanta gioia in questa cosa e mi dispongo ad aiutare la buona
volontà di chi vorrà darmi tale consolazione? La mia divina sapienza
vincerà ».
Geltrude chiese: « Che darai Tu, mio Dio, a coloro che, col soccorso
della tua grazia, compiranno questo atto di carità quotidiana? ». Il
Maestro concluse con dolcezza: «
Io darò loro ciò che l'occhio d'uomo non vide, ciò che il suo orecchio
giammai udì, ciò che nemmeno il suo cuore potrebbe aspettarsi da' suoi
desideri. (I. Cor. II, 9). Oh, quale felicità gusteranno coloro che
avranno praticato quest'esercizio per un anno, o anche solo per un
mese! Per loro è preparata in cielo ricompensa grande! ».
Il giorno dopo, mentre la Santa pregava per coloro che, seguendo i suoi
consigli, si accosterebbero alla SS. Comunione, nonostante l'assenza
del Confessore, ella vide il Signore rivestire quelle anime con una
tunica splendente di candore, simboleggiante la divina purezza. Quella
tunica era adorna di perle preziose, aventi la forma e il profumo delle
violette, per indicare l'umiltà di quelle anime che avevano seguito il
consiglio di Geltrude. Esse ricevettero, in seguito, un abito rosa
cosparso di fiori dorati, per simboleggiare la Passione sofferta da N.
Signore che permette a ogni anima di prepararsi degnamente alla S.
Comunione.
Il Signore disse: « Preparate
dei seggi vicino a me, cosìi tutte le creature sapranno che queste
anime occupano i primi posti, non per caso, ma per mia espressa
Volontà. Ti dico che, da tutta l'eternità, è stato previsto ch'esse
ricaverebbero oggi, in virtù della loro umiltà e per la tua mediazione,
i doni più preziosi ».
Le Religiose che, non avendo potuto confessarsi, s'accostavano alla S.
Comunione, non per consiglio di Geltrude, ma perchè ispirate dalla
grazia di Dio e dalla fiducia nella sua infinita bontà, ricevevano
soltanto un abito rosa cosparso di fiori d'oro; pure si assidevano con
letizia a quel felice banchetto. Quelle che si erano astenute dalla S.
Comunione con umiltà e rincrescimento, stavano ritte davanti alla
balaustra, godendo però anche esse grandi delizie.
In seguito il dolcissimo Signore, trasportato dalla sua naturale bontà,
alzò la sua sacratissima Mano, dicendo Tutti coloro che attratti dal
mio amore, onoreranno il mio Volto riceveranno, in virtù della mia
Umanità, l'impressione viva e luminosa della mia Divinità. Questa luce
rischiarerà le profondità della loro anima e, nell'eterna gloria, la
Corte celeste ammirerà nei loro lineamenti, una speciale somiglianza
col mio stesso Volto ».
CAPITOLO VIII. - NELLA FESTA DI S. AGNESE VERGINE E MARTIRE
Nell'Ufficio della notte, quando la Chiesa festeggia S. Agnese, la
vergine diletta da Gesù, Geltrude, provava speciali delizie, vedendo
come il Signore era glorificato da tutta la Corte celeste per le parole
della Santa romana, ripetute allora dalla Chiesa. Ma poi la sua
infermità che la rendeva impotente a ogni sforzo, la contristò assai,
ed ella disse al suo divino Amico: « Ahimè ! mio diletto, con quale
entusiasmo mi unirei alla salmodia, se non ne fossi impedita dai miei
malanni! ». Rispose il Signore: « Non turbarti, figlia mia; ho raccolto
per Te queste grazie nel mio Cuore: tu potrai attingervi e gustarle con
maggiore soavità, essendo esse prive della scipitezza della tua propria
volontà». Comprese allora Geltrude che l'impotenza non può menomare il
premio, non essendo essa volontaria.
Mentre si leggeva nella VI lezione questo passo: Un accusatore depose
che Agnese, fln dall'infanzia, era cristiana ed era così imbevuta dalle
arti magiche, da chiamare Gesù Cristo il suo fidanzato, Geltrude
esclamò, gemendo «Ahimè, Signore quale ingiuria sopporti Tu dagli
uomini ciechi ed ingrati! ». Rispose il Salvatore: « Le delizie
sovrabbondanti della mia unione con Agnese mi compensano di
quell'ingiuria ». « Ah, Dio di bontà - riprese vivamente la Santa - fa
che i tuoi eletti ti amino con tale fedeltà, tanto che tu non abbia più
a sentire le ingiurie dei tuoi nemici! ».
Nella festa di S. Agostino, Geltrude ebbe rivelazione dei meriti di
parecchi Santi. Allora le venne desiderio di sapere qualche cosa delle
virtù di quella piccola Vergine romana, da essa amata fin
dall'infanzia. Il Signore l'esaudì: le mostrò Agnese in aspetto dolce
ed amabile: Egli la teneva stretta sul suo Cuore per manifestarne
l'incomparabile purezza, giacchè i sacri libri affermano: « Incorruptto
proximum facit esse Deo - La perfetta purezza avvicina (uomo a Dio »
(Sap. VI, 20).
Quella bimba illustre le parve così vicina a Dio, da poter appena
trovare in cielo un'altra Santa paragonabile alla dolcissima Agnese,
per l'innocenza e la tenerezza dell'amore. Geltrude comprese che il
Signore, ad ogni istante, attirava a sè tutte le delizie che hanno
riempito e tuttora riempiono i cuori, eccitandoli all'amore e alla
divozione, mentre si ridicono le parole, più dolci del miele,
pronunciate dalla soave verginella, di cui la Chiesa fa abbondante uso
nell'Ufficio della sua festa; orbene tutte quelle consolazioni,
passando dal Cuore di Gesù, ne erano nobilitate e distillavano poi
gocce di squisito nettare nell'anima di Agnese, strettamente unita al
Cuore del suo Dio. La Santa appariva allora adorna di nuovi, magnifici
gioielli, ed irradiava uno splendore ineffabile sulle anime che le
procuravano tanta gioia.
CAPITOLO IX. - PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Nella dolce festa della purificazione della Beata Vergine Maria,
Geltrude, al primo tocco della campana del mattino, sentendo l'anima
inondata di gioia, disse al Signore: «Ecco, amatissimo Gesù, che il mio
cuore e l'anima mia ti salutano al primo suono di campana che annuncia
la festa della Purificazione della tua castissima Madre». Il Signore si
degnò di rispondere: « E
a mia, volta tutto quanto vi è di tenerezza in me, batte in tuo nome,
alla porta della mia divina misericordia, per ottenerti la piena
remissione di ogni tua colpa ». All'ultimo segno di
Mattutino, il Signore volle restituirle al centuplo il saluto, fattogli
al primo suono del mattino e le disse: « La mia Divinità infinita ti
saluta, o gioia dell'anima mia! Essa ti dona tutti i meriti della mia
Santissima Umanità, per prepararti a questa festa, nel modo che mi è
più gradito ».
Più tardi Geltrude desiderava sapere quale salmodia in quel momento
cantava in coro, ma, essendo coricata, non riusciva ad afferrare il
senso delle parole; disse allora tristemente al Signore: « O mio Gesù,
se non fossi così lontana dalla Chiesa, avrei potuto seguire qualche
versetto del canto sacro e mi sarei dilettata In Te! ». Rispose Egli: «
Se tu, diletta figlia,
ignori quello che ora si va salmodiando in coro, volgiti verso di me e
considera con attenzione quello che passa nel mio Cuore, giacchè Esso
contiene tutto ciò che potrà farti gustare vera gioia ».
Geltrude allora comprese che come una persona respira frequentemente
l'aria, così ciascun membro del Signore, aspira tutte le opere che si
compiono nella Chiesa, le purifica, le nobilita e le offre in lode
eterna alla SS. Trinità. Le azioni che l'uomo compie con l'intenzione
attuale di procurare la divina gloria, sono aspirate dallo stesso suo
Cuore, in modo ineffabile e meraviglioso, riuscendo esse come
trasfigurate in bellezza e perfezione. Senza dubbio le buone opere,
attratte dalle santissime membra del Salvatore, servono alla salvezza
delle anime in modo ammirabile, che sorpassa ogni creata intelligenza,
ma quelle che il divin Cuore assorbe sono molto più nobili e quindi più
salutari. L'uomo, o l'animale vivente, non sono forse più pregevoli di
un cadavere?
In seguito Geltrude sentì cantare il secondo Responsorio: spiacente di
non aver inteso il primo « Adorna » disse al Signore: « Insegnami, o
mio dilettissimo Gesù, come devo ornare il letto del mio cuore, perchè
formi le tue delizie ». Egli rispose: « Aprimi il cuore come un tempo si
aprivano le tavole d'oro nel tempio degl'idoli, per invitare il popolo
a fare i sacrifici nelle feste pagane; poi mostrami dipinte sullo
stesso cuore delle immagini ove io possa trovare ineffabili piaceri ».
Queste parole lei fecero capire che il Signore trova le sue delizie nel
cuore che si apre e si svolge nel ricordo perenne delle sue miserie e
dei benefici gratuiti di Dio.
Al secondo Notturno si cantava l'antifona « Post partum Virgo - Vergine
dopo il parto ». Alle parole: « Intercede pro nobis » Geltrude vide la
beatissima Vergine spazzare col suo manto tutto quanto vi era di
macchiato nelle anime dell'intera Comunità, poi spingere quelle
immondizie in un angolo e porsi davanti quasi per nasconderle allo
sguardo della divina giustizia. Quando poi venne intonata l'antifona
Beata Mater, alle parole Intercede la Vergine, accostandosi al Figliuol
suo, Re dei re, parve dargli un soavissimo bacio che esprimeva la
divozione di tutto il Convento. Tale atto, impreziosito dal puro amore
della Madre di Dio, acquistava un pregio incomparabile.
Geltrude si lamentò ancora degli ostacoli suscitati dalla malattia ed
il Signore le disse: « Simeone e Anna, (cioè l'ìnfermità),
t'impediscono di entrare in Chiesa per partecipare al divino Ufficio;
vieni dunque al monte Calvario colà troverai giacente il tuo Diletto ».
Ella vi si recò in ispirito e, dopo d'aver gustato delizie ineffabili
nel dolcissimo ricordo della Passione di Gesù, le parve di dirigersi
verso Nord, dove vi era una porta che si apriva su di un magnifico
tempio.
Colà vide il venerando Simeone in piedi davanti all'altare, che
ripeteva questa invocazione: « Quando lo vedrò? Potrò vivere fino a
quel fortunato momento? Vedrò il giorno beato della sua nascita?».
Mentre ripeteva queste parole, ed altre consimili, la sua mente fu
attraversata da un raggio di luce; si rivolse di scatto e vide la
Vergine Maria in piedi, davanti all'altare. Ella stringeva fra le
braccia il Bambino Gesù, il più bello fra i figliuoli degli uomini.
Appena Simeone l'ebbe scorto, fu illuminato dallo Spirito Santo e lo
riconobbe per il Redentore del mondo. PrendendoLe quindi, con giubilo
immenso, fra le braccia esclamo: « Nunc dimittis - Ora, Signore, lascia
andare in pace il tuo servo» (Luc. II, 22). Alle parole: « Quia
viderunt - Perchè i miei occhi hanno visto il Signore», lo baciò
teneramente. E all'espressione «Quod parasti - Che tu hai preparato» lo
innalzò davanti all'arca dell'Altare, offrendoLe a Dio Padre, per la
salvezza misericordiosa del mondo. In quel mentre l'arca dell'altare
risplendette come uno specchio trasparente, e si vide riflessa
l'immagine del tenero, amabilissimo Pargoletto tutto rifulgente di
luce. Con quel segno il Bambino Gesù affermava e dichiarava apertamente
cha tutte le offerte dell'antico e del nuovo Testamento, da Lui
ricevevano perfezione e compimento.
A quel fulgore Simeone esclamò teneramente: « Lumen ad revelationem
gentium - E' la luce che rischiarerà le nazioni » (Luc. II, 32). Poi
rese il Bimbo alla Madre, dicendo: « Et tuam animam pertransibit
gladius - E una spada trapasserà l'anima tua » (Ibid. 35). La Vergine
depose il Bambinello sull'altare ed offerse per riscattarlo due
colombine di un candore meraviglioso. Parve anzi che il divino Infante
le presentasse lui stesso, con la sua Manina. Tali colombe
rappresentavano la vita semplice e innocente dei fedeli che operano con
discrezione, allontanando tutto ciò che è cattivo e scegliendo il buon
grano, cioè imitando gli esempi sublimi dei Santi. Se posso cosa
esprimermi, vorrei dire che in tal modo, i fedeli riscattano il
Signore, cioè realizzano alcune cose comprese nella sua dottrina e
ch'Egli, proprio per questo, non ha compiuto Lui stesso. Durante il
canto del versetto dell'ottavo Responsorio « Ora pro populo etc. -
Prega per il popolo ecc.» la Regina delle vergini si avanzò, piegò
rispettosamente le ginocchia, quale Mediatrice fra Dio e la Comunità,
pregando devotamente per ciascun membro della medesima. Ma il Re suo
Figlio la rialzò con gesto di grande deferenza e ponendola a' suoi
fianchi sul trono di glorla, le accordò potenza illimitata di comando.
Subito la dolce Madre ordinò alle schiere angeliche di circondare il
Monastero e di difenderlo con mano salda, contro gli attentati
dell'antico nemico. Gli Angeli obbedirono immediatamente alla Regina
del cielo, e avvicinando i loro scudi, circondarono il Monastero come
di forte baluardo.
Geltrude chiese alla Vergine: « O Madre di misericordia, questa grazia
di protezione, viene accordata anche a quelle che ora non si trovano in
coro?». La dolce Madre rispose: «
Tale protezione non si estende solo alle Religiose riunite in coro, ma
a tutti i membri della Comunità, che bramano la conservazione e
l'aumento dell'osservanza regolare. Quelle invece che, punto
preoccupandosi di tale tesoro, trascurano di custodirlo e di
promuoverlo in altri, non hanno parte alcuna all'amorosa tutela degli
Angeli». Aggiunse poi Gesù « Chi desidera tale protezione deve
osservare che questi scudi sono piccoli e stretti in basso, mentre si
allargano nella parte superiore: così l'anima deve umiliarsi e
disprezzarsi, ma poi elevarsi verso di me con una dolce, assoluta
confidenza, che le faccia tutto attendere dalla mia bontà infinita
».
Durante la processione in cappella, quando si cantava il versetto: «
Ora pro nobis, Sancta Dei Genitrix » la gloriosa Madre depose il divin
Figlio sull'altare, si prostrò riverentemente a' suoi piedi e lo pregò
per la Comunità. Il Bambinello a sua volta si chinò amabilmente verso
la Madre sua in segno d'assenso, per dimostrarle ch'era felice di
compiere la sua volontà.
CAPITOLO X. - S. GREGORIO PAPA
Nella solenne festività di S. Gregorio Papa, Geltrude si applicò,
durante la S. Messa, a rendergli gli omaggi della sua venerazione. Il
degno Pontefice le apparve raggiante di gioria incomparabile: pareva
riunire in sè tutti i meriti degli altri Santi e sorpassarli
vittoriosamente. Era simile ai Patriarchi per le cure diligenti e per
la paterna previdenza di cui circondava la Chiesa. Era paragonabile ai
profeti, perchè, con scritti salutari, aveva insegnato alle anime il
modo di resistere alle seduzioni del demonio. Uguagliava gli apostoli
per la fedeltà generosa al Signore, sia nella prova dolorosa, come
nella gioia, e aveva una gloria speciale per il seme della divina
parola gettata a larga mano nei cuori. Assomigliava ai martiri e ai
confessori per lo spirito di penitenza, di pietà e per la perfezione
delle sue virtù. La sua illibata castità lo rendeva simile ai vergini,
avendo sempre nei pensieri, parole ed opere custodito l'integrità del
corpo e deil'anima, ed insegnato a molti questa preziosa disciplina
interiore.
Gesù disse poi alla sua Sposa: «
Considera, figlia mia, come questo passaggio dei salmi, convenga al mio
eletto: «Quod secundum multitudinem dolorum in corde hominis,
eonsolationes divincae laetifieent animam fidelem - Le divine
consolazioni rallegrano l'anima fedele, in proporzione della
moltitudine dei dolori sofferti dall'uomo» (Sal. XCIII, 19), perchè per
ogni atto, per ogni pensiero penoso, gode ora ineffabili delizie. Nel
giorno della sua morte tutto era spasimo e dolore, perchè il suo corpo
attraversava le angosce supreme; la Chiesa stessa era inconsolabile,
pensando di perder un tale padre; ora però tutto è cambiato, ed ogni
volta che il ciclo liturgico riconduce questo anniversario, viene
celebrato da tutti con gaudio immenso, come un giorno di letizia e di
solennità ».
Geltrude chiese: « Quale ricompensa ha ricevuto per aver arricchito ed
illuminato la Chiesa con tanti scritti salutari? ». Rispose il Signore:
« La mia Divinità si
compiace singolarmente in ciascuno di questi scritti, e tutti i sensi
della mia Umanità vi gustano soavi delizie. Egli stesso partecipa a
tali gioie ineffabili. Ogni volta che nella Chiesa si legge un
passaggio dei suoi scritti, oppure un'anima è commossa dalle sue
esortazioni, ed eccitata a un più fervido amore, Egli riceve, davanti a
tutta la Corte celeste, la stessa gloria di un soldato che venisse
decorato dal Re, o che si sedesse alla sua mensa per gustare il
medesimo banchetto ». Aggiunse poi l'amabile Salvatore: «
I due Santi Agostino e Bernardo, che tu prediligi, godono la stessa
prerogativa, e anche gli altri dottori vi partecipano secondo
l'importanza, l'utilità, il pregio della loro dottrina ».
Quando si cantò il Responsorio XII: « O Pastor Apostolice, Gregori
Sanctissime, tuo poste precamine incrementum Ecclestae. Tuo rigatae
dogmate ac defensatae opere. Memor esto Congregationis Catholicae et
destra Dei plantatae vigne. O Pastor. - O Pastore Apostolico, Gregorio
Santissimo, domanda per la tua preghiera l'accrescimento della Chiesa
irrorata dalla tua dottrina e difesa dalle tue fatiche. Ricordati della
Chiesa cattolica, della vigna piantata dalla destra di Dio », S.
Gregorio parve levarsi, piegare le ginocchia, inalzare le mani e
pregare devotamente per la Chiesa. Il Signore, con dolce
accondiscendenza, gli aperse il suo divin Cuore, perchè vi attingesse a
piene mani quanto era necessario per la Chiesa e potesse poi
distribuire con larghezza tali tesori. Mentre il Santo toglieva da
quella celeste sorgente grazie elettissime, il Signore parve cingerlo
di una fascia di splendido oro. Tale gesto voleva significare che la
divina giustizia tratteneva, per così dire, le consolazioni sospese a
mezz'aria, perchè non scendessero sui cuori indegni ed ingrati. Colui
che voleva riceverle doveva meritarle, inalzandosi con stinto ardore di
desiderio.
CAPITOLO XI. - SAN BENEDETTO, PADRE DELLA COMUNITA', LETIZIA
DI COLORO CHE OSSERVANO LA VITA REGOLARE
Nella gloriosa festa di S. Benedetto, mentre Geltrude si applicava alla
recita di Mattutino per onorare il grande Santo, vide in ispirito il
Beato Fondatore in attitudine piena di maestà, in piedi, davanti alla
raggiante, sempre tranquilla Triade sacrosanta. Ad ogni movimento delle
sue membra si vedeva fiorire, come per incanto, vaghissime rose di
deliziosa fragranza; si può dire cha ciascun membro produceva un
magnifico rosaio, perchè dal centro di ogni rosa, fioriva un'altra rosa
e da questa un'altra ancora; così da una sola rosa ne fiorivano
parecchie, e l'ultima era sempre più bella delle precedenti, sia per
leggiadria, freschezza vigore, sia per la soavità del profumo. Così
fiorito e pieno di grazia, il beatissimo Padre, veramente Benedetto per
la virtù del suo nome, era soggetto di delizie incomparabili alla SS.
Trinità ed a tutta la Corte celeste, che lo felicitava per la gloria
immensa di cui godeva.
Le rose che sbocciavano sulle sue membra indicavano le penitenze con le
quali aveva domato la carne per sottometterla allo spirito, e tutti gli
atti virtuosi della santa sua vita. Esse simboleggiavano ancora le
opere dei suoi discepoli che, stimolati dal suo esempio e dalla sua
dottrina, rinunciarono al secolo per seguirlo nella via regale
dell'osservanza
CAPITOLO XII. - L'ANNUNCIAZIONE
Nella vigilia dell'Annunciazione, mentre si sonava la campana del
Capitolo, Geltrude, inalzando l'anima a Dio, vide in spirito Gesù e
Maria nella sala capitolare. Il Salvatore occupava il seggio abbaziale,
aspettando tranquillamente l'arrivo delle Monache che accoglieva con un
sorriso d'ineffabile bontà.
Quando, secondo la prescrizione del calendario, venne proclamata la
festa dell'Annunciazione, il Signore Gesù si volse verso la Madre sua e
la salutò con un affettuoso cenno del capo, che rinnovò nella Vergine
le ineffabili gioie provate quando l'incomprensibile Divinità,
incarnandosi nel suo seno, si degnò di unirsi all'umana natura.
La Comunità si mise in preghiera e recitò il salmo: « Miserere mei,
Deus etc. ». Il Signore raccolse a una a una quelle parole, deponendole
poi, quasi perle smaglianti, nelle mani della Vergine Maria: Ella
pareva stringere al cuore flaconcini esalanti profumo soavissimo, che
adornava con quelle perle, cioè con le preghiere recitate dalla
Comunità, e offerte a Lei dal suo divin Figlio. Geltrude comprese poi
che quei flaconi di profumo, simboleggiavano una prova che aveva
colpito il giorno prima il Monastero, in modo inaspettato, senza che
nessuno vi desse causa; Quella pena era stata confidata alla Madre di
misericordia. Siccome Geltrude si stupiva di quel simbolo, Gesù la
illuminò dicendole: « Le
signore eleganti portano flaconi profumati più volentieri di altri
ornamenti, perché quelle fragranze sono assai gradevoli. Così io trovo
le mie delizie nei cuori di coloro che confidano con umiltà, pazienza e
gratitudine le miserie della loro vita alla mia bontà paterna, la quale
trasforma in bene, per coloro che mi amano, tanto le prosperità come le
avversità del mondo ».
Geltrude domandò a Nostro Signore perchè mai andava istruendola con
immagini così materiali. Egli le fece capire che, appunto nell'inno di
quella festa, si alludeva alla porta chiusa che Ezechiele aveva visto
in spirito e concluse: « Come
i profeti hanno previsto l'ordino e il modo dell'Incarnazione, della
Passione e della Risurrezione sotto simboli mistici, così le cose
invisibili e spirituali non possono essere comprese dall'umano
intelletto, se non sotto forma d'immagini: perciò nonchè trascurare
questi simboli materiali, devi gustarne le ascose delizie
».
A Mattutino durante il canto dell'Invitatorio: « Ave Maria », Geltrude
vide tre ruscelli. meravigliosi zampillare, come da divina sorgente,
dal Padre; dal Figlio, dallo Spirito Santo, poi scorrere nel Cuore
della Vergine Madre, e indi risalire rapidi fino alla sorgente donde
erano partiti. La Regina del cielo, ricca di sapienza e di bontà,
riceveva dalla SS. Trinità un luminoso riverbero che la rendeva
onnipotente pressa il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. La Santa
comprese ancora che quando si recita divotamente l'Ave Maria, tre
ruscelli circondano la Vergine, attraversano il suo Cuore immacolato,
producendovi mirabili effetti e ritornano là donde sono partiti. Questo
flusso e riflusso si trasforma in getto di letizia che investe gli
Angeli, i Santi e reca si fedeli militanti, che ripetono la salutazione
angelica, il bene loro derivato dal mistero dell'Incarnazione.
Quando nella liturgia si ripeteva un testo concernente la purezza della
Vergine Santa come a esempio: « Haec est quae nescivit thorum etc.
Domus pudici etc. Clausa parentis viscera etc. », i Santi si alzavano
ad offrire i loro omaggi alla Vergine sovrana, ringraziando il Signore
per i doni a Lei concessi per la salvezza del mondo. S. Gabriele
arcangelo era investito da un raggio di divina luce, tutte le volte che
si recitavano le parole ch'Egli aveva pronunciato il giorno
dell'Annunciazione. Quando parimenti si nominano San Giuseppe, Sposo dì
Maria SS., tutti i Santi s'inchinavano con rispetto verso di Lui e gli
dimostravano l'immensa letizia che provavano per la sua dignità.
Durante la S. Messa nella quale doveva comunicarsi, Geltrude vide la
Madre celeste adorna dello splendore di tutte le virtù; prostrandosi
umilmente ai suoi piedi, la supplicò di aiutarla a ricevere degnamente
il Corpo ed il Sangue del Figlio suo. La Vergine pose sul cuore della
Santa uno splendido gioiello, ornato di sette perle preziose, le quali
simboleggiavano le virtù per cui Maria SS. piacque al Signore:
l'immacolata purezza, l'umiltà feconda, gli ardenti desideri, 1a
scienza luminosa, la fiamma inestinguibile dell'amore, il gaudio del
riposo in Dio, la confidente tranquillità. L'anima adorna di quel
magnifico gioiello, piacque tanto al Signore, ch'Egli a sè l'attrasse,
ricolmandola di dolci carezze.
Mentre si cantava all'ora di Terza; l'antifona Arte mira - Con arte
meravigliosa, lo Spirito Santo parve uscire dal Cuore di Dio, quasi
leggera auretta che sfiorava e, per così dire, accarezzava le sette
perle preziose, incastonate nel gioiello della Santa; quel soffio
divino, toccheggiando le sette gemme traeva, per la divina gloria,
un'armonia ineffabile, come da uno strumento musicale.
Mentre al Vangelo si leggevano le parole: Ecce Ancilla Domini, Geltrude
salutò divotamente la gran Madre di Dio, le ricordò la gioia ineffabile
provata, quando pronunciò quelle parole abbandonando con piena
confidenza alla divina Volontà la sua persona, e tutto quanto in essa
doveva operarsi. La Vergine le rispose con dolce bontà: « A colui che m'invocherà in nome
di questa ineffabile gioia, mi mostrerò quale si domanda nell'inno di
questo giorno: "Monstra Te esse Matrem", cioè sarò per lui vera Madre
del Re e del supremo Pontefice; del Re per potenza; del Pontefice per
l'eccesso della tenerezza e della misericordia di cui lo circonderò
».
Durante i vespri all'antifona: « Haec est dies quam fecit Dominus.
Hodie Dominus afflictionem populi sui respexit et redemptionem misit.
Hodie, mortem quam femina intulit, femina fugavit (geneflectio). Hodte,
Deus homo factus id quod fuit permansit, et quod non erat assumpsit.
Ergo esordium redemptionis devote recolamus, et exultemus dicentes:
Gloria tibi, Domine - Oggi è it giorno che il Signore ha fatto. Oggi il
Signore ha guardato l'afflizione del suo popolo e gli ha mandato la sua
redenzione. Oggi una donna ha messo in fuga la morte che un'altra donna
aveva procurato. (In ginocchio). Oggi Dio fatto uomo, restando quello
che sempre fu, si rivestì di quello che non fu giammai. Ricordiamoci,
con amore dell'inizio di nostra Redenzione e diciamo, tra-salendo di
gioia: Gloria a Te, o Signore. La Comunità si prostrò per venerare il
grande mistero dell'Incarnazione del Signore. Il figlio di Dio, Re
supremo, commosso da quelle parole che gli ricordavano l'amore che lo
portò a farsi per noi uomo, si levò dal suo regale seggio e disse al
Padre suo « Fratres met venerunt ad me - I miei fratelli vennero a me »
(Gen.XLVI, 30). Oh, quale dolcezza dovette provare il Padre, sentendo
quelle parole dal diletto Figlio, nel quale aveva posto tutte le sue
compiacenze! Con quale trasporto dovette partecipare i suoi tesori ai
fratelli del suo unico Figlio, mostrandosi infinitamente più generoso
del Faraone d'Egitto che, secondo la Genesi, felicitò Giuseppe, e colmò
di benefici tutti i suoi fratelli!
Geltrude conobbe in seguito quale preghiera tornerebbe più gradita, in
quella festa, alla gran Madre di Dio. La Vergine stessa le confidò che
se ciascun giorno dell'ottava si recitassero devotamente quarantacinque
Ave Maria, in memoria dei giorni che Gesù trascorse nel suo seno
verginale, ella accetterebbe tale omaggio come se l'avessero
amorosamente servita e assistita, dal momento della concezione di Gesù,
fino all'ora beata della sua nascita. E come non avrebbe potuto nulla
negare a chi l'avesse circondata di simili premure, così le sarebbe
impossibile non esaudire chi le avesse reso tale omaggio.
Geltrude capì meglio poi, mediante una divina ispirazione, come
bisognava recitare l'Ave Maria. Alla parola Ave doveva chiedere
conforto per le persone afflitte; alla seguente Maria, che vuol dire
mare di amarezza, pregare per la perseveranza dei penitenti; alle
altre: gratia plena, chiedere il sapore della grazia per quelli che più
non la gustano; al Dominus tecum, implorare il perdono per i peccatori;
al benedicta tu in mulieribus, il perfezionamento dei giusti; alla
parola Jesus, che è splendor paternae claritatis, chiedere la vera
scienza; alle parole Christus et figura substantiae ejus, l'amore
divino per coloro che non amano. A ogni Ave Maria bisogna aggiungere
queste parole: Jesu, splendor paternae charitatis et figura substantiae
ejus - Gesù, splendore della gloria del Padre e figura della sua
sostanza.
CAPITOLO XIII. - INTENZIONI CHE BISOGNA AVERE PER LA CHIESA
DOMENICA DI SETTUAGESIMA
Geltrude la domenica di Settuagesima, quantunque si sentisse
estremamente debole, desiderava di ricevere la Santa Comunione e andava
preparandosi il meglio possibile. La Superiora però le fece
amorosamente notare, che non poteva comunicarsi senza mancare di
discrezione; docilissima al parere altrui ella si astenne dalla Sacra
mensa, e offrì al Signore quella privazione per sua eterna lode.
Allora Gesù si chinò con bontà verso di Lei e la ricevette nel seno
della sua paterna tenerezza. Dopo d'averla accarezzata come una mamma
accarezza il suo bambino, le disse: «
Siccome ti sei astenuta dalla SS. Comunione unitamente per piacermi,
voglio riscaldarti sul mio Cuore, afflnchè tu non ti affatichi a
ricercarmi con un lavoro esterno».
Geltrude, gustando ineffabili delizie in quel domicilio d'amore, disse
a Gesù, « O dolcissimo Amico, in questo tempo durante il quale il mondo
è sotto l'impero di satana, totus in maligno positus est (I Giov. V,
19) e molti ti oltraggiano con l'ubriachezza e la crapula, desidero con
tutto il cuore espiare questi delitti e promuovere la tua gloria nella
nostra Comunità; perciò se voi quantunque io ne sia indegna ricevermi
ai tuoi ordini e fare di me il tuo araldo, parteciperò ad altre anime
quanto mi avrai comunicato e tutte insieme potremo placare la tua
collera ». Rispose Gesù: « A
colui che sarà il mio araldo, cederò in ricompensa, tutti i beni che
avrà acquistati per me». Ella comprese allora che se una persona scrive
o insegna con l'intenzione di procurare la gloria di Dio e la salvezza
del prossimo, avrà, per la retta intenzione posta all'inizio, un
aumento di gloria e di merito attraverso i secoli, cioè ogni volta che
i suoi lavori faranno del bene alle anime nel corso del tempo.
Nostro Signore si compiacque poi di dirle: « Chi per soddisfare alle esigenze
della natura, mangia, beve, dorme, abbia cura di santificare tali
azioni materiali, dicendomi o con le labbra o col cuore: "Signore,
prendo questo cibo, o questo ristoro, in unione dell'amore col quale da
tutta l'eternità l'hai preparato per mio bene e con quello stesso amore
con cui l'hai santificato quando la tua santa Umanità si degnò di
sottomettersi e di sentire questa stessa necessità per la gloria di Dio
e la salvezza del genere umano. Possa questo mio atto unito al tuo
divino amore servire ad accrescere la gloria degli eletti ed a
procurare il bene dei membri della Chiesa militante e purgante". Ogni
volta che una persona gusterà qualsiasi ristoro con questa retta
intenzione, ne avrò piacere come se stendesse davanti a me un forte
scudo per proteggermi contro gli attentati dei mondani ».
Durante la S. Messa, mentre le monache si comunicavano, il Signore fece
riposare Geltrude, con incredibile tenerezza, nella Piaga amorosissima
del suo Costato, dicendo: « Giacchè
oggi ti privi, per motivo di discrezione, della S. Comunione
sacramentale, vieni ad abbeverarti nella mistica sorgente del mio
sacratissimo Cuore, che diffonde l'abbondanza efficace della soavità
divina ». Saziata a quel torrente di voluttà ineffabile,
la Santa ringraziò Dio, poi vide davanti al suo trono tutti coloro che,
in quel giorno, dovevano comunicarsi. Il Signore consegnava a ciascuno
una splendida veste che era adorna col preparamento alla Santa
Comunione fatto da Geltrude; la divina bontà con quell'abito
meraviglioso voleva aiutare quelle care anime a ricevere degnamente il
Corpo del Signore. Adorne coi meriti stessi di Geltrude, esse si
accostarono alla Sacra Mensa, e offrirono, a loro volta, quanto avevano
ricevuto per la gloria di Dio, e aumento di grazia all'anima di
Geltrude. La Santa comprese che quando, dopo di essersi preparata alla
S. Comunione con preghiere e divozioni speciali, non ci si accosta al
divino Sacramento per un motivo di discrezione, d'umiltà, o
d'ubbidienza, pure l'anima si disseta al torrente della divina grazia;
le persone poi che ricevono il Corpo di Gesà fruiscono della
preparazione fatta da chi non si comunica, e sono rese meno indegne di
sì grande mistero. Quindi il bene che ne ritraggono deve attribuirsi
all'anima, che non avendo potuto accogliere Gesù, si era però disposta
a riceverlo con fervore e buona volontà.
Geltrude obbiettò: « O dolcissimo Signore, se colui che si astiene
dalla S. Comunione riceve tanti tesori, non varrebbe meglio astenersene
sempre?». E Gesù di rimando: « Niente
affatto, figlia mia! Sappi che chi per amor della mia gloria, mi riceve
nutrendosi del divino Sacramento, si rinvigorisce spiritualmente col
mio sacro Corpo e col nettare olezzante della Divinità, si che resta
come investito e trasfigurato dall'incomparabile splendore delle mie
divine virtù ». Geltrude aggiunse: « Quale sorte toccherà
a quelle anime che si astengono dalla S. Comunione per essere più
libere di seguire le loro leggerezze, non volendo lasciare, neppure per
un giorno, le loro abituali infedeltà?». Gesù rispose con accento
severo: « Chi trascura e
omette la Santa Comunione per seguire più liberamente la sua volontà,
diventa sempre più indegno di ricevermi e si priva perfino dei frutti
che il Sacramento comunica ogni giorno a tutta la Chiesa ».
La Santa replicò: « Come mai, dolcisimo Gesù, certe anime che,
quantunque si stimino indegne, si preparano ben poco a riceverti,
provano per altro un'attrattiva potente per la SS. Comunione, tanto che
giammai se ne astengono e provano vero tormento nei giorni in cui non
possono riceverti? ». Nostro Signore rispose: « Ciò avviene perchè esse,
arricchite da una grazia speciale, sono guidate dalla dolcezza del mio
Spirito, come un re, abituato agli onori di corte, preferisce lo sfarzo
dela reggia e non si sente di vagare per le strade come un umile figlio
del popolo».
CAPITOLO XIV. - COSTRUZIONE DELL'ARCA
DOMENICA DI SESSAGESIMA
Geltrude si trovava a letto sofferente, quando la domenica Exurge,
sentì cantare a Mattutino il responsorio « Benedicens ergo»: memore
delle delizie gustate tante volte al suddetto canto, disse al Signore:
«Si, mio adorabile Maestro, ho cantato questo e altri simili responsori
con tale fervore da sentirmi sollevare fino al trono della tua gloria
là, servendomi del tuo sacratissimo Cuore come di uno strumento
armonioso, arpeggiavo ciascuna parola e ciascuna nota. Ora, ahimè!
spossata dalla malattia, trascuro queste meravigliose industrie d'amore
». Il Signore rispose: «
Sì, mia diletta, tu hai cantato spesso, servendoti del mio Cuore: ora
voglio ricompensarti modulando Io stesso una dolce melodia
». E aggiunse: « Come ho
giurato al mio servo Noè di non mandare più il diluvio sulla terra,
così giuro, sulla mia Divinità, che neppure uno di coloro che avranno
ascoltato e praticato le tue parole con umiltà, potrà errare, ma
avanzandosi in linea dritta e sicura, giungerà fino a Me, che sono via,
verità e vita! Ego sum via, veritas et vita (Giov. XIV, 6). Confermo
questo giuramento col sigillo della mia santissima Umanità che, a quel
tempo, non possedevo, non essendomi ancora fatto uomo ».
La Santa riprese: « O Sapienza eterna, che prevedevi tutte le cose
future come se fossero passate, o presenti e che conoscevi le colpe che
il mondo avrebbe commesse, perchè hai aggiunto il giuramento alle
promesse di non più seppellire il mondo nelle acque del diluvio? »
Rispose il Maestro: « Volli
dare agli uomini un esempio nobilissimo, che loro insegnasse ad
approfittare del tempo di pace per regolare saggiamente la loro
condotta e compire il bene: così nell'ora dell'avversità saranno
obbligati, almeno per questione d'onore, a mantenere la volontà sulla
retta via ». Geltrude continuò: « Mio diletto Gesù, ho un
grande desiderio d'imparare da Te, durante questa settimana, a servire
degnamente la tua Maestà, costruendo un'arca ». Il Signore rispose: « Godrò assai l'arca che vorrei
edificare nello stesso tuo cuore. Ricorda che l'arca di Noè aveva tre
piani: gli uccelli occupavano quello superiore, gli uomini il mediano,
gli animali l'inferiore. Dividi così le tue giornate: dai mattino fino
a Nona, mi offrirai, dall'intimo del cuore, lodi e ringraziamenti; in
nome di tutta la Chiesa, per i benefici di cui ho colmato gli uomini
dal principio del mondo fino al presente e specialmente per l'immensa
misericordia con cui, dal mattino a Nona, m'immolo sull'altare per la
salute del mondo. Eppure gli uomini ingrati, noncuranti di tanti
tesori, s'abbandonano alle prave soddisfazioni dei sensi. Riunirai gli
uccelli nella parte superiore dell'arca, supplendo alla ingratitudine
degli uomini coi sentimenti di devota riconoscenza, offerti in loro
nome.
« Da Nona a sera
esercitati in ogni sorta di opere buone, in unione con gli atti
santissimi della mia Umanità; agisci con l'intenzione di supplire alla
negligenza del mondo intero, dimentico de' miei benefici. In questo
modo, riunirai per me tutti gli uomini nella parte mediana dell'arca.
« Alla sera pai ricorda,
nell'amarezza del cuore, l'empietà del genere umano il quale, non
soltanto mi rifiuta l'omaggio della riconoscenza, ma provoca la mia
collera con ogni sorta di peccati. In espiazione di questi delitti
offrimi le tue pene con le amarezze della mia Passione e morte; così
chiuderai gli animali nella parte inferiore dell'arca».
Ella disse al Signore: « O mio Gesù, essendo quest'istruzione frutto
del mio impulso personale, non oserei affermare con sicurezza che l'ho
ricevuta da Te, o mio sapientissimo Maestro ». « E perché mai - rispose il
Salvatore - i miei favori dovrebbero stimarsi meno quando faccio
cooperare per ottenerli, ciò che Io stesso ho creato in te per il mio
servizio, avendo Io pur detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine
ecc.?" (Gen. I, 26). Per le altre creature sai bene che mi sono
accontentato di dire: "Sia fatta la luce. Sia fatto il firmamento"
(Ibid. I, 36) ».
Geltrude obbiettò: « Se io palesassi questa cosa, alcuni potrebbero
seguire il loro senso personale, senza l'intervento della grazia, ed
introdurre così nella Chiesa novità pericolose ». Gesù rispose: « Voglio darti una regola per
giudicare rettamente in proposito: un'anima che è unita alla mia
Volontà, e giammai si distoglie dalla medesima nè per buona, o per
cattiva sorte, un'anima, dico, che di più, in ogni azione cerca la mia
gloria al punto di non più pensare ai suoi interessi, essa può
affermare e rivelare senza timore quanto le sue facoltà le faranno
conoscere e gustare nel segreto del cuore, purchè siano cose conformi
alla verità della Sacra Scrittura ed utili al prossimo».
Il Signore si presentò di nuovo alla Santa con grandi dimostrazioni di
tenerezza e le disse: « Mia
signora e mia regina, prodigami le tue carezze come io ti ho prodigato
le mie». E dicendo queste parole il Dio onnipotente,
amante appassionato dell'anima fedele, s'inchinava su di lei, come per
riceverne il celeste amplesso. Ma l'anima, sorpresa di così inaudito
favore, ed annientata nella più profonda umiltà rispose queste parole
che scaturivano dal più intimo del suo essere: « Ma, non sei Tu il mio
Dio, il mio Creatore? E non sono io la tua piccola creatura? ». A tali
accenti la divina virtù attrasse la sua anima per farla godere in Dio.
Ella allora gli disse: « O misericordiosissimo Padre, permetti alla tua
serva di dormire qualche momento, dopo d'aver preso qualche aroma che
mi darà vigore per poter ricevere il S. Sacramento ». Il Signore le
rispose: « L'unione
dell'anima tua con la mia, rinvigorirà le tue forze, molto più del
sonno corporale ».
Durante la S. Messa, nella quale doveva comunicarsi, le sembrò di
essere davanti al Signore e gli espresse i suoi lamenti per non poter
assistere degnamente al S. Sacrificio a causa dei suoi malanni. Gesù le
disse: « Recita il Confiteor ». Terminato che l'ebbe, il Signore
aggiunse: « La mia
Divinità abbia compassione di te e ti condoni ogni colpa ».
Indi la benedisse, stendendo la mano destra. Geltrude, essendosi
inchinata per ricevere la benedizione, fu raccolta da Gesù che,
stringendola al suo Cuore cantò: « Ad imaginem quippe Dei factus est
homo - L'uomo è stato fatto a immagine di Dio » (Gen. I, 27). Poi, per
rinnovare in essa la dignità dell'immagine e somiglianza divina, la
segnò sugli occhi, sulla bocca, sul cuore, sui piedi, sulle mani,
cantando con dolcezza la stessa espressione.
Nel giovedì di carnevale, giorno in cui i mondani si abbandonano ai
volgari piaceri della mensa, Geltrude sentì suonare il campanello, dopo
le Laudi, per avvisare i servitori di casa che la colazione era pronta.
Ella disse, gemendo al Signore: « Ahimè, mio Gesù amorosissimo, come
gli uomini cominciano di buon'ora ad offenderti coi loro banchetti! ».
Sorrise il Salvatore a quelle parole e disse: « Non affliggerti, mia diletta! I
vostri uomini di casa non sono nel numero di coloro che mi offendono
con eccessi di gola: questa colazione rinnoverà in loro energie per il
lavoro, così mi fa piacere vederli rifocillarsi, proprio come un uomo
che desse fresca avena al cavallo che deve portarlo per un lungo
viaggio ».
CAPITOLO XV. - CONFORTO DELLE PENE
DOMENICA DI QUINQUAGESIMA
Alla vigilia della domenica Esto mihi, Geltrude, essendosi allontanata
dalle cose esteriori per raccogliersi profondamente nell'intimo
dell'anima sua, venne trasportata nel seno della divina bontà, dove
gustò tali delizie da sembrarle di governare, con il suo Dio, tutti i
regni del cielo e della terra.
Ma dopo d'aver passata tutta la giornata nel gaudio spirituale, venne
assalita verso sera, da un turbamento che la gettò in grande angoscia.
Ella si sforzò di superarsi, riflettendo che quella pena era una
minuzia trascurabile, ma non potè vincersi e dovette rassegnarsi a
restare priva della calma serena che le era abituale.
Dopo d'aver passato l'intera notte insonne, supplicò il Signore di
sciogliere quell'ostacolo e di accordarle, per la sua gloria, la gioia
delle passate delizie. Il Signore le rispose: « Se tu vuoi alleggerire il mio
fardello devi portare il tuo e metterti alla mia sinistra, affinchè io
possa riposare sui tuo seno. Infatti quando mi adagio sul lato
sinistro, riposo sul cuore, ciò che mi è di grande ristoro nella
fatica. Di più in tale positura, posso guardare direttamente nel cuor
tuo, e raccogliere le vibrazioni melodiose dei tuoi desideri che mi
rapiscono. L'amabile varietà dei suoi sentimenti mi affascina, vi
respiro, assoluta confidenza che ti fa tendere verso di me con tanto
slancio, e sono dolcemente commosso dall'ardente carità che ti fa
bramare la salvezza eterna di tutti gli uomini. Il ricco tesoro dei tuo
cuore rimane aperto davanti a me, così che posso distribuirne le
ricchezze al mondo intero, in modo che tutti i bisognosi abbiano da
risentirne beneficio. Se tu invece ti ponessi alla mia destra, cioè se
l'anima tua non conoscesse che la consolazione, rimarrei privo di tutte
queste dolcezze, perchè la mia testa riposerebbe sul tua cuore e tu ben
sai che gli oggetti che stanno sotto il capo non possono essere nè
visti dagli occhi, nè percepiti con l'odorato, nè toccati con le mani
senza difficoltà ».
Geltrude, nei tre ultimi giorni di carnevale durante i quali i mondani
commettono tante colpe con crescente insolenza, bramava offrire al
Signore un omaggio gradito. Gesù le disse: « La cosa che maggiormente bramo è
che tu soffra con pazienza, in unione alla mia Passione, le pene
interne ed esterne che potranno capitarti e faccia quello che
maggiormente ripugna alla natura, mediante la vigilanza ed il dominio
dei sensi; tutto si può sperare dalla mia divina bontà, se si compiono
questi sacrifici in memoria della mia Passione ». Ella
disse ancora: « Vorrei, o amatissimo Gesù, che m'insegnassi le
preghiere più efficaci per placare la tua collera in questi giorni, nei
quali il mondo ti offende con maggiore insolenza ». Rispose il Signore:
« Mi sarebbe gradito che
si dicesse tre volte il Pater noster, oppure il Laudate Dominum omnes
gentes, offrendo al Padre tutte le affezioni del mio santissimo Cuore
nelle quali mi esercitai, con tanta fatica, stilla terra per la salute
del genere umano, le miei lodi, i miei ringraziamenti, i miei gemiti,
le mie opere; i miei desideri ed il mio amore, per espiare tutti i
delitti terrestri e carnali, tutte le perverse volontà con le quali il
cuore umano si è lasciato sedurre.
« Col secondo Laudate
bramo che si offrano al Padre tutti i movimenti della mia santissima
bocca, la mia astinenza e temperanza, sia nel vitto, sia nelle
conversazioni, sia nelle predicazioni, le mie continue preghiere e
tutti gli esercizi nei quali mi consumai per la salvezza dei mondo.
Tutto va offerto in espiazione dei peccati commessi nella Chiesa
universale con l'intemperanza nel mangiare, nel bere, nelle
conversazioni inutili.
« In terzo luogo desidero
che si offrano a Dio Padre tutti i movimenti del mio santissimo Corpo e
di ciascuno dei miei membri, la serie delle mie opere perfette, tutta
l'amarezza della mia Passione atroce e della morte che tollerai per la
salvezza delle anime: tale immenso tesoro sia offerto in espiazione di
tutti i peccati commessi in questo tempo, con atti e procedimenti
contrari alla salute ed alla virtù ».
Verso l'ora di Terza, Gesù apparve a Geltrude, com'era quando venne
legato alla colonna per la flagellazione: due carnefici erano al suoi
fianchi, uno lo colpiva con acute spine, l'altro con un flagello
nodoso. Entrambi flagellavano il Volto di Gesù, riducendo quel santo
Viso in uno stato compassionevole, tanto che Geltrude ne fu straziata
nell'intimo del cuore. Commossa e piangente andava riandando, durante
il giorno, quello spettacolo angoscioso; ella era persuasa che nessuna
persona al mondo ebbe mai a subire uno scempio così atroce. Infatti la
parte del viso colpita, dalle spine, le parve talmente contusa che
perfino la pupilla degli occhi non venne risparmiata; l'altra parte,
colpita dal flagello nodoso, era orribilmente gonfia e livida.
Nell'eccesso dello spasimo il Signore cercava di parare i colpi, ma se
si piegava da una parte, il carnefice lo colpiva crudelmente
dall'altra. Volgendosi allora come ombra sanguinante a Geltrude, le
disse: « Ricordi le parole che di me furono scritte! Vidimus eum
tamquam leprosum - Noi l'abbiamo visto come un lebbroso? » (Isaia LIII,
2, 4). « Ah, mio Gesù - rispose la Santa - come potremo calmare gli
orrendi strazi del tuo dolcissimo Volto? ». Rispose il Signore: « Se qualche anima, commossa e
amante, mediterà la mia Passione, pregando per i peccatori, mi offrirà
un farmaco prodigioso che placherà ogni mia sofferenza ».
Nei due carnefici Geltrude vide rappresentati i laici che peccano
pubblicamente, colpendo così il Signore con fasci di spine, ed i
Religiosi che lo flagellano, mancando alla Regola; gli uni e gli altri
martoriano il santo Volto, perchè non arrossiscono di disonorare lo
sguardo di Dio, che regna nei cieli. Ella inoltre comprese che la
Passione del Signore è descritta nel Vangelo, perché gli eletti la
meditino con amore, per la gloria di Dio e per il vantaggio della
Chiesa. La penosissima flagellazione del Signore, come la vide in quel
giorno, è descritta due volte nei sacro testo.
Nell'epistola di quella domenica la carità è particolarmente
raccomandata, affinchè c'impegnamo ad amare Dio ed il prossimo. Dio,
deplorando gli oltraggi che a Lui si recano, il prossimo pensando con
compassione al tremendo giudizio che si prepara coi suoi disordini. Il
miglior mezzo per riparare l'onore di Dio e per soccorrere i fratelli,
è il ricordo della Passione del Signore; lo ringrazieremo di quanto per
noi ha sofferto, supplicandolo di risparmiare coloro per i quali si è
sacrificato.
Alla S. Messa, mentre Geltrude rivolgeva a Dio le parole dell'Introito,
attribuendole a se stessa in quel tempo di carnevale, sentì la divina
voce dirle: « Sii la mia
protettrice, o Sposa diletta, difendimi, per quanto puoi, dagli insulti
dei quali sono vittima, specialmente in questo periodo. Respinto da
tutti e bisognoso di riposo, vengo a rifugiarmi nel tuo cuore ».
Geltrude lo accolse teneramente, cercando d'introdurlo nel più intimo
del suo essere.
Ma, rapita fuori dei sensi e immersa in Dio, non poté uniformarsi alle
cerimonie del coro, nel levarsi e nel sedersi. Avvertita benevolmente
da una Consorella e accortasi dello sbaglio, supplicò il Signore di
aiutarla nella direzione dei movimenti, per evitare incresciose
singolarità. Gesù buono le rispose: « Confidami, o figlia, quella
qualità affettiva che si chiama amore, perchè tenga il tuo posto presso
di me, mentre tu sorveglierai i movimenti del tuo corpo ».
« O amabilissimo Signore - replicò la Santa - se uno dei miei affetti
può supplirmi, preferisco abbandonare il corpo alla guida della
ragione, per essere poi tutta a tua disposizione». Da quel punto ella
ottenne da Dio la grazia di non essere mai attratta interiormente, in
modo di mancare ai suoi obblighi esteriori.
CAPITOLO XVI. - TUTTE LE NOSTRE BUONE OPERE SONO CONTATE E
NOI POSSIAMO NOBILITARLE CON L'UNIONE ALLA PASSIONE DEL SALVATORE
La notte seguente, il Signore Gesù apparve a Geltrude assiso sul trono
della sua gloria. S. Giovanni, seduto ai suoi piedi, scriveva. La Santa
chiese all'apostolo cosa mai annotasse, ma Gesù, prendendo la parola,
rispose: «Egli segna accuratamente gli omaggi che ieri la comunità mi
ha offerto e quelli che riceverò nei giorni seguenti. Il Padre mi ha
rimesso il giudizio; così voglio ricompensare, dopo la morte, tutto
quanto un'anima avrà fatto per me, esercitandosi nelle buone opere. In
virtù dei meriti della mia Passione aggiungerò alle azioni di queste
anime una misura colma e pigiata, che le impreziosirà
meravigliosamente. Le condurrò poi davanti al Padre mio con il
patrimonio completo dei loro atti buoni, affinchè nella sua potenza e
paterna bontà, vi aggiunga ancora una misura trabocchevole, per gli
omaggi di riparazione che mi hanno prodigato in questi giorni nei quali
sono tanto offeso dai mondani. Io sono l'Amico più fedele e non posso
lasciare senza ricompensa coloro che mi fanno dei bene. Potrei forse
essere da meno del Re Davide? Egli aveva sempre premiato i servizi a
lui resi, tuttavia, all'avvicinarsi della morte, fece venire il figlio
Salomone, nelle mani del quale aveva già deposto il regno e gli disse:
« Tu sarai riconoscente verso i figli di Berzellai di Gallad e li
terrai alla stessa tua mensa, perchè mi hanno consolato e accolto
quando fuggivo davanti al tuo fratello - Assalonne Filits Berzellai
Galaaditis reddes gratiam, eruntque comedentes in mensa tua:
occurrerunt enim mihi cum fugerem a facie fratrts tuii Absulon » (III,
RE. 11, 7).
Un servigio offerto nel tempo dell'avversità è più gradito e ha maggior
merito, di quella reso nel tempo prospero; così io sono più commosso
dalle prove di fedeltà che mi sono date in questo tempo nel quale il
mondo mi perseguita ».
Intanto S. Giovanni continuava a scrivere, intingendo la penna in un
corno e vergando lettere di colore nero. Altra volta la intingeva nella
Piaga amorosa del Costato di Gesù e. tracciava lettere di colore rosso,
che poi adornava di nero e di purissimo oro.
Geltrude vide le opere dei Religiosi che osservano la Regola scritte a
caratteri neri, come ad esempio i digiuni che tutti compiono a partire
da quella seconda ferie. Le lettere rosse indicavano le opere fatte in
memoria della Passione di Cristo, col desiderio di aiutare la S.
Chiesa. Queste ultime lettere ornate di nero indicavano gli atti
compiuti in memoria della Passione di Cristo per ottenere grazie da
Dio, o qualche bene di questo genere, perchè il nero rappresenta ciò
che riguarda la salute personale. Gli ornamenti di oro significavano le
azioni compiute unicamente per la gloria di Dio e la salvezza del
genere umano, con la completa rinuncia ad ogni merito e ricompensa, per
offrire a Dio un omaggiq di puro amore. Se le prime ricevono ricompensa
grande, queste ultime hanno merito assai maggiore, e schiudono all'uomo
tesori più abbondanti di salvezza.
La Santa si accorse poi che, fra i diversi colori, vi era uno spazio
vuoto. Domandato a Gesù il motivo, si ebbe questa risposta: « In questo tempo voi avete
l'abitudine di oflrirmi desideri e preghiere in memoria della mia
Passione; perciò ho fatto notare accuratamente i pensieri e le parole a
me consacrate; gli spazi vuoti indicano però che non sempre compite le
vostre azioni con questa intenzione che mi è così cara ».
Geltrude insistette: « Come, amorosissimo Gesù, dobbiamo agire per
farti piacere? ». Egli spiegò: « Dovete
unirvi alla Passione per praticare i digiuni, le veglie e tutte le
osservanze regolari. Di più, quando mortificate i sensi, dovete pensare
all'amore con cui ho regolato i miei sensi nelle ore atroci della
Passione. Con un solo sguardo avrei potuto abbattere i miei nemici, con
una sola parola i miei accusatori: ma come l'Agnello che si conduce al
macello (Isaia LIII, 7) ho chinato la testa ed abbassato gli occhi.
Davanti al giudice non ho aperto la bocca (Ibid) per opporre una parola
di difesa, alle false accuse che si lanciavano contro di me
». Geltrude riprese: « Insegnami, o incomparabile mio Maestro, una
pratica in onore della tua Passione ». Le rispose Gesù: « Prega con le braccia aperte in
forma di croce, per presentare a Dio Padre l'immagine della Passione:
offri tale preghiera per la Chiesa universale, in unione all'amore che
mi animava, quando stesi le braccia per lasciarmi crocifiggere
». Geltrude rispose: « Quando si pregherà in tale atteggiamento sarà
bene celarsi in luogo appartato, perchè noi non usiamo pregare così ».
E. Gesù: « Il celarsi
per pregare in luogo ritirato mi sarà gradito e ciò impreziosirà tale
preghiera, come una gemma abbellisce una collana; però, se alcuno
pregherà in pubblico con le mani tese in forma di croce, disprezzando
qualsiasi contrasto, mi onorerà come il suddito che rende omaggio al
re, nel giorno della sua salita al trono ».
Alle intenzioni e preghiere notate da S. Giovanni sul libro che teneva
fra mano, era aggiunto anche il nome della persona che, con consigli ed
esempi aveva animato gli altri a recitare quelle preghiere. Era questa
un'evidente prova della bontà infinita di Dio, che si compiace di
ricompensare doppiamente il poco che la debolezza umana si sforza di
offrirgli con semplicità.
Geltrude chiese in seguito: « Perchè mai, o dolce Gesù, hai scelto S.
Giovanni per scrivere queste note e non S. Benedetto, che è il nostro
fondatore, oppure qualche altro santo? ». Rispose il Signore: « Ho affidato tale compito al mio
Apostolo prediletto, perchè è proprio lui che ha scritto di più
sull'amore di Dio e del prossimo. Dovete avere grande fiducia in lui
per assecondare i disegni della divina liberalità e procurare i vostri
spirituali vantaggi ».
Il mercoledì seguente, essendosi Geltrude presentata al Signore in nome
della Chiesa, (cioè con essa e per essa), per offrire l'espiazione
quaresimale, Gesù, pieno di bontà, la ricevette nelle sue braccia con
tanta affabilità da farle capire per esperienza quale amore Egli,
Cristo sposo, prodighi alla sua Sposa, la Santa Chiesa.
CAPITOLO XVII. - OFFERTA DEL SIGNORE PER L'ANIMA DI GELTRUDE
LE TRE VITTORIE DI DIO
I. Domenica di Quaresima.
Nella domenica Invocavit, trovandosi Geltrude insufficientemente
preparata per ricevere la S. Comunione, pregò divotamente il Signore
perchè si degnasse di attribuirle il santissimo suo digiuno ch'Egli
aveva sopportato per la nostra salvezza, per supplire al digiuno
quaresimale ch'ella non poteva praticare, per le sue infermità. A tale
domanda il Figlio di Dio si levò premuroso e raggiante, poi genuflesso
riverentemente davanti al Padre, disse: «O Padre, giacchè sono il tuo
Figlio unico, coeterno e consustanziale, conosco nella mia inesauribile
Sapienza, tutta l'estensione dell'umana debolezza; la conosco meglio
ancora di questa stessa anima e di ogni altra, così so compatire in
mille modi a tale fragilità. Nel vivissimo desiderio di supplire alla
medesima ti offro, o Padre santissimo, l'astinenza della mia sacra
bocca per riparare le parole inutili che la mia diletta Sposa ha
pronunciato: ti offro, o Padre giustissimo, la mortificazione imposta
alle mie sacratissime orecchie, per, riparare le colpe nelle quali il
senso dell'udito l'ha fatta cadere. Ti offro ancora la modestia dei
miei occhi per cancellare le colpe ch'élla può avere contratto con gli
sguardi illeciti; ti offro la mortificazione delle mie mani e dei miei
piedi per tutte le imperfezioni delle sue opere e de' suoi passi;
infine, o Padre amatissimo, offro alla tua Maestà il mio Cuore
deificato per tutte le colpe che ha commesse con.pensieri, desideri e
volontà ».
Geltrude apparve allora davanti al Padre con abiti bianchi e rossi,
adorna di ricchissimi ornamenti come persona appartenente alla più alta
nobiltà. La veste bianca indicava l'nnocenza di cui la sua anima si era
arricchita per le privazioni del Cristo; quella rossa era il simbolo
delle fatiche della sua astinenza; i vari armamenti rappresentavano il
lavoro immenso che costò alle membra del Salvatore la nostra salvezza;
Dio Padre pose Geltrude, così nobilmente adorna della stessa bellezza
di Cristo, fra Lui e il suo Figlio unico come assisa ad un banchetto
delizioso. Da una parte ella era illuminata dallo splendore
dell'Onnipotenza divina del Padre che la inalzava in dignità;
dall'altra riceveva il riverbero dell'impenetrabile Sapienza del Figlio
di Dio, che aveva saputo rivestirla con tanta perfezione, mediante le
sue virtù e le sue opere: fra questi due meravigliosi splendori che
rischiaravano l'anima a destra e a sinistra, v'era una piccola zona di
ombra, che raffigurava l'indegnità di Geltrude. Ella approfondì la
realtà della sua miseria; tale sentimento la rese più gradita a Dio ed
infiammò d'amore il Cuore del Re.
Il Figlio di Dio le pose davanti, a guisa di triplice vivanda, le tre
vittorie di cui, parla il Vangelo di questo giorno, affinchè ella
ricevesse un antidoto salutare per combattere le tre tendenze viziose
che trascinano l'uomo al peccato: la concupiscenza della carne, cioè la
ricerca dei piaceri del senso; la concupiscenza degli occhi, cioè il
desiderio delle ricchezze e degli onori; l'orgoglio della vita, cioè
l'amore della propria eccellenza.
E primieramente quando il diavolo, per ridestare nel Signore il diletto
della gola gli disse: « Comanda che queste pietre diventino pane», Egli
lo respinse sapientemente con quelle parole: « Non di solo, pane vive
l'uomo »; così Geltrude trovò in quelle, gloriosa vittoria l'espiazione
di ogni diletto naturale, e la forza di resistere alle seduzioni della
carne. Infatti più si segue la tendenza al male e meno si ha la forza
di resistere; perciò ognuno può offrire a Dio Padre questa vittoria di
Gesù, per espiare i peccati commessi nel cattivo uso delle creature, e
per domandare la forza di resistere in futuro. La seconda vittoria di
Nostro Signore diede all'anima il perdono di tutte le colpe commesse
per libero consenso e le accordò pure la forza di resistere in
avvenire. Tutti possono offrire tale vittoria ai Padre celeste per
espiare i peccati di pensiero, di parola, di opera che hanno ferito la
coscienza, e anche per accrescere energie di resistenza per non cadere
in futuro. La terza vittoria del Salvatore diede all'anima il perdono
delle colpe commesse per concupiscenza, lo smodato desiderio di avere
ciò che non possedeva, dandole vigore per non cadere mai in tali colpe.
Chiunque può applicarsi ad ottenere queste grazie.
Durante la S. Messa ella ascoltò attentamente la lettura dell'epistola
per scegliere, fra le varie virtù che si enumerano, quella che potrebbe
imitare, o consigliare ad altri con maggiore utilità.
Non ricevendo nessuna luce in proposito, disse al Signore: « Insegnami, o dolcissimo Amico
delle anime, con quale virtù potrò piacerti maggiormente, giacchè non
mi è dato praticarle tutte ogni giorno ».
Il Salvatore rispose: « Considera
che nell'enumerazione delle virtù, ci sono quelle parole: - In Spiritu
Sancto - e siccome lo Spirito Santo è la buona volontà, applicati
soprattutto a possedere questa buona volontà, così avrai la bellezza e
la perfezione di ogni virtù, perchè la buona volontà è più feconda di
tutte. Chi ha la buona volontà di lodarmi, di amarmi sopra tutte le
creature, di ringraziarmi, di compatire i miei dolori, di praticare le
virtù nel modo più perfetto, sarà infallibilmente ricompensato dalla
mia divina liberalità e con maggiore larghezza di un altro, che abbia
realmente compiuto un'opera buona ».
In seguito lo Spirito Consolatore, avanzandosi fra il Pardre e il
Verbo, si pose davanti all'anima, irradiò i suoi splendori sulla zona
di ombra della quale abbiamo più sopra parlato, che rappresentava la
profonda indegnità dell'anima. In virtù di quella divina chiarezza,
Geltrude, spoglia da ogni miseria, fu felicemente immersa nell'oceano
vivente di luce eterna!
CAPITOLO XVIII. - OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE
II. Feria - (Lunedì della 1a settimana di Quaresima).
Il giorno seguente, mentre si leggeva il Vangelo: « Venite benedirti
Patris mei, esurivt enim etc. - Venite, benedetti dal mio Padre; avevo
fame ecc. », Geltrude disse al Signore: O mio dolce Gesù, non è
possibile a noi, che viviamo sotto una Regola monastica e che nulla
possediamo, di dare effettivamente da mangiare agli affamati, da bere
agli assetati e di compiere opere di misericordia consimili. Insegnami
dunque il modo di ottenere noi pure la dolce benedizione promessa nel
Vangelo a coloro che compiono tali opere ». Rispose il Salvatore: « Essendo Io realmente la salvezza
e la vita delle anime, ho sempre fame e sete del loro bene; così colui
che si applicherà ogni giorno a leggere qualche passo edificante della
Sacra Scrittura, calmerà la mia fame, con quella soave refezione. Se
poi aggiungerà a tale lettura il desiderio di ottenere la grazia della
divozione e della compunzione, soddisferà alla mia sete. Colui poi che,
ogni giorno, almeno per un'ora si sforzerà di pensare a me con tutta
l'attenzione dell'anima, mi offrirà gradita dimora. Sarò
convenientemente vestito dall'anima che si eserciterà nelle virtù con
perseveranza, e visitato nelle mie infermità da chi respingerà con
forza le tentazioni. Infine accoglierò le preghiere che mi saranno
offerte per i peccatori e per le anime purganti, come se, relegato Io
stesso in oscura prigione, fossi ristorato da caritatevole visita.
Colui che per amor mio praticherà ogni giorno tali opere di
misericordia, soprattutto durante la Quaresima, sarà ricompensato dalla
mia regale liberalità e dalla mia fedele amicizia. La mia
Incomprensibile Potenza, la mia inesauribile Sapienza, la mia infinita
Bontà gli accorderanno abbondanti, magnifiche ricompense ».
CAPITOLO XIX. - OFFERTA FATTA PER LA CHIESA
II. Domenica di Quaresima.
Nella domenica chiamata Reminiscere, Geltrude fu introdotta nella
camera nuziale dello Sposo, per godere nel modo più sublime doni
elevatissimi. Ella assaporava le delizie della divina tenerezza, senza
tuttavia poterle esprimere in linguaggio umano; perciò chiese al
Signore d'insegnarle un esercizio utile da praticare nel corso di
quella settimana. Il divino Maestro rispose: « Portami due eccellenti capretti,
cioè il corpo e l'anima di tutto il genere umano ». Ella
allora comprese che Dio, con quelle parole, esigeva da lei una
sodisfazione tale, da estendersi a tutta la Chiesa. Sotto l'ispirazione
dei divin Paracleto recitò 5 Pater in onore delle cinque Piaghe di
Gesù, per espiare tutti i peccati che gli uomini hanno commessi coi
sensi; poi tre Pater in riparazione dei peccati commessi con le tre
potenze dell'anima, cioè la ragione, l'appetito irascibile e
concupiscibile. Offrì tale preghiera in unione alla santissima
intenzione con cui Gesù la santificò nel suo dolcissimo Cuore,
facendola scaturire dal medesimo per la salvezza degli uomini. Geltrude
l'offerse a Dio in riparazione delle colpe e delle negligenze che
l'ignoranza, la malizia, o la fragilità umana le avevano fatto
commettere verso la Onnipotenza invincibile, l'inscrutabile Sapienza e
la Bontà infinita di Dio.
Mentre gli presentava tali offerte, il Signore si mostrava
completamente placato e la benedisse con tenerezza, tracciando su di
lei un segno di croce che si estendeva dalla testa ai piedi. In
seguito, tenendola amorosamente abbracciata, la condusse davanti a Dio
Padre che si degnò di guardarla con bontà: Egli la benedisse in modo
ineffabile.
Le diede altresì la benedizione del genere umano, cioè così vasta che
sarebbe stata sufficiente per tutti gli uomini, se ciascuno di essi
fosse disposto a riceverla.
Cerchiamo noi pure in questa seconda settimana di Quaresima di recitare
cinque Pater per cancellare le colpe commesse con atti corporali, e tre
altri Pater per riparare, quelle commesse con atti spirituali, in tutta
la Chiesa. Potessimo noi pure ricevere l'effetto di questa salutare
benedizione, per Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si degna essere e
mostrarsi il Capo e lo Sposo della Chiesa!
CAPITOLO XX. - COME SI PUO' COMPERARE I MERITI DAL CRISTO
III. Domenica di
Quaresima (Oculi ).
Geltrude, nella domenica Oculi, per porre armonia fra la sua divozione
e la liturgia, ricorse al Signore, secondo il solito, e lo pregò
d'insegnarle quale esercizio avrebbe potuto praticare specialmente in
quella settimana. Rispose il Maestro: « Voi ora leggete, nell'Ufficio
della Chiesa, che Giuseppe venne venduto per trenta danari. Questo
esempio t'impegni a comperare con trentatrè Pater la santissima vita
che ho condotto in terra, per la salvezza degli uomini. Partecipa a
tutta la Chiesa questo tesoro per la mia gloria e la salute universale ».
Dopo aver messo in pratica questo consiglio, Geltrude vide la Santa
Chiesa simile a Sposa meravigliosamente adorna, col frutto della
perfettissima vita del suo Sposo divino.
CAPITOLO XXI. - IL BANCHETTO DEL SIGNORE
III. Domenica di Quaresima (Laetare ).
Geltrude nella domenica Laetare, chiese al Signore ciò che avrebbe
potuto offrirgli durante quella settimana. Egli rispose: « Conducimi tutti quelli che, nella
precedente settimana, haì rivestito de' miei meriti, perchè voglio
invitarli a mensa ». Chiese la Santa: « Come potrò io a Te
condurli?
Oh, se potessi presentarti tutte quelle anime nelle quali prendi le tue
delizie, percorrerei volentieri, da questo momento fino al giorno del
giudizio, a piedi nudi, il mondo intero e prendendo nelle braccia tutti
coloro che non ti conoscono, te li porterei, o dolcezza dell'anima mia,
perchè ti rallegrino; obbligati, per così dire, ad amarti essi
sodisferebbero in parte si desideri della tua tenerezza infinita.
Vorrei ancora, se fosse possibile, suddividere il mio cuore in tante
parti quanti uomini esistono, per dare a ciascuno di essi la buona
volontà di servirti, secondo il supremo desiderio del tuo divin Cuore
». Rispose Gesù: « La
buona volontà che manifesti mi è gradita e supplisce a tutto
». Ella comprese che l'intera Chiesa era condotta verso Dio, nello
splendore dei più ricchi ornamenti. Le disse il Signore: « Tu stessa oggi servirai questa
moltitudine ».
Ispirata dal divin Paracleto, ella si prostrò davanti a Gesù e baciò la
Piaga del suo piede sinistro, per espiare i peccati commessi in tutta
la Chiesa con pensieri, desideri e volontà perverse; supplicò poi il
Signore di rendere efficace tale sodisfazione, unendola alla preziosa
offerta dei suoi meriti, coi quali cancellò tutti i peccati del mondo.
Geltrude ricevette l'effetto di tale preghiera, sotto la forma di un
pane che presentò immediatamente al Signore, in segno di riconoscenza.
Gesù lo ricevette con bontà e, levando gli occhi, ringraziò Dio Padre,
lo benedisse, poi lo restituì alla Santa, perché lo distribuisse a
tutta la Chiesa. In seguito Geltrude baciò la Piaga del piede destro
per supplire a quanto nella Chiesa si era omesso in fatto di santi
pensieri di ardenti desideri, di buona volontà, e pregò il Salvatore di
offrire Lui stesso quel degno compenso, che aveva saldato il debito del
genere umano. Indi Geltrude baciò la Piaga della mano sinistra, per
riparare i peccati commessi nel mondo, in parole ed opere, supplicando
ancora il Redentore di offrire le sante espiazioni con le quali aveva
cancellato ogni nostra colpa. Baciò poi la Piaga della mano destra per
supplire alle negligenze che i figli della Chiesa avevano contratto con
l'omissione di parole e di opere buone, pregando Gesù di
controbilanciare tali imperfezioni coi dono della sua perfezione
infinita. Per tale omaggio reso a ciascuna delle SS. Piaghe, ella
riceveva un pane che poi, come sopra dicemmo, offriva al Signore, il
Quale benedettolo, glielo restituiva perchè lo distribuisse alla S.
Chiesa.
Da ultimo ella si avvicinò all'amorosa Piaga del Costato di Cristo e,
baciandola con tutta la tenerezza dei cuore, chiese al Signore di dare
alla Chiesa, oltre la degna riparazione dei peccati e la completa
riparazione delle negligenze, i meriti della sua santa vita, meriti che
lo fanno risplendere di una meravigliosa gloria a destra del Padre, e
che devono assicurare a questa Sposa carissima, il colmo dell'eterno
gaudio.
La divina bontà si degnò di esaudirla ancora, ed ella poté distribuire
tale beneficio sotto la forma di un quinto pane: pareva imitare i
grandi dei mondo, i quali, dopo di aver saziato i loro ospiti in un
grande banchetto, loro servivano dolci, frutta ed altre leccornie per
ricreare il gusto e stuzzicare l'appetito.
Geltrude disse poi a Nostro Signore: « Cosa mi darai oggi da
distribuire alla Chiesa, per i pesci di cui si parla nel S. Vangelo? »,
Rispose Gesù: « Ti dono
il santissimo esercizio delle mie membra immacolate, per comunicarlo a
coloro che hanno trascurato di servirmi con tutte le loro forze ed i
loro sensi. Ti dono anche l'esercizio della mia nobilissima anima per
tutti coloro che non mi hanno lodato, amato, ringraziato con tutto il
vigore e l'energia dell'anima »,
Abbiamo notato più sopra che il Signore, accettando il pane,
ringraziava il Padre. Geltrude ricevette la spiegazione di quest'atto,
e seppe che, se alcuno compie, per la gloria del Padre, un'opera buona,
fosse pure anche solo un Pater, un'Ave, o un salmo recitati per sè o
per altri, il Figlio di Dio accetta quell'offerta come un frutto della
sua perfetta Umanità, ringrazia Dio Padre, benedice tale frutto, lo
moltiplica e lo distribuisce a tutta la Chiesa, per l'eterna salute
degli uomini.
Si può dunque, durante questa settimana, recitare cinque Pater, In
onore delle dolci Piaghe del Salvatore e, dopo di averle devotamente
baciate, pregare, come più sopra si disse, per espiare le colpe dei
membri della S. Chiesa e supplire alle negligenze universali. Dopo
d'avere compiuto un tale atto, si potrà sperare di ottenere una grazia
analoga dalla misericordia di Dio.
CAPITOLO XXII. - UTILITA' DEL RICORDO DELLA PASSIONE DI GESU'
Domenica di Passione (Judica ).
Nella domenica Judica, quando si comincia a onorare più particolarmente
la Passione di Gesù, mentre Geltrude si offriva a Dio per soffrire
nell'anima e nel corpo tutto quanto piacesse alla divina volontà, vide
il Signore accettare la sua offerta con ineffabile riconoscenza.
Bentosto, dietro l'influsso divino, salutò dal più intimo del cuore,
ciascuna di quelle santissime membra che tanto avevano sofferto per la
nostra salvezza, durante la Passione..
Quando salutava un membro di Gesù, sfuggiva dal medesimo un divino
splendore che illuminava la sua anima; e in tale luce ella riceveva la
comunicazione dell'innocenza che il Cristo aveva acquistato alla Chiesa
con le sofferenze di quel membro. Quando tutte quelle membra l'ebbero
penetrata della loro luce, e adornata con la loro innocenza, ella
disse: « O mio Signore, insegnami ora a glorificarti, celebrando la tua
santa Passione, con l'innocenza di cui la tua gratuita bontà mi ha
arricchita ». Gesù le rispose: « Considera
spesso in te stessa, con riconoscenza e compassione, l'angoscia che mi
gettò in una suprema agonia, quando io, tuo creatore e tuo Maestro
prolungai la mia preghiera (Luc. XXII, 43). Ricordati di quel sudore di
sangue di cui inzuppai la terra, per, la veemenza dei miei desideri e
del mio amore; infine confidami tutte le tue azioni e tutto quanto ti
riguarda, in unione con quella sommissione che mi fece dire: « Pater,
non mea, sed tua voluntas fiat - Padre, non la mia, ma la tua volontà
si faccia » (Luc. XXII, 42). Accetta, o Sposa mia, la prosperità e
l'avversità, perchè è il mio divino amore che dispone l'una e l'altra
per la tua salvezza eterna. Ricevi con riconoscenza la prosperità, che
l'amore mio accondiscendente offre alla tua debolezza, perchè ti
ricordi dell'eterna felicità e afflnchè tu sia animata alla speranza.
Ricevi anche la prova, unendoti a quell'amore paterno che mi consiglia
d'inviartela, affinchè tu possa acquistare meriti per l'eternità ».
Geltrude propose di salutare le membra del Cristo, durante quella
settimana, con l'orazione: « Salvete, delicata membra etc. » e intuì
che quel suo proposito era piaciuto assai al Signore. Non esitiamo
perciò a imitarla se vogliamo gustarne lo stesso gaudio.
Durante la S. Messa, mentre si leggeva quel passo del S. Vangelo: «
Doemonium habes - Tu sei posseduto dal demonio », ella fu profondamente
commossa per l'ingiuria fatta al suo Sposo, e non potendo sopportare
che il Diletto dell'anima sua fosse così oltraggiato, si sforzò di
contrapporre all'ingiuria espressioni di squisita tenerezza: « Salve,
perla vivificante della nobiltà divina, - disse ella - salve fiore
immortale della dignità umana, amabilissimo Gesù, mia suprema ed unica
salvezza! ». Il Signore, pieno di bontà, volle secondo il suo solito,
ricompensarla e, chinandosi verso di lei, l'accarezzò, mormorando
all'orecchio della sua anima queste parole: « Io sono il tuo Creatore,
il tuo Redentore, Colui che ti ama: ti ho acquistata nelle angosce
della morte, a prezzo di tutta la mia beatitudine ».
In quel momento tutti i Santi manifestarono grande ammirazione per
l'ineffabile accondiscendenza del Signore verso quell'anima e ne
benedissero Dio con gaudio immenso.
Il Signore disse poi: «
All'ora della morte e del giudizio rigoroso, quando l'anima si troverà
di fronte alle accuse dei demoni, io le mostrerò una tenerezza pari a
quella che a te ho dimostrato, se avrà contrapposto agli oltraggi di
cui sono colmato dai cattivi, il dolce saluto che il tuo amore ti ha
ispirato. Io la consolerò con le stesse parole che ho rivolto a te, Io
tuo Creatore, tuo Redentore, ecc. Se tale espressione ispira tanto
giubilo ai Santi del cielo, come saranno terrorizzati e messi in fuga i
nemici dell'anima che avrà meritato dalla mia divina bontà tale
consolazione nel giorno estremo! ».
Sforziamoci noi pure dunque, con tutto l'affetto del cuore, d'offrire
al Signore questo omaggio, quando sentiamo che ha ricevuto qualche
ingiuria; se non sappiamo farlo con l'ardore di Geltrude, offriamo
almeno, la volontà e il desiderio di possedere un amore perfetto, il
desiderio e l'amore di tutte le creature. Poi confidiamo, confidiamo
incondizionatamente, perchè la generosa bontà di Dio non disprezza gli
umili doni dei suoi poverelli, ma li accetta e li centuplica, secondo
le ricchezze della sua misericordia, della sua dolcezza, della sua
infinita carità.
CAPITOLO XXIII. - COME SI PREPARA L'ARRIVO DEL SIGNORE E COME
GLI SI DA' OSPITALITA' IN NOI
DOMENICA DELLE PALME
La domenica delle Palme, mentre Geltrude era immersa nella dolcezza dei
divino godimento, disse al Signore: « Insegnami, mio Diletto, come
potrei glorificarti, venendoti incontro nelle vie di Gerusalemme, oggi
in cui Tu vieni per soffrire la Passione a mia eterna salvezza». Gesù
le rispose: «Dammi una
cavalcatura, una folla che venga gioiosamente davanti a me, una folla
che mi segua cantando le mie lodi, una folla che m'accompagni e mi
serva. La contrizione del tuo cuore sarà la mia cavalcatura, se tu
confesserai che hai sovente trascurato di seguire la mia voce, e che
proprio come un animale non hai saputo capire tutto quello che io ho
fatto per la tua salvezza. Tale negligenza ha turbato la mia calma e
serenità: mentre non avrei dovuto gustare in te che gioie spirituali,
mi vedo costretto, per giustizia, a purificartí con pene corporali ed
interne; in tal modo soffro, per così dire, in te, perchè l'amore della
divina bontà mi obbliga a compatire i tuoi dolori. Quando mi avrai
fornito tale cavalcatura, potrò comodamente riposarmi.
« Mi darai poi una folla
gioconda che mi preceda quando mi riceverai con l'amore di tutte le
creature, in unione alla tenerezza che provai, andando a Gerusalemme,
per la salute di tutti; supplirai in tal modo, alle lodi, ai
ringraziamenti, all'amore, agli omaggi che il mondo ha omesso di
tributarmi per questo grande beneficio.
« Dammi anche una folla
che mi segua cantando le mie lodi; per fare ciò devi confessare che non
ti sei sforzata di seguire gli esempi della mia santissima vita.
Offrimi una volontà così generosa che, se tu potessi impegnare tutti
gli uomini a imitare nel modo più perfetto la mia vita e le mie
sofferenze, tu c'impiegheresti volontieri, per la mia gloria, tutte le
forze. Domanda nello stesso tempo, la grazia che ti sia data, per
quanto è possibile ad umana creatura, d'imitare con zelo ardente,
specialmente la vera mia umiltà, pazienza e carità, virtù che ho
praticato al sommo durante la Passione.
« Dammi infine una folla
che m'accompagni e m'assista, confessando che non mi hai servito con la
fedeltà dovuta quando si trattava di difendere la verità e la
giustizia. Sforzati di far trionfare queste due grandi cause, per
quanto ti è possibile con parole ed atti: chiedimi di possedere sempre
tale buona volontà per la mia gloria ».
Il Signore aggiunse: « Se
alcuno in nome di tutto l'universo, si dà a me nei quattro suddetti
modi, verrò a lui con tanta bontà, da raccoglierne il prezioso frutto
dell'eterna salvezza ».
Nel tempo della S. Comunione, mentre Geltrude offriva il cuore al
Signore, esso parve dilatarsi nella carità, come se Gerusalemme si
fosse aperta all'arrivo del suo Dio. Gesù vi entrò, sotto l'aspetto di
un uomo nello splendore della giovinezza, ma parve preparare una sferza
con tre corde: rappresentava l'opera di Redenzione. La prima corda si
componeva delle opere del suo innocentissimo Corpo; la seconda del
generoso amore della sua santissima Anima; la terza, della sublime
perfezione della sua altissima Divinità. Tre qualità che si riscontrano
in ogni opera del Salvatore. Egli toccò leggermente con quello staffile
il più intimo dell'anima di Geltrude per scuotere la polvere dell'umana
fragilità e negligenza che poteva trovarvisi; poi lo depose in mezzo al
suo cuore.
Ed ecco che quelle tre corde si disposero in modo da formare a Gesù un
comodissimo trono. Quando Egli vi si assise, da ogni corda sbocciò un
flore pieno di vita; il primo era la sublime perfezione della Divinità
che, innalzandosi dietro al Signore si curvava bellamente sul suo Capo,
quasi per procurargli un'ombra di gradita frescura; due altri fiori
s'innalzavano a destra e a sinistra, esalando squisite fragranze.
All'inno di Terza, mentre si cantavano quelle parole « O Crux, ave spes
unica » Geltrude offerse al Signore la divozione di tutti coloro che lo
saluterebbero con quel versetto, durante le sette ore canoniche. Allora
il Signore, prendendo il fiore del fervido amore della sua santissima
Anima, lo presentò a tutte le persone di cui Geltrude aveva offerto la
devozione; al contatto di quel fiore, ognuno riceveva luce e gioia
spirituale. Geltrude chiese: « Mio Signore, se queste persone
ritraggono sì grande frutto da questa divozione, cosa darete loro dopo
la processione, durante la quale vi serviranno con amore ancora più
grande e vi saluteranno con desideri più ferventi? ». Il Signore
rispose: « Io darò loro
la grazia e il fascino di questi tre fiori, poichè devono presentarmi
le loro divozioni in tre modi differenti: coloro che sono prive del
dono della divozione e che bramano ottenerlo, mi presenteranno i loro
valori, le loro fatiche esteriori e io li solleverò, dando loro il
fiore germogliato per il laborioso esercizio del mio santissimo Corpo.
Altri, che gustano con abbondanza la dolcezza della divozione, mi
presenteranno l'affezione dei loro desideri e io li rallegrerò col
flore che spunta, dall'ardente amore dell'anima mia. Altri infine, la
cui volontà è unita alla mia e che perciò formano un solo spirito con
me nel completo abbandono al mio piacere, saranno imbalsamati nel flore
della mia altissima Divinità ».
Dopo la processione, la Comunità s'inchinò al canto del Gloria laus,
prostrandosi alle parole Fulgentibus palmis. Il Signore le presentò
allora il fiore dei laboriosi esercizi del suo santo Corpo. Il suo
scopo era di rallegrare le Monache, di fortificarle e di conservarle al
suo servizio; voleva pure far capire che i lavori manuali sono
nobilitati dai santi lavori che lui stesso ha compiuto.
Una persona aveva invitato Geltrude a ristorarsi con un po' di cibo,
essendo ella afflitta da una debolezza estrema; ma la Santa respinse
con energia tale invito, non volendo rompere il digiuno prima di avere
ascoltato la recita della Passione. Volle però chiedere consiglio a
Nostro Signore, il quale le rispose: « Prendi questa refezione, mia
diletta, in unione all'amore col quale io, tuo Amante, sospeso alla
Croce, ho rifiutato di bere, dopo d'averlo assaggiato, il vino
mescolato con mirra e fiele, che mi presentarono ».
A queste parole Geltrude sottomise docilmente la sua volontà, e
ringraziò il Signore che, presentandole il Cuore, le disse: « Ecco la
coppa ove si conserva il ricordo di quelle parole « cum gustasset,
noluit bibere - poichè l'ebbe gustato, non volle berne (Matt. XXVII,
34). In questa coppa ti presento il desiderio che mi impedì di bere
quella pozione per riservarla a te. Tu puoi gustarla con sicurezza,
perchè, da medico esperimentato, l'ho assaggiata, trasformandola per te
in bevanda salutare. Questa miscela aveva per iscopo da accelerare la
mia morte, ma avendo io il desiderio di soffrire a lungo per gli
uomini, non volli pigliarla. Tu invece, animata da uno stesso amore,
prendi tutto quello che ti è necessario e vantaggioso, per vivere a
lungo nel mio servizio: « In questa coppa che mi fu offerta, considera
tre cose. Essa conteneva vino: compi tutti i tuoi atti con gioia e per
la mia maggior gloria. Vi era pure mescolata della mirra: ricevi ogni
ristoro con l'intenzione di poter soffrire più a lungo per mio onore;
questo è il simbolo recondito della mirra, che preserva dalla
corruzione. Infine il fiele vi era pure aggiunto, per insegnarti a
dimorare volentieri sulla terra, senza le gioie della mia presenza, per
tutto il tempo che mi piacerà. Quando i ristori sono presi con
quest'intenzione mi recano lo stesso omaggio d'un amico il quale,
ritenendo per sè il fiele presentato al suo amico, gli dà in cambio
nettare squisito ».
Geltrude, ad ogni boccone di cibo, ripeteva in cuore questo versetto: «
La virtù del tuo divino amore m'incorpori interamente a Te, o
amabilissimo Gesù ». Bevendo diceva: « Diffondi e conserva in me,
amabilissimo Gesù, l'effetto di quella carità che dominava in Te così
perfettamente da farti rifiutare la bevanda che doveva affrettare la
tua morte, per maggiormente soffrire per noi; penetri essa tutta la mia
sostanza e s'insinui vigorosamente nelle potenze, nei sentimenti, nei
movimenti della mia anima e del mio corpo, per la tua gloria eterna ».
Ella chiese al Signore come accetterebbe questa pratica se fosse fatta
da altra persona. Il Signore rispose: « A ogni boccone che mangerà,
riterrò d'averlo io pure preso con lei, per nutrirmi e saziarmi; quando
berrà, berrò con essa una bevanda d'amore, che infiammerà la nostra
reciproca tenerezza; quando poi l'ora opportuna sarà giunta, le farò
sentire la forza dell'amor mio, secondo la mia onnipotenza »,
In seguito, leggendosi nella Passione: «emisit spiritum - rese lo
spirito » (Mat. XXVII, 50) ella, prostrandosi a terra, in atto di
grande amore disse: « Eccomi, Signore, prostrata. col corpo; io ti
domando per quell'amore che ha condotto alla morte Te, che sei la vita
di tutte le creature, di far morire nella mia anima tutto quanto possa
dispiacerti». Il Signore rispose: « Esala in questo momento con un
soffio, tutti i vizi e le negligenze di cui vuoi essere mondata, e
aspira coi mio soffio divino, tutto quanto brami possedere delle mie
virtù e perfezioni. Quello che avrai esalato ti sarà rimesso, e inoltre
otterrai i benefici effetti dell'aspirazione del mio soffio. Quando ti
sforzerai di vincere i difetti che hai allontanato da te, o di ottenere
la virtù che ho posto in germe nell'anima tua, raccoglierai il doppio
frutto della Passione che Io ho sofferto e della vittoria che tu hai
riportato ».
Dopo pranzo ella si era stesa sul letto per riposare le membra
affrante, meno però per dormire che per evitare la noia di numerose
visite; disse quindi al Signore: « Ecco, o mio Diletto, che in memoria
della salutare predicazione che tu hai fatto al tempio in questo
giorno, mi allontano da tutte le creature, per essere occupata solo di
Te, affinchè tu possa liberamente parlare al mio cuore ». E Gesù di
rimando: « Come la
Divinità si è riposata nella mia Umanità, così essa trova le sue
delizie a riposarsi nella tua stanchezza ». Siccome poi
Geltrude si accorse che non venivano a disturbarla perchè la credevano
addormentata, domandò al Signore se era cosa più perfetta far capire
che era sveglia, per dare loro, maggiore libertà. Rispose il Signore: « No, lascia loro questa occasione
di meritare per la loro carità, che sarò poi felice di ricompensare »,
e aggiunse: « Ecco due punti che bramo presentare alla tua meditazione:
esercitandoti in essi, sarai eccitata a cercare cose ancora più grandi.
Ricorda che utilissimo all'uomo è l'affaticarsi in lavori che possono
procurare alla mia Divinità le delizie del riposo; inoltre mi è assai
caro vedere le anime prodigarsi per i fratelli in opere di carità ».
Verso sera ella si ricordò dell'accondiscendenza di Gesù che, alla fine
di quel giorno, si era recato a Betania, presso Marta e Maria; ella
medesima si sentì ardere dal desiderio di dare ospitalità al suo divino
Sposo.
Prostrandosi allora amorosamente ai piedi del Crocifisso, baciò con
tenerezza la Piaga del Costato, con l'intenzione di attrarre tutti i
desideri del Cuore amantissimo del Figlio di Dio; indi lo supplicò, per
l'ardore delle preghiere sgorgate dal suo dolcissimo Cuore, di scendere
nel misero domicilio del suo cuore. Il Signore, pieno di bontà, sempre
pronto ad accogliere le nostre preghiere, la favorì della sua dolce
presenza, e le disse teneramente: « Eccomi, sono qua, cosa mi dai? ». E
Geltrude: « Oh, sii il benvenuto, Tu che sei l'unica mia salute, il mio
tutto, il mio solo vero tesoro! ». E aggiunse: « Ohimè! Indegna come
sono, non ho preparato nulla che possa convenire alla tua maestà; ma ti
offro tutto ciò che sono, pregandoti e scongiurandoti di volere
preparare Tu stesso in me! ciò che può maggiormente piacere alla tua
divina bontà ». Gesù le rispose: « Se
tu mi accordi tanta libertà, dammi la chiave che mi permetta di
prendere e di rimettere tutto quanto converrà al mio benessere ed alla
mia refezione. « Signore - chiese Geltrude - cos'è questa
chiave? ». « E' la tua
propria volontà », concluse il Signore.
Questa parola le fece comprendere che, se un'anima desidera offrire
ospitalità a Gesù, deve rimettergli la chiave della propria volontà,
abbandonarsi interamente a Lui e credere fermamente che la divina bontà
opererà la sua salute, con tutti i mezzi; quando l'anima è così
disposta, il Signore entra e vi compie operazioni d'amore. Guidata poi
dall'ispirazione divina Geltrude recitò, da parte di ciascuno de' suoi
membri, trecento sessantacinque volte, la parola del Vangelo: « Non mea
sed tua voluntas fiat - Si faccia la tua, non la mia volontà (Luc.
XXII, 42) amabilissimo Gesù! » e comprese che questa preghiera era
graditissima al Signore.
Volle poi chiedergli in che modo riceverebbe la divozione di un'anima
che celebri la festa di quel giorno, con pratiche identiche alle sue
basandosi sul libro di Ester, e su quelle parole della Cantica: «
Egredimini, flliae Jerusalem - Uscite, figlie di Gerusalemme » (Cant.
III, 11). Il Signore rispose: « Il mio divin Cuore accetta con grande
sodisfazione questo modo di celebrare la festa, tanto che, nell'eterna
vita, colui che l'avrà praticato riceverà grande ricompensa. Gli
preparerò nella mia regale munificenza, un banchetto nuziale dove
otterrà maggior onore, gioie, delizie di tutti gli altri invitati,
appunto come la sposa, alla mensa nuziale, gode maggiormente di quanto
le è offerto, benchè il re, per suo riguardo, prodighi anche agli altri
invitati i regali della sua gefierosità ».
CAPITOLO XXIV. - GENUFLESSIONI A DIO GRADITE
FERIA IV DELLA SETTIMANA SANTA
Il mercoledì della Settimana santa, mentre durante la S. Messa
s'intonava: In nomine Domini etc., Geltrude, con tutto l'affetto del
cuore, piegò le ginocchia in onore di quel sacratissimo Nome, per
supplire alla negligenza ch'ella aveva avuto riguardo al servizio di
Dio. Comprese che quell'omaggio riusciva graditissimo al Signore e
piegò il ginocchio una seconda volta alla parola Celestíum, per
riparare le negligenze con le quali i Santi che regnano in cielo,
celebrarono quaggiù le divine lodi. Tosto i Santi si levarono con
grande riconoscenza, lodando il Signore per la grazia accordata a
Geltrude e supplicandolo a favore della Santa. In seguito alla parola
terrestrium, piegò le ginocchia per supplire alla imperfezione
dell'intera Chiesa nelle divine lodi; il Figlio di Dio, per
ricompensarla, le accordò il frutto delle preghiere che Gli offre la
Chiesa. Alle parole et infernorum Geltrude piegò di nuovo le ginocchia
per supplire a tutte le mancanze delle anime che si trovavano in quel
momento sepolte per sempre nell'inferno. Allora Gesù si alzò e
ponendosi davanti al Padre, Gli disse: « Quest'offerta mi appartiene
personalmente, o Padre, perchè Tu hai affidato a me il giudizio, e io
ho condannato queste anime ai tormenti eterni, per giusta sentenza
della mia equa verità. Sono perciò assai onorato dall'espiazione che
quest'anima mi ha or ora offerto; mente umana non può capire la
ricompensa dovuta a questo atto; io lo custodisco per poter accordarla
a quest'anima quando sarà in grado di poterla ricevere, nella
beatitudine eterna ».
Durante la lettura della Passione, quando si giunse a quelle parole: «
Pater, ignosce illis - Padre perdona loro », Geltrude chiese al
Signore, dall'intimo del cuore, per quell'amore che l'aveva spinta a
pregare per i suoi crocifissori, di perdonare a tutti coloro che
l'avevano offeso. I Santi si alzarono con grande ammirazione e
pregarono il Signore di rimetterle tutte le negligenze che aveva potuto
commettere, celebrando le loro feste e trascurando di rendere loro
onore.
A sua volta il Figlio di Dio si prostrò davanti al Padre ed offerse per
Geltrude tutti i meriti della sua santissima vita, per cancellare le
colpe di pensieri, di parole, di opera, commessi contro la divina
Maestà.
A quelle parole: «Oggi sarai meco in Paradiso », ella comprese che
un'anima che si converte all'ultimo momento, ha ottenuto tale grazia
con qualche atto buono praticato durante la vita, mediante il divino
aiuto. Il ladrone che, riabilitato da una salutare penitenza,
all'ultimo momento, meritò in quello stesso giorno il Paradiso, aveva
ottenuto misericordia perchè, pure essendo ladro e scellerato, si
ritraeva davanti a una ingiustizia palese e la biasimava con coraggio.
Ed è appunto quello che fece in croce, riprendendo il compagno per gli
insulti che rivolgeva alla maestà di Dio, affermandosi colpevole e
castigato giustamente; tale umile confessione gli valse la divina
misericordia.
CAPITOLO XXV. - L'UFFICIO DELLA CENA DEL SIGNORE
Il Giovedì santo festa della Cena del Signore, mentre si cantavano a
Mattutino le Lamentazioni, Geltrude, ponendosi davanti al Padre,
deplorò nell'amarezza del cuore, tutti i peccati dell'universo commessi
per fragilità, contro l'Onnipotenza divina. Alla seconda Lamentazione
si presentò davanti al Figlio di Dio, manifestando il suo dolore per
tutti i peccati d'ignoranza, che avevano oltraggiato la sua
imperscrutabile Sapienza. Alla terza Lamentazione ella, davanti allo
Spirito Santo, si afflisse per tutti i peccati commessi dall'umana
malizia contro la sua bontà. In seguito, mentre al versetto di a Gesù
Cristo ecc. le giovinette cantavano Kyrte eleison, Geltrude si avvicinò
al dolcissimo Cuore di Gesù, lo baciò con amore in nome di tutta la
Chiesa ed ottenne il perdono di tutti i peccati di pensiero, di
desiderio, di affetto e di cattiva volontà. Al Christe eleison ella
impresse un bacio sulle labbra benedette del Salvatore e Gli domandò la
remissione di tutti i peccati di lingua.
Alla ripetizione del Kyrie eleison, baciò le venerabili Mani del
Salvatore, e ottenne la remissione di tutti gli atti colpevoli,
commessi in generale dai cristiani. In seguito, mentre il popolo
cantava cinque volta Kyrie eleison, all'inno Rex Christe, baciò ad ogni
strofa, le cinque Piaghe vermiglie del Signore per ottenere la
remissione di tutti i peccati commessi dai cinque sensi.
Mentre praticava questa divozione, cinque ruscelli scaturirono dalle
sante Piaghe, diffondendo su tutta la Chiesa una grazia così salutare
da purificarla da ogni peccato; era l'esaudimento pieno e intero di
quanto aveva chiesto nelle Lamentazioni e durante i Kyrie, eleison. In
queste tre notti tutti possono praticare tali esercizi, sperando di
ottenere gli stessi benefìci, purché lo facciano con vera divozione.
Alle Laudi durante il canto dell'antifona « Oblatus est quia ipse
volutt », il Signore le disse: « Se
tu credi che mi sono offerto sulla Croce al Padre perchè l'ho voluto,
devi pure credere fermamente che desidero offrirmi ogni giorno per i
peccatori, con lo stesso amore che ebbi quando m'immolai per il mondo
intero. Perciò qualsiasi peccatore, quantunque oppresso dal peso di
peccati enormi, deve sperare il perdono dall'offerta della mia Passione
e morte. Egli è sicuro di ottenere il perdono, perchè non vi è rimedio
più efficace contro il peccato, del ricordo amoroso della mia Passione,
accompagnato da penitenza e da sincera fede ».
Durante la lettura del Vangelo, Ante diem Jestum, quando si arrivò a
quelle parole: « coepit lavare pedes discipulorurn », Geltrude disse al
Signore: « Ohimè, mio Gesù, poichè sono indegna di essere lavata da Te,
posso almeno sperare che uno de' tuoi apostoli, a cui hai lavato i
piedi, mi mondi da ogni macchia di peccato, perchè mi sia dato
degnamente ricevere oggi il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue? ».
Rispose Il Salvatore: « Ho
veramente lavato e deterso oggi le tue macchie e quelle delle persone
che, per seguire i tuoi consigli, mi hanno pregato di purificarle,
ordinando le sette affezioni della loro anima ». Ella
riprese: « Ahimè, Gesù, quantunque abbia insegnato questa pratica al
prossimo e mi sia proposta di seguirla anch'io, pure l'ho trascurata
pensando ad altro ». E il Signore: « Ho accettato, figlia mia, la tua
buona volontà, perchè è proprio della mia indulgenza tener conto dei
buoni desideri di un'anima e di ricompensarla largamente anche quando,
avendo proposto con sincerità di compiere un'opera virtuosa, trascura
poi di eseguirla per umana fragilità, o per altro impedimento
».
Mentre stava per comunicarsi, Geltrude disse a Gesù « Ti offro, o mio
Dio, i desideri di tutte le persone che si sono raccomandate alle mie
indegne preghiere ». Egli rispose: « Tu hai acceso nel mio Cuore tante
fiamme d'amore, quante sono le persone che mi hai presentate ». «
Insegnami allora, o, mio Gesù - aggiunse la Santa - come potrei
degnamente pregare per tutte le anime della Chiesa universale, per
infiammare sempre di più il tuo sacratissimo Cuore ». E il Maestro
divino: « Puoi compiere questo tuo desiderio in quattro modi
« 1) Lodami di avere creato gli esseri a mia immagine e somiglianza.
« 2) Ringraziami per i benefici che loro ho accordati e per quelli che
prodigherò ancora.
« 3) Gemi con dolore per gli ostacoli che hanno opposto alle mie grazie.
« 4) Prega per tutte le anime che, secondo i disegni della mia
provvidenza, si perfezionano nel bene per procurare la mia lode e la
mia gloria ».
Un'altra volta, nella stessa festa della Cena del Signore, essendosi
ella raccolta per pensare solamente a Dio, vide Gesù com'era sulla
terra in quel giorno così prossimo al suo estremo sacrificio.
Ella lo mirò tutto quel giorno, in abbattimento ed angoscia di morte,
perchè, essendo l'eterna sapienza di Dio Padre, ben conosceva in
anticipo, quanto doveva capitargli le angosce future erano presenti.
Avendo ricevuto dalla purissima Vergine sua Madre una natura
infinitamente delicata venne oppresso da timori e da spaventi
inenarrabili in ogni ora di quella lunga, angosciosa giornata; il
pallore del viso, il tremito delle membra manifestavano le agonie di
morte di cui sentiva l'amarezza. Geltrude raccoglieva nell'anima il
contraccolpo di tale dolore e fu presa da una compassione così grande
che, se avesse posseduto mille cuori, non sarebbero stati sufficienti
per compatire alle pene del suo Diletto. Ella sentiva che i battiti
violenti del suo cuore, provocati dal desiderio, dall'amore,
dall'angoscia rifluivano nel Cuore di Gesù, dolce e colmo di
beatitudine. Era tanto dominata dall'impetuosità di quei palpiti che
stava per cadere in deliquio. Il Signore le disse allora: « Ora che non
posso più morire, non sono raggiunto dalla sofferenza; ma l'amore che
mi animava durante la vita mortale quando sopportavo le angosce,
sofferenze, amarezze della Passione e morte, l'ho provato oggi nel tuo
cuore, che tante volte è stato penetrato da compassione al ricordo dei
dolori da me sofferti per il riscatto degli eletti. Così voglio
ricompensare la compassione che mi hai prodigata. In aumento della tua
eterna beatitudine ti dò tutto il frutto della Passione e della mia
preziosa morte; vi aggiungo un altro dono: in tutti i luoghi dove oggi
si adora il legno della S. Croce, strumento del mio supplizio, tu
riceverai, in ricompensa della compassione che mi hai così teneramente
prodigata, il frutto del tuo amore per me. Voglio di più che tutte le
cause che mi raccomanderai abbiano felice successo. Quando vorrai
pregarmi per qualche anima, presentami il mio Cuore, che così spesso ti
ho dato come pegno della nostra reciproca tenerezza, e offrimilo in
unione di quell'amore che mi ha fatto prendere questo Cuore umano per
la salvezza del mondo. In tal modo t'accorderò tutto quello che mi
domanderai: sarà come la cassaforte di un ricco che gli si porta
dinanzi, perchè ne tragga preziosi regali per i suoi amici ».
Ella chiese poi a Gesù: « Con qual nome, o mio dolce Salvatore,
chiamavi il Padre tuo quando Lo invocavi nell'agonia? ». Egli rispose: « Lo chiamavo spesso con questo
nome: "O integritas substantiae meae! - O integrità della mia sostanza"
».
Durante la S. Messa, prima della Comunione delle Monache, Geltrude vide
Gesù giacere a terra in stato di estremo languore, per la brama
veemente di unirsi a quelle anime predilette. La Santa ne fu commossa
tanto che credette venir meno. In ammirabile visione scorse poi il
Sacerdote sollevare il Corpo del Salvatore che pure era di statura
superiore alla sua e portare Colui che, non solo lo portava, ma che
porta ogni cosa con la sua parola potente (Ebr. I, 3). Comprese allora,
con sensi di tenera affezione, che quella estrema debolezza del Piglio
di Dio, era l'espressione della forza vittoriosa del suo dolcissimo
amore. Infatti il nostro « Beniamino, amabile adolescente si trovava in
una specie di estasi » (sal. LXVII) tanto erano grandi le delizie che
provava, unendosi nella S. Comunione a quelle anime dilette. L'eccesso
del suo amore lo faceva languire; così non potendo usare delle sue
forze, si lasciava maneggiare e portare dal Sacerdote.
In altra occasione Geltrude ricevette questa luce: ogni volta che
l'uomo guarda con amore e desiderio la santa Ostia che cela
Sacramentalmente il Corpo di Cristo, aumenta i suoi meriti per il cielo
e nella visione di Dio, gusterà tante delizie speciali quante volte in
vita avrà contemplato, o almeno desiderato di vedere il Corpo di Cristo.
Da quanto precede si comprende che, tanto nei giorni di festa come
nelle ferie, la Santa si applicava a Dio con ferventissimo amore. Però
bisogna convenire che la Passione di Nostro Signore era profondamente
impressa nell'anima sua, tanto che la contemplava con fervore
specialissimo, quasi con una specie di esagerazione: vedendola sempre
immersa in tale meditazione, pareva che quel ricordo fosse miele al suo
palato, melodia all'orecchio, delizia al cuore.
La Vigilia del Venerdì Santo dopo Compieta, quando sentiva il suono del
crotalo, il suo cuore si commoveva profondamente come se le avessero
annunciato l'agonia dell'Amico più fedele, più caro, più intimo, presso
al quale volava per assisterlo nel crudele trapasso. Si sforzava di
mantenersi poi al tutto raccolta per meditare la Passione del Signore e
compatire con tenerezza agli spasimi del Diletto, onde pagare il debito
dell'amore a Colui che aveva sofferto per lei. Tutto quel giorno e
anche durante la santa giornata del Sabato, l'anima sua aderiva a
quella dello Sposo divino, al punto che a stento riusciva ad applicarsi
a cose esteriori: però se si trattava di opere di carità, con santa
agilità, le compiva a perfezione, prova evidente che l'Ospite, ch'ella
teneva abbracciato nel santuario dell'anima sua, era Colui di cui S.
Giovanni aveva detto: « Deus charitas est. Si diligimus invicem, Deus
in nobis manet, et charitas in nobis perfetta est » - « Dio è carità:
se ci amiamo gli uni gli altri, Dio, dimora in noi e la sua carità in
noi è perfetta » (1 Giov. IV, 8-12). Cosi Geltrude trascorreva il
venerdì e il sabato santo rapita fuori dei sensi, in modo tale che
nulla potrebbe far capire all'umano intelletto l'intima e forte unione
di questa Sposa col suo diletto Signore. Gli era così dolcemente e
inseparabilmente unita da formare di due un solo spirito, per l'amorosa
compassione de' suoi atroci spasimi. Il non poter poi tradurre a parole
tale altissima contemplazione non è difetto, ma grande perfezione. S.
Bernardo dilucida questo punto nel suo commento al Cantico,: quando
dice « Murenulas aureas faciemus tibi - Noi ti faremo catene d'oro
adorne d'argento » (Cant. 1, 10). Quando si fa nell'anima rapita in
estasi una luce subitanea, che brilla divinamente con il bagliore del
lampo, allora si presentano, non so da dove, per temperarne lo
splendore e per farne risaltare gl'insegnamenti, delle immagini prose
da oggetti inferiori e divinamente adatte alla portata dei nostri
sensi. Con l'aiuto di tali immagini, quel puro, splendido raggio di
verità, si vela in qualche modo, e può essere sopportato dagli occhi
dell'anima. Credo che siano i santi Angeli che formano in noi quelle
immagini, perchè è missione propria del loro ministero. Attribuiamo
dunque a Dio quello che ci giunge assolutamente puro e sciolto da
qualsiasi fantasma d'immagini sensibili e attribuiamo al ministero
angelico quelle immagini nobili ed eleganti, che ne formano come il
rivestimento » (S. Bernardo S. Sermone XLI sul Cantico dei cantici).
Non bisogna stimare poco il favore che Dio degni di trattare
direttamente con l'anima, custodendola pura da ogni immagine corporale,
tenendo sotto il sigillo di una segreta intimità ciò che passa fra
l'anima e Lui solo. Appunto per questa ragione molte cose, capaci di
fornire un racconto luminoso, non hanno potuto essere scritte in questo
libro.
Ma perchè il lettore in questa festa solenne trovi mezzi adatti per
riaccendersi nel fervore, raccoglieremo qualche scintilla sfuggita a
questo focolare, che bruciava con tanto ardore al ricordo della
Passione di Gesù Cristo.
CAPITOLO XXVI. - NEL SANTO GIORNO DI PARASCEVE O VENERDI'
SANTO
Un Venerdì santo, all'ora di Prima, mentre Geltrude ringraziava il
Signore per essersi abbassato fino a comparire davanti al tribunale di
un pagano, vide il Figlio di Dio raggiante di serenità e gioia. Era
seduto su di un trono regale, a destra del Padre, che gli dimostrava
un'ineffabile tenerezza affine di compensarlo degli oltraggi e delle
bestemmie che aveva sopportato per salvarci. Tutti i Santi,
inginocchiati rispettosamente davanti a Lui, lo ringraziavano di averli
preservati dall'eterna dannazione con la sua morte atroce.
Alle parole della Passione « Sitio - Ho sete » Gesù presentò a Geltrude
un calice d'oro destinato a ricevere le sue lagrime d'amore. Ella sentì
allora il cuore preso da tale commozione, che pareva liquefarsi e
sciogliersi in pianto. Tuttavia frenò le lagrime, per discrezione e per
non svelare il segreto della sua tenerezza; chiese poi a Gesù se il suo
modo di fare Gli fosse gradito. Allora un getto limpidissimo parve
scaturire dal cuore di Geltrude e penetrare nella bocca di Gesù che le
disse: « Così, figlia mia, io attiro le lagrime di divozione che si
frenano per motivi tanto nobili e puri ».
A Terza ella si sentì infiammata d'amore, ricordandosi che Gesù, in
quell'ora, era stato trafitto di spine, crudelmente flagellato e
caricato dalla pesante Croce. Ella GIi disse: « O mio Diletto, per
corrispondere all'amore che mi hai dimostrato sopportando l'iniqua
Passione, ti offro tutto il mio cuore e desidero, da questo momento
fino alla morte, di sopportare l'amarezza, il dolore, lo spasimo dello
stesso tuo dolcissimo Cuore e del tuo Corpo immacolato; se per umana
fragilità, dimenticassi un istante i tuoi dolori, accordami una
sofferenza sensibile che corrisponda degnamente all'angoscia della tua
Passione ». Rispose Gesù «
Il tuo buon volere e la fedeltà dell'amore tuo mi hanno pienamente
sodisfatto; ma perchè possa gustare tutte le mie delizie nel tuo cuore,
dammi, la libertà di operare e di custodire in esso tutto quello che
voglio, senza che ti dica, se vi verserò gioie o amarezze
».
Nella Passione si lesse che Giuseppe raccolse il Corpo del Signore.
Geltrude chiese: « Il tuo santissimo Corpo, o Gesù, venne dato al
fortunatissimo Giuseppe; a me, quantunque indegna, cosa darai? ». Tosto
il Salvatore le porse il suo dolcissimo Cuore, sotto l'aspetto di un
incensiere d'argento, da cui salivano verso il Padre, tante onde
olezzanti d'incenso quanti furono i popoli riscattati dalla Passione;
in seguito secondo il rito liturgico, si lessero le orazioni per tutti
gli ordini della Chiesa con le relative genuflessioni. Mentre il
sacerdote cantava: « Oremus dilectissimi etc. » ella vedeva quelle
preghiere fondersi con l'incenso ch'esalava dal divin Cuore ed
elevarsi, con esso, unica oblazione al Padre.
Tale unione con Cristo dava alle preghiere della Chiesa un magnifico
splendore ed un profumo delizioso. Cerchiamo quindi. di pregare più
divotamente in questo giorno per la S. Chiesa, poichè la Passione di
Cristo è quella che dà maggior valore alle nostre suppliche, rendendole
gradite al Padre.
In altro Venerdì santo, sentendosi Geltrude dolcemente penetrata dal
ricordo della Passione di Gesù, desiderava ardentemente darGli un degno
ricambio di amore; perciò Gli disse: « Insegnami o unica speranza e
salvezza dell'anima mia, come potrei ringraziarti, almeno un po' di
tutte le sofferenze che per te furono così crudeli e per me così
salutari! ». Il buon Maestro rispose: « Se alcuno rinuncia al suo
giudizio proprio per seguire l'altrui, mi risarcisce della prigionia
subita, dei legami e delle ingiurie che ho sopportato il mattino dei
giorno mio estremo. Chi confessa umilmente i peccati, mi compensa delle
false accuse lanciate contro di me e della sentenza di morte. Chi
mortifica i sensi, mi compensa della flagellazione subita a Terza. Chi
si sottomette a Superiori indegni ed esigenti, toglie le spine dalla
mia corona. Chi, offeso, fa i primi passi per ottenere la pace,
alleggerisce il fardello della mia Croce. Chi si dà tutto,
generosamente alle opere di carità, ripara lo stiramento spasmodico
delle mie membra quando, all'ora di Sesta, venni crocifisso. Chi non
teme il disprezzo, nè la sofferenza quando si tratta di ritrarre il
prossimo dal peccato, mi ripaga degnamente per la morte da me sofferta,
all'ora di nona, nel redimere il genere umano. Chi risponde con umiltà
agl'insulti, mi stacca dalla Croce. Infine chi preferisce il prossimo a
se stesso e lo ritiene degno di onore e di riguardi, mi ricompensa
della mia sepoltura».
In altro Venerdì santo, mentre Geltrude pregava il Signore, prima di
comunicarsi, perchè la preparasse a quell'atto solenne, sentì queste
parole: « Mi sento
talmente attratto verso di Te, che nessuna cosa al mondo potrebbe
trattenermi. Sappi che ho raccolto tutto quello che oggi si è compiuto
nella Chiesa in memoria della mia Passione, con pensieri, parole,
opere, ed ora mi preme deporre questo tesoro nel tuo cuore, col
Sacramento dell'altare, a vantaggio della tua salvezza eterna
». « Ti ringrazio immensamente, o mio Gesù, - rispose Geltrude - però
vorrei che mi permettessi di far parte di questo dono a coloro che io
desidero beneficare ». Il Salvatore rispose sorridendo: « Cosa mi darai tu, mia diletta,
perchè Io t'accordi questo grande favore? ». « Ahimè -
riprese la Santa - non ho nulla che sia degno di Te: ma se avessi tutto
quello che Tu possiedi, sento che ti cederei ogni cosa affìnchè tu
potessi, a tua volta, farne dono a chi più t'aggrada». E il Signore con
bontà: « Se davvero tu
mi ami fino a questo punto; puoi star certa che anch'io agirò nello
stesso modo a tuo riguardo, ma in prqporzione somma, cioè quanto il mio
amore supera il tuo ». Ella aggiunse: « Quali meriti ti
offrirò nella tua venuta Eucaristica, mentre Tu a me vieni con tanta
generosità? ». Gesù affermò: « Una
cosa sola ti domando. Vieni a me completamente vuota e disposta a
ricevere, perchè il bene che potrà piacermi in te, sarà dono della mia
bontà infinita ». Ella comprese che quel vuoto è l'umiltà,
per mezza della quale l'uomo riconosce di non aver nulla da se stesso e
di nulla potere senza l'aiuto di Dio, giacchè tutto ciò che può fare,
va contato per niente.
CAPITOLO XXVII. - RISURREZIONE DI GESU' CRISTO
Nella notte sacra alla gloriosissima Risurrezione del Signore, mentre
Geltrude, prima di Mattutino, pregava con grande divozione, Gesù le
apparve pieno di splendore e di grazia, nella gloria della sua divina,
immortale Maestà. Ella si prostrò ai suoi piedi e, adorandolo con
amore, Gli disse: «Sposo diletto, onore e gloria degli Angeli, Tu ti
sei degnato di prendermi per tua Sposa, quantunque sia la più indegna
delle creature; la mia anima e il cuor mio non hanno sete che di Te,
del tuo onore, della tua gloria, e considero come parenti i tuoi più
cari amici. Ti domando, amatissimo Gesù, in quest'ora gioiosa della tua
Risurrezione, che Tu abbia d'assolvere le anime di tutti coloro che ti
sono particolarmente cari. Per ottenere questa grazia, ti offro, in
unione alla tua innocentissima passione, tutto quello che il mio cuore
e il mio corpo hanno sofferto nelle continue mie infermità ».
Allora Gesù, con ineffabile dolcezza, le mostrò una moltitudine di
anime sciolte dalle loro pene e le disse: « Le consegno tutte in dote
al tuo amore; in cielo si vedrà eternamente che furono liberate dalle
tue preghiere e, davanti a tutti i Santi, godrai per sempre di tale
onore ». La Santa chiese: « Quante son queste anime? ». Rispose il
Signore « Solo la
scienza della mia Divinità ne conosce il numero ».
Siccome poi Geltrude s'accorse che esse, quantunque liberate dalle
pene, non erano però ancora nel pieno possesso delle eterne gioie,
s'abbandonò tutta alla divina bontà, per soffrire nel corpo e
nell'anima tutto ciò che il Signore vorrebbe per ottenere ad esse il
gaudio completo. Tale offerta intenerì il Signore, il Quale in quello
stesso istante, ammise quelle anime alla pienezza dell'eterno gaudio.
Poco dopo Geltrude, sentendo un dolore acutissimo al fianco,
s'inginocchiò davanti al Crocifisso. Gesù trasmise i meriti di quella
sofferenza alle anime di cui abbiamo parlato, in accrescimento della
loro gioia, dicendo loro: « Vi
presento quest'omaggio di devozione che la mia Sposa mi ha offerto,
perchè metta il colmo alla vostra beatitudine; a vostra volta
sforzatevi di onorarla, accordandole il dono delle vostre preghiere
».
Geltrude, con un nuovo slancio d'amore, si mise tutta a disposizione di
Gesù, dicendo: « Ecco che nella mia estrema indegnità, dolcissimo unico
Amico, mi presento con amore davanti a Te, Signore e Re dei dominanti.
Ti offro interamente il cuore e l'anima mia affinchè ti servano, per
tutta la vita, in onore della tua adorabile Risurrezione». Rispose il
Signore: « Quest'offerta
della tua buona volontà sarà come lo scettro della mia divina
magnificenza; me ne glorierò eternamente davanti alla SS. Trinità ed a
tutti i Santi, come di dono prezioso ricevuto dalla mia diletta Sposa
». Geltrude riprese: « Ah, mio Dio! quantunque sappia che questo mio
atto di completo abbandono è effetto della tua grazia, pure temo, per
la mia incostanza, di dimenticare l'offerta che ti ho presentata». Gesù
le rispose: « Non
turbarti, poichè la mia Mano non lascerà mai cadere lo scettro che mi
fu donato; lo conserverò sempre come pegno e ricordo del tuo amore per
me. Ogni volta poi che tu rinnovi quest'intenzione, lo scettro si
adornerà di fiori stupendi e di gemme preziose».
Mentre Geltrude, in questo mirabile movimento d'amore consumava le
forze ed animava i sensi tanto interni che esterni per prepararsi a
cantare il Mattutino della Risurrezione, si cominciò ad intonare
l'Inviatorio; ella disse al Signore: « Insegnami, o migliore dei
Maestri, come posso lodarti mediante l'Alieluja che oggi tante volte si
ripete ». Egli rispose: « Potrai degnamente esaltarmi, unendoti alle
lodi che la Corte celeste mi prodiga con questa stessa parola. Nota
che, nell'Alleluja vi sono tutte le vocali, tranne l'o che è simbolo
del dolore; ma, al suo posto, si ripete l'a. Lodami dunque con la
vocale « a » unendoti alla lode magnifica con la quale i Santi,
trasalendo di gioia, celebrano il soave diletto che l'influsso della
Divinità procura alla mia Umanità deificata. Questa mia Umanità è ora
elevata alla gloria dell'immortalità, per le amarezze della Passione e
della morte che ho subito per salvare l'uomo da orrenda sorte. Con la
vocale « e » loda quelle inesprimibili delizie che procura al mio
sguardo la vista dei pascoli fioriti della suprema, indivisibile
Trinità. Con la vocale « u » loda quell'armonia ineffabile che
accarezza l'orecchio della mia Umanità deificata, ascoltando le
meravigliose sinfonie dell'adorabile Trinità e le lodi continue che le
prodigano gli angeli, i santi, gli eletti. Con la lettera « i » loda
quella brezza profumata dei più squisiti olezzi, soffio soavissimo
della SS. Trinità, che appaga l'odorata della mia immortale Umanità. In
seguito con la lettera « a », sostituita alla vocale «o», loda
l'incomprensibile, inestimabile, magnifica effusione di tutta la
Divinità nella mia Umanità deificata, perché questa Umanità, divenuta
immortale ed Impassibile, raccoglie dalla Mano di Dio, in cambio della
sofferenza corporale, che per essa più non esiste, questo doppio,
grazioso beneficio: l'immortalità e l'impassibilità ».
Mentre Geltrude continuava a recitare Mattutino riceveva a ciascun
Salmo, responsorio e Lezioni lumi abbondanti, accompagnati da
ineffabili delizie che convenivano tanto alla Risurrezione del Signore
che al reciproco amore, e alla gioia della intima unione con Dio. Il
racconto di tali meraviglie sarebbe forse gradito al divoto lettore, ma
noi lo custodiremo sotto silenzio, insieme a molte altre cose, per
evitare la prolissità che crea la noia; noi lo confideremo alla divina
bontà, da cui procedono tutti i beni così generosamente accordati
all'eletta del Signore.
CAPITOLO XXVIII. - ESAME DELL'OSSERVANZA REGOLARE
SECONDA FERIA (LUNEDI' DI PASQUA)
Nella seconda feria, mentre Geltrude, prima di comunicarsi, pregava il
Signore di supplire, per mezzo dell'Eucaristico Sacramento, a tutte le
sue negligenze nell'osservanza della Regola, vide il Figlio di Dio
accostarsi a lei, prenderla e presentarla a Dio Padre. Ella era
rivestita con l'abito della Religione e la tonaca era formata di tante
parti, quanti anni aveva passato nella vita religiosa. La parte
inferiore rappresentava il primo anno, quella seguente, il se. condo, e
così di seguito fino all'epoca attuale. Quella tonaca si dispiegava in
modo da non fare la minima piega. In essa si distinguevano i giorni,
gli anni, le ore. Di più tutti i suoi pensieri, parole e opere, tanto
buone che cattive si trovavano scritte in ciascun giorno ed ora: non un
pensiero, non una parola, non un atto inosservato. Si vedevano le
intenzioni che l'avevano determinata ad agire, o per la gloria di Dio,
o per la perfezione dell'anima sua, o per lo sguardo degli uomini. Vi
si notava anche s'ella aveva cercato il benessere, o se si era
mortificata, se aveva agito per obbedienza o per moto naturale, se si
era fatta illusione di obbedire, mentre aveva fatto solo approvare i
suoi desideri dai Superiori, se aveva saputo carpire una licenza invece
di abbandonarsi alla direttiva soprannaturale, ed i suoi atti
d'obbedienza erano applicati alla tunica, come perline incastonate
nell'argilla, sembrando sempre sul punto di cadere. Ma quando il Figlio
di Dio ebbe pregato per lei, offrendo al Padre la sua santissima e
perfettissima vita, quella tonaca apparve splendente, ricoperta di
lamine d'oro sanissimo. Attraverso alle medesime, che erano trasparenti
come il cristallo, si distinguevano i pensieri, le parole, gli atti, le
intenzioni, le volontà, le dissimulazioni che potevano essere imputate
a Geltrude.
Si capiva s'ella aveva agito seriamente o con negligenza, di buona
voglia o per forza, a tempo e momento giusto. In questa luce
dell'ineffabile verità, il minimo granello di polvere, il più piccolo
atto non poteva sfuggire nè a Dio, nè agli abitanti del cielo. Tale
visione le fece capire che nei secoli eterni, Dio e tutti i Santi
vedono in questa guisa l'anima di ciascun eletto.
Riguardo poi a quella parola che Dio disse per bocca del profeta: « In
quacumque hora conversus fuerit peccator... (Is. XXX, 15) - In
qualunque ora il peccatore si convertirà... » bisogna interpretarla in
questo senso. Il Signore non giudicherà più i peccati cancellati con
una degna penitenza, ma l'impronta delle nostre colpe apparirà sempre
in noi, per la lode e la gloria di quella dolcissima misericordia che
perdona con tanta bontà al cuori pentiti, prodigandoci immensi
benefici, come se giammai l'avessimo offeso. In pari tempo tutte le
opere buone da noi compiute per l'amore e la lode di Dio, si vedranno
eternamente a gloria di Colui che ci ha dato la grazia e il soccorso di
compierle, affine di accrescere la nostra beatitudine. Così noi
loderemo gli uni per gli altri e ameremo quel Dio, che vive e regna
nella Trinità perfetta, operando tutto in tutti.
CAPITOLO XXIX. - RINNOVAZIONE DEL MATRIMONIO SPIRITUALE
TERZA FERIA (MARTEDI' DI PASQUA)
Nella terza feria Geltrude, prima di comunicarsi, desiderò che col
Sacramento di vita, il Signore degnasse rinnovare nella sua anima il
matrimonio spirituale che più a Lui l'unisse mediante la fede, la
religione e la verginale integrità. Gesù le rispose con grande bontà:
«Lo farò certamente». E, chinandosi verso di lei, l'attrasse con un
dolce amplesso, dandole un soavissimo bacio. Con quel bacio rinnovò in
essa l'operazione interiore dello spirito, mentre con l'amplesso parve
imprimerle sul petto un gioiello brillante adorno di perle preziose e
di magnifici smalti. In tal modo riparò le sue negligenze negli
esercizi spirituali.
CAPITOLO XXX. - DELLA FECONDITA' SPIRITUALE
QUARTA FERIA (MERCOLEDI' DI PASQUA)
Nella quarta feria Geltrude domandò a Gesù di renderla feconda in ogni
sorta di buone opere, mediante l'Eucaristico dono del suo sacratissimo
Corpo. Egli rispose: « Ti
farò produrre frutti in Me stesso, e per te attrarrò molti al mio amore
».
Geltrude riprese: «Come potrò io così indegna attrarre altri al tuo
amore? Ormai non ho più neppure il dono che prima avevo, di poter
parlare o istruire». E Gesù di rimando: « Se tu avessi ancora il dono della
parola, forse attribuiresti alla tua eloquenza la facilità con la quale
attiri le anime a Me. Io te ne privai in parte, appunto per insegnarti
che questo potere non viene da te, ma ti viene accordato con grazia
speciale ». Indi Egli aperse la sacratissima bocca ed,
attirando un soffio, disse: « Come aspiro questo soffio, così attrarrò
a me tutti quelli che, per mio amore, verranno a te e li farò avanzare,
di giorno, in giorno, nella perfezione ».
CAPITOLO XXXI. - QUANDO TORNA UTILE CONFIDARE LE NOSTRE
AZIONI A DIO
Nella quinta feria, giovedì dopo Pasqua, mentre si leggeva che S. Maria
Maddalena, guardando nel sepolcro vide due Angeli, Geltrude disse: «
Ov'è, o mio Gesù, il monumento nel quale devo guardare per essere
consolata?». Allora Egli le mostrò la Piaga del Costato; la Santa si
chinò per guardarvi dentro, ma invece di vedere due Angeli, sentì due
parole; la prima: « Tu non potrai mai essere da me separata ». La
seconda: « Tutte le tue azioni mi sono immensamente gradite ». Geltrude
fu assai meravigliata di tale affermazione, perchè credeva i suoi atti
biasimevoli, deturpati da segreti difetti che talora vi scopriva,
quando attentamente si esaminava. Come mai dunque potevano le sue opere
piacere a quella luminosissima divina scienza, che scorge mille ombre
anche là, dove l'occhio umano ne scopre appena una sola? L'amabile
Maestro aggiunse: « Se tu avessi il potere di migliorare gli oggetti
che hai e di renderli più belli agli occhi altrui, lo faresti con
premura; orbene io tengo fra mano le azioni che tu hai l'abitudine di
affidarmi e siccome, nella. mia potenza ed inesauribile sapienza, posso
tutto ciò che voglio, così il mio infinito amore si delizia di
perfezionare tutte le tue azioni, perchè tornino gradite al mio sguardo
e a quello della Corte celeste.
CAPITOLO XXXII. - COME GELTRUDE RICEVETTE LO SPIRITO SANTO
OTTAVA DELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
Nell'ottava della Risurrezione, mentre si leggeva il punto del Vangelo
dove narra che il Signore accordò lo Spirito Santo agli Apostoli
soffiando su di essi, Geltrude pregò fervorosamente il Signore di
comunicarle tale Spirito pieno di dolcezza. Egli rispose: « Se desideri ricevere lo Spirito
Santo, devi come i discepoli, toccarmi il fianco e le mani
». A quelle parole ella comprese che chi brama lo Spirito Santo deve
toccare il fianco del Signore, cioè considerare con riconoscenza
l'amore del Cuore di Dio, quell'amore per, cui Egli ci ha predestinati
da tutta l'eternità a essere suoi figli ed eredi, quell'amore per cui
ci colma d'infiniti beni, malgrado la nostra indegnità ed ingratitudine.
Bisogna inoltre toccare le mani del Signore, cioè ricordare con
riconoscenza quanto Egli ha compiuto con tanto amore, per la nostra
redenzione durante i trentatrè anni della sua vita e specialmente con
la sua Passione e Morte. Quando l'uomo, a tale ricordo, si sente
infiammare «ardore, offra il suo cuore pronto a compiere la volontà di
Dio, in unione all'amore con cui il Signore ha detto: « Come il Padre
mi ha mandato. così io mando voi » (Giov. XX, 21). Egli dovrà nulla
desiderare, nè volere all'infuori del divino beneplacito, pronto a
soffrire tutto quello che Dio ordinerà. Colui che avrà queste sante
disposizioni riceverà lo Spirito Santo, con gli stessi sentimenti che
provarono i discepoli quando fu loro comunicato il soffio del Figlio di
Dio.
« Mio Signore - aggiunse la Santa - Tu mi hai benevolmente accordato
questo stesso dono parecchie volte; ora che me lo riconfermi, ottengo
qualche cosa di più? ». Egli rispose: « Colui che dopo essere stato
assunto quale diacono, è ordinato sacerdote, non perde certo la qualità
già ricevuta del diaconato, ma acquista l'onore più grande del
Sacerdozio. Così quando un dono è reiterare a un'anima, si
approfondisce in essa e serve ad aumentare la sua beatitudine
».
CAPITOLO XXXIII. - DELLE LITANIE MAGGIORI NEL GIORNO DI S.
MARCO
Nel giorno di S. Marco Evangelista, mentre la Comunità faceva la
processione cantando le litanie, Gesù apparve a Geltrude assiso sul
trono della sua Maestà. Era ricoperto di tanti gioielli quanti erano i
Santi in cielo. Ogni volta che s'invocava il nome di un Santo, Egli si
alzava raggiante di gioia e, piegando le ginocchia davanti al Signore,
toccava sul suo abito divino il gioiello che lo rappresentava. Subito
si vedeva apparire, sotto la mano del Santo, il nome delle persone che
avevano implorato il suo soccorso. Coloro che avevano pregato con
attenzione divota vedevano il loro nome scritto a caratteri d'oro; chi
aveva pregato per abitudine aveva il nome scritto in nero; quanto poi
alle persone che avevano cantato le litanie con noia e distrazione
avevano, al posto del nome, un indecifrabile sgorbio.
Geltrude, mirando sull'abito del Signore il nome delle persone che
avevano invocato i Santi, ricevette questo lume interiore: i Santi che
invochiamo pregano per noi; la loro supplica si riflette in Dio come un
perpetuo memoriale della sua misericordia a nostro rìguardo, ed
obbliga, per così dire, Nostro Sìgnore ad avere pietà delle nostre
miserie. Così se noi invochiamo un Santo con affetto e divozione,
subito quel Santo riceve un raggio di luce che si sprigiona dal
gioiello che lo rappresenta sull'abito del Salvatore, con l'impronta
del nome della persona che lo ha pregato. Tale vista lo provoca a
chiedere continuamente per coloro che la pregano la salvezza e la vita
eterna.
CAPITOLO XXXIV. - S. GIOVANNI DAVANTI ALLA PORTA LATINA
Nella solennità di S. Giovanni davanti alla Porta latina, lo stesso
Santo apparve a Geltrude e la consolò con tenerezza, dicendole: «Non affliggerti, o diletta sposa
di Cristo, per l'indebolimento delle tue forze corporali, perchè quello
che si soffre in questo mondo è poca cosa e di breve durata se si
paragona alle delizie eterne che noi godiamo in cielo, nello stato di
beatitudine. Fra poco tu le possederai con noi, tu sarai come noi
quando, entrata nella camera nuziale dello Sposo tanto amato, tanto
sospirato e chiamato con voti sì ardenti, lo possederai alfine, secondo
i tuoi desideri. Ricordati che io, l'apostolo che Gesù amava, avevo
perduto molto più di te al termine della vita, il vigore e le forze
corporali: pure, quando i fedeli m'invocano, mi pensano pieno di grazia
e di giovinezza, tanto che quasi tutti hanno per me una divozione
affatto speciale. Così avverrà di te: dopo la tua morte, la tua memoria
rifiorirà nel cuore di tutti e tu attrarrai a Dio un numero sterminato
di anime che troveranno in Lui le loro delizie ».
Geltrude confidò allora a S. Giovanni una sua pena, cioè il timore di
soffrire detrimento spirituale, perchè non aveva, al momento del
bisogno, il confessore, ed in seguito, finiva per dimenticare le colpe
leggere che avrebbe dovuto accusare. Il Santo la consolò con bontà: « Non temere, figlia mia, poichè tu
hai la buona volontà di confessare le tue mancanze, se avessi comodità
di avere il Sacerdote. Così le fragilità che dimentichi sono perdonate:
esse brilleranno sull'anima tua come perle preziose e tu comparirai
adorna di grazia davanti agli abitanti della Corte celeste ».
Durante la S. Messa Geltrude meditava con riconoscenza i doni accordati
a S. Giovanni, in considerazione della sua particolare intimità con
Gesù. Ma quando si cantò la sequenza: Verbum Dei Deo natum, ella
interruppe la meditazione per ascoltare le parole cantate in onore del
Santo. Il beato Evangelista le apparve assiso alla sua destra. Egli le
proibì di lasciare la meditazione e le ottenne il meraviglioso favore
di poter continuarla, pur ricevendo nello stesso tempo lumi speciali a
ciascuna parola del canto.
Mentre si cantava « Audiit in gyro sedis - Egli intese intorno al trono
» ella disse a S. Giovanni: « Oh, quale gioia hai gustato quando Dio ti
ha sollevato a tali altezze! ». Egli rispose: « Dici il vero, ma sappi
che gusto una delizia assai più grande, vedendoti meditare queste
parole e ringraziare il mio diletto Salvatore per la grande
accondiscendenza che ebbe con me ».
Giovanni era seduto familiarmente accanto a Geltrude, sentendo quello
ch'ella sentiva. Snchè si cantò questo versetto: « Iste custos Virginis
- Questo custode della Vergine ». Allora parve inalzato fino al
glorioso trono di Dio, rivestito di splendore mirabile, fatto segno
agli omaggi d'affetto di tutti gli abitanti del cielo. Alle parole: «
Coeli cui palatium - Il palazzo dei cieli si apre davanti a Lui » egli
gustò delizie inesprimibili.
CAPITOLO XXXV. - PREPARAZIONE ALLA FESTA DELL'ASCENSIONE
Nella novena della celebre festa dell'Ascensione, Geltrude volle
salutare le Piaghe benedette di Gesù, recitando 5466 volte questo
versetto: « Gloria ti
sia resa, o soavissima, dolcissima, generosissima, o sovrana,
eccellente, raggiante e sempre invariabile Trinità, per queste rose del
divino amore, per le Piaghe di Gesù, che è l'unico Amico, l'unico
eletto del mio cuore». Il Signore Gesù allora apparve raggiante di
meravigliosa bellezza, portando su ciascuna Piaga un fiore d'oro. Con
volto pieno di bontà volle a sua volta salutare amabilmente Geltrude
con questa promessa: « All'ora della tua morte, io mi mostrerò a te
pieno di grazia e bellezza, nella stessa gloria e nel medesimo
splendore come adesso mi vedi. Io coprirò i tuoi peccati e le tue
negligenze con un ornamento simile a quello con cui hai decorato le mie
Piaghe, con le tue preghiere. Questo favore sarà pure accordato a tutti
coloro che saluteranno ciascuna delle mie Piaghe con la stessa
divozione e le medesime preghiere ».
La domenica prima dell'Ascensione, all'ora di Mattutino, Geltrude si
levò prontamente per recitare l'Ufficio, per avere poi maggore tempo da
consacrare all'orazione; ella desiderava gustare il Signore con
maggiore gioia e libertà, offrendogli amorosamente ospitalità nel suo
cuore, durante i quattro giorni che precedono l'Ascensione.
Aveva appena terminato la quinta lezione quando vide arrivare un'altra
inferma, la quale non aveva nessuno che l'aiutasse a recitare il
Mattutino. Il suo caritatevole cuore ne fu commosso: « Tu sai, o mio
Gesù, che ho fatto più di quello che potevo, recitando il Mattutino -
diss'ella - pure, giacchè desidero ospitarti in questi santi giorni, o
Dio di carità, ed essendomi ahimè, ben poco preparata con l'esercizio
della virtù, voglio con la stessa carità dei tuo Cuore, ricominciare
l'Ufficio con questa sorella malata, per la tua gloria e per supplire
alla mia miseria ».
Mentre Geltrude recitava l'Ufficio, il Signore realizzava le parole da
Lui dette: « Ero ammalato e mi avete visitato » e quest'altra: « Quello
che fate al più piccolo dei miei, l'avete fatto a me stesso » (Mt. XXV,
36-40), dandole segni di tenerezza così grande che la parola è
impotente a tradurre e l'intelligenza umana non può comprendere. Per
tentare tuttavia di darne almeno l'idea, Geltrude affermò di vedere il
Signore nella gloria suprema; Egli era assiso ad una mensa
deliziosamente imbandita e distribuiva, non solo le parole, ma anche
ciascuna lettera salmodiata da Geltrude con la sorella ammalata. Erano
doni inestimabili, erano gioie eterne accordate agli abitanti del
cielo, conforti ineffabili per le anime purganti, motivi di salvezza e
di santificazione alle anime della Chiesa militante. Ogni parola dei
salmi, delle lezioni, dei responsori diffondeva nell'anima di Geltrude
la dolce, soave luce della scienza divina, riempiendola di spirituali
delizie. Tali favori erano numerosissimi, ma ella potè dirne poca cosa,
per la stessa loro sovrabbondanza.
Durante il salmo: « Ad Te, Domine, clamabo, al versetto Signore,
salvate il vostro popolo e la vostra eredità (sal. XXVII) Geltrude
chiese al Signore una grazia di benedizione per tutta la Chiesa. Egli
le rispose: « Che vuoi
ch'io faccia, o mia diletta? io mi metto con amore a tua disposizione,
come sulla Croce mi feci schiavo degli ordini di mio Padre. Non potevo
scendere dalla Croce, perchè tale non era la sua Volontà, così ora non
posso volere altra cosa di quella che piace al tuo amore. Tu puoi
dunque, per la potenza della mia Divinità. distribuire largamente a
ciascuno tutto quello che desideri ».
Essendosi poi Geltrude coricata per prendere un po' di ristoro, il
Signore le disse con amabile bontà: « Chi si è affaticato, praticando
opere di carità, ha ben diritto di riposare sul letto dell'amore
». Dette queste parole l'abbracciò, facendola riposare sul suo Cuore,
come delizioso letto nuziale della carità. Geltrude vide allora
estollersi dalle ultime profondità del Cuore divino, l'albero della
carità: era magnifico, nello sfarzo dei rami e dei frutti, coperto di
foglie brillanti come l'oro. Quell'albero, aprendo largamente i rami,
coperse ben presto il letto ove la Santa riposava, con l'olezzo dei
suoi fiori e col sapore squisito dei deliziosi frutti. Dalla radice
scaturiva una sorgente purissima le cui acque zampillavano a grande
altezza, per ricadere poi nella stessa sorgente, procurando a Geltrude
celeste refrigerio. Geltrude comprese che quel getto d'acqua
simboleggiava la dolcezza della Divinità Suprema, la cui pienezza
risiede corporalmente nella santa Umanità di Gesù Cristo (Colos. II, 9)
e la cui incomprensibile soavità rallegra gli eletti.
Durante la Messa nella quale doveva comunicarsi, Geltrude espose a Gesù
la miseria dell'anima sua, come un amico scopre la sua povertà
all'amico, che potrà soccorrerlo con grandi beni. Ella Gli chiese, per
il giorno della prossima sua Ascensione, il perdono di ogni colpa e
negligenza. Gesù le rispose: « Tu
sei quell'amabile Ester, la cui bellezza affascina il mio sguardo;
domandami quello che vuoi e io ti esaudirò ». Ella pregò
allora per le persone che a lei si erano raccomandate e per quelle che
le avevano reso qualche servizio. Gesù, inchinandosi verso la Santa con
tenerezza, parve ricoprirla tutta col suo mantello, e imprimerle, come
di sfuggita, un bacio in fronte. Ma proprio in quel benedetto momento
ella si ricordò di una leggera macchia, che aveva contratto il giorno
prima, accettando con un sentimento troppo umano, un servigio a lei
reso. Compunta disse a Gesù: « Ohimè!
perchè mai permetti che si abbiano tanti riguardi per me e che mi si
tratti con tanta delicatezza, mentre Tu, che sei il Signore
dell'universo, hai voluto vivere fra noi come l'ultimo degli uomini?
Non sei forse maggiormente glorificato quando i tuoi eletti sono
disprezzati e vilipesi in questo mondo, poichè potranno poi partecipare
più largamente al tuo trionfo in cielo? ». Gesù rispose: « Ho detto, per mezzo del Profeta
« Jubilate Deo omnis terra: « Date gloriam nomini efus » (Ps.
LXV). Alcuni, avendo
meglio compreso questa parola, ti mostrano affetto speciale e ti mirano
con benevolenza; io, in ricambio, li santifico e li preparo a ricevere
la mia grazia, in modo che diventano più graditi ai miei occhi
». Ella rispose: « Signore, che avverrà di me se le macchia che
contraggo, sono il mezzo della loro santificazione?». Gesù spiegò
amabilmente: « Mi
compiaccio a volte di usare colori sbiaditi, oppure brillanti, per
porre varietà sui tuoi ornamenti dorati, cioè sulla grazia che ho
deposto sull'anima tua». Questo aggettivo sbiadito le fece
capire che se l'uomo si ricorda di avere ricevuto i benefici de' suoi
simili con sentimenti troppo umani e se ne pente, umiliandosi
profondamente, tali sentimenti lo rendono gradito a Dio, tosi come il
nero dà felice risalto allo splendore dell'oro. Quando il Signore parlò
di colori brillanti, ella capì che, se si prova grande riconoscenza per
i benefici ricevuti da Dio e per il bene che gli uomini ci hanno
prodigato in nome suo, si Oreciísponde l'anima a ricevere ed a
custodire doni sempre maggiori.
Nella seconda feria Geltrude confessò al Signore con somma compunzione,
le colpe di tutti i peccatori del mondo. Poi andò a trovare una malata
e cercò di servirla fino all'esaurimento delle forze, offrendo questo
atto di carità. per la gloria di Dio e la riparazione dei peccati che
si commettono nel mondo intero, ribellandosi alla divina Volontà. Le
sembrò allora di attrarre, con un aureo legame, simbolo della carità,
una moltitudine immensa di uomini e di donne per ricondurle al Signore.
Egli, buono e misericordioso, accettava quell'offerta. con gioia
indescrivibile, come un re, a cui un suo favorito conducesse i suoi
nemici, pronti ad arrendersi ed a meritare la pace con un fedelissimo
servizio.
Nella terza feria, durante la S. Messa, Geltrude espose al Signore,
nello stesso modo, i difetti e le imperfezioni di tutti i giusti,
pregandolo di renderli perfetti in santità, con quei mezzi che credesse
più adatti a tale scopo. Il Signore stese la mano e li benedisse tutti
insieme, segnandoli col vittorioso sigillo della croce. Sotto
l'influenza di tale salutare benedizione, una dolce rugiada parve
refrigerare il cuore di tutti i giusti, facendoli rifiorire, come le
rose e gli altri fiori, sbocciano al tepido bacio del sole.
Nella quarta feria Geltrude pregò il Signore, durante la Elevazione
dell'Ostia, per le anime di tutti i defunti, affinché, nel giorno
dell'Ascensione, fossero liberate dalle loro pene. Il Signore parve
allora porre, in mezzo al Purgatorio, una verga d'oro, munita di tanti
uncini, quante erano le preghiere che riceveva per quelle anime. Ogni
uncino ritirava qualche anima da quel luogo di sofferenza, per porle
nelle ridenti aiuole dell'eterno riposo. Con quella visione Geltrude
comprese che, se parecchie si uniscono per pregare a favore delle anime
purganti, ne possono liberare un grande numero di quelle che in vita
praticarono maggiormente la carità.
Un'altra volta Geltrude volle teneramente salutare le membra
sacratissime di Gesù, ripetendo duecento venticinque volte questo
versetto: « Salve, o Gesù, sposo pieno di grazia, ti saluto e ti lodo
nella gioia della tua Ascensione! ». Le parve che ogni aspirazione
fosse presentata al Signore sotto la forma di un melodioso strumento
musicale che lo rallegrava, sonando e cantando, come i menestrelli
suonavano e cantavano ai banchetti dei principi. Il Signore accettò
tale omaggio con grande bontà. Geltrude conobbe che le aspirazione
recitate con fervore producevano un'armonia dolcissima, mentre quelle
ripetute a flor di labbra emettevano un suono triste e velato.
CAPITOLO XXXVI. - NEL SOLENNE GIORNO DELL'ASCENSIONE DI GESU'
AL CIELO
Nel giorno solenne dell'Ascensione, Geltrude, fin dal mattino, cercò
quale dolce omaggio di tenerezza avrebbe potuto offrire al Signore
nella stessa ora della sua ascesa al cielo, cioè a mezzogiorno. Gesù le
disse: «Tu puoi
indirizzarmi fin da questo momento le lodi che vorresti presentarmi a
mezzogiorno, perchè venendo in te questa mattina, col Sacramento
dell'Altare, gusterò di nuovo tutte le gioie della mia Ascensione».
« Insegnami, o dolce Maestro - riprese Geltrude - come potrei
organizzare una processione che ti sia gradita, in memoria di quella
passeggiata così celebre che hai fatto coi tuoi discepoli da
Gerusalemme a Betania, prima di salire al Padre ». Rispose il Signore:
« Il nome Betania
significa casa d'obbedienza. Chi vuole organizzare una processione
degna di me deve, con l'offerta completa della sua volontà, introdurmi
nel fondo più segreto dell'anima sua; e poi pentirsi di avere tante
volte preferito la sua volontà alla mia, proponendo di cercare, di
desiderare e di compiere il mio divino beneplacito».
Mentre stava per ricevere la S. Comunione, Gesù le disse: « Ecco che Io
vengo a te, mia Sposa, meno per dirti addio, che per condurti con me a
presentarti al Padre». Ella allora comprese che il Signore, dandosi ad
un'anima col Sacramento del suo Corpo e dei Suo Sangue, attira e
imprime nel suo essere divino il desiderio e la buona volontà di quella
creatura. Come la cera offre allo sguardo il sigillo con cui fu
marcata, così il Figlio di Dio presenta al Padre quella sua creatura di
cui ha impresso l'immagine in se stesso, e ottiene per la medesima
grazie grandi.
Geltrude offerse poi al Signore un certo numero di brevi invocazioni
ch'ella, in unione con altri, avevano rivolte a Gesù, nel desiderio
d'infiorare le sue Piaghe e le sue sacratissime membra nella trionfante
Ascensione. Apparve allora subito il Signore Gesù davanti al Padre,
risplendente di ricchi gioielli. Il Padre celeste, nella potenza
infinita della sua Divinità, pareva attrarre ed assorbire quello
splendore di cui le anime fervorose avevano adornato il suo Figlio
unico. Egli ne rifletteva la meravigliosa luce sui troni riservati in
cielo alle anime che avevano recitate quelle brevi invocazioni, e
preparava loro una gloria speciale dopo il terreno esilio.
All'ora di Nona la Santa concentrò tutta l'attenzione nel suo Sposo
divino, come se realmente dovesse in quel momento salire al cielo. Egli
le apparve più bello di tutti i figlioli degli uomini (Ps. XIAV, 3).
Era rivestito di una tunica verde e di un mantello rosa. La, tunica
simboleggiava la linfa e la freschezza di tutte le virtù, la cui
suprema perfezione era sbocciata nella santissima sua Umanità. Il manto
rappresentava l'incomprensibile amore che ha condotto il Salvatore a
soffrire per noi trattamenti indegni, come se non avesse potuto
acquistare meriti, che a prezzo degli strazi della Passione. Il Re di
gloria, in quel magnifico paludamento, accompagnato da una moltitudine
di Angeli, s'avanzò in mezzo al coro. Cinse teneramente col braccio
destro ciascuna Religiosa che si era comunicata al mattino e depose
sulle loro labbra un bacio divino, dicendo: « Ecce ego vobiscum sum,
usque ad consummationem saecult - Ecco che sono con voi fino alla
consumazione dei secoli» (Mat. XXVIII, 20). A qualcuna offerse anche un
anello d'oro, adorno di una gemma stupenda, dicendo: « Non relinquam
vos orphanos, veniam ad vos iterum - Non vi lascerà orfani: ritornerò a
voi » (Giov, XIV, 18). Geltrude, piena chi ammirazione, disse: « O
Gesù, ricco in bontà e misericordia, queste Monache hanno forse
meritato qualche cosa più ¢elle altre, giacché tu ti sei degnato
mettere loro in dito un anello, come pegno di speciale amore? » Egli
rispose: «Durante il
pranzo esse hanno pensato con devozione alla accondiscendenza ch'ebbi
nel cibarmi coi miei discepoli, prima di salire al cielo: Ad ogni
boccone preso, meditando quel versetto: «Virtus tui divina amoris...
ecc. - La forza del tuo divino amore m'incorpori a Te tutt'intiera» la
gemma del loro anello acquistava una virtù affatto speciale».
Quando il coro cantò l'antifona Elevatis manibus... ella vide Gesù
inalzarsi al cielo per propria virtù, circondato da una moltitudine di
Angeli, che lo scortavano rispettosamente. Mentre ascendeva benedisse
la Comunità riunita, con ampio segno di croce, dicendo: « Pacem meam do
vobis: pacein meam relinquo vobis - Vi dò la pace: vi lascio la mia
pace » (Giov. XIV, 27). In quell'istante Geltrude comprese che con
quella benedizione, il Signore aveva diffuso la sua divina pace nelle
anime che si erano preparate divotamente alla solennità
dell'Ascensione. Tale pace era così grande, che nessuna vicissitudine
avrebbe mai più potuto perturbarla, perchè resterebbe sempre in fondo a
quelle anime, come scintilla sotto la cenere.
CAPITOLO XXXVII. - PREPARAZIONE ALLA FESTA DI PENTECOSTE
La festa di Pentecoste era imminente; Geltrude ebbe l'idea, nella
domenica precedente, prima di comunicarsi, di pregare il Signore,
perchè la preparasse convenientemente a ricevere lo Spirito Santo con
le virtù della purezza, dell'umiltà, della pace e della concordia.
Chiedendo la purezza, s'accorse che il suo cuore era diventato candido
come la neve: domandando l'umiltà, vide il Signore scavare nell'anima
sua una specie di valle destinata ad accogliere le sue grazie.
Quand'ella chiese la pace, il Signore circondò il suo cuore con un
anello d'oro, per difenderlo da qualsiasi attacco nemico. Ella disse
allora: «Ahimè, mio Gesù! Temo di rovesciare ben presto questo baluardo
di pace, perchè non so trattenermi quando vedo l'offesa tua, alla quale
mi oppongo con forza ed energia». Rispose il Salvatore: « Non turbarti, figlia mia, tale
commozione non rovescia il balùardo che ti protegge, bensì lo fornisce
di feritoie da cui l'inestinguibile ardore dello Spirito Santo si apre
un passaggio, per portare alla tua anima la sua brezza celestiale».
Mentre Geltrude domandava la concordia della carità, il Signore la
fortificò, coprendo l'anima sua con una specie di velo, destinato a
custodire i doni del Santo Spirito. Ella temette in seguito, di perdere
quella preziosa custodia, reagendo con fierezza contro le opposizioni
sollevate da persone che volevano offendere la Religione. Il Signore la
istruì affermando: « Non si perde la concordia, opponendosi
all'ingiustizia; anzi, mi metto Io stesso sulle fessure che lo zelo
apre nel cuore e conservo in esso l'abitazione e le opere del mio
divino Spirito».
Geltrude comprese poi che chiunque domanda al Sìgnore di preparare il
suo cuore alla venuta del Paracleto con le quattro virtù di cui abbiamo
più sopra parlato, sforzandosi di praticarle, ottiene la grazia
desiderata.
CAPITOLO XXXVIII. - DELLA DOLCE FESTA DI PENTECOSTE
Nella santa vigilia di Pentecoste Geltrude chiese con fervore, durante
l'Ufficio, di essere preparata a ricevere degnamente lo Spirito Santo.
Sentì il Signore dirle con infinita tenerezza: « Riceverai la virtù
dello Spirito Santo che viene su di te » (Att. 1, 8). Quelle parole le
fecero provare dolcezze grandi che, colmandola di gaudio, la portarono
però a considerare anche la sua profonda miseria. Ella si accorse che
questo sentimento di sincera umiltà scavava in lei una specie di
abisso, che si faceva tanto più profondo, a misura che si stimava più
vile. Dal Cuore dolcissimo di Gesù scorreva un ruscello, dolce come
favo di miele che diffondeva le sue acque in quell'abisso per riempirla
completamente. Geltrude comprese che quella sorgente simboleggiava la
dolcezza dello Spirito Santo che, per mezzo del Cuore di Cristo, si
diffonde sull'anima degli eletti. Il Signore poi con la sua Mano
divina, benedisse quel cuore così colmo, come si benedice il fonte
battesimale, perchè l'anima potesse ivi immergersi spesso ed uscirne
sempre più pura, più gradita al divino sguardo.
Felice d'avere ricevuto quella benedizione, ella disse a Gesù: « Oh, mio Dio! Eccomi indegna
peccatrice al tuo cospetto; io confesso, con dolore che, per fragilità
umana, ho spesso offeso la tua Onnipotenza divina; per ignoranza ho
oltraggiato la tua suprema Sapienza, e per malizia ho reso molte volte
inutile la tua ineffabile Bontà. O Padre della misericordie, abbi pietà
di me! Fa che io trovi nella tua Onnipotenza la forza di resistere a
tutto ciò che non risponde al tuoi desideri. La tua impenetrabile
Sapienza mi dia la prudenza necessaria per prevedere tutto ciò che
potrebbe ferire la purezza del tuo sguardo; mi accordi la tua
inesauribile Bontà di restarti così fedelmente unita che nulla giammai
mi allontani dalla tua santa Volontà ». Dicendo questa
preghiera le sembrava d'immergersi in una fonte purificatrice e di
uscirne candida come la neve. I Santi si alzarono giubilanti e, per
supplire alle sue miserie, negligenze, imperfezioni offrirono a Dio
tutti i loro meriti, di cui ella si trovò magnificamente adorna. Il
Signore allora la pose davanti a sè, in modo che il suo divino soffio
aleggiava nell'anima di Geltrude e reciprocamente; Gesù le disse: «
Sono queste le delizie che mi compiaccio di gustare tra i figlioli
degli uomini ». L'alito dell'anima era la buona volontà, l'alito di
Dio, la misericordia accondiscendente che accetta tale buon volere.
Riposando così negli amplessi del Signore, ella sembrava essere in una
dolce attesa, che doveva prepararla degnamente alla discesa dello
Spirito Santo.
Mentre si sforzava di ottenere dal Signore, con suppliche speciali, i
sette doni del divino Paraclito e prima di tutti il santo timore che
allontana dal male, Gesù parve piantare nell'anima sua un grazioso
albero, i cui rami stesi coprivano la dimora del suo cuore.
Quell'albero portava spine ricurve, da cui uscivano splendidi fiori che
si inalzavano verso il cielo. L'albero simboleggiava il santo timore di
Dio, che trapassa l'anima con aculei per ritrarla dal male, i fiori
invece rappresentavano la buona volontà, che fa desiderare all'anima di
resistere a qualsiasi malsano influsso per non incorrere nel peccato.
L'albero del timore di Dio cresce appunto mediante la fuga del male e
la ricerca del bene. Quando poi Geltrude chiese al Signore gli altri
doni dello Spirito Santo, ciascuno di essi le apparve sotto forma di un
bell'albero ricoperto di flori, e dei frutti che gli erano propri.
L'albero della scienza e della pietà pareva stillare dolcissima
rugiada, perchè coloro che praticano queste virtù sono immersi in
celeste refrigerio che li fa germinare e fiorire. Agli alberi del
consiglio e della forza erano sospese piccole corde d'oro, per mostrare
che l'anima è attratta alle cose spirituali dal consiglio e dalla forza
dello Spirito Santo. Infine dagli alberi della sapienza e
dell'intelletto scaturivano piccoli ruscelli di nettare, per indicare
che l'anima è penetrata dal sapore delle cose divine, mediante lo
spirito di sapienza e d'intelletto.
Durante quella santa notte Geltrude si sentì talmente sfinita, da non
poter assistere più a lungo al Mattutino; confusa e mortificata disse a
Gesù: « O mio Dio, quale gloria e quale gioia posso io mai procurarti,
con una sì breve assistenza alle sante tue vigilie? ». Le rispose il
Salvatore: « Voglia
farti capire le cose spirituali, con un paragone tolto alle cose
esteriori. Rifletti alla felicità di uno Sposo quando la Sposa sua gli
prodiga, nella gioia del cuore, le prove della sua tenerezza. Eppure lo
Sposo non gusterà mai le delizie che m'inondano quando i miei eletti mi
offrono i loro cuori, perchè vi prenda le mie gioie, non fosse che per
un solo istante ».
Mentre stava per comunicarsi le parve che dalle membra del Signore
esalasse un dolcissimo soffio, il quale, penetrando la sua anima, le
faceva provare delizie ineffabili. Comprese che tale favore le era
accordato, perchè aveva chiesto con ardore i doni del divino Paracleto.
Dopo di essersi comunicata, Geltrude presentò al Padre la santissima
vita di Gesù Cristo, per supplire alla negligenza usata, dopo d'avere
ricevuto lo Spirito Santo nel Battesimo, offrendo all'Ospite Santo una
dimora sconveniente. Tale offerta fu una di provocazione per il
dolcissimo Paracleto, il Quale, rapido dell'aquila che si precipita
sulla preda, discese ad spiegate, quale mistica colomba, sui Sacramento
di vita. Egli vi ricercò il dolcissimo Cuore dì Gesù e, penetrandovi
delizia, mostrò quanto Gli era gradita la dimora, in seno a Dio.
A Terza, mentre si cantava l'inno Veni Creator, Gesù apparve e aprì con
le sue stesse mani il Cuore suo sacratissimo, colmo di divina dolcezza.
Geltrude cadde in ginoccbhio e chinò il capo posandolo sul cuore del
suo Dio, il quale racchiuse la testa della sua Sposa, come per unire a
sè la sua volontà, che è la testa dell'anima e per santificarla nella
mente.
Alla seconda strofa Qui Paracletus diceris, il Signore l'invitò a
mettere le mani sul suo Cuore, per ottenere che le aue azioni fossero
perfettamente gradite a Dio.
Al terzo versetto In septiformis gratia, applicò i piedi (che
significano i desideri) al Cuore di Gesù, perchè fossero santificati.
Alla quarta strofa, Accende lumen sensibus, ella affidò i sensi al
Signore e ricevette da Lui la promessa che sarebbero splendenti per
illuminare il prossimo nella scienza divina e renderlo fervente
nell'amore. Durante il quinto versetto Hostem repeilas tongim, Gesù
s'inchinò con tenerezza su di lei e le diede il suo celeste bacio,
perchè le servisse come scudo, contro i dardi del nemico. Durante
questa comunicazione soprannaturale, l'anima sua provò tale dolcezza,
che bene comprese come si erano in lei realizzate le parole udite alla
vigilia: « Riceverete la virtù dello Spirito Santo che viene a voi ».
CAPITOLO XXXIX. - COME GELTRUDE RAGGIUNSE LA PIENEZZA DELLA
VITA SPIRITUALE
Nella seconda feria, (lunedì di Pentecoste), al momento dell'Eevazione,
ella offerse la Santa Ostia per supplire alle negligenze commesse nella
vita spirituale, quando le era capitato di resistere, o di soffocare le
ispirazioni dello Spirito Santo. Ella vide allora l'Ostia salutare
produrre rami stupendi. Il divino Spirito li raccoglieva e formava come
una siepe intorno al trono dell'adorabile Trinità. Questi rami
germogliati dall'Ostia, mostravano a Geltrude che le negligenze della
sua vita erano completamente riparate dalla grandezza del Sacramento.
Dal trono una voce si fece udire: « Colei che rallegra lo Sposo con
l'incanto di questi fiori, s'avvicini con fiducia alla camera nuziale
». Ella comprese che il Signore, a motivo dell'oblazione del Sacramento
Eucaristico, si degnava di riceverla come un'anima perfetta nello stato
spirituale.
Al primo Agnus Dei pregò per la Chiesa universale, perché fosse
paternamente governata da Dio; al secondo chiese il sollievo per le
anime del Purgatorio; al terzo pregò il Signore di voler accrescere i
meriti dei Santi e degli eletti che regnano con Lui in cielo.
Alle parole dona nobis pacem, Gesù s'inchinò verso di lei con tenerezza
e impresse sulle sue labbra un bacio di tale virtù, che tutti i Santi
ne provarono l'efficacia, perchè penetrati da grande dolcezza, ebbero
un accrescimento di gioia e di merito.
Mentre Geltrude si mosse per andare a comunicarsi, tutti i Santi si
alzarono. I loro meriti, brillanti di divine chiarezze, gettavano raggi
meravigliosi, come scudi scintillanti al sole; questo splendore
investiva l'anima della Santa. Ella stava per ricevere l'Ostia, senza
poter godere ancora la pienezza dell'unione divina; ma quando ricevette
il Sacramento di vita, l'anima sua si trovò unita al Diletto, con tale
gaudio che non sarebbe possibile immaginarne più grande. I ramoscelli
di cui lo Spirito Santo aveva circondato il trono della SS. Trinità,
incominciarono a verdeggiare ed a fiorire, come l'erba inaridita
riprende freschezza sotto l'influenza d'una benefica pioggia. La sempre
tranquilla Trinità ne ricevette delizie ineffabili e diffuse su tutti i
Santi gioie ed allegrezze indescrivibili.
CAPITOLO XL. - LA GRAZIA DELLO SPIRITO SANTO
Nella terza feria (martedì dopo Pentecoste), Geltrude offerse al
Signore l'Ostia Santa, per supplire alla mancanza di gratitudine
riguardo alla grazia d'unione e d'intimità che aveva ricevuto a
preferenza d'altri. Ella si rammaricava di non avere rinunciato alle
cose esteriori, per non cercare e pensare che a Dio solo. La Santa
compì quell'atto con tale generosità che giunse al punto di chiedere di
portare sempre la pena dovuta alle sue negligenze, per fare il Signore
e supplire al detrimento cagionato alla sua gloria.
L'amabile Salvatore, che accetta il buon volere come l'opera, gradì
l'offerta dell'Ostia Santa, esaudendo completamente la sua domanda.
Infatti lo Spirito Santo raccolse in sè la perfezione del Cristo;
discese con essa nell'anima e, per mezzo dell'Eucaristia, si unì
inseparabilmente a quell'eletta creatura.
CAPITOLO XLI. - FESTA DELLA GLORIOSA TRINITA'
Nella solenne festa dell'adorabile, sempre tranquilla Trinità, Geltrude
recitò in suo onore questo versetto: « Gloria ti sia resa, o sovrana,
eccellentissima, gloriosissima, nobilissima, dolcissima, benignissima,
sempre tranquilla e adorabile Trinità; Deità una e uguale, prima di
tutti i secoli, ora e sempre ».
Mentre offriva questa preghiera al Signore, il Figlio di Dio le apparve
rivestito della sua Umanità, nella quale è detto minore del Padre. Egli
stava davanti alla SS. Trinità, con la grazia e la freschezza della sua
gioventù, portando su ciascuno dei suoi membri un fiore di tale
bellezza che nulla quaggiù potrebbe darne idea. Questa visione
significava che la piccolezza dell'uomo, essendo incapace di
raggiungere la SS. Trinità, era supplita da Gesù, Verbo incarnato, che
si dice minore del Padre; Egli infatti fa suoi i nostri sforzi, li
nobilita per offrirli in degno olocausto alla suprema e indivisibile
Trinità.
Al momento d'iniziare il Vespro, Gesù presentò alla SS. Trinità il suo
sacratissimo Cuore, tenendolo in mano, quasi fosse una lira melodiosa,
sulla quale dolcemente risuonavano davanti a Dio il fervore delle anime
e tutte le parole dei canti sacri. Coloro che cantavano senza speciale
divozione, per abitudine, o cercando una sodisfazione affatto - umana,
producevano un sordo mormorio sulle corde basse; ma quelle che si
applicavano a cantare devotamente le lodi della SS. Trinità, facevano
risuonare, per mezzo del Cuore di Gesù, un canto soave e melodioso
sulle corde più sonore.
Quando s'intonò l'antifona - Osculetur me - una voce si fece sentire;
usciva dal trono e diceva: « S'avvicini il Figlio mio diletto, nel
Quale ho posto le mie compiacenze, e dia un bacio infinitamente dolce,
alla mia essenza, colma di delizie ». Allora Gesù si avvicinò e diede
il suo dolce bacio all'incomparabile Divinità, a cui solo la sua Santa
Umanità ha meritato di vincolarsi, col legame di una inseparabile
unione.
In seguito il Figlio di Dio, volgendosi verso la Vergine sua Madre, in
onore della Quale si cantava quell'antifona, le disse: « Avvicinati,
mia dolcissima Madre, perché voglio darti un tenero bacio ». Appena
ricevuto quel divino amplesso, ciascuno dei membri della Vergine
appariva adorno degli stessi fiori, di cui Gesù si era mostrato
fregiato, in virtù delle preghiere che Gli erano state offerte.
Egli onorava in tal modo la Madre sua, perchè da lei aveva ricevuto
l'umana natura, le cui membra erano abbellite dai fiori delle nostre
divozioni, e delle nostre povere preghiere.
Ella comprese che tutte le volte che si nominava in questa festa la
persona del Figlio, il Padre lo colmava delle sue ineffabili, infinite
tenerezze che glorificavano meravigliosamente l'Umanità di Gesù Cristo;
gli eletti ricevevano da tale glorificazione nuova conoscenza
dell'incomprensibile Trinità.
Durante le Laudi mentre si cantava l'antifona: Te jure laudant Geltrude
lodò con slancio l'adorabile Trinità, bramando di poter cantare
quest'antifona nell'ora dell'agonia per consumare le sue ultime forze
nella lode di Dio. La risplendente, tranquilla Trinità parve inchinarsi
con amore verso il sacratissimo Cuore di Gesù che, sotto il simbolo di
una lira meravigliosa, arpeggiava suoni dolcissimi. La Santa appese a
quella lira tre corde che armonizzarono subito con l'invincibile
Potenza del Padre, con la Sapienza del Figlio, con la Bontà dello
Spirito Santo, per supplire a tutti i debiti della sua anima, secondo
il gusto della SS. Trinità.
Dopo d'aver cantato Mattutino, con attenzione molto intensa, Ella si
chiese se mai avesse disgustato con qualche negligenza involontaria il
suo Dio, perchè non aveva ricevuto le solite illustrazioni
intellettuali, che la deliziavano durante le preghiera. Ben presto
venne istruita con queste parole: « Se dovessi esaminare la cosa
secondo la bilancia della giustizia, ti direi che hai certamente
demeritato le dolcezze e i lumi spirituali, perchè hai gustato un
piacere tutto naturale, ascoltando la melodia del canto, e seguendo le
tendenze della tua volontà. Riceverai però un premio nella vita futura,
perchè hai preferito le fatiche del mio servizio al tuo riposo».
Nessuna parola umana potrebbe tradurre a parole le grazie e le
rivelazioni ricevute da Geltrude nella solenne festa della SS. Trinità,
festa che le era particolarmente cara. Così ripetiamo, in
ringraziamento di tali benefici, conosciuti solo da Dio, le lodi
riconoscenti che l'Ufficio della S. Chiesa pone sulle nostre labbra in
questo felicissimo giorno.
CAPITOLO XLII. - NELLA FESTA DI S. GIOVANNI BATTISTA
Nella festa di S, Giovanni Battista, mentre Geltrude assisteva
devotamente al Mattutino, vide S. Giovanni Battista in piedi, davanti
al trono glorioso dei Re celeste. Era. nel fiore della giovinezza,
adorno di una beltà meravigliosa e rivestito di un'immensa gloria per
la sua qualità speciale di battezzatore di Cristo, precursore, araldo
degno di mostrarlo al popolo.
Mentre Geltrude andava mirandolo, si persuase che non rassomigliava
affatto al dipinti che aveva visto col suo ritratto, nei quali era
rappresentato in età avanzata e con un povero aspetto. S. Giovanni
rispose al suo intimo pensiero dicendole che anche quel fatto, gli
procurava una gloria tutta speciale. Se la pittura lo rappresentava
vecchio, era perchè la sua anima forte e decisa, aveva strenuamente
combattuto el male, risoluta di continuare nella lotta fino all'estrema
decrepitezza, cercando sempre e in ogni cosa la massima perfezione: ed
è appunto perchè aveva coronato la sua esistenza proteso verso questo
ideale che aveva ricevuto ricompense così grandi. Geltrude gli chiese
in seguito se la giustizia e la santità dei suoi genitori avessero
accresciuto i suoi meriti. Egli rispose: « L'avere io avuto parenti giusti
che mi hanno insegnato la via della santità, accresce certo la mia
gloria, così come un trono è tanto più elevato, se è posto su colonne
artistiche; però delle loro doti umane di bellezza, di censo, di
nobiltà non ritraggo alcun profitto, se non in quanto le ho disprezzate
per pensare alle cose celesti; la gloria che ne ricevo è simile a
quella del cavaliere vittorioso, che riconosce di essere sfuggito a
molti pericoli ».
Alla S. Messa, mentre le Religiose si comunicavano, S. Giovanni
Battista le apparve di nuovo rivestito di magnifici abiti color rosa,
adorni di tanti agnelli d'oro, quante erano le persone che in quel
giorno avevano ricevuto el Corpo del Signore, per onorare la sua
nascita. Geltrude vide altresì che Giovanni pregava per tutti coloro
che avevano celebrato la sua festa, ottenendo a essi gli stessi meriti
delle fatiche fatte per convertire al Signore i popoli.
CAPITOLO XLIII. - NELLA FESTA DEL PAPA S. LEONE
La festa di S. Leone in quell'anno cadeva in domenica e S. Geltrude si
applicò all'orazione con ardore più intenso del solito. Ella vide il
Papa S. Leone in uno splendore di gloria ammirabile; fra altro la Santa
ricordò la circostanza nella quale S. Leone, per vincere una
tentazione, si era tagliata una mano, e ringraziò il Signore di quella
vittoria così eroica, che aveva procurato al Santo un glorioso posto in
cielo. Ella domandò che, per i meriti del grande Papa, una persona che
a lei si era raccomandata, trionfasse per la gloria di Dio, di tutte le
tentazioni. Geltrude ricevette allora dal Santo questa istruzione. La
persona per la quale ella pregava prima di andare in un luogo, a di
fare un'opera che avrebbe potuto essere occasione di tentazione, doveva
recitare questo versetto: Il mio cuore e il mio corpo siano immacolati
(Sal. CXVIII, 80). Terminata poi l'azione doveva ringraziare il Signore
di averla preservata da cadute, perchè nessuna creatura pecca così
gravemente che non possa farlo di più, se la misericordia del Signore
non la preserva. Tuttavia, se commettesse qualche fragilità, ella
dovrebbe offrire in riparazione a Dio Padre la innocentissima Passione
e morte di Gesù Cristo. Il Santo assicurò che, se quella persona fosse
fedele a tale pratica, Dio non permetterebbe giammai che peccasse al
punto d'incorrere nella dannazione.
Mentre stava per accostarsi alla S. Comunione, comprese che S. Leone
era là, ad intercedere per lei, presso il Signore. Egli chiedeva che
Geltrudè, ricevendo il Corpo di Gesù, esperimentasse la stessa dolcezza
da lui provata, quando celebrò i santi Misteri, dopo d'avere riavuto,
per intercessione della Vergine Maria, la mano che si era tagliata. Il
Signore, accogliendo tale supplica, comunicò a Geltrude l'abbondanza
delle divine tenerezze e le conferì lo stesso merito che S. Leone aveva
acquistato in cielo, per la sua splendida vittoria. Il Salvatore, nella
sua infinita bontà, volle accordarle questa grazia, perchè Geltrude,
ben sapendo che la prova accresce il merito e la gloria in cielo,
temeva sempre nella sua umiltà, di non meritare le sublimi ricompense
della castità. Infatti Dio non permise mai, per la grande purezza del
suo cuore, che sentisse le tentazioni della carne, ma la Santa
attribuiva tale grazia solo alla sua fragilità. Pensava che se il
Signore la preservava misericordiosamente da tale pericolo, si era
perchè, conoscendo la sua debolezza, temeva che soccombesse alla
tentazione.
I meriti di S. Leone dovevano appunto supplire all'indigenza di cui
soffriva. Il Signore vi aggiunse ancora i meriti che la persona
raccomandata alle sue preghiere, avrebbe acquistato, se fedele a' suoi
avvisi, avesse superato valorosamente la tentazione.
Geltrude comprese perciò che, se si ringrazia Dio per una vittoria da
altri riportata, oppure per un beneficio ricevuto dal prossimo, ed
anche se s'istruisce alcuno per renderlo migliore, si acquista in più
del merito personale, anche quello degli altri.
CAPITOLO XLIV. - FESTA DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO
Nella festa dei principi degli Apostoli Pietro e Paolo, mentre a
Mattutino si cantava il Responsorio: Si diligitis me, Geltrude chiese
al Signore quali pecorelle avrebbe potuto pascere per provargli con le
opere l'amor suo. Rispose Gesù: « Nutri
per me cinque agnelli scelti e teneramente amati. Pasci il tuo cuore
con meditazioni divine, la tua bocca con parole salutari, i tuoi occhi
con sante letture, i tuoi orecchi con l'audizione di buoni consigli, le
tue mani con lavoro perseverante. Ogni volta che ti applicherai a uno
di questi esercizi mi darai grande prova di amore».
Nelle meditazioni divine, la Santa comprese doversi includere tutti i
progetti concepiti per la gloria di Dio ed il profitto personale del
prossimo. Le parole salutari e le sante letture comprendevano tutto
quanto si accoglie con merito cioè, le sofferenze, i buoni esempi, lo
sguardo al Crocifisso. Riguardo ai santi consigli, ella comprese che le
orecchie sono nutrite anche quando si riceve con pazienza un
rimprovero. Il lavoro costante delle mani, non potendosi praticare
simultaneamente con la lettura, va inteso con una certa larghezza, cioè
più come intenzione che come azione, giacchè l'amabile Salvatore
accetta come lavoro anche il semplice desiderio di leggere e persino
l'atto di tenere fra mano il libro.
Durante la S. Messa, mentre Geltrude lodava S. Pietro dei privilegi da
Dio ricevuti e soprattutto delle taumaturghe parole: Tutto ciò che
legherai in terra ecc. (Matt. XVIII, 18) l'Apostolo le apparve adorno
di abiti pontificali. Egli stese la mano e la benedisse, per consumare
in essa l'opera di salvezza che compie nelle anime in virtù delle
suddette parole. Mentre si avvicinava alla balaustra per ricevere il
Corpo di Cristo, sentiva la sua profonda indegnità. Allora i due
Apostoli si posero uno a destra, l'altro alla sua sinistra per condurla
con grande onore alla Mensa divina. Al suo arrivo il Figlio di Dio si
alzò e, recingendola affettuosamente, le disse: « Sappi, figlia mia,
che queste braccia che ti recingono ti hanno realmente guidata verso di
me; volli però servirmi del ministero de' miei Apostoli, per aumentare
la tua divozione a loro riguardo ». Geltrude si rimproverò amaramente
di avere dimenticato di onorare S. Paolo con qualche pratica
particolare e pregò Gesù stesso di supplire alla sua negligenza.
Mentre faceva il ringraziamento dopo la S. Comunione, Geltrude si vide
assisa ai fianchi del Signore, quale regina che se ne sta vicina al re.
I principi degli Apostoli piegavano il ginocchio davanti al trono, come
cavalieri che si presentano per ricevere i premi distribuiti dal
sovrano e dalla loro dama. La Santa si chiese con stupore se gli
Apostoli non avessero acquistato in terra meriti sufficienti, offrendo
così spesso il S. Sacrificio. Gesù la illuminò con questo paragone: « Quantunque sia grande onore per
una regina essere Sposa del Re, tuttavia ella gusta una gioia speciale
nel giorno delle nozze della sua figlia. Così i Santi, felici nel loro
gaudio, si rallegrano però grandemente con l'anima che riceve il S.
Sacramento ».
CAPITOLOXLV. - NELLA FESTA DI S. MARGHERITA VERGINE
Nella festa dell'illustre Vergine, mentre Geltrude assisteva
devotamente ai Vesperi, le apparve la Santa, brillante nello splendore
della sua immortale beatitudine. Era adorna di un magnifico
rivestimento di gloria, e stava davanti al trono della divina Maestà.
Quando s'intonò il Responsorio «Virgo veneranda in magna stans
conàiantia verba contempsit judicis. Nil cogitans de rebus lubricis.
Coelestis proemii spe gaudens, in tribulatione erat patiens. Nil
cogitans - La Vergine degna di lode ferma e costante, disprezzò le
parole del giudice. Il suo pensiero s'allontanava di ciò che è impuro.
Gioiosa nella speranza della celeste ricompensa, soffriva la prova con
pazienza». Una luce splendidissima irradiò dall'illibata Umanità di
Gesù e investì l'anima di S. Margherita, accrescendone la verginale
bellezza. Il Signore volle così rinnovare e raddoppiare in essa il
merito della casta sua verginità, come fa il pittore che, con adatte
vernici, fa brillare di nuove sfumature le tinte di un magnifico quadro.
Alle parole: in magna stans constantia, il Figlio di Dio, per aumentare
la gloria della sua Sposa, e perfezionare il merito delle sue
sofferenze, diresse nuovamente su lei una meravigliosa luce, che
derivava dalla gloria incomparabile della sua amarissima Passione,
facendola risplendere d'ineffabile bellezza. In seguito poi, mentre
nell'inno si cantavano quelle parole « Sponsisque reddens proemio. -
Che ricompensa la sua sposa», il Signore, rivolgendosi con tenerezza a
S. Margherita, le disse: « O vergine mia Sposa, non ho forse aumentato
a sufficienza la ricompensa dovuta ai tuoi meriti, perché mi si domandi
ancora per te nuovi favori? ». E accarezzandola con amore, attirò in sè
tutti gli atti di devozione che erano stati compiuti nel mondo intero
da coloro che avevano degnamente celebrato la festa della Santa. Per
tali atti di pietà, Egli aveva aumentato le inestimabili ricompense
della fedele sua Sposa.
S. Margherita si volse poi a Geltrude e le disse: « Godi e vivi
allegramente, o tu che fosti eletta dal Signore! Ricordati che per un
po' di dolori sofferti in questo mondo, per qualche malattia e
avversità, avrai ricompense grandi nella gloria del cielo. Per ciascun
momento di patire lo Sposo e l'Amico tuo ti darà mille e mille anni di
gaudio ineffabile in cielo. Le pene che talora provi nell'intimo del
cuore, le fatiche che incontri nei tuoi lavori, sono una disposizione
specialissima del suo amore, che vuol santificcarti, minuto per minuto,
ora per ora, giorno per giorno, e prepararti così all'eterna
beatitudine. Pensa che al momento della mia morte, cioè quando
ricevetti questo peso di gloria che mi fa trasalire di giubilo, non ero
venerata in tutto il mondo, come lo sono ora; ero anzi disprezzata e
ritenuta creatura miserabile. Credi dunque fermamente che, al termine
della vita, gusterai, in una gloria senza fine, i dolci amplessi dello
Sposo immortale, in seno a quelle delizie che l'occhio non ha veduto,
l'orecchio non ha udito, il cuore non ha compreso e che Dio prepara a
coloro che l'amano ».
CAPITOLO XLVI. - NELLA FESTA DI S. MARIA MADDALENA
Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a
Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di
tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio
di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore
della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze,
le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro
rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S.
Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui
ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.
Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed
ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò
d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate.
La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò
con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che
desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne
a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o
amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono
affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose
il Signore: « Con
ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i
quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e
li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che
quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù
era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro
sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro
unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere
ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di
Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre
pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per
profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è
possibile, la minima offesa di Dio.
Aggiunse il Signore: « Se
vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande
penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così
che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est
ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. Infatti colui
che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere
sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico,
spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che
tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon
esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso,
cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon
odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al
prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche
difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi
negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a
tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più
soddisferò a tutte le sue colpe ».
Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato
quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo
grande), renderti un omaggio così gradito? ». Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi
offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che
accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente
questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al
suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe
anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo
progetto ».
CAPITOLO XLVII. - FESTA DI S. GIACOMO APOSTOLO
Nella festa di S. Giacomo, il Maggiore, il glorioso Apostolo apparve a
Geltrude, adorno di tutti i meriti dei pellegrini ch'erano andati a
venerare le sue reliquie. Geltrude, meravigliata di tanto splendore,
chiese a Gesù perchè mai S. Giacomo avesse tanti privilegi, giacchè
molti popoli accorrevano alla sua tomba, invece di andare a quella dei
grandi Apostoli Pietro e Paolo, o a quella di altri Santi.
Il Salvatore le rispose: « Volli
onorare questo mio diletto Apostolo con un privilegio affatto speciale,
in vista dello zelo ardentissimo ch'ebbe per la salvezza delle anime:
essendo morto in giovane età non ha potuto convertire alla fede molte
anime, come fervidamente desiderava. La sua buona volontà forte,
valida, decisa, sempre unita alla mia, gli ha meritato quello che non
ha potuto compiere quaggiù per la sua morte precoce; cioè la salvezza
di molte anime. Infatti i numerosi pellegrini che affluiscono al suo
sepolcro, attratti dai miracoli che ivi si compiono, confessano i loro
peccati e si ritemprano nella fede ».
Queste parole le fecero desiderare di ricevere ella pure, per i meriti
del grande apostolo, l'assoluzione dei suoi peccati e propose di
supplire al pellegrinaggio con la SS. Comunione ricevuta in suo onore.
Dopo d'avere compiuto questo atto, le parve di essere seduta col
Signore, a una mensa regale, ove erano serviti cibi eccellenti e
sontuosi. Quando ebbe offerto, in lode eterna al Padre, il Corpo di
Gesù per aumentare la gloria di S. Giacomo, l'Apostolo le apparve come
augusto principe, si sedette rispettosamente a tavola di fronte al
Signore e ringraziò la Santa per l'offerta magnifica del Sacramento
vivificante, ricevuto in suo onore. Egli pregò Gesù di produrre
nell'anima di Geltrude, che gli aveva fatto dono così stupendo, frutti
di grazia, quei frutti preziosi che la sua infinita bontà poteva
ritrarre dai meriti del suo Apostolo.
CAPITOLO XLVIII. - FESTA DELL'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE
La festa della solenne Assunzione di Maria si avvicinava e Geltrude,
trattenuta a letto da infermità, non poteva, benchè assai lo
desiderasse, recitare tante «Ave Maria» quanti erano stati gli anni
passati dalla Vergine in terra. Tuttavia si sforzò di raggiungere quel
numero, dividendo in tre parti la Salutazione angelica: Ave Maria -
Gratia piena - Dominus tecum. Mentre stava offrendo queste ed altre
preghiere, che alcune persone le avevano detto di presentare alla S.
Vergine, la graziosa Regina del cielo le apparve rivestita con un manto
verde, su cui brillavano numerosi fiori d'oro, in forma di trifoglio.
Essa le disse: « Porto sul mio abito tanti fiori, quante sono le parole
delle preghiere che tu mi hai offerto a nome delle persone che ti hanno
raccomandato di presentarmele. Questi fiori brillano più o meno a
seconda dell'attenzione posta nel recitare dette preghiere. Ora rivolgo
questi divini splendori verso ciascuna di quelle anime, per renderle
più gradite al Figlio mio ed a tutta la Corte celeste». La Regina del
cielo portava, fra quei trifogli, anche alcune rose di meravigliosa
bellezza, che avevano sei foglie: tre erano d'oro tempestate di gemme
preziose, le altre tre offrivano una mirabile varietà di sfumature.
Nelle tre foglie d'oro Geltrude riconobbe le tre parti della
Salutazione angelica ch'ella aveva recitato, nonostante la sua
debolezza, con un grande sforzo. Il Signore Gesù volle, nella sua
immensa bontà, unire a quelle foglie preziose, le altre tre con colori
stupendi: la prima per l'amore con cui Geltrude aveva salutato e lodato
la sua dolcissima Madre; la seconda per la discrezione mostrata,
recitando solo quelle tre parti, giacchè era nell'impossibilità di fare
di più; la terza per la perfetta confidenza che le faceva sperare di
vedere il Signore e la dolce sua Madre accettare i suoi deboli sforzi.
All'ora di Prima, dopo la quale si doveva cantare la Messa della
vigilia dell'Assunzione, ella pregò Gesù di ottenerle grazia e perdono
presso la diletta sua Madre, perchè sentiva di essere stata spesso
negligente nell'onorarla.
Il Salvatore s'inchinò allora verso la Madre sua e con un tenerissimo
abbraccio dimostrò la divozione filiale che sempre aveva nutrito per
lei. Indi le disse: « Ricordati, o mia Signora, e mia amorosissima
Madre, che per te ho perdonato ai peccatori; guarda ora la mia eletta
con quell'amore che avresti s'ella ti avesse sempre servita con la più
grande divozione ». A quelle parole la Vergine parve sciogliersi in
tenerezza e, per amore del Figlio suo, diede a Geltrude tutta la sua
beatitudine.
Alla Messa Vultum tuum durante la colletta: Deus qui verginalem aulam,
il Signore Gesù mostrò tanta affezione alla Madre sua, da rinnovarle
tutte le gioie della sua santa Concezione, della sua nascita, e quelle
che le procurò la sua santa Umanità.
Mentre Geltrude rifletteva alle parole: « In sua difensione munttos -
munito dal sua soccorso» ella vide la Madre di bontà stendere il manto,
per coprire con la sua protezione tutti coloro che si rifugiavano sotto
il suo patrocinio; i Santi conducevano alla loro Regina le persone che
si erano preparate alla sua festa con esercizi e preghiere speciali.
Tali persone assomigliavano a bellissime giovinette e si sedevano
rispettosamente davanti alla Madonna, come figlie alla loro madre.
Vicino alle medesime volteggiavano schiere di angeli che le difendevano
dalle insidie del demonio, eccitandole al bene. Geltrude comprese che
quella protezione angelica era accordata alla domanda della colletta:
ut sua defensione munttos, - perchè gli spiriti celesti stanno sempre
vigilanti agli ordini della gloriosa Vergine, per difendere coloro che
l'invocano.
Geltrude vide poi molti animali di diverse specie accorrere verso la
Madre di Dio, per rifugiarsi sotto il suo manto. Essi simboleggiavano i
peccatori che avevano divozione speciale alla Regina della
misericordia. Essa li accoglieva con bontà, li proteggeva sotto il suo
manto e li accarezzava con la sua dolce mano, come si usa fare coi
cagnolini.
La Vergine rivelava così la sua misericordia verso coloro che a Lei si
affidano, dimostrandosi sollecita di ricondurre al Figlio suo tutti
quelli che, con un vero pentimento delle loro colpe, hanno sperato
malgrado i loro peccati, nella sua misericordiosa mediazione.
All'Elevazione il Signore Gesù sembò consegnare se stesso, sotto le
spoglie sacramentali dell'Ostia, con tutta la beatitudine della sua
Divinità ed Umanità, a tutti coloro che assistevano con divozione alla
S. Messa in onore della sua dolcissima Madre, bramando di corteggiarla
divotamente nella festa dell'Assunzione. Essi, dolcemente attratti e
ri. confortati dalla virtù vivificante della Divinità, erano confermati
nella buona volontà, proprio come un uomo recupera energie,
sostentandosi con cibi nutrienti.
Dopo la S. Messa mentre le Monache, secondo le prescrizioni della
Regola, si recevano in capitolo, Geltrude vide il Signore Gesù che le
precedeva, circondato da una moltitudine di Angeli, attendendo con
gioia l'arrivo delle sue Spose.
La Santa, alquanto stupita, chiese: « Come mai, o amatissimo Gesù, tu
vieni a questo nostro Capitolo con si grande moltitudine di angeli?
Eppure noi celebriamo questa festa in tono assai meno solenne della tua
Nascita ed Incarnazione ». Rispose l'amabile Salvatore: « Sono venuto qui come buon padre
di famiglia, che si fa premura di ricevere lui stesso gli invitati al
suo banchetto. Oggi, per onorare la mia dolcissima Mamma, quando si
annuncerà la solennità della sua gloriosa Assunzione, accoglierò con
tenerezza speciale tutte le anime che desiderano celebrare divotamente
questa festa. Di più per la mia divina autorità, assolverò tutte coloro
che umilmente accuseranno le loro infrazioni alla Regola. Nello stesso
modo assisto ai vostro Capitolo in ogni festività ed approvo tutto
quello che ivi compite, come già ti mostrai nella vigilia della mia
Natività ».
Mentre Geltrude assisteva con divozione speciale all'ora di Nona,
quando, secondo le nostre costumazioni, inizia la festa
dell'Assunzione, conobbe per divina ispirazione che appunto in
quell'ora la Vergine venne talmente assorbita in Dio che, spogliata
dalla scoria mortale, preludiava la vita celeste, non vivendo più se
non per l'azione dello Spirito Santo. Rimase in quello stato fino alla
terza ora di notte; allora si lanciò in Dio, adorna delle perfezioni di
tutte le virtù, senza il minimo rimpianto di coscienza. Beatamente
nelle braccia del Signore, fatta un solo spirito con Lui, entrò nella
potenza della Divinità (Sal. LXX).
Ai Vespri, mentre si cantavano i salmi, la Santa vide il Signore
attrarre nel suo divin Cuore tutte le lodi che Gli erano rivolte e
dirigerle verso la Vergine come un torrente impetuoso, di cui la
celeste Sovrana riceveva le onde, secondo il numero dei meriti di cui
era arricchita. All'antifona: Tota pulchra es - ella si abbandonò nelle
braccia del Signore, cercando di far risuonare le parole dell'antifona
sul liuto del divin Cuore, in memoria delle tenerezze che il Figlio
dell'Altissimo prodigò con queste ed altre parole, a Lei, sua
beatissima Madre. A questa dimostrazione d'amore, i torrenti del divin
Cuore inondarono con maggior impeto l'anima della Celeste Sovrana,
sprizzando gocce di acqua brillanti come fulgide stelle. Tali stelle la
circondarono per rallegrarla ed adornarla d'incomparabili splendori; ma
il loro numero era così grande che molte caddero al suolo. I Santi,
rapiti d'ammirazione, s'affrettarono a raccoglierle per offrirle
gioiosamente al Signore; con tale atto vollero far comprendere che
attingono gioia, gloria, beatitudine nella sovrabbondanza dei meriti
della Madre di Dio. Tutti gli angeli si associarono con grande
allegrezza al fervore della Comunità e fecero risuonare, con la
medesima, il responsorio: Quae est ista?. In seguito il Signore cantò
con voce sonora il versetto: Ista est speciosa, e lo Spirito Santo
parve far vibrare il liuto del Cuore divino per lodare e glorificare la
Vergine Maria, benedetta fra tutte le creature.
All'inno: Quem terra pontus ecc. la celeste Regina parve venir meno
sotto il peso dell'immenso gaudio, e s'inchinò sul seno del suo
amabilissimo Figlio per rìposarsi fino alla strofa: O glortosa Domina.
Si alzò allora, quasi spinta dalla divozione dei fedeli, tendendo a
tutti la mano della sua dolce protezione e materna consolazione. Alla
dossologia Deo Patri, si levò di nuovo e piegò tre volte le ginocchia
con grande riverenza per glorificare la Trinità, sempre adorabile.
Rimase così prostrata tutto il tempo del Magnificat, pregando per la
Chiesa; durante l'antifona Virgo Prudentissima, fece brillare una luce
celeste su tutti coloro che la pregavano con divozione.
Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, Geltrude era così
sfinita, che si poté a stento trascinare a Mattutino. Mentre stava
seduta, affranta per lo sforzo fatto, il Signore, che si leva in alto,
la visitò con le viscere della sua misericordia (Luc. I, 78). Infatti
quando si lesse il VI Responsorio, ella fu rapita in spirito e le parve
di assistere alla gioconda festa, nella quale la Vergine, dopo d'aver
pagato il tributo alla natura, se ne entrò giubilante ne' regni celesti.
Dopo il Responsorio Super Salutem fino al Te Deum, durante il quale
ella riprese i sensi, tutti i canti le procurarono speciali
illustrazioni e gioie ineffabili. Ne citerò solo alcuna più accessibile
alla umana intelligenza. Le parve dunque che il Responsorio Super
salutem fosse cantato dai cori riuniti degli angeli e degli apostoli,
per rallegrarsi con la Sovrana degli onori ricevuti. Durante quel tempo
la gloriosa Vergine, attratta da una forza infinitamente dolce, usciva
dalla prigione del corpo per lanciarsi nelle braccia amorose del
Figlio. Egli, Padre tenerissimo degli orfani, si sostituiva per così
dire alla Chiesa, sua diletta Sposa, e volle raccomandare alla Madre
sua le intenzioni che più profondamente interessavano il suo Cuore.
Così cantò Lui stesso il VII Responsorio: « Sancta Deo diletta - Santa
ama ta da Dio ». In seguito, mentre la Vergine, man mano s'inalzava, il
Figlio, acceso da affezione sempre più tenera per la Madre sua,
raddoppiò le lodi, salutandola con l'VIII responsorio: Salve Maria;
l'assemblea dei Santi, riprendendo i canti, aggiunse: « Salve, pia
Mater christianorum - Salve, tenera Madre dei Cristiani ». In seguito
Gesù, personificando ancora la Chiesa sua Sposa, cantò con voce chiara:
« Virgo solamen desolatorum - Vergine consolatrice degli afflitti ».
Durante il cantico: Audite me, divini fructus, la beatissima Vergine
parve entrare in cielo trasalendo di giubilo, ma la visione del trionfo
meraviglioso non potrà mai essere espressa da umano linguaggio. La
Vergine parve entrare in un magnifico prato, smaltato di fiori. Quando
si cantò il versetto: Et frondete in gratiam, tutti i fiori vollero
celebrare l'arrivo d'una sì grande Regina: dai loro petali irradiò una
luce affascinante accompagnata da squisiti olezzi e da melodie così
soavi, come se tutti i suoni della terra si fossero riuniti in un
concerto armonioso.
La dolcissima Vergine, gustando la sua incomparabile beatitudine,
lodava Dio e salmodiava: Gaudens gaudebo in Domino. Dio Padre, placato
alla vista di una Vergine così bella, benedisse la Chiesa militante e
le disse nell'abbondanza della sua soavità: Non vocaberis ultra
derelieta. In seguito a onore della Vergine Maria, tutto il coro degli
angeli cantò con slancio questo inno: Sexaginta sunt reginae, per
dimostrare che la Madre di Dio è al di sopra di tutte le gerarchie. Il
coro dei Santi incalzò et octogirata concubinae, proclamando che Ella
ha ricevuto maggiori privilegi di tutti loro presi insieme. Infine il
coro riunito degli Angeli e dei Santi, insistette cantando in nome
della Chiesa militante: et adolescentularum non est numerus - per
esaltare la Madre di Dio al di sopra di loro tutti. Lo Spirito Santo
aggiunse una dolcissima modulazione: Una est columba mea, come se
avesse detto: « Ho trovato solo in Essa la mia somiglianza, solo in
Essa mi compiaccio di riposare ». Il Figlio di Dio proseguì: perfetta
mea: cioè tutto ciò che la mia Divinità e la mia Umanità bramavano
trovare nella creatura, l'ho scorto solo in Lei.
Dio Padre aggiunse: una est matris suae, eletta genetricis suae come
se, nell'eccesso del suo amore, non potesse trattenere l'espressione
della sua tenerezza. Maria venne allora posta con grande riverenza, sul
trono di gloria alla destra del Figlio suo, mentre tutta la Corte
celeste faceva echeggiare il Responsorio: Salve nobilis. Virga Jesse,
Salve flos campi, Maria, Unde ortum est lilium convallium. Odor tuus
super euncta preziosa unguenta; favus distillans labia tua, mel et lai
sub lingua tua. Unde - Io ti saluto, nobile stelo di Jesse: io ti
saluto, fiore dei campi, Maria. Da te è uscito il giglio delle valli.
Nessuna preziosa fragranza può esserti paragonata. Le tue labbra
distillano miele, la tua voce è dolce come miele e latte. I cittadini
del cielo, plaudenti intorno a quel trono regale ed animati da
crescente ardore, celebrarono la santissima vita di Maria, cantando con
gìoia ineffabile il Responsorio: Beata es Virgo Maria - Fu la Trinità
stessa che disse il versetto, per rinnovare in quella Vergine benedetta
la dolcezza della Salutazione angelica, che fu l'inizio della sua
gloria.
Il coro dei Santi riprese: « Ecce esaltata es - Ecco che sei esaltata »
e la pregò d'intercedere per la Chiesa militante. Indi Dio Padre che si
compiacque di onorare l'oggetto di tutte le sue tenerezze, iniziò il
Responsorio « Ave, Sponsa Sunamitis, secundum Cor Summi Regis: Ave
Virgo Mater, Spiritu Sancta teste, Tu olimi Mariam sordibus Aegyptiis
millies exosam, Tu Theophtlum desperatum apostatam reconciliasti Filio
Tuo. In gratia. O Sancta, o celsa, o be: nedicta, mitiga et nobis tram
Filii tui. In gratiam. - Io ti saluto, Sposa Sunamite secondo il Cuore
dell'altissimo Re. Io ti saluto Vergine Madre, come l'attesta lo
Spirito Santo. Tu hai riconciliato in grazia col tuo Figlio, e Maria
che si era coperta in Egitto da mille colpe, e Teofilo, l'apostata
disperato. O Santa, o sublime, o benedetta, placa in nostro favore la.
collera del Figlio Tuo ». Tale Responsorio incominciato dal Padre con
le parole Ave Sponsa, venne continuato dal Figlio: Sunamitis secundum
cor Summi Regis e ripreso dallo Spirito Santo: « Ave Mater Maria ». Il
Figlio aggiunse: Spiritu Sancto teste. E tutti i Santi proseguirono con
giubilo: Tu olim Martam sordibus Aegypti millies exosam; e gli angeli
proclamarono Tu Theophilum desperatum apostatam reconciliasti Filio tuo
in gratiam. Allora con slancio ineffabile tutti i Santi insieme, in
nome della Chiesa militante, piegarono il ginocchio davanti alla
Vergine Maria, osannando: O Sancta, o celsa etc. dopo di che la Trinità
uscì come fuori dal profondo abisso del suo gaudio, intonando con
ammirazione il XII Responsorio: Quae est ista? per proclamare i meriti
della gran Madre di Dio.
Geltrude notò poi che la S. Vergine, con la milizia celeste, celebrava
la propria beatitudine cantando Te Deum laudamus, a gloria
dell'adorabile Trinità. La lode del primo verso si rivolgeva a tutta la
Trinità; quella del secondo: Te aeternum Patrem, più specialmente al
Padre, quella del terzo Tibi omnes Angeli, ai Figlio; quella del
quarto: Tibi Cherubin, allo S. Spirito. Così in ogni versetto ciascuna
persona della SS. Trinità era lodata; i sette versetti Tu Rex glortae
Christe s'indirizzavano più specialmente al Salvatore, felicitandolo
perchè, mediante il suo aiuto, la Vergine aveva sempre glorificato il
Signore con tutti i suoi affetti, senza mai lasciarsi distogliere
d'alcun che di passeggero. Nei versetti seguenti: Aeterna jac, ciascuna
delle Tre Persone divine era lodata a sua volta. Geltrude comprendeva
sempre meglio come ogni versetto attribuito al Padre rispondeva allo
scopo con perfetta convenienza; lo stesso avveniva per le altre due
Persone.
Quando, dopo questa gioconda solennità, ella riprese contatto con la
vita ordinaria, si accorse che non solo la sua anima che aveva gustato
tante delizie, si era rinvigorita, ma persino il suo corpo aveva
ripreso forze da poter camminare da sola senza fatica. La straordinaria
energia si mantenne fin dopo la Messa solenne, all'ora del pasto.
Tre anni dopo ella era afflitta ancora da malattia. Nella vigilia
dell'Assunzione, volle, fin dal mattino, sodisfare alla sua pietà e
vide la Vergine Maria in un delizioso giardino fiorito, olezzante di
soavi profumi. Nella gioia tranquilla di una celeste contemplazione la
Vergine stava per spirare; la dolce serenità del suo volto, il fascino
del suo atteggiamento e la Maestà della persona dicevano ch'Ella era
veramente: la piena di grazia! In quel giardino si vedevano magnifiche
rose senza spine, gigli splendenti di candore, viole fragrantissime e
moltissimi fiori di ogni qualità. Non v'era però un filo di erba. Cosa
strana! Quel fiori, più erano lontani dalla Vergine, maggiormente
brillavano per grazia, profumo e vigore. La celeste Regina ne aspirava
gli olezzi, per esalarne poi gli effluvi nel divin Cuore, che
l'amatissimo suo Figlio sembrava aprire davanti a Lei.
Una moltitudine innumerevole di Angeli parve occupare lo spazio che si
trovava fra la Vergine e i fiori, di cui aspirava il profumo. Essi
rendevano i loro omaggi all'eccelsa Regina e nel contempo lodavano il
Signore. Geltrude vide anche S. Giovanni evangelista pregare con
fervore al capezzale di Maria, la quale sembrava estrarre dal Santo una
specie di emanazione meravigliosa. Tale visione le procurava grandi
delizie ed ella desiderava di conoscerne il profondo significato.
L'amabile Gesù le disse che il giardino simboleggiava il Corpo
immacolato di Maria, e i fiori le virtù di cui era adorna. Le rose più
lontane, le più belle, coltivate dagli spiriti celesti con maggior
cura, rappresentavano le opere di carità verso Dio e verso il prossimo;
più si esercita la carità e più l'anima diventa bella. I gigli dal
profumo squisito e immacolato candore, significavano la santa sua vita
che i fedeli cercano d'imitare. Infine quella misteriosa emanazione che
la S. Vergine sembrava assorbire dal cuore di S. Giovanni,
rappresentava la gloria attribuita a questo Santo apostolo, per il bene
che la Madre di Dio aveva compiuto liberamente in terra, perchè egli
provvedeva a tutti i suoi bisogni.
Geltrude chiese poi a Gesù quale vantaggio avesse San Giovanni per la
filiale sollecitudine verso la Vergine». Egli le rispose: « Il mio Cuore si è dolcemente
avvicinato a lui con altrettanti gradi d'amore a misura delle sue
sollecitudini per la santa mia Madre ». Geltrude vide
infine che la persona della benedetta Vergine, posta in quel giardino,
rappresentava la sua anima così preziosa. Essa, saziata di delizie coi
frutti delle sue virtù, raccoglieva tali frutti in se stessa, mediante
un meraviglioso soffio che percorreva, per così dire, il giardino del
suo corpo riportando tutto a Dio con slancio di riconoscenza. La
beatissima Vergine parve riposare in questa grande gioia fino all'ora
di Mattutino, bella quale Geltrude, rapita in estasi, la contemplò in
un tranquillo riposo sul seno del diletto Figlio suo. Gesù gustava
delizie ineffabili a deporre nel Cuore di sua Madre, tutti i frutti di
virtù ch'Ella gli aveva offerti per riconoscenza. Passando dal suo
divin Cuore essi acquistavano valore infinito e, simili alle rose e ai
gigli delle valli, rivestivano la loro Regina di beltà, e freschezza
incomparabile.
Dio Padre cantò Lui stesso, con dolcezza infinita il primo Responsorio
dicendo: « Vidi speciosam - Ho visto la tutta bella » per far conoscere
agli abitanti del cielo, che t'aveva trovata sulla terra, colomba senza
macchia per la sua innocenza: « ascendentem desuper rivos aquarum »:
elevata al di sopra delle correnti delle acque, per i suoi desideri:. «
cujus tnaestimabilis odor erat in vestimento »: i cui vestimenti, (cioè
la sua santa vita), diffondevano un ineffabile profumo, « et sicut dies
verni circundabant eam Mores rosa rum et lilia convallium: e i fiori
dei rosai e i gigli delle valli, (cioè le sue virtù), la circondavano
come una fragrante primavera. Allora lo Spirito Santo, intonando il
secondo Responsorio in nome della Santa Vergine, fece brillare di
eccelso splendore la santità della sua vita con questa dolcissima
modulazione: Sicut cedrus... Come cedro... In seguito tutti i Santi,
estasiati dal concerto, espressero la loro ammirazione col III
Responsorio: « Quae est ista? ». A ciascuna parola Geltrude riceveva
grandi illustrazioni, ma per l'estremo sfinimento, non potè nulla
ricordare.
Tutti i Santi, formando una magnifica processione, si riunirono davanti
al trono verginale della gloriosa Madre, cantando in armonioso concerto
il IV Responsorio: « Gaude Regina praepotens, aeterna lucis proenitens,
gaude coelorum Domina, o Virgo pulcherrima. Gaude misericordissima,
gaude. perenni gloria. Fac nos laetari, jaciemque tuam speculari, plena
virtutis, dulcedinis et ptetatis. Gaude. - Sii felice, o Regina
onnipotente, brillante riflesso dell'eterna luce, sii felice, Regina
del cielo, o Vergine tutta bella. Sii felice, o misericordiosa Maria,
sii felice per la tua inesauribile gloria. Donaci la gioia, mostraci il
tuo volto, o piena dì virtù, di dolcezza, d'amore».
I Santi la lodavano per essere la Sovrana potente, che faceva in loro
brillare la chiarezza dell'eterna luce; perchè stava per entrare nel
suo regno, quale Regina del cielo e della terra; esultavano inebbriati
di gioia, perchè più bella di tutte le vergini, splendida in virtù, in
grazia, potente in misericordia, e atta a soccorrere tutti gli uomini,
di cui sarà la beatitudine poichè, per i suoi meriti, mette il colmo
alla gioia di tutti i Santi.
Allora il coro degli angeli, avanzandosi con solennità, cantarono il
versetto fac nos laetari quasi per attrarla a quella gloria, che doveva
coronare la sua morte di tanti splendori. I Santi aggiunsero il Gloria
Patri, per ringraziare la Trinità di tutte le grazie ricevute dalla
Vergine nell'anima e nel corpo.
Le antifone ed i salmi che seguirono furono cantati dall'assemblea dei
Santi, offrendo uno spettacolo meraviglioso. Al V Responsorio fu la
nobile Vergine stessa che ritta cantò, in un trasporto di gioia e di
gratitudine: « Beatam me dicent omnes generationes - Tutte le
generazioni mi chiameranno beata ».
Infine la Santissima anima, benedetta fra tutte le creature, sciolta
dal corpo, appoggiata con tenerezza al braccio del Figlio, e godendo
dei baci dello Sposo, s'immerse, con un'incomparabile unione, alla
sorgente di quella beatitudine infinita, dalla quale non doveva più
uscire.
Tutta la Corte celeste fu illuminata e rallegrata dalla presenza di sì
grande Regina. Mirava la Vergine incomparabile nei dolci amplessi che
le prodigava l'ineffabile accondiscendenza del Re supremo; la vedeva
esaltata al di sopra di tutti gli Angeli e Santi, posta immediatamente
dopo la SS. Trinità. Tutti in coro celebrarono le sue lodi, cantando
con meraviglioso trasporto di gioia, il VI Responsorio: Super salutem.
Così terminò la visione.
Si vede chiaramente dal fin qui detto, con quale bontà Dio vuol
provvedere alla salvezza di molti, accordando le sue grazie di
privilegio ad una sola anima, poichè volle completare la visione
iniziata tre anni prima.
Se la nostra negligenza chiude per noi la corrente spirituale della
grazia, cogliamo qualche. fiore di divozione nel meraviglioso giardino
che ci viene aperto.
Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, mentre Geltrude
assisteva con fervore a Mattutino, volle avere in ciascuno dei tre
Notturni, un'intenzione speciale. A ciascuna parola, a ciascuna nota
del primo Notturno, ella ricordò alla gloriosa Vergine le ineffabili
consolazioni ch'Ella dovette provare, tanto da parte del diletto suo
Figlio, quanto da quella di tutti i Santi, mentre aspettava il momento
del benedetto suo transito. A ciascuna parola che Geltrude, o altra
persona divota pronunciava per richiamarle quelle gioie, la Vergine
senza macchia, si vedeva circondata di rose e di gigli.
Al secondo Notturno Geltrude le ricordò le dolci consolazioni provate,
passando dalla terra al cielo, appoggiata soavemente al suo Diletto. La
divina Madre riceveva tanti gioielli, quante erano le parole che si
pronunciavano nell'intero universo per richiamarle quei gaudi immensi.
Al terzo Notturno Geltrude ricordò alla celeste Regina quella gloria
che sorpassa ogni intelligenza, di cui venne rivestita alla sua entrata
in cielo, quando Dio le assegna il primo posto, al di sopra di tutti.
Ogni parola di quel Notturno portò alla beatissima Vergine innumerevoli
raggi di luce, e dolcezze più deliziose dei profumi di aromi squisiti.
Alla S. Messa, Geltrude recitò tre volte il Laudate omnes gentes, e
domandò a tutti i Santi, com'era solita fare, di offrire col primo, al
Signore, per essa, i loro numerosi meriti, onde prepararla a ricevere
il divin Sacramento.
Col secondo pregò la SS. Vergine e col terzo Gesù per lo stesso motivo.
La Regina celeste a quella preghiera si alzò ed offrì alla
risplendente, sempre tranquilla Trinità, i meriti delle ineffabili
grandezze che l'avevano, il giorno dell'Assunzione, inalzata al di
sopra degli uomini e degli angeli, rendendola gratissima a Dio. Poi,
lasciando il trono che occupava fece cenno a Geltrude, dicendo con
infinita tenerezza: « Vieni,
mia diletta, e mettiti al mio posto, perchè sei rivestita della
perfezione e delle virtù che attiravano su me la compiacenza della SS.
Trinità, affinchè tu riceva, per quanto possibile, lo stesso favore ».
Ma Geltrude, profondamente stupita, rispose con disprezzo di sè
medesima: « O Regina di gloria, come mai potrei io ottenere i tuoi
stessi favori? Quali meriti ho io al cospetto del Padre?». La Vergine
rispose: « Se farai tre
cose te ne renderai capace. Domanda, per la innocentissima purità con
la quale ho preparato al Figlio di Dio dimora gradita nel mio seno
verginale, di essere tu pure purificata da ogni macchia. Per la
profonda umiltà che mi ha esaltata al di sopra degli Angeli e dei
Santi, chiedi che tutte le tue negligenze siano riparate. Da ultimo
supplica, per l'incomparabile amore che mi ha unita in eterno a Dio,
d'essere arricchita di meriti abbondanti ». Geltrude,
fatte le tre richieste, venne elevata in spirito, alla gloria sublime
che le era stata accordata, con tanta bontà, per i meriti della Regina
del cielo. Quando apparve allo stesso posto della Vergine Maria,
arricchita de' suoi meriti, il Dio di maestà pose in essa le sue
compiacenze, mentre gli Angeli e i Santi le offrivano a gara i più
rispettosi omaggi.
Quando la Comunità si avanzava per ricevere il SS. Sacramento, la
Regina di gloria si pose in piedi, alla destra di ciascuna Monaca, la
coperse mentre si comunicava, con una parte del suo stesso manto,
quella porzione che la Suora aveva infiorato con le sue preghiere. La
Vergine diceva a Gesù: « Per onorare la mia memoria, o dolcissimo
Figlio, guarda quest'anima ». A tali parole il Signore, con divina
compiacenza, dimostrò a ciascuna Monaca tenerezze incomparabili e diede
a tutte l'Ostia di salute. Geltrude, dopo di essersi comunicata, offrì
al Signore in lode eterna l'adorabile Sacramento, per aumento della
gloria di Maria SS. quasi per ricambiarla del dono che la celeste Madre
le aveva fatto de' suoi meriti. Gesù parve presentare un regalo alla
Madre sua dicendole: « Ecco, o Madre, che ti restituisco il doppio di
ciò che è tuo: eppure nulla tolgo a questa anima che tu hai arricchito
per mio amore ».
Nel ritorno della processione, mentre la comunità cantava l'antifona «
Ave Domina mundi, Maria » parve a Geltrude che le falangi celesti, con
l'estrema dolcezza delle loro armonie, facessero trasalire il cielo in
un nuovo trasporto dell'allegrezza. Bentosto la Vergine apparve rìtta
sull'altare, alla destra del suo Figliuolo, rivolto verso il Convento,
raggiante di luce meravigliosa. Alle parole: Ave Regina coelorum, tutti
i santi, piegando il ginocchio davanti a Lei, la veneravano come Madre
del Salvatore. Alle parole: Ave, Virgo Virginum, la Sovrana celeste
presentava, con le sue mani, un giglio brillante di candore a tutte le
persone presenti, quasi per impegnarle a imitare la sua castità,
fortificandosi in questa bella virtù. Mentre si cantava: Per te venit
redemptio nostra, le sue viscere materne furono così profondamente
commosse, che non potendo sostenere l'eccesso della felicità,
s'appoggiò teneramente al Cuore del Figlio suo. Alle parole: « Pro
nobis rogamus, rogita - Noi te lo domandiamo, prega per noi! » ella
circondò con le caste sue braccia il collo del Figlio e, prodigandogli
tenere carezze, gli mostrò le Monache presenti, e i bisogni particolari
di ciascuna. Quando s'intonò l'antifona Hodie Beata Virgo, sembrò che
la Vergine. s'inalzasse verso le celesti regioni, circondata di gloria,
portata dal Figlio suo ed accompagnata dai cori angelici, che
applaudivano al suo trionfo. Mentre s'elevava al più alto dei cieli,
Ella prese la mano destra del Figlia e: benedisse con essa la Comunità.
Dopo quella benedizione, si vide su ciascuna Monaca come una croce
d'oro sospesa con nastro verde. Geltrude comprese che tutti potevano
aver parte al frutto di quella benedizione, purchè avessero fede viva e
sincera confidenza nella Madre di misericordia.
CAPITOLO XLIX. - NELLA FESTA DI S. BERNARDO ABATE
Nella vigilia della festa di S. Bernardo, durante la S. Messa, mentre
Geltrude meditava i meriti di quel santissimo Padre, al quale
tributava. tanta divozione, soprattutto per la soavità dei suoi
insegnamenti, il divoto Abate le apparve in un'aureola di gloria
ineffabile, raggiante di luce celeste. Non si poteva contemplarlo senza
ammirare nel contempo, il triplice colore dei suoi abiti: l'integrità
della sua innocenza verginale splendeva in lui col candore del giglio;
la professione religiosa e la sua perfettissima vita erano
rappresentate dal color viola; il suo amore fervente, dal rosso
fiammeggiante. del rubino. Tali magnifici colori, adornando l'anima
dell'augusto Santo, offrivano alla Corte celeste uno spettacolo ricco
d'incanto. Il petto, il collo e le mani del gran Padre erano
impreziosite da lamine d'oro, con gemme di color rosa che irradiavano
vivo splendore.
Tali lamine simboleggiavano l'eloquenza della sua dottrina che,
meditata nel suo cuore ardente d'amore, era salita alle labbra, per
essere diffusa dalla voce consacrata; dottrina ch'egli scrisse con le
sue mani benedette, per la salvezza di coloro che anelavano al cielo..
Le gemme rappresentavano le sue parole d'amore; esse mandavano raggi
luminosi fino al centro del Cuore di Gesù, procurando alla Divinità
delizie speciali. Nello stesso tempo il Signore attrasse nel suo Cuore
la perfezione e la divozione che gli eletti del cielo e della terra,
avevano imparato dagli scritti del Santo, e le fece rifluire nel cuore
di Bernardo, coi raggi che le gemme, di cui abbiamo parlato, avevano
diretti al suo divin Cuore. Allora sfuggi dal cuore di S. Bernardo,
come da liuto meraviglioso una melodia dolcissima che cantava le sue
virtù, specialmente l'amore e l'innocenza.
Egli inoltre portava in testa una splendida corona raggiante di
svariati colori, nella quale si poteva mirare l'avanzamento spirituale
che quell'illustre Padre avrebbe desiderato procurare agli uomini,
colle sue parole e coi suoi scritti.
Geltrude recitò allora duecentoventicinque volte il Laudate Domum omnes
gentes, in onore del Santo, per ringraziare Dio dei doni e delle virtù
di cui l'aveva adornato. Le parole da lei pronunciate apparvero come
tanti blasoni sugli abiti del Santo: ogni scudo rappresentava una delle
virtù che aveva praticate in terra; virtù che si rifletteva, sotto la
medesima forma, anche nell'anima di colei che ringraziava il Signore
per la grandezza di Bernardo. Nella festa di questo grande Santo,
mentre assisteva alla S. Messa celebrata in suo onore, pregò
particolarmente per le persone che le sì erano raccomandate, e anche
per altre che, pur non essendosi affidate alle sue preghiere, avevano
però una grande divozione per S. Bernardo. Vide allora il beato Padre
nella gloria celeste: una luce meravigliosa sfuggiva dagli ornamenti
che portava sul petto, e si rifletteva su coloro che desideravano per i
suoi meriti e per la sua intercessione, un fervente amor di Dio. Tale
luce formava sul petto di quelle persone una specie di magnifica
collana, ove si vedevano rifulgere gli atti d'amore praticati sulla
terra da S. Bemardo, come se fossero stati compiuti da quelle stesse
persone.
A quello spettacolo stupendo, Geltrude restò ammirata, e chiese al
Santo: « O illustre Padre, queste anime che sono rivestite dei vostri
meriti, non hanno però in realtà praticato tali opere: quale frutto
potranno esse ottenere? ». Rispose Bernardo: a La giovinetta ornata di
gioielli avuti in prestito, sarà forse meno aggraziata di colei che è
adorna. dei suoi propri, se tali gioielli sono ugualmente preziosi e
finemente lavorati? Così le virtù dei Santi, di cui i fedeli bramano
essere rivestiti, sono loro comunicati con tale benevolenza, che
potranno goderne e rallegrarsene per tutta l'eternità, come se fossero
ricchezze loro proprie ».
Tali collane avevano splendore e sfumature varie, a seconda dei
desideri della divozione ed anche della scienza con cui ciascuno si
sforzava di ottenere l'amore di Dio. Le collane di coloro che avevano
umilmente chiesto le preghiere di Geltrude erano, per questa ragione,
scintillanti di bellezza particolare; e quantunque in altre avessero un
fulgore più vivo, perchè l'amor di Dia le infiammava maggiormente,
tuttavia mancavano dell'incanto speciale delle prime. Ciò dimostra che
qualsiasi bene, per piccolo che sembri, ottiene una ricompensa
speciale, se è compiuto con retta intenzione, mentre la minima
negligenza diminuisce il merito.
CAPITOLO L. - GRANDEZZA DEI SANTI AGOSTINO, DOMENICO,
FRANCESCO
Memore del grande pontefice Agostino, per il quale Geltrude aveva, fin
dalla prima infanzia, nutrito grande divozione, ringraziò
fervorosamente Dio per tutti i benefici che aveva a lui accordati. Il
glorioso Pontefice le apparve a fianco di S. Bernardo, nello splendore
di un'identica gloria, giacchè non gli è inferiore nè per la sublimità
della vita, nè per la soavissima abbondanza della dottrina. Agostino
stava davanti al trono della divina Maestà, adorno dell'incomparabile
bellezza della gloria celeste; e, come S. Bernardo, mandava dal suo
cuore fino alla profondità del Cuore divino, dardi infiammati, simbolo
dell'ardente eloquenza con la quale aveva eccitati gli uomini al divino
amore. Dalla, sua bocca scaturivano raggi brillanti come quelli del
sole che si spandevano nella vasta regione del cielo, per simboleggiare
l'opulenza della sacra dottrina, che l'eminente Dottore aveva
distribuito a tutta la Chiesa. Al di sopra di queî raggi, si curvavano
archi di luce meravigliosa, la cui prospettiva avrebbe affascinato
qualsiasi sguardo. Mentre Geltrude era in ammirazione davanti a quel
luminoso edificio, S. Bernardo le disse che i raggi degli insegnamenti
di S. Agostino rifulgevano con speciale incanto, perchè l'incomparabile
Dottore aveva sempre cercato, con parole e scritti, di diffondere gli
splendori della fede cattolica. Dopo lunghi; traviamenti nelle vie
tortuose dell'errore, Dio l'aveva richiamato misericordiosa. mente
dalle tenebre dell'ignoranza alla luce delle supreme verità; desiderava
pertanto, procurare la gloria del Signore, chiudendo agli uomini le vie
dell'errore e dell'ignoranza, per mostrar loro la stella della fede che
guida a salvezza eterna.
Geltrude allora chiese a S. Bernardo: « Nei vostri scritti non avevate
forse, Padre Santo, la stessa intenzione? ». Egli rispose: « In tutti i miei atti, parole,
scritti non ebbi altro fine che l'amor di Dio. Ma questo grande Dottore
era spinto a lavorare per la salvezza delle anime, non solo dall'amore
divino, ma anche per le disgrazie. della sua personale esperienza ».
Il Signore attrasse poi nel suo divin Cuore tutti i frutti di fede, di
consolazione, di scienza, di luce, d'amore che le parole di Agostino
avevano prodotto negli abitanti del cielo e della terra, per rimandarli
in seguito nel cuore del Santo, dopo d'aver loro conferito pregio
ineffabile nel contatto col suo divin Cuore. Quella dolce effusione,
avendo colmata la anima del Santo Dottore e penetratala fin nelle più
intime fibre di gioie celesti, inondò anche il suo cuore, e lo fece
vibrare quasi lira melodiosa. Come il cuore di S. Bernardo aveva
prodotto i suoni dolcissimi dell'innocenza e dell'amore, quello di S.
Agostino fece echeggiare le gradite modulazioni di una generosa
penitenza e di un'ardente carità. Sarebbe stato difficile dire quale
delle due armonie offrisse maggior incanto all'anima degli uditori
estasiati! S. Bernardo disse poi a Geltrude: « Queste sono le
modulazioni di cui è scritto: c Omnis illa Deo sacrata et diletta
civitas plena modulamine in laude (Inno alla festa della Dedicazione:
non è però citato parola per parola, ma solo nel significato generico).
Tutta questa sacra città cara a Dio, è piena di modulazione e di lodi
». Infatti i cori dei Santi cantano armoniosamente le lodi di Dio,
secondo la varietà delle loro, virtù.
Nella festa del glorioso S. Agostino, mentre al Vespro si recitava il
Responsorio « Vulneraverat charttas Christi », l'illustre Pontefice
apparve in piedi, raggiante di gloria, tenendo in mano il cuore, quel
suo santissimo cuore tante volte ferito col dardo della carità divina.
Egli parve aprirlo ed offrirlo a lode di Dio, come magnifica rosa che
doveva rallegrarlo coi suo profumo, allietando in pari tempo tutta la
Corte celeste. Geltrude salutò con divozione il venerabile Padre,
pregando per tutti quelli che le si erano raccomandati, e anche per le
anime che nutrivano particolare affetto verso il grande Pontefice.
Agostino, a sua volta, supplicò il Signore, perché i cuori che
desideravano, per i suoi meriti, d'infiammarsi d'amore di Dio,
potessero dilatarsi e diffondere un delizioso profumo davanti alla
divina Maestà a lode e. gloria della risplendentissima, adorabile
Trinità. Mentr'ella recitava divotamente il Mattutino, desiderò sapere
quale ricompensa riceverebbe S. Agostino per la disposizione che
manifesta nelle Confessioni quando dice che, durante la vita mortale,
non poteva saziarsi di gustare la dolcezza incomparabile che provava,
considerardo la magnificenza del piano divino nell'opera della salvezza
degli uomini. Il venerabìle Padre le apparve bentosto, in una gloria
meravigliosa, secondo la parola d'Isaia: « Laetitia sempiterna super
capita eorum - Una gioia sempiterna coronerà il suo capo» (Isaia XXXV,
10). Infatti un globo stupenda roteava velocemente sul suo capo,
offrendo a ogni istante, un'alternativa di colori che procurava al
beato Padre delizie spirituali ineffabili, le quali ne allietavano i
sensi corporei. Gli occhi erano affascinati dallo splendore delle
stelle che si staccavano da quel globo nelle rapide evoluzioni, e tale
vista lo ricompensava delle considerazioni con le quali, in terra,
aveva cercato in Dio ogni suo bene; le orecchie erano rallegrate
dall'armonia che si sprigionava dai movimenti del globo, e tale
godimento era la degna rimunerazione per avere costantemente orientato
verso Dio la sua sublime intelligenza. Per avere poi disprezzate le
gioie del mondo e cercato Dio solo, egli aspirava un'aria balsamica,
ricca di soavi fragranze; la sua bocca gustava squisitissimo miele, pet
avere offerto al Signore gradito soggiorno nel suo cuore. Sappiamo
infatti dalla parola del Saggio, che Dio trova la sua delizia nel cuore
dell'uomo.
Il globo, al quale abbiamo accennato, stillava sul santo Pontefice
dolce rugiada che lo penetrava di soavità celeste, ricompensandolo
delle immani fatiche sopportate per la glo. ria di Dio e il bene della
Chiesa con la santità della parola, degli scritti, degli esempi.
La Corte celeste gioiva per le delizie dell'incomparabile Pontefice, e
il gaudio da essa provato era tale, che sarebbe stato sufficiente per
rendere felici tutti gli uomini.
Il Signore disse in seguito a Geltrude: « Guarda come il mio diletto
splende in un candore più scintillante della neve, per la dolce umiltà
ed ardente carità! ». La Santa rispose meravigliata: « O mio Gesù, come
puoi affermare che questo Santo abbia una purezza più splendente della
neve? Egli è degno di venerazione per la santa sua vita, ma è pur vero
che rimase a lungo nell'eresia e contrasse molta macchie di peccato ».
Rispose il dolce Maestro: « Ho
permesso che rimanesse a lungo nell'errore, appunto per dare risalto
alle vie misteriose della Provvidenza, e alla paziente misericordia con
cui l'ho atteso a conversione. Volli così manifestare la mia bontà
infinita, e la tenerezza gratuita di cui ha sentito il decisivo
influsso ».
Dopo queste ineffabili parole, Geltrude considerò più attentamente la
bellezza luminosa del grande Dottore. I suoi abiti erano trasparenti
come il cristallo, ed attraverso a vari colori, si vedevano rifulgere
purezza, umiltà, amore.
Aggiunse allora Geltrude: « Mio Gesù, il dolcissimo San Bernardo che ti
ha amato così teneramente, non ha forse anch'egli posto in te ogni sua
gioia, come il fervente S. Agostino? Eppure, quando lo contemplai nella
sua gloria, non mi parve così completa ». Rispose Gesù: Ho
ricompensato generosamente Bernardo, mio eletto; ma la debolezza della
tua mente non può capire, nella sua realtà, la gloria del più piccolo
dei miei Santi, a maggior ragione non puoi cogliere l'ineffabile gaudio
di Santi così grandi. Pure per sodisfare ai tuoi pii desideri, ti
mostrerò i meriti di alcuno de' miei eletti. Questa vista ti farà
crescere nell'amore e capirai meglio che: « Vi sono molte mansioni
nella casa di mio Padre - In. Domo Patris met mansiones multae sunt »
(Giov. XIV, 2). Ti sarà inoltre svelato perchè si dice a lode di ogni
Santo « Non est inventus similis illi qui conservaret legem Excelsi -
Non si è trovato chi, come lui, osservasse la legge dell'Altissimo »
(Eccl. XLIV, 20) perchè non c'è nessun eletto che sia perfettamente
simile ad un altro e non abbia qualche sua caratteristica».
« Se è così - riprese Geltrude - o Dio di verità, degnati rivelarmi,
malgrado la mia miseria, qualche cosa che riguarda i meriti delle
vergini che ho tanto amato, fino dalla prima età: l'amabile Agnese e la
gloriosa Caterina ». Tale favore le fu accordato come già fu
detto al capitolo VIII e si dirà al capitolo LVII di. questo stesso
libro. La Santa, sempre smaniosa di cognizioni celesti, amò pure
conoscere qualche cosa dei meriti di S. Domenico e S. Francesco,
Fondatori illustri dei due Ordini religiosi che fecero rifiorire
meravigliosamente la Chiesa di Dio. Quei venerabili Padri le apparvero
raggianti di gloria stupenda, simile a quella di S. Benedetto, adorni
di rose vaghissime, e portando in mano un brillante scettro d'onore.
Essi assomigliavano al Santi Agostino e Bernardo, a motivo del loro
zelo per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la pratica delle
stesse virtù. Avevano tuttavia qualche differenza: S. Francesco
brillava per la grande umiltà, S. Domenico. per i suoi ferventissimi
desideri. Durante la S. Messa, mentre Geltrude s'inabissava in Dio,
pensando a ciò che doveva cantare, fu rapita in spirito all'inizio
della sequenza e trasportata davanti al trono della divina Maestà.
Allora tutti i Santi, per ricordare e celebrare le spirituali delizie
che aveva gustate nella notte precedente, contemplando la gloria del
grande Agostino e degli altri Santi di cui abbiamo parlato, le
cantarono i sei primi versi della sequenza: « Interni lesti guadia
nostra sonet harmonta - La nostra armonia fa prorompere le gioie della
festa interiore ». (Vedi in appendice questa magnifica sequenza).
Geltrude ad ogni accento, raccolse in cuore illustrazioni e delizie
speciali. Dopo il sesto verso tutti i Santi tacquero e invitarono la
Santa a cantare a sua volta i versi seguenti, per restituire loro la
gioia ch'essi le avevano procurata. Seguendo la sua abittr dine, ella,
sul divino liuto del Cuore di Gesù, cantò a lode dell'intera Corte
celeste « Beata illa patria - Quella felice patria» e i cinque versi
che seguono. Ascoltandola i beati comprensori vennero colmati di gioie
ineffabili.
In seguito Gesù, Sposo tenerissimo, accarezzandola dolcemente, le cantò
questi due versi: « In hac valle miseriae - In questa valle di miserie
» e c Quo mundi post exilia - U dopo l'esilio del mondo »: Nello stesso
tempo, come un eccellente Maestro, o per meglio dire, come amorosissimo
Padre, insegnò alla diletta sua figliola in quale modo avrebbe potuto
meritare le gioie eterne, applicandosi frequentemente quaggiù alle cose
di Dio. I cori angelici vennero a presentare al grande pontefice
Agostino i voti della Chiesa cantando « Harum laudum praecontà - Ciò
che proclamano queste lodi, ecc. », e tutti i Santi si associarono,
cantando.. i versetti che seguono, per glorificare Dio nel suo servo.
In quel frattempo il beato Agostino illuminava e rallegrava la Corte
celeste coi raggi della sua gloria. Ai due ultimi versi:. « Cujus sequi
vestigia - A seguire le sue tracce », il Signore, volendo esaudire la
preghiera del santo Pontefice, alzò la mano tracciando un ampio segno
di croce su tutti coloro che l'avevano onorato con devote lodi.
CAPITOLO LI. - NASCITA DELLA BEATA VERGINE MARIA
Nella Natività della beata Vergine, mentre Geltrude recitava tante Ave
Maria quanti giorni quella brillante Stella del mare aveva impiegato a
crescere nel seno materno, chiese quali favori otterrebbero le anime
che avessero compiuta la stessa divozione, con slancio d'amore.
Rispose la dolcissima Vergine: «Esse
divideranno meco ne' cieli, le gioie che ho ricevuto, e che ricevo
ancora per le virtù di cui la SS. Trinità volle abbellire ogni giorno
l'anima mia».
Durante l'antifona « Ave decus » ella vide aprirsi il cielo. Un
magnifico trono, portato dagli angeli, venne deposto in mezzo ai coro.
Su di esso la celeste Regina si sedette maestosamente, mostrando col
viso dolce e amabile che era pronta a esaudire i desideri della
Comunità. I Santi Angeli circondavano il trono e lo sorreggevano con
riverenza, prodigando ferventi omaggi alla degnissima Madre del loro
Signore. La falange innumerevole degli spiriti celesti si unì ai due
cori salmodianti, lodando cogli stessi inni la Sovrana di gloria. Un
Angelo stava davanti a ciascuna persona portando un ramo fresco e
verdeggiante; questi rami producevano fiori e frutti vari, secondo le
disposizioni dellapersona davanti alla quale era collocata. Quando
tutto fu finito, gli Angeli volarono a portare festosamente i rami
fioriti alla Vergine Maria, e si dìsposero con rispetto intorno al
trono della grande Regina per aumentarne la gloria e la bellezza.
Geltrude chiese allora alla Madre di Dio: « Ahimè, dolcissima Signora,
come sono triste di non poter salmodiare le tue lodi con i cori
angelici ». L'amabile Vergine rispose: « La tua buona volontà, figlia mia,
supplisce a tutto ed il fervore col quale hai assistito al Vespro per
onorarmi, usando secondo la tua abitudine, del melodioso istrumento del
dolcissimo Cuore di Gesù, sorpassa di molto ogni omaggio esteriore. Per
dartene prova evidente voglio io stessa presentare alla SS. Trinità
sempre adorabile, come offerta preziosissima, il ramoscello che la tua
buona volontà ha adornato dei fiori più belli e dei frutti più squisiti
».
Durante Mattutino ella vide in spirito come i Santi Angeli riunivano
fiori e frutti, cioè le diverse intenzioni, preghiere, sacrifici della
Comunità, per offrirli devotamente alla Vergine Maria; i fiori erano
più belli, vaghi, fragranti a seconda che ciascun'anima aveva
maggiormente lottato e sofferto, con intenzione più pura. Al Gloria
Patri del IV Responsorio; Geltrude lodò l'Onnipotenza del Padre, la
Sapienza ammirabile del Figlio, la sorprendente Bontà dello Spirito
Santo, per la quale l'adorabile Trinità ha potuto, saputo. e voluto
formarsi una Vergine così colma di grazia, comunicandole, per la
salvezza del genere umano, l'abbondanza della sua beatitudine.
Si levò allora la Madre di Dio, e ponendosi davanti alla SS. Trinità,
chiese per Geltrude, da parte dell'Onnipotenza, della Sapienza e della
Bontà divina, tutte le grazie possibili a riceversi da una creatura in
questa vita. L'adorabile Trinità, accogliendo favorevolmente tale
supplica, diede alla Santa una celeste benedizione che la irrorò di
mistica rugiada. Al canto dell'antifona: « Quam pulchra es! » Geltrude
impossessandosi del Cuore di Gesù, l'offrì a gloria della sua dolce
Madre. L'amabile Gesù, figlio unico del Padre, nella sua bontà, mostrò
alla sua eletta quanto tale azione gli fosse gradita, e le disse
salutandola con un cenno del capo: « A suo tempo ti restituirò nella
mia regale munificenza, l'onore che mi hai dato, lodando in mio nome,
la Regina del cielo ».
Durante l'antifona: « Adest namque Nativitas - Ecco la Natività » alle
parole « Ipsa intercedat pro peccatis nostris - Ch'Ella interceda per i
nostri peccati » la Madre di Dio parve offrire riverentemente al suo
divin Figlio un rotolo che gli Angeli le avevano presentato, e sul
quale erano scritte a caratteri d'oro queste parole: « Ipsa intercedat
». Il Figlio di Dio rispose con tenerezza: « In virtù della mia
Onnipotenza, o Madre venerata, io ti accordo il potere di ottenere
propiziazione, come meglio crederai, per i peccati di coloro che
implorano il tuo soccorso ».
Durante la S. Messa, mentre alla sequenza: Ave praeclara, si cantavano
le parole: « Ora Virgo nos illo pane coeli dignos effici - Domanda, o
Vergine, che siamo resi degni di questo Pane del cielo », la Sovrana
celeste si volse verso il Figlio suo, con le mani giunte, lo sguardo
pieno di tenerezza, supplicando grazie per coloro che l'invocavano. Il
Signore benedisse tutte quelle anime, con un salutare segno di croce
per prepararle a ricevere e a conservare il Sacramento vivificante del
suo Corpo e del suo Sangue.
Al versetto « Audi nos, nam te Filius nihil negans honorat - Ascoltaci,
perchè il tuo Figlio si onora di nulla negarti», la gloriosa Vergine
parve assidersi a lato di Gesù, su di un trono elevato. Geltrude le
chiese: « Perchè mai, o Madre di misericordia, non preghi per noi? ».
Ella rispose: «Parlo per
voi, cuore a cuore, col mio diletto Figliolo»: In seguito
venne ripetuto il medesimo versetto. Allora la celeste Sovrana stese la
sua dolce mano sulla Comunità, poi si alzò, come attratta dai desideri
di ciascun'anima, che accolse e presentò a Gesù.
Al versetto seguente: « Salva nos, Jesu, pro quibus Virgo Mater te orat
- Salvaci, Gesù, perchè la Vergine Maria prega per noi », il Signore si
alzò a sua volta, si chinò con bontà sulla Comunità e disse: «Eccomi
pronto ad esaudire ogni vostra desiderio ».
Mentre Geltrude, felice per la solennità di quel giorno, meditava
diversi pensieri, non sapendo quali scegliere, disse alla Madre di Dio:
« I motivi per rallegrarci in questa tua gloriosa Assunzione sono
innumerevoli, vorrei però sapere dalla tua bontà come gli Angeli in
cielo celebrano la solennità della tua nascita, perchè la nostra
divozione in terra ne abbia valido accrescimento».
Rispose Maria: « Gli
Angeli nella gloria celeste mi ricordano, con gaudio immenso; le gioie
ineffabili che gustarono durante i nove mesi che vissi nel seno di mia
Madre, crescendo di giorno in giorno, sotto, la loro vigile custodia.
Essi infatti vedevano, nello specchio della SS. Trinità, la dignità
incomparabile del corpo che allora si andava formando,
quale strumento di cui il Signore si sarebbe servito per la
salvezza dei mondo; così si facevano un piacere di contribuire al mio
sviluppo, diffondendo influssi divini nell'atmosfera e su tutto quello
che poteva. influire al mio nutrimento nel seno materno. Gli Arcangeli
contemplando nello specchio della Divinità, la sublimità delle mie
cognizioni divine, l'intimità e l'unione eccezionale alla quale la mia
anima era preparata con attitudini superiori agli Angeli e agli uomini,
mi offrivano festosamente il loro ministero. Anche le altre Gerarchie
vedendo la somiglianza che avrei avuto con ciascuna di esse, mi
offrivano amorosamente i loro servizi a gloria del Creatore. Ora sono
ricompensati in cielo, ove. gustano gioie eteme ».
A Compieta, durante la Salve Regina, Geltrude si pentì della negligenza
usata nel culto: alla gran Madre di Dio, e pregò Gesù di supplire per
lei. Offerse adunque l'antifona per mezzo dei Cuore di Gesù il quale,
dirigendo i suoi affetti verso la dolce sua Madre, le presentò tante
cannule d'oro quante erano le brame di Geltrude di onorarla. La
tenerezza filiale di Gesù per Maria vibrava deliziosamente in quegli
strumenti, supplendo ad ogni negligenza della Santa.
Noi pure possiamo ottenere dal misericordioso Redentore, tale
supplemento, recitando la preghiera seguente, o altra consimile.
« O dolce Gesù, in nome di quell'amore che ci hai dimostrato,
degnandoti di rivestirti della nostra carne e nascere dalla più pura
delle Vergini, per supplire a ciò che manca a noi, povere creature, ti
scongiuro di riparare per mezzo del tuo dolcissimo Cuore, le colpe
tante volte commesse nel culto e servizio della Madre tua, la quale in
tutti i bisogni non ha mai cessato di farmi provare la sua clemenza e
bontà. Per mostrarle degna riconoscenza, ti prego, amatissimo Gesù, di
offrirle il tuo dolcissimo Cuore colmo di beatitudine; mostrale in esso
quel divino amore col quale fin all'eternità l'hai preferita ad ogni
creatura, scelta per tua Mardre, preservata dalla macchia orginale,
ornata di tutte le virtù e di tutte le grazie. Rappresentale tutta la
tenerezza con la quale l'hai accarezzata nella tua infanzia mentre ti
riscaldava nel suo seno materno.
Mostrale ancora quella fedeltà con cui l'hai obbedita in tutto, quale
figliolo, Tu che sei il regolatore del cielo e della terra. Tale
fedeltà le dimostrasti soprattutto nell'ora di morte, quando dimentico,
per così dire, dei tuoi dolori, compatisti con ineffabile tenerezza la
sua desolazione, dandole un difensore e figliuolo, S. Giovanni.
Finalmente rappresentale quell'inesprimibile amore che le dimostrasti
nel conferirle quella sublime dignità che il giorno dell'Assunzione la
innalza al di sopra di tutti i cori degli Angeli, costituendola Regina
dei cielo e della terra. Fa, o buon Gesù, ch'Ella ci sia Madre
propizia, in vita e, nell'ora di morte, protettrice e amabilissima
Avvocata ».
Mentre Geltrude invocava il soccorso della celeste Madre con queste
parole: « Efa ergo advocata nostra » le sembrò che la Vergine fosse
attratta verso di lei da una forza potente, perchè tutte le volte che
s'invoca Maria col titolo di Avvocata, la sua tenerezza materna si
commuove in modo tale, da non poter nulla rifiutare.
Alle altre parole: « illos tuos misericordes oculos », la Vergine prese
la testa del suo Figlio e la inchinò dolcemente, verso la Santa,
dicendo: « Eccoti i miei occhi misericordiosi, io li flssai su coloro
che m'invocano per ottenere frutti di vita eterna ».
Il Signore si degnò d'insegnare a Geltrude a ripetere, almeno una volta
al giorno, l'invocazione: « Efa ergo advocata nostra, illos tuos
m.isericordes oculos ad nos converte », assicurandole un potente
soccorso per l'ora di morte.
La Santa offrì allora alla beata Vergine centocinquanta Ave Maria,
recitate in suo onore, per ottenere la sua assistenza e tenerezza
materna nell'ora del trapasso. Vide tosto quelle preghiere sotto forma
di monete d'oro, offerte al Giudice supremo il Quale, a sua volta, le
presentava alla Madre sua. Essa le riceveva da fedele economa e le
metteva in serbo a una a una per profitto e conforto di Geltrude, la
quale all'uscire da questo mondo avrebbe ricevuto dal Giudice divino
tante consolazioni quante preghiere aveva offerto alla Madonna.
Comprese ancora Geltrude che, se un'anima raccomanda la sua ultima ora
ad un Santo qualsiasi con suppliche speciali, quelle preghiere vengono
subito portate al tribunale del Sovrano Giudice e il Santo, che le ha
ispirate, ne diventa il custode per mutarle in grazie da dare, al
momento opportuno, al suo cliente.
CAPITOLO LII. - DIGNITA' DELLA SANTA CROCE
Nel giorno dell'Esaltazione della santa Croce; mentre Geltrude
s'inchinava per onorare il sacro legno, Gesù le disse: «Vedi come onoro questa Croce,
eppure non vi fui sospeso che dall'ora di Sesta a quella del Vespro!
Capisci da ciò come ricompenserò i cuori nei quali ho riposato anni
interi». Rispose la Santa: «Ahimè, Signore, ben poche
delizie ti ho procurato nel mio cuore! ». E Gesù: « Provai forse
delizie su questo duro legno? Ma io l'onoro perchè nella mia gratuita
bontà, l'ho scelto a preferenza di altro: così coloro che dalla stessa
mia bontà furono scelti, saranno da me largamente ricompensati».
Mentre assisteva alla S. Messa, il Signore si degnò di istruirla: « Mira, o figlia, quali esempi
propongo ai miei eletti, in questi onori resi alla croce: innalzo la
croce, la corona di spine, la lancia che servirono per il mio
supplizio, a dignità maggiore degli altri oggetti creati che hanno
servito per le necessità della mia vita, per esempio dei recipienti nei
quali fui lavato durante l'infanzia ecc. Desidero che coloro che amo
imitino tale condotta, cioè che, per la mia gloria e per loro personale
vantaggio, mostrino un'affezione più grande ai loro nemici che agli
amici; ne ritrarranno profitto incomparabilmente maggiore. Se talora
poi, essendo offèsi, dimenticano al momento di rendere bene per male, e
soltanto più tardi si sforzano di rispondere alle offese coi benefici,
non saranno per questo meno graditi al mio sguardo, perché Io stesso ho
lasciato per qualche tempo la croce nascosta sotto terra per esaltarla
poi in seguito »; ed aggiunse: « Amo tanto la Croce soprattutto
perchè fu lo strumento con il quale raggiunsi l'oggetto dei miei più
ardenti desideri: la redenzione del genere umano! Così i miei devoti
serbano particolare affezione per i luoghi e per i giorni nei quali
hanno meritato di ricevere più abbondantemente la mia grazia ».
Siccome Geltrude cercava con gran desiderio di procurarsi qualche
reliquia della Santa Croce sì cara a Gesù, bramando di onorarla per
attrarre maggiormente la tenerezza del Salvatore, sentì dirsi dal
diletto suo Sposo: « Se vuoi avere delle reliquie che possano rivolgere
amorosamente il mio Cuore verso coloro che le posseggono, leggi la mia
Passione e considera le parole che ho detto con un più grande amore:
scrivile, figlia mia, e custodiscile come preziose reliquie.
Meditandole spesso meriterai di ricevere le mie grazie più facilmente
che se tu possedessi altre reliquie. Anche se la mia ispirazione non
t'illuminasse su questo punto, tu potresti con la sola ragione
rendertene persuasa; infatti un amico che volesse ricordare all'amico
suo l'antica tenerezza gli direbbe: « Ricordati dell'amore grande che
mi dimostrasti, quando mi dicevi quelle tali parole »; e non gli
ricorderebbe certo nè l'abito che indossava, nè il luogo del suo
incontro. Credi dunque che le reliquie più eminenti che di me si
possano avere in terra, sono le parole che esprimono la più dolce
affezione del mio Cuore».
Geltrude supplicò un giorno il Signore di darle la grazia di compiere
il digiuno, che i Religiosi praticano a metà dell'anno. Gesù le rispose
con bontà: « Quando un
Religioso,. spinto dallo zelo per l'osservanza della Regola, si
sottomette volontieri e con amore al digiuno, cercando non la sua, ma
la mia gloria, Io, benchè non abbia bisogno alcuno dei vostri doni
(Sal. XV) accetto quei digiuni come un re che gradisce l'opera di un
suo vassallo, che ogni giorno lo serve a mensa. Forse quel Religioso
dovrà in seguito interrompere il digiuno; ma, se, rimpiangendo di non
poter perseverare, obbedisce al suo Superiore e con umile buona volontà
inalza verso di me l'aníma sua, affermando che, per amor mio avrebbe
voluto osservare la Regola, ma obbedisce volontieri in unione alla
docilità che mi ha sottomesso agli uomini per la gloria del Padre,
gradirò molto il suo modo di agire; proprio come un amico seduto a
tavola di un amico, si commuove per i mille riguardi che gli vengono
usati ed è contento se chi l'ospita vuol gustare, prima di tutti, i
cibi che vengono serviti.
« Se un Religioso nello
slancio del suo fervore, digiuna contro il volere del Superiore, e poi
ritorna a me pentito col proposito di correggersi, io l'accolgo con la
stessa bontà di un re che perdona a un fedele capitano il quale, nella
foga del combattimento l'aveva leggermente ferito ».
In quello stesso giorno dell'esaltazione della Santa Croce, Geltrude
all'Elevazione del Calice, offerse al Signore le prove della Comunità e
ne ricevette questa risposta: «Sì, io berrò questo calice che il vostro
amore ha colmato di dolcezza. Ogni volta che voi me l'offrirete, Io lo
berrò, fino a quando mi abbiate così inebbriato, da esaudire ogni
vostra richiesta ». La Santa chiese: « In che modo possiamo offrirti il
Calice? ». Rispose Gesù che ogni anima, confessando la sua miseria,
deve presentarlo al Signore in lode eterna; è bene anche che,
rimproverandosi di non avere ricevuto Gesù con fervore convenìente, si
disponga a sentire volentieri fino alla morte, tutto l'ardore che un
cuore umano può provare, bramando il Cibo Eucaristico. In tale modo
potrà offrire a Dio un calice, il cui contenuto vincerà in squisitezza
il nettare ed il balsamo.
Comprese Geltrude che, quando una persona è impedita di comunicarsi, o
di fare altro bene, può supplire, offrendo a Dio questa preghiera: « O
torrente che scorri dalla sorgente della vita, pienezza dell'essere! io
presento alla tua sete la misera gocciolina della mia indigenza,
dolente di dover privarmi del Cibo celeste, interrompendo il fluire
della divina grazia! O creatore e Redentore del mio essere, poichè a Te
solo è dato, per la tua gloria, compiere le cose impossibili, degnati
di mettere in accordo perfetto il mio cuore con le mie parole. Io mi
offro volontieri a Te per raccogliere nell'anima mia fino al giorno
della morte, i tormentosi desideri che il cuore umano ebbe a sentire
per Te dal principio del mondo sino alla fine dei tempi. Te lo domando
affìnchè tu possa trovare gradita dimora in me. Ti ripagherò così delle
grazie ineffabili che tante volte hai offerto agl'indegni ed
agl'ingrati ».
CAPITOLO LIII . - NELLA FESTA DI S MICHELE ARCANGELO E DEL
CULTO DEGLI ANGELI
Un giorno, nel quale Geltrude doveva comunicarsi, in vicinanza della
festa di S. Michele, mentre meditava sull'aiuto che la generosità
divina le prodigava per mezzo del ministero angelica, offerse al
Signore il Sacramento vivificante del suo Corpo e del suo Sangue, per
ripagarlo di tanto beneficio. «Amatissimo Gesù, disse la Santa, ti
offro questo ammirabile Sacramento in onore dei Principi della tua
Corte, in accrescimento della loro gioia, gloria, beatitudine». Allora
il Signore, attirando in modo meraviglioso e unendo alla sua Divinità
il Sacramento che Gli era offerto, diffuse sugli spiriti angelici tali
delizie che, se non fossero stati già nella beatitudine, quell'offerta
sarebbe bastata a renderli felici.
I diversi cori degli Angeli vennero successivamente a salutarla con
rispetto, dicendo: « Hai fatto bene a onorarci con questa offerta,
perchè noi vegliamo su di Te con tenerezza affatto speciale ». L'ordine
degli Angeli diceva: « Noi vegliamo con gioia giorno e notte alla tua
custodia, impedendo che tu perda alcuno di quei favori che possono
prepararti convenientemente all'arrivo dello Sposo ». Geltrude
ringraziò Dio e quegli Spiriti eletti: però bramava conoscere, fra gli
Angeli, quello che era preposto alla sua custodia. Or ecco apparirle un
Angelo come, un nobile principe, così sfarzosamente adorno da non poter
essere paragonato a nessuna bellezza terrena. Con un braccio circondava
il Signore, con l'altro stringeva a sè Geltrude. Egli disse: «
Incoraggiato dalla lunga intimità con la quale così sovente ho
inclinato lo Sposo divino verso quest'anima, e sollevato Geltrade fino
a Lui, in un slancio di spirituale letizia, oso avvicinarmi in questo
momento ». La Santa presentò allora all'Angelo le preghierine che aveva
recitato in suo onore. Egli le ricevette con gioia, e le offerse come
magnifiche rose brillanti di freschezza alla SS. Trinità sempre
adorabile.
Vennero poi gli Arcangeli che, salutando l'anima affettuosamente,
dissero: « Noi vogliamo, o Sposa privilegiata di Cristo, svelarti
intimamente e nella misura delle tue possibilità, i misteriosi segreti
di Dio che conosciamo nello specchio della scienza divina, e che sono
più utili alla tua anima ». Le Virtù, alla loro volta, dissero: « Noi
ti serviremo devotamente in tutto ciò che farai per la gloria e la lode
di Colui che è tuo Signore e nostro, con meditazioni, scritti, parole ».
Le Dominazioni aggiunsero: « L'onore del Re ama la giustizia, il cuore
trasportato dalla carità non conosce il freno della ragione: così tutte
le volte che il Re di gloria gusterà le sue delizie riposando
nell'anima tua, e tu ti sentirai portata a Lui dagli slanci dell'amore,
noi tributeremo omaggi alla sua Maestà, affinchè la sua gloria sovrana
non soffra detrimento e non manchi di nessun onore ».
I Potentati affermarono: « Noi ben sappiamo la stretta unione ch'esiste
Tra te e il tuo Diletto: così veglieremo continuamente a respingere gli
ostacoli interni ed esterni che potessero turbare questi dolci
trattenimenti, giacchè tale mistico commercio allieta la Corte celeste
e tutta la Chiesa. Sappi che un'anima amante può ottenere da Dio
maggiori grazie di salvezza per i vivi e per i morti, che migliaia di
altre anime poco ferventi».
Geltrude ringraziò con ardore Dio e gli Spiriti celesti per questi
favori e per molti altri che la debolezza umana non ci permette di
raccontare. Bisogna in tutto abbandonarsi alla divina bontà che sola
conosce ogni cosa con chiarezza perfetta.
CAPITOLO LIV. - NELLA FESTA DELLE UNDICIMILA VERGINI
Nella notte della festa, delle undicimila vergini, Geltrude, sentendo
ripetere tante volte durante l'ufficio quelle parole « Ecce Sponsus
venit: Ecco lo Sposo che viene » ne fu infiammata di fervore e disse a
Gesù: «O desideratissimo Signore, ho sentito ripetere queste parole «
Ecco lo Sposo che Viene. Dimmi te ne prego, come verrai e che cosa mi
porterai»? Rispose Gesù: «
Opererò con te e in te: ma dov'è la tua lampada? » Ed ella
« Ecco il mio cuore che mi servirà di lampada ». Il Salvatore aggiunse:
« Io la riempirò con
l'olio del mio divin Cuore». Geltrude insistette: « Quale
sarà, mio Gesù, il lucignolo di questa lampada?» « Il lucignolo »
spiegò l'amabile Maestro « sarà
l'intenzione fervorosa che arderà dolcemente, dirigendo verso di me le
tue azioni ». Alle parole « Perpes corona virginum dei
Responsorio » « Verae pudicitiae auctor ». Geltrude ringraziò il
Signore per i meriti di quelle vergini e per i favori da esse ricevuti.
Ella le vide in bianca falange intorno al trono del Signore, dirigendo
verso di Lui, raggi splendenti, simbolo della loro gratitudine. Gesù
assorbiva quei raggi che poi rifletteva su Geltrude, la quale l'aveva
ringraziato per quelle vergini. La Santa comprese allora che quando si
ringrazia Dio per la gloria di un Santo, il Signore attinge nei meriti
di quell'eletto tesori di grazie, per arricchire l'anima che ha saputo
rendergli lode.
Mentre si cantava il Responsorio: Regnum mundi, alle parole: « quem
vidi, quem amavi: che ho visto, che ho amato » ella si ricordò di una
persona che era tormentata dalla brama di vedere Dio. Disse allora a
Gesù: « Quando mai, o benignissimo Signore, consolerai quell'anima in
modo che possa cantare con gioia questo Responsorio? ». Egli rispose «
Vedermi, amarmi, credere in me è un così gran bene; che nessuno può
farlo senza profitto. Quantunque, per la debolezza dell'umana natura,
l'anima bramosa di vedermi non può ottenerlo quaggiù, Io però la
rimunererò generosamente; infatti la mia Umanità viene, in nome di
quest'anima che è Sua sorella, a trovare la Divinità ed a ricevere il
gaudio di cui ha diritto e che un giorno, quando la creatura sarà
liberata dagli impacci della carne, le trasmetterà per farla godere
eternamente ».
Un'altra notte mentre si cantava lo stesso Responsorio Regnum mundi,
alle parole: « propter amorem Domini mei: per l'amore del mio Dio »
ella sentì che il divin Cuore era così dolcemente commosso per la
divozione di coloro che cantavano, da farlo prorompere in queste
parole: « Sì, riconosco di dover generosamente ricompensarle, perchè mi
servono con tutte le forze ».
Alla parola Gesù che vuol dire salvezza, il Signore si riconobbe ancora
in debito con quelle anime e s'impegnò di perfezionare l'opera della
loro salute, come esse l'avevano bramata fino dalla prima età: dovevano
però attendere il momento fissato dalla sua paterna Provvidenza. Alla
parola Christi, che significa unzione; il Signore propose di accordare
a loro tutta la divozione che avevano desiderato e che non avevano
ancora potuto ricevere.
Alle parole, quem vidi, quem amavi, il Signore dichiarò davanti al
Padre celeste ed a tutti i Santi, che quelle anime ferventi avevano,
per suo amore, confessato la fede cattolica, praticando opere di
giustizia. Alle altre parole: « in quem credidi, quem dilext: in cui ho
creduto e che ho amato », attestò che veramente le erano unite con
forti legami di salda speranza e perfetta carità.
Geltrude chiese allora: « Ahimè, Signore, che darai alle Monache che in
questo momento non sono presenti al coro? ». Rispose Gesù: « Ho attirato in me stesso e
nell'anima delle Religiose presenti, la divozione di tutti coloro che
hanno gustato soavi delizie in questo responsorio; con esse ho
benedetto anche le Monache assenti ».
Geltrude insistette: « Poiché si possono acquistare beni sì grandi con
tanta facilità, cosa perdono le negligenti, che non usano mezzi così
semplici per riparare le loro colpe? ». Gesù amabilmente spiegò: «
Quando un sovrano accorda a uno dei suoi baroni, grandi ricchezze,
abiti sfarzosi ed altri tesori, si mostra, a detta di tutti, re
generoso. Se anche il beneficato trascura l'amministrazione dei beni
che ha ricevuto, esponendosi a grandi pericoli e alla rovina, pure il
sovrano, nella sua bontà, non gli toglie i regali della sua gratuita
munificenza. Così quando io ricompenso un po' di divozione con grandi
tesori, bramo che gli uomini li traffichino con zelo; se non lo fanno,
perdono il frutto dei miei benefìci. Tuttavia lo splendore e la
grandezza della bontà con cui li avevo arricchiti, senza. alcun merito
da parte loro, brillerà in essi a mio onore e gloria». Aggiunse la
Santa: « Signore, coloro ai quali non hai nulla rivelato, nè su questo
nè su altri soggetti, possono guidarsi saggiamente?». Rispose Gesù: «
Essi sono obbligati a praticare quello che capiscono, non foss'altro
imitando gli altri, perchè dò loro sempre luce sufficiente per
dirigersi bene. Colui però che riceve una scienza più elevata, è
maggiormente obbligato alla riconoscenza e alla santità. Se per
negligenza, e con pieno consenso, trascura di far fruttificare con zelo
e riconoscenza le grazie comuni a tutti, oppure i doni particolari, si
espone al pericolo di eterna dannazione».
Un'altra volta, durante il responsorio, Regnum mundi, Geltrude vide
comparire una turba di demoni che si posero a lato dei due cori,
durante la salmodia: ciascuno di essi faceva brillare allo sguardo
delle Religiose le seduzioni delle mondane vanità. Quando però la
Comunità cantò con slancio d'amore: « Regnum mundi et omnem ornatum
saeculi contempsi - Ho disprezzato il regno del mondo e gli ornamenti
del secolo» i demoni, confusi e terrorizzati, si precipitarono altrove,
come un branco di cani arrabbiati, sui quali si fosse gettato acqua
bollente. La Santa comprese che quando un'anima, ricca d'amore,
disprezza sinceramente il regno del mondo e tutte le vanità che il
nemico del genere umano le presenta, la potenza diabolica
s'affievolisce, si annienta; nè osa più tentare l'uomo che, avendo
resistito una volta con tanto valore, ha riportato splendida vittoria.
CAPITOLO LV . - NELLA FESTA DI TUTTI I SANTI
Nella festa di tutti i Santi, Geltrude ebbe illustrazioni speciali che
le svelarono i misteri ineffabili riguardanti la gloria della SS.
Trinità, facendole comprendere come Essa che non conosce nè principio
nè fine, sovrabbondi di beatitudine e procuri a tutti i Santi gaudio,
letizia, onore eterno. Non le fu possibile però esprimere ciò che aveva
visto tanto lucidamente nello specchio della divina chiarezza; quindi,
servendosi di una specie di parabola, rivelò solo quanto segue.
Il Signore delle virtù, il Re di gloria le apparve, simile a
potentissimo Padre di famiglia che, avendo preparato un sontuoso
banchetto per i grandi e i principi della corte, vuole invitare anche
amici, conoscenti vicini. Infatti, per premiarre l'onore e la divozione
con cui la Chiesa festeggia in questo giorno tutti i Santi; Colui che è
la sorgente di vita, il principio dell'eterna luce, la sazietà degli
angeli, l'autore di tutte le bontà, sembrava introdurre i membri della
Chiesa militante fra i cori dei Santi trionfanti nei cieli, dando a
ciascuno il posto meritato.
Per esempio, coloro che vivevano perfettamente e col santo timore di
Dio nello stato del matrimonio, erano posti fra i Patriarchi; le anime
invece che meritarono di conoscere i segreti dei misteri di Dio, erano
messe in compagnia dei Profeti; le persone addette alla predicazione e
all'insegnamento delle sante dottrine, si trovavano con gli Apostoli,
così Ella vide nel coro dei martiri, le Religiose fedeli alla loro
Regola. Siccome poi i martiri splendono di una speciale bellezza, e
gustano delizie particolari nei membri che hanno maggiormente sofferto
per il Signore, così le Religiose sono in cielo a fianco dei martiri e
condividono le loro ricompense per le mortificazioni che seppero
imporre ai loro sensi. Infatti la mano del carnefice non fece loro
versare il sangue, ma nell'olocausto continuo della loro volontà, esse,
con la spada di una perseverante mortificazione, seppero fare qualche
cosa di più grande, ed offersero ogni giorno a Dio un sacrificio di
gradito olezzo.
Prima della S. Comunione, S. Geltrude pregò per la Chiesà; ma non
provando alcun sentimento di divozione, domandò al Signore di darle il
gusto della preghiera, purchè tale fosse la sua Volontà. Bentosto ella
vide apparire diversi colori, cioè il candore della verginale purezza,
il colore giacinto dei confessori, la porpora dei martiri, ed altri
simboleggianti i meriti degli eletti.
Geltrude volle anch'essa avanzarsi verso Gesù, ma nessun colore le
prestava i suoi fulgori. Allora, guidata dallo Spirito Santo che
insegna all'uomo ogni scienza (Gal. XCIII, 10), ella ringraziò Dio per
tutte le persone inalzate all'onore della verginità, domandandogli per
quell'amore che lo ha fatto nascere da una Vergine, di volere per la
sua gloria, custodire in perfetta purezza di anima e di corpo, tutti
coloro che ha chiamati nella Chiesa al decoro della verginità. Ella
vide allora l'anima sua adorna del candore verginale.
Ringraziò poi il Signore per la santità di tutti i Confessori e
Religiosi, nei quali Egli si è compiaciuto, fin dall'inizio del mondo,
pregandolo di sorreggere nel bene, sino alla, morte, tutti coloro che
nella S. Chiesa militavano sotto l'abito religioso: in quel mentre
l'anima sua fu rivestita dal colore giacinto. Ringraziò in seguito per
le diverse gerarchie dei Santi, pregando per la fecondità della Chiesa,
e la sua anima fu adorna dei colori propri a ciascuna di esse. Infine
ringraziò e pregò con fervore per tutte le anime che amano Dio, e venne
rivestita da un manto d'oro. Si presentò allora al Signore
splendidamente adorna dei meriti della Chiesa ed il Signore, rapito a
tanta bellezza, disse ai Santi: « Guardate. colei che a me si presenta
con un paludamento aureo, fulgido dei più ricchi colori».
Poi aperse le braccia e la strinse al Cuore, sostenendola con grazie
speciali, perchè potesse gustare quelle delizie che superavano le umane
forze.
Il momento della S. Comunione si avvicinava. Geltrude, estremamente
debole, disse al Signore: « O mio Diletto, come potrò io avvicinarmi
alla Mensa Eucaristica, così priva di forze come sono, tanto più che
non pregai nessuno di aiutarmi? ». Rispose Gesù: « Hai forse bisogno dell'aiuto
umano mentre sei appoggiata a me, tuo Diletto, che ti porto fra le
braccia della mia divina potenza? Io stesso ti darò la forza di
camminare e di sostenerti in piedi ». Infatti venne
sorretta dalla grazia, ed ella che da gran tempo non poteva stare
ritta, nè fare un passo senza aiuto, si alzò e si diresse spedita a
ricevere il Corpo del Signore. Saziata dal cibo celeste, divenne un
solo spirito con Dio.
CAPITOLO LVI. - NELLA FESTA DI S. ELISABETTA
Nella festa di S. Elisabetta, mentre nella Sequenza si cantavano le
parole: « Eia mater, nos agnosce: O Madre riconosceteci » Geltrude
salutò devotamente la Santa, pregandola di ricordarsi di lei, malgrado
la sua miseria. Essa rispose « Ti
vedo nello specchio dell'eterna chiarezza, ove brillano magnificamente
le intenzioni che dirigono le tue opere ». S. Geltrude
aggiunse: « O nobile Signora, dimmi, non diminuisco io forse la tua
gloria quando, cantando le tue lodi in questo giorno solenne, non
faccio alcuna attenzione a Te, per orientare tutti i miei pensieri
verso Colui che ti ha dato tanti privilegi e tanto bene? ». Rispose S.
Elisabetta: « Al contrario cotesta tua maniera di fare mi riesce
graditissima, perchè l'armonioso suono degli strumenti musicali, ha
maggiore pregio del belare delle pecorelle e del muggito dei buoi ».
CAPITOLO LVII. - NELLA FESTA DI S. CATERINA, VERGINE E
MARTIRE (25 NOVEMBRE)
Nel giorno di S. Agostino il Signore spiegò a Geltrude le parole: « Non
est inventus simili illi: Non si trovò nessuno simile a Lui » (Eccl.
XLIV, 20), e le mostrò i meriti di parecchi Santi. Allora Geltrude lo
supplicò di farle conoscere la gloria e i meriti di S. Caterina,
ch'ella prediligeva fino dall'infanzia.
Il Signore esaudì le sue brame, e le mostrò la Santa su di un trono
così smagliante che, se in cielo non ci fossero state regine anche più
potenti, lo splendore di quella Santa sarebbe bastato per abbellire
l'intero paradiso.
Si vedevano vicino a Lei, più in basso, i cinquanta filosofi su cui
aveva trionfato con divina sapienza e che aveva guidato al cielo. Tutti
tenevano in mano preziosi scettri d'oro e ne appoggiavano l'estremità
sugli abiti della Santa, quasi per adornarli con ammirabile guarnizione
di aurei fiori. In tali fiori erano rappresentate le fatiche che quei
filosofi avevano sopportato, per l'acquisto della vera sapienza. Essi
offrivano l'omaggio dei loro lavori all'illustre vergine, perchè li
aveva ritirati dalla vana scienza, per condurli alla grazia della fede,
con genialità di sforzi e sapienza divina. Il Signore dispensava baci
tenerissimi all'illustre vergine e le comunicava, col suo alito, le
delizie attinte dalla divinità nei cuori di tutti coloro che avevano
celebrato in terra la festa della grande Martire. (La stessa cosa, a
suo luogo, abbiamo riferito di S. Agnese). La corona, posta sulla testa
di S, Caterina, era adorna di fiori freschissimi, che parevano
irradiare il loro profumo sui devoti della Santa.
CAPITOLO LVIII. - FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA
Nella festa della Dedicazione della Chiesa, mentre si recitavano a
Mattutino quelle parole: « Regina Saba venit ad Regem Salomonem - La
regina Saba andò a trovare il re Salomone » e « cum gemmis virtutum -
con perle di virtù », Geltrude fu tocca di compunzione e disse al
Signore: « O Gesù, infinitamente buono, come potrei io, così piccola e
senza virtù, giungere fino a Te? ». Le rispose il Salvatore: « Dimmi, non sei stata mai ferita da
lingue maldicenti? ». Ed ella: « Eh sì, caro Gesù! Le mie
colpe; purtroppo, hanno dato sovente al prossimo motivo di scandalo ». « Ebbene - aggiunge il Salvatore -
adornati delle parole dei tuoi detrattori, come di altrettante virtù.
Allora verrai a me, e la mia compassionevole tenerezza ti riceverà con
bontà. Più si biasimerà senza motivo la tua condotta, più il mio Cuore
ti darà prove d'amore, perchè sarai somigliante a me, che fui duramente
colpito dai calunniatori ».
Durante il Responsorio Benedic, il Signore la introdusse in un luogo
d'incomparabile splendore: era lo stesso suo Cuore, disposto in forma
di casa, dove ella doveva celebrare la festa della Dedicazione. Entrata
che fu, si sentì venir meno per le delizie che ivi gustava. Disse a
Gesù: « Mio dolcissimo Sposo, se tu avessi introdotto l'anima mia in un
luogo calpestato dai tuoi piedi sacratissimi, sarebbe stata assai dolce
cosa per me. Ma come posso ringraziarti dello stupendo favore che mi
accordi in questo momento? ». Rispose il buon Maestro: « Poichè tu cerchi spesso di
offrirmi la più nobile parte di te stessa, cioè il cuore, così trova
giusto che tu abbia a godere gioie ineffabili nel mio, perchè io sono
per te il Dio che si fa tutto a tutti, in ogni cosa. Io sono forza,
vita, scienza, nutrimento, vestito e tutto quanto un'anima amante può
desiderare ». Ed ella: « O mio Dio, se il mio cuore si è totalmente
abbandonato ai desiderii del tuo, è ancora un puro effetto della grazia
». « E' naturale - rispose, Gesù - che colmi delle mie ricompense
l'anima che ho prevenuta con le benedizioni della mia dolcezza; se poi
l'anima si abbandona a me perchè compia ogni volere del mio Cuore, a
mia volta mi conformerò ai desideri del suo ».
Mentre gustava in quella divina casa gaudio celestiale, le parve che
fosse costruita con pietre quadrate di vario colore; esse erano
congiunte non col cemento, ma con legami d'oro; e luci stupende
brillavano in ciascuna. Geltrude allora comprese che le grazie speciali
accordate a ciascun eletto, procuravano a tutti i beati dolcezze piene
d'incanto. La disposizione delle varie gemme nel divin Cuore,
simboleggiava la predestinazione di ciascun eletto, e la necessità che
essi hanno di sostenersi a vicenda, come fanno le pietre di un muro
maestro. La Santa capì anche che l'oro che teneva unite quelle gemme
era la carità, con la quale i fedeli devono sorreggersi gli uni cogli
altri, unicamente per amore di Dio.
In altra occasione, nella stessa festa della Dedicazione, Geltrude
comparve davanti al Signore, Re dei re, simile alla regìna Ester,
vestita regalmente da fervorose opere spirituali.
Ella voleva pregarlo per il suo popolo, cioè per la Chiesa; il vero
Assuero la ricevette con infinita tenerezza, ammettendola nel santuario
del suo Cuore dolcissimo.
Il Signore le disse con bontà: « Io ti dono tutta la dolcezza del mio
Cuore divino, perchè tu possa distribuirla ad ognuno con generosa
larghezza ». Allora Geltrude attinse con la mano nel divin Cuore tesori
immensi, e ne asperse i numerosi nemici del Monastero che, in quei
giorni, con le loro minacce turbavano la pace della Comunità. Ella
conobbe poi che coloro i quali avevano ricevuto anche una sola goccia
attinta a quel sacratissimo Cuore, dovevano ben presto pentirsi e
giungere, con sincera penitenza, a salvarsi.
Mentre stava pregando per una certa persona con slancio d'amore ancor
più intenso, vide che in quell'anima venivano riversati i tesori del
Cuore divino: però, più tardi, essi sembravano mutarsi in acque amare.
Sorpresa chiese spiegazione a Gesù che le disse: « Non turbarti, figlia mia. Quando
si regala del danaro a un amico, egli può spenderlo come vuole; può
comperare mele mature o acerbe, ma alcuni preferiscono queste ultime,
perchè si possono conservare più a lungo. Così quando, pregato dai miei
eletti, concedo grazie ad un'anima, faccio in modo che esse tornino a
suo vantaggio. Se è meglio per certuni la sofferenza invece della
gioia, tali grazie si mutano in tribulazioni, e perfezionano di più
l'anima, secondo il gusto del mio divin Cuore. L'uomo al presente
ignora il segreto della mia condotta, ma un giorno lo conoscerà; allora
gli sarà dato gustare tante delizie, quanti furono i dolori sofferti
per amor mio ».
A Mattutino, mentre Geltrude volgeva la sua attenzione a Dio ed a se
stessa, durante il Responsorio: « Vidi civitatem - Ho visto la città »,
il Signore le ricordò una parola ch'ella ripeteva sovente per animare
il prossimo alla confidenza in Dio; e le disse: « Affichè tu sappia con
certezza come io amo la confidenza, voglio mostrarti la bontà con la
quale ricevo l'anima che, dopo d'aver errato, ritorna a me, piange le
sue colpe, proponendo, con la mia grazia, di mai più ricadere ».
Dicendo queste parole il Figlio del Re supremo, rivestito con le
insegne della sua dignità regale, si avanzò davanti al trono del Padre,
e cantò, con voce dolce e sonora il Responsorio: « Vidi civitatem
sanctam Jerusaiem ». A tali melodie ella comprese l'ineffabile
consolazione che prova il Cuore di Dio quando un'anima propone di
evitare colpe e imperfezioni, memore dei benefici di cui Egli l'ha
colmata, confusa di essersi da Lui allontanata per mancanza di
vigilanza sugli affetti, sulle parole, come riguardo alla perdita del
tempo. Ogni volta che l'anima prova tali rimpianti, Gesù, con nuovo
trasporto di felicità. e di gioia, canta a Dio Padre le parole di
questo Responsorio, o altre analoghe. Parve ancora a Geltrude che il
Figlio di Dio fra le parole: « Et audivi vocem magnam de thronos
dicentem - Intesi una voce forte che partiva dal trono e diceva », e
quelle che seguono, intercalasse il gemito del peccatore che, nella
compunzione del cuore, esclamava: « Ahimè, come sono miserabile! Quanto
tempo ho passato senza pensare a Colui che mi ama ! » ecc. Il Figlio di
Dio, in qualità d'uomo, cantava tali parole su corde basse, in perfetto
accordo con la voce del Padre, che sulle corde elevate, proprie della
Divinità diceva: « Ecce tabernaculum Dei cum homínibus - Ecco il
tabernacolo di Dio tra gli uomini ». Gli spiriti beati ascoltavano tale
melodia con profonda ammirazione. Questa visione rivelava che l'anima
pentita, che vuole sinceramente fuggire il male e praticare il bene,
diventa realmente il tabernacolo nel quale degna abitare, come in casa
propria, il Dio di Maestà, lo Sposo dell'anima amante, sempre benedetto
nei secoli dei secoli.
In quel momento Dio Padre, con la sua venerabile Mano, diede la
benedizione, dicendo: « Ecce nova facio omnia - Rinnoverò tutte le cose
» (Apoc. XXI, 5) per far capire che tutto si trova supplito e rinnovato
nell'anima fedele per mezzo della contrizione, della divina
benedizione, della vita santissima del Figlio di Dio. Appunto perciò è
scritto che « si fa più festa in cielo per un peccatore che fa
penitenza, che per novantanove giusti non bisognosi di tale penitenza »
(Luc. XV, 10), giacchè l'infinita bontà di Dio si degna di riversare le
sue delizie nell'anima contrita.
Continuò Gesù: « Quando
faccio passare l'anima fedele dalla vita presente a quella del cielo,
la colmo di delizie e le canto con dolcezza: « Ho visto la Città Santa,
la nuova Gerusalemme », che s'inalza dalla terra. Alle parole «
Rinnoverò tutte le cose » la colmo delle stesse delizie che la Corte
celeste gusta con me, tutte le volte che un peccatore fa penitenza
».
CAPITOLO LIX. - NELLA DEDICAZIONE DELLA CAPPELLA
La consacrazione della cappella era stata compiuta. Mentre a Mattutino
si cantava il Responsorio: Vidi Civitatem, il Signore apparve in abita
pontificale, seduto sul trono episcopale, addossato al muro, col viso
rivolto verso l'altare. Aveva gli abiti raccolti intorno alla persona,
come se avesse scelto quel luogo per stabilirvi la sua dimora.
Geltrude notò che il Signore era assai lontano dal luogo dove ella
pregava e con ardenti desideri cercava di attirarlo vicino. Ma Egli le
disse: « Io sono Colui
che riempie il cielo e la terra; quanto maggiormente riempirò questa
piccola casa! Non sai tu che l'arcere fissa più attentamente il punto
d'arrivo della freccia, che quello di partenza? Sappi che trovo minor
amore là dove sono corporalmente, che là dove l'occhio della mia
divinità può riposarsi nel tesoro di un'anima amante ».
Allora, meraviglia!, nonostante la distanza, toccò l'altare come se
fosse stato vicino, e disse: « E' qui ed è là! ». « Colui che cerca
sinceramente la grazia mi troverà nei miei benefici; colui che cerca
fedelmente il mio amore, mi riconoscerà nelle profondità della sua
anima! ». Queste parole fecero comprendere a Geltrude che c'è grande
differenza fra coloro che cercano il benessere del corpo, e la salvezza
dell'anima secondo le brame della loro volontà, e quelli che si
abbandonano con fiducia incondizionata alle cure provvidenziali del
divino amore.
Durante la S. Messa, mentre si cantava « Domus mea, domus orationis
vocabitur - La mia casa sarà chiamata casa di preghiera » il Signore
posò la mano sul suo Cuore e disse con tenerezza: « Sì, lo proclamo:
'In mea omnis qui petit, accipit - Tutti coloro che in essa domandano,
riceveranno'». Poi levò le braccia, stese la mano in mezzo al tempio e
stette in quell'atteggiamento, come per mostrare che continue grazie
sarebbero scese da quella Mano benedetta.
Durante la settimana, mentre all'antifona del Benedictus si cantavano
le parole: « Fundamenta templi » gli spiriti celesti apparvero sulle
cornici della Chiesa. Bellissimi, riccamente vestiti, deputati alla
custodia del tempio, per fugarne i nemici. Sfiorandosi a vicenda con le
ali d'oro, facevano risuonare una dolce melodia in onore della
Divinità. Essi discendevano alternativamente dalla sommità al basso
dell'edificio, per mostrare con quale tenerezza occupavano quel luogo,
vigilando i loro futuri concittadini, per preservarli dal male.
Nella festa della dedicazione di quella Cappella, Geltrude, quantunque
obbligata a letto, si sforzò di recitare il Mattutino come aveva fatto
anni addietro, per una speciale grazia del Signore. Bramava che i nove
cori angelici venissero a supplire alle sue deficienze, rendendo a Dio
degne lodi e fervorosi ringraziamenti.
Sarebbe troppo lungo descrivere le delizie gustate dalla Santa. Ella
vide un fiume le cui acque limpide, lievemente increspate, si
diffondevano nell'immensità dei cieli. La luce divina, simile a
fulgentissimo sole, si rispecchiava in quelle acque, sì che le mille
ondulazioni brillavano come astri. Quel fiume simboleggiava la grazia
della divozione, che le era stata elargita dal Signore con tanta
abbondanza; la ondulazione delle acque voleva significare la varietà
dei pensieri ch'ella si sforzava di volgere a Dio.
Il Re della gloria s'inchinò, immerse nel fiume un calice d'oro e lo
ritrasse colmo, per darlo da bere a' suoi Santi. Essi, dopo d'avervi
attinto un rinnovamento di gioie e di delizie, cantarono lodi e
ringraziamenti per i favori accordati a Geltrude dal distributore di
ogni bene. Dal fondo, del calice uscivano delle cannule d'oro, che si
dirigevano verso quelle anime caritatevoli, le quali, con grande bontà,
si erano sacrificate perchè la Santa potesse liberamente servire Dio;
altre cannule si dirigevano verso le anime che, con speciale fervore,
si erano raccomandate alle sue preghiere.
Geltrude disse a Gesù: « A che serve che io veda e comprenda tutte
queste cose, se poi tali care anime non le capiscono affatto? ».
Rispose Gesù: « E' forse
inutile che un previdente padre di famiglia raccolga nelle sue cantine
del buon vino, sotto pretesto che non può berlo ad ogni istante?
Avendolo alla mano quando gli occorre, potrà berne a piacimento. Così
quando, pregato dai miei eletti, accordo grazie ad altre anime, esse
non sentono subito il gusto della divozione; tuttavia è certo che, a
tempo opportuno, esperimenteranno il benefico influsso della mia carità.
Si racconta di una S. Messa che il Signore Gesù celebrò in cielo per
una Santa Vergine chiamata Trude, mentre ella viveva in terra.
Era la domenica Gaudete in Domino, terza d'Avvento Geltrude, dovendo
comunicarsi, lamentava tristemente di non poter assistere alla S.
Messa.. Gesù ebbe compassione della sua Sposa e, consolandola
teneramente, le disse: « Vuoi
tu, o mia diletta, che io stesso canti per te la S. Messa?
». Rispose Geltrude: « Oh, sì, dolcezza suprema dell'anima mia, te ne
supplico, fammi questo immenso favore! ». « E quale Messa desideri ascoltare?
» chiese il Signore. « Quella,
Gesù, che Tu stesso brami cantare ». « Vuoi forse la Messa
in medio Ecclesiae? » (Messa di S. Giovanni evangelista). « No »
rispose Geltrude. E siccome Egli le proponeva parecchie altre Messe che
Geltrude non accettava, le chiese infine se bramasse ascoltare la Messa
Dominus dixit (la Messa di mezzanotte del S. Natale), ma la Santa
rifiutò ancora.
Allora Gesù insistette con dolcezza, dicendole: «Potrei a ogni parola
dell'Introito darti illustrazioni interiori che ti consolerebbero
meravigliosamente ».
Mentre Geltrude chiedeva come mai ciò sarebbe avvenuto, essendo le
parole di quell'introito adatte solo al Figlio di Dio, il Signore, con
i suoi Santi, intonò ad alta voce l'Introito della domenica corrente,
dicendo: « Gaudete in Domino, semper - Rallegratevi sempre nel Signore
», eccitandola a rallegrarsi ed a porre in Lui ogni sua gioia. Poi
s'assise sul trono della sua maestà regale, e la vergine, prostrandosi,
baciò con tenerezza i suoi piedi.
Intonò poi a voce chiara: Kyrie eleison e due principi illustri,
dell'ordine dei Troni, vennero a prendere la Vergine per condurla
davanti al Padre celeste. Ella si prostrò con la faccia e terra,
adorandolo profondamente. Il Padre, al primo kyrie, le rimise
misericordiosamente ogni peccato commesso: per fragilità. Dopo di che
due Angeli la rialzarono sulle ginocchia, e col secondo kyrie meritò di
ricevere il perdono delle colpe d'ignoranza. Gli Angeli la rizzarono
quindi completamente in piedi; ma ella si chinò per baciare le orme dei
passi di Gesù, e ricevette la remissione di tutti i peccati commessi
con malizia. Ed ecco giungerei due dignitari dell'ordine dei Serafini,
i quali, ponendosi si fianchi della Vergine, le fecero scorta fino al
Salvatore Gesù, che l'accolse con teneri amplessi, serrandola al suo
divin Cuore.
Geltrude allora con fervente desiderio, attrasse a sè tutti i diletti
prodotti dalle tenerezze degli uomini, e al primo Christe eleison li
prese nel suo cuore, per poi deporli nel Cuore divino, come nella vera
sorgente da cui procedono tutte le delizie create. Allora avvenne come
una mirabile fusione di Dio nell'anima e dell'anima in Dio, in modo
che, durante il suono delle note discendenti, il Cuore divino scorrever
nell'anima, e durante quello delle note ascendenti, l'anima risaliva
deliziosamente verso Dio.
Al secondo Christe eleison la Vergine raccolse in sè tutte le dolcezze
gustate negli umani amplessi, e le offrì al suo unico Diletto, con un
soave bacio, deposto su quelle sacre labbra che distillano il miele. Al
terzo Chriate eleison, il Figlio di Dio, estendendo le mani, unì il
frutto della sua santissima vita alle opere della sua diletta sposa.
Infine due principi elevatissimi del coro dei Serafini s'avvicinarono
per prendere Geltrude e presentarla, con riverenza, allo Spirito Santo
che penetrò tosto nelle sue tre potenze.
Col primo Kyrie eleison, diffuse nell'intelligenza lo splendore della
Divinità, perché conoscesse in tutte le cose la sua adorabile Volontà.
Al secondo Kyrie eleison, fortificò l'appetito irascibile perchè
resistesse agli agguati del nemico, trionfando da ogni male. All'ultimo
Kyrie eleison, infiammò l'appetito concupiscibile per farle amare
ardentemente Dia con tutta il cuore, con tutta l'anima, con tutta le
forze,
I Serafini, cioè gli Angeli del primo coro, condussero quell'anima
dallo Spirito Santo, i Troni, la guidarono a Dio Padre, i Cherubini al
Figlio, per dimostrare che una è la Divinità del Padre, del Figlio,
dello Spirito Santo, uguale la loro gloria, coeterna la, loro maestà, e
che in una Trinità perfetta, Dio vive e regna nei secoli de' secoli.
Il Figlio di Dio, alzandosi allora dal suo trono regale, si volse verso
Dio Padre, e intonò con voce soavissima: Gloria in excelsis Deo. Con la
parola Gloria esaltava l'immensa e incomprensibile onnipotenza di Dio
Padre. Con le parole in excelsis, (che parve assorbire in se stesso),
lodava la sua inesauribile e inenarrabile sapienza. Infine, alla parola
Deo, rese omaggio all'infinita bontà dello Spirito Santo. Tutta la
Corte celeste continuò, con voce melodiosa: et in terra pax hominibus
bonae voluntatis.
:Il Figlio di Dio s'assise nuovamente sul trono. L'anima, prostata ai
suoi piedi, era tutta immersa nella cognizione del suo nulla e nel
disprezzo di se stessa, il Signore s'inchinò verso di lei con bontà e
l'attrasse con un gesto delicatissimo della sua venerabile mano.
Geltrude allora si levò e, ritta davanti a Gesù, venne illuminata dal
riflesso del divino splendore. Due principi dell'ordine dei Troni
portarono un seggio squisitamente adorno, lo deposero davanti al
Signore e stettero con somma riverenza. Due principi del coro dei
Serafini collocarono l'anima su quel trono, e si diressero uno a
destra, l'altro a sinistra.
Due gloriosi Cherubini, con fiaccole accese, stettero dar vanti
all'anima gloriosamente assisa di fronte al suo Diletto, brillante
sotto la porpora regale, del suo stesso splendore.
Quando la Corte celeste, continuando il canto, giunse alle parole che
si rivolgono e Dio Padre: Domine Deus, Rex Coelestis, tacque, e il
Figlio di Dio cantò solo la lode e la gloria del Padre.
Dopo il Gloria in excelsis Deo, Gesù, Sommo Sacerdote, si alzò e,
salutando l'anima le cantò questa dolce melodia: « Dominus vobiscum,
diletta ». Ella rispose: « Et spiritus meus tecum, Praedilecte! ».
Il Salvatore fece un inchino di riconoscenza, e felicitò la sua
amatissima; Sposa così ben preparata, tanto che il suo spirito aveva
acquistato la capacità di unirsi alla Divinità, le cui delizie sono di
stare coi figli degli uomini.
In seguito il Signore lesse la Colletta: « Deus qui hanc sacratissimam
noctem veri luminis illustrazione fecisti etc. - O Dio che hai
illuminato questa sacratissima notte » (Colletta della S. Messa
natalizia di mezzanotte), che concluse così: « per Jesum Christum
Filium tuum » come per ringraziare Dio Padre della luce che aveva fatto
brillare in Geltrude la cui miseria - espressa nella parola noctem -
era chiamata tuttavia sacratissima notte, perchè nobilitata e
santificata dalla conoscenza della propria infermità.
Allora il discepolo S. Giovanni si levò, raggiante di grazia e di
giovinezza, glorificandosi di essersi riposato sul petto di Cristo. I
suoi abiti erano gialli, cosparsi di aquile d'oro. Ponendosi fra lo
Sposo e la Sposa, cioè fra Dio e l'anima, sì che da una parte aveva
Gesù, dall'altra Geltrude, cantò l'Epistola dicendo: « Haec est sponsa
». L'assemblea dei Santi concluse: « ipsi gloria in saecula ».
Cantarono poi tutti insieme il Graduale: Specie tua et pulchritudine
tua col versetto Audi, Filia, et vide (Comune delle Vergini).
All'intonarsi dell'Alleluia, Paolo, l'illustre dottore, segnò a dito
Geltrude esclamando: « Aemulor enim vos », il corteo dei Santi continuò
il testo e cantò in seguito la sequenza: Exultent iliae Sion (festa
delle Vergini), in onore di Geltrude, che, da quei canti, ritrasse
meravigliose e consolanti illustrazioni interiori.
Mentre si cantava nella sequenza: « Dum non consentiret, sed illi
resisterei, vincere qui solei tentatos, si non repugnet », Geltrude si
ricordò delle sue negligenze nel resistere alle tentazioni, e voleva
nascondere il volto, per sentimento di vergogna, ma Gesù, castissimo
Amante, non potè sopportare la confusione della sua Sposa, e nascose
lei sue negligenze sotto un gioiello d'oro, meravigliosamente
cesellato, per significare la trionfante vittoria riportata negli
attacchi del nemico. In seguito un altro Evangelista si avanzò per
cantare il Vangelo: « Exultavit Dominus Jesus in Spiritu Saneto - Il
Signore Gesù esultò nello Spirito Santo » (Luc. X, 21). A quelle parole
Dio che è carità, eccitato dagli slanci di un amore senza misura e
venendo meno, per così dire, sotto i torrenti delle sue divine voluttà,
si alzò e con le mani tese, cantò melodiosamente le parole seguenti: «
Con f teor tibi, Pater coeli et terrae », per ricordare all'Eterno
Genitore con qual fervore riconoscente Egli aveva su la terra
pronunciato le stesse parole. Ad ogni motto Egli ringraziava per i
benefici passati e futuri, accordati a Geltrude, che assisteva alla S.
Messa.
Terminato il Vangelo, Gesù fece cenno alla Santa di fare professione
pubblica della sua fede cattolica, in nome della Chiesa, cantando: «
Credo in unum Deum ». Poi, il coro dei Santi intonò l'Offertorio: «
Domine Deus in simplicitate - Signore Dio, nella semplicità, ecc. »
(Offertorio della Dedicazione della Chiesa) aggiungendo: «
Sanctificavit Moyses » (Offertorio della XVIII Domenica dopo
Pentecoste). Durante quel canto, il Cuore di Gesù, parve uscire dal
petto, simile ad un altare d'oro, che brillava come fuoco ardente.
Allora gli Angeli, incaricati di custodire gli uomini, in volo vennero
ad offrire, con gaudio immenso, sull'altare di quell'adorabile Cuore,
degli uccelli vivi che simboleggiavano tutte le buone opere e le
preghiero di coloro di cui erano i custodi.
I Santi offrirono i loro meriti al Signore su quell'altare, per la sua
eterna gloria e la salvezza di Geltrude. Infine giunse un principe
magnifico: era l'angelo custode della Santa. Portava un calice d'oro
che offerse sull'altare del divin Cuore: quel calice conteneva le
tribolazioni, le avversità, i dolori che Geltrude aveva sopportato fin
dall'infanzia, nel corpo e nell'anima. Il Signore benedisse quel calice
col segno della croce, come fa il Sacerdote quando consacra l'Ostia.
Poi intonò, con voce melodiosa: « Sursum cordai ». Tutti i Santi,
animati da quell'invito, s'avvicinarono e inalzarono i cuori sotto
forma di tubi dorati fino all'altare del Cuore divino per raccogliere,
ad aumento delle loro gioie, dei loro meriti e della loro gloria,
qualche goccia del calice traboccante, benedetto dal Signore con tanto
amore.
In seguito, il Figlio dell'Altissimo, cantò con intenso fervore, e con
tutta la potenza della sua Divinità: Gratias agamus e: Vere dignum - a
lode e gloria di Dio Padre, ed in ringraziamento di tutti i benefici
passati e futuri accordati alla sua eletta. Dopo le parole del
Prefazio: per Jesum Christum, Egli tacque; la Corte celeste proseguì
con riverente giubilo: Dominum nostrum, come se avesse voluto
giocondamente proclamare che Lui solo era il Signore Dio, Creatore e
Redentore, generoso distributore di tutti i beni, a cui solo appartiene
onore, gloria, lode, giubilo, potenza, impero e l'obbedienza di tutte
le creature.
Quando cantò: per quem majestatem tuam laudant angeli, gli spiriti
angelici agitarono le ali in un sussulto di felicità e batterono le
mani, quasi per provocare la Corte celeste alla lode divina. Alle
parole: adorant Dominationes, il coro cadde in ginocchio, adorò il
Signore, confessando che davanti a Lui deve inchinarsi tutto quanto si
trova in cielo, in terra e negli inferni,
Alle parole: tremunt Potestates, l'ordine delle potestà si prostrò
tosto, col volto ai terra, per attestare che solo Dio deve essere
adorato da tutte le creature. Dicendo: a Coeli, coelorumque Virtutes ac
beata seraphim », i Serafini si unirono ai cori degli Angeli per
celebrare il Signore con canti di dolcezza e melodia incomparabili. La
milizia dei Sati aggiunse con soave letizia: Cum quibus et nostras
voces ut admitti jubeas deprecamur.
In seguito la fulgida rosa della celeste aiuola, la Vergine Maria,
benedetta al di sopra di tutte le creature, s'avanzò intonando con voce
dolcissima: Sanctus, Sanctus, Sanctus, per esaltare con riconoscenza"
con questa parola ripetuta tre volte, l'Onnipotenza incomprensibile,
l'inesauribile Sapienza e la dolcissima Bontà della suprema,
indivisibile Trinità. Ella provocava, in un certo senso, la Corte
celeste a felicitarla perché, essendo l'immagine perfettissima di Dio,
era dopo il Padre, il riflesso della sua Onnipotenza, dopo il Figlio,
il riflesso della sua Sapienza, dopo lo Spirito Santo, quello della sua
Bontà.
I Santi continuarono ancora: Dominus Deus Sabaoth: allora il Signore
Gesù, vero Sacerdote e Pontefice supremo, si alzò dal suo regale trono
e presentò con le mani aperte, a Dio Padre, il suo sacratissimo Cuore,
sotto la forma di aureo altare, come più sopra abbiamo detto. Egli
s'immolò per la sua Chiesa, in un modo così ineffabile e così nobile,
da non poter essere compreso e penetrato da nessuna creatura.
Mentre il Figlio di Dia offriva al Padre il suo Cuore, 1a campana della
chiesa squillava per annunciare l'Elevazione dell'Ostia; fu quindi
nello stesso istante che il Salvatore operò in cielo quello che si
verificava in terra, per mezzo del Sacerdote. Geltrude però ignorava
quale ora fosse come pure quello che si cantava alla S. Messa in quel
momento.
Mentre ella si deliziava nell'ammirazione di quanto avveniva davanti a
lei, il Signore le fece segno di recitare il Pater noster, unendosi
alla lunga preparazione d'amore che questa preghiera aveva subito nel
suo Cuore, prima che fosse palesata al mondo con tanta tenerezza.
Il Salvatore accolse favorevolmente quei Pater, e lo diede agli Angeli
e ai Santi per disporlo secondo il loro desiderio e procurare per suo
mezzo, alla Chiesa ed ai defunti quanto una preghiera ha possibilità di
ottenere.
Il Signore invitò nuovamente Geltrude a pregarlo per la Chiesa, e
siccome ella lo supplicava per tutti gli uomini in generale e ciascuno
in particolare, Egli unì tale preghiera alle azioni della sua Umanità e
la comunicò alla Chiesa universale; dicendo: « Le suppliche che tu mi hai
offerte con l'intenzione che portino vantaggio a tutta lai Chiesa,
saranno per essa la salvezza delle salvezze, cioè la più abbondante
salvezza che si possa immaginare, così come si dice nel Cantico dei
cantici.
Geltrude chiese: « O Signore, come sarà ora il banchetto? ». E Gesù con
tenerezza: « Non solo le
orecchie del cuore te lo faranno comprendere, ma lo gusterai
nell'intimo dell'anima tua ». E chiamandola a sè, la
serrò al suo Cuore vino, accordandole parecchie volte il suo bacio
celestiale, colmandola talmente delle effusioni della sua Divinità da
formare come una sola cosa con lei, con tutto il cumulo di felicità che
è possibile gustare in questa vita. Fu appunto in tale ineffabile
unione, che gli si diede in cibo alla sua diletta Sposa.
Quando l'ebbe comunicata, il Cantore sommo, o meglio l'Amante, geloso
di coloro che gli predilige, cantò con voce penetrante: a Ecce quod
concupivi, jam video: quod speravi, lam terreo; illi sum junctus in
spiritu, quam in terris, positus toto devoti dilexi - Ecco che vedo
quanto ho desiderato, tengo quanto ho sperato, sono unito a colui che
sulla terra ho amato senza riserva» (Antifona del Pontificale romano,
lievemente modificata).
Con quelle parole a in terris positus,» affermò altamente che tutte le
fatiche, le tribolazioni, le sofferenze che aveva sopportate in terra
le avrebbe sofferte volentieri anche per quella sola anima e sarebbe
stato felice che la sua santa Vita, Passione, Morte, non avessero
prodotto altro risultato, tanto era deliziosa l'unione che aveva
gustato con quell'anima.
O dolcezza incomparabile della divina accondiscendenza che brama così
ardentemente di trovare le sue delizie nell'anima, tanto che l'unione
con una sola creatura sembra ripagare gli atroci tormenti della
Passione e morte di un Dio, quantunque una sola goccia del divin Sangue
basterebbe per salvare il mondo intero!
In seguito il Signore intonò: Gaudete justi (Comune dei Martiri), e
tutta la corte celeste continue il canto per congratularsi con
Geltrude. Dopo l'antifona, Gesù recitò l'ultima orazione in nome della
Chiesa militante: « Refecti cibo potuque coelesti, Deus noster, te
supplices exoramus, ut in cujus haec commemoratione percepimus, ejus
maniamur et precibus. Per Jesum Christum. - Saziati da cibo e bevanda
celesti, noi ti supplichiamo, o Dio, di permettere che siamo protetti
dalle preghiere di colui, in memoria del quale abbiamo ricevuto questo
nutrimento divino ».
Il Signore salutò allora tutti i Santi, cantò Dominus vobiscum e, in
vista della perfetta unione contratta con la Santa, mise il colmo ai
meriti, alla gioia, alla gloria dei beati del cielo.
Invece dell'Ite Missa est, i cori dei santi Angeli cantaròno, con voce
sonora, in lode e gloria della SS. Trinità, risplendente e ognora
tranquilla, l'inno: Te decet laus ei honor Domine.
Il Figlio di Dio stese la mano regale e benedisse Geltrude, dicendo : «
Io ti benedico, figlia dell'eterna luce, in modo che tutti coloro ai
quali tu implorerai per speciale affetto, un bene qualunque, saranno
più felici degli altri; come Giacobbe ebbe una felicità più grande di
quella dei fratelli, per la benedizione del suo padre Isacco ».
Geltrude, ritornata in sè, si senti unita al suo Diletto, nelle
profondità dell'essere, in modo indissolubile.