[ Torna alla pagina principale - Torna all'indice ]
A A A A A

Gli appare Don Provera

La notte dal 17 al 18 gennaio 1883 a Don Bosco comparve in sogno Don Francesco Provera, santo salesiano, morto nel 1874. Appariva un po’ più alto di statura che non fosse quando viveva quaggiù. Aveva la faccia florida e ridente, dalla quale emanava un chiarore scintillante.
— Don Provera — disse Don Bosco —, sei veramente Don Provera?
— Sì che sono Don Provera — rispose.
E la sua faccia divenne così bella e luminosa che Don Bosco a gran fatica poteva rimirarla.
— Se tu sei veramente Don Provera, non fuggirmi, lasciami parlare.
— Sì, sì, parli pure che io l’ascolterò.
— Sei salvo?
— Sì che sono salvo. Sono salvo per la misericordia del Signore.
— Che cosa godi nell’altra vita?
— Tutto quello che il cuore può desiderare e la mente è capace di capire, l’occhio di vedere e la lingua di esprimere.
— Dimmi qualche cosa a mio riguardo.
— Ella continui a lavorare. Molte cose l’attendono.
— Ancora per molto tempo?
— Non tanto, ma lavori con tutti gli sforzi possibili come se dovesse vivere sempre; ma... sempre ben preparato.
— E per i confratelli della Congregazione?
— Ai fratelli della nostra Congregazione raccomandi il fervore.
— Come fare per ottenerlo?
— Ce lo dice il capo supremo dei maestri. Prenda un falcetto ben arrotato e faccia da buon vignaiuolo: tagli i tralci secchi e inutili per la vite. Allora essa diverrà vigorosa, farà frutti copiosi e, quello che importa assai, frutterà per molto tempo.
— Ma ai nostri confratelli che debbo dire?
— Ai miei amici — disse con voce più forte —‘ ai miei confratelli dica che sta preparato un gran premio, ma che Dio lo darà soltanto a quelli che saranno perseveranti nelle battaglie del Signore.
— Per i nostri giovani che cosa mi raccomandi?
— Per i nostri giovani deve impiegare lavoro e sorveglianza.
— E altro?
— Altro: sorveglianza e lavoro, lavoro e sorveglianza.
— Che cosa dovranno praticare i nostri giovani per assicurarsi l’eterna salvezza?
— Si cibino sovente del cibo dei forti e facciano dei propositi fermi in confessione.
«In quel momento — continua Don Bosco —, un vivissimo splendore investì tutta la sua persona; e io dovetti abbassare gli occhi, perché lo sguardo si trovava in violenza, come chi fissa la luce elettrica, ma di gran lunga più viva. In quell’istante egli si mise a parlare con voce simile a chi canta: “Gloria a Dio Padre, Gloria a Dio Figlio, Gloria a Dio Spirito Santo. A Dio che era, è e sarà il Giudice dei vivi e dei morti”.
Io volevo ancora parlare, ma Don Provera, con la voce più bel la e sonora che si possa immaginare, si mise solennemente a into nare: “Laudate Dominum omnes gentes” (Genti tutte lodate il Si gnore), e un coro di mille e mille voci si unirono a lui fino a tutto il Gloria.
Finito il canto, tutto tornò allo stato normale, Don Provera scom parve e io mi svegliai» . Defunctus adhuc loquitur (Benché sia morto, parla ancora). Don Provera era stato uno dei Salesiani più fedeli a Don Bosco, il quale alla sua morte ne aveva fatto questo elogio: « La Società Sale siana perde uno dei migliori suoi soci». Ecco perché il Santo tenne in gran conto gli avvisi ricevuti in sogno e riportò tutto il dialogo avuto con lui in un suo scritto autografo.