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Terzo Venerdì - GIUDA E PIETRO

All’apostolo Giuda che sta per tradirlo (Gv. 13:1- Il) Gesù lava i piedi per toccarne il cuore e muoverlo a ravvedimento. Ma Giuda rimase insensibile. — Dice la B. Emmerich nelle sue visioni sulla Passione che Gesù piangeva nel lavare i piedi di Giuda. — Una belva si sarebbe commossa, ma il cuore del peccatore diventa spesso una pietra che niente riesce a scalfire. Tuttavia il Cuore di Gesù insiste. Nel giardino degli Ulivi tenterà fin l'ultimò sforzo per salvare il suo apostolo infedele. Nel momento che costui con un perfido bacio compie l’orribile delitto del tradimento, Gesù, invece di svergognarlo e di rigettarlo, gli dice nel tono del più dolce e tenero rimprovero: «Amico, che sei venuto a fare qui? (Mt. 26:50).
Ma Gesù come poté sopportare che quel traditore imprimesse le sue labbra impure sul suo volto divino? Gesù avrebbe dovuto almeno schivare quell’infame bacio. Non volle farlo per dare a Giuda una nuova prova della sua compassione e della sua misericordiosa bontà ardentemente bramosa d’intenerire il cuore del suo apostolo, di farlo pentire del suo delitto e conquistarlo di nuovo al suo amore.
Fatica inutile! Giuda, insensibile ed avido di denaro, tradirà il divino Maestro per trenta monete d’argento, che era il prezzo fissato dalla legge per la vita di uno schiavo. Dopo aver compiuto l’atroce misfatto, l’apostolo traditore, ad un certo momento, illuminato dalla grazia divina che lo vuole salvare, rientra in sé stesso, sì rende conto del gravissimo peccato commesso, però invece di pentirsi, di chiedere perdono, di consolare il Cuore di Gesù con il suo ravvedimento, s’impiccherà disperato.

La colpa più grave di Giuda non è tanto il tradimento, già predetto dai profeti e da Gesù stesso, ma di aver diffidato della bontà di Dio: Il mio peccato è troppo grande! Gesù non mi può perdonare! — Questo è il vero peccato. Dicono i Santi che un peccatore, il quale nella sua vita ne ha commesso di tutti i colori, che per lunghi anni ha violato tutti e i i Comandamenti, offende e contrista Dio più con la sfiducia nel perdono che con tutta una vita di peccati, perché offende, quello che Dio ha di più caro: la sua Misericordia.
L’apostolo Pietro è il Capo scelto da Gesù per la sua Chiesa (Mt. 16: 18-19), è colui che riceverà tutti i poteri di Gesù Cristo fino alla potenza di fare miracoli (At 3: 1-8+5:12-15+9:32-41). Orbene dopo tante e magnifiche promesse e privilegi che mai né Angeli, né uomini avevano udito, che cosa divenne Pietro, il Capo incontrastato del Collegio Apostolico, il confidente del suo divino Maestro, il testimonio privilegiato della sua gloria (Mt. 26: 37 e Mc. 14: 33) e della sua tristezza (Mc. 14:72)? Divenne un rinnegatore di Gesù e non una sola volta, ma per ben tre volte. A Pietro presuntuoso (Mc. 14: 27-31) che diceva: Signore, anche se tu fossi occasione di caduta per tutti, non lo saresti per me! Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò!, Gesù risponde: «In verità ti dico che proprio tu, in questa notte, prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte».
Ed infatti in quella stessa notte Pietro, prima che Un gallo delle vicinanze cantasse per la seconda volta, aveva già rinnegato vigliaccamente per ben tre volte il suo divino Maestro. Al secondo canto del gallo egli si ricordò della predizione di Gesù, che proprio in quel momento passava nel cortile fra le guardie e lanciava uno sguardo di compassione sul suo povero apostolo che franava nel buio del peccato. Quello sguardo gl’illumina l’abisso in cui era caduto, riconosce il suo grande peccato, se ne pente amaramente, scoppia in pianto e in cuor suo implora il perdono di Gesù. — Una antica tradizione dice che S. Pietro, desolato e piangente, andò a rifugiarsi presso la Madonna. Imitiamolo.

Tanto Giuda quanto Pietro hanno tradito e rinnegato il Signore. Però mentre Giuda, dubitando della bontà misericordiosa di Gesù, si dispera e si uccide, Pietro al contrario si pente e confida nella divina misericordia, chiede perdono a Gesù che, senza rimproverarlo affatto, non solo lo perdona ma, dopo la sua resurrezione, lo confermerà nella sua carica di Capo supremo della sua Chiesa.
Riflettiamo allora e non dimentichiamo mai che i peccati di una persona, anche se sono molto numerosi e gravi, scompaiono nell’abisso della Misericordia di Dio come una goccia di acqua scompare in mezzo al mare. Bastava che Giuda avesse detto: Signore, ti ho gravemente offeso, me ne pento sinceramente, perdonami! Gesù non solo l’avrebbe perdonato, ma chissà quali meraviglie avrebbe operato in lui, così come fece con l’apostolo Pietro! Perciò non disperiamo mai, ma confidiamo sempre nella bontà misericordiosa di Gesù.
Gesù diceva alla sua confidente Suor Benigna:
« Scrivi, Benigna, apostolo della mia Misericordia, che la principale cosa che desidero che si sappia è che Io sono tutto Amore e che la più grande pena che si potrebbe fare al mio Cuore sarebbe dubitare della mia Bontà. Il più grande danno che il demonio fa alle anime, dopo aver fatto loro commettere il peccato, è la sfiducia. Se un’anima confida ha ancora la strada aperta, ma se il demonio giunge a chiudere il cuore con la sfiducia, oh quanto mi tocca lottare per riconquistare quell’anima! E certo che cento peccati mi offendono più di uno, ma se quest’uno fosse di diffidenza mi ferirebbe il Cuore più di cento altri, perché la sfiducia ferisce il mio Cuore nel più intimo. Amo tanto gli uomini!».
Queste parole concordano e confermano quanto Gesù disse a S. Caterina da Siena: «I peccatori che in punto di morte disperano della mia misericordia, mi offendono molto più gravemente e mi disgustano più con questo che con tutti gli altri peccati commessi... La mia Misericordia è un numero infinito cli volte maggiore di tutti i peccati che si possono commettere da una creatura».
Al riguardo scrive S. Teresa del B.G.: «Non perché sono stata preservata dal peccato mortale io mi elevo a Dio con la confidenza e l’amore. Ah! Io sento che, quand’anche avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, non perderei nulla della mia confidenza, ma andrei col cuore contrito dal pentimento nelle braccia del mio Signore. So che Egli predilige il figliuol prodigo, ho udito le sue parole a S. Maddalena, alla donna adultera, alla samaritana. No, nessuno potrebbe atterrirmi perché so come regolarmi nei riguardi del suo amore e della sua misericordia. So che tutta quella moltitudine di offese si inabisserebbe in un batter d’occhi come una goccia d’acqua gettata in un braciere ardente».
Quanto afferma S. Teresina lo mise in pratica un grande peccatore: Carlo De Foucauld. Nel mese di giugno del 1916, in una insurrezione a Tamanrasset, l’illustre Padre Carlo De Foucauld veniva assassinato da uno di quegli indigeni per i quali aveva sostenuto tanti sacrifici e persecuzioni. Morte gloriosa la sua! Dopo aver conquistato con una dura penitenza di 30 anni la palma delle più eroiche virtù, il Padre De Foucauld otteneva pure quella del martirio.
Orbene la salita di P. De Foucauld a così grande altezza di santità è tanto più ammirabile in quanto egli è risalito dal più basso fondo dell’immoralità. Già a 16 anni egli aveva gustato abbastanza il fango dell’impurità. Diventato Ufficiale di Artiglieria si distinse fra tutti i suoi colleghi per la condotta disonesta. La sua sfrenatezza scandalizza così i suoi compagni d’armi che giungono al punto di chiamarlo «il porco». In Algeria infrange la disciplina militare per la sua immoralità e si ribella agli ordini dei suoi superiori che gli impongono di mandare via la donna dei suoi disordini! ...
La misura è colma: la degradazione è completa; Carlo De Foucauld è caduto fino in fondo del precipizio! Ebbene nel fondo di quell’immondo e inestricabile burrone la misericordia sconfinata di Dio gli fa sentire la sua voce. Nell’abisso in cui è caduto Carlo sente il fetore dei suoi molti peccati, ma non si scoraggia. Confidando nella bontà misericordiosa di Dio, Carlo si pente dei suoi peccati, decide di cambiare vita. Si presenta a Parigi a Padre Huvelin una sera del 27 ottobre 1886, s’inginocchia ai suoi piedi e confessa tutta la sua vita. Si rialza completamente trasformato. Da quel momento la vita dell’ex ufficiale sarà interamente consacrata al Signore. Scopre che la siia vocazione è il deserto. Costruisce un eremitaggio nel centro dell’Algeria e lì passa la vita in penitenza e preghiera per la conversione del mondo mussulmano.
Per 27 anni non dormì mai una sola notte nel letto, ma ora su una stuoia per terra, ora su una cassa o sul pavimento della chiesa. Una volta fu sorpreso a dormire in sacrestia così stretta che non poteva distendersi. A chi gli faceva notare il disagio, rispose: Gesù sulla croce non era steso. — Aveva scelto come norma di vita «Ad ogni minuto vivere come se dovessi morire martire stasera». La grazia di Dio non solo lo perdonerà, ma Io fece salire per il monte della virtù fino a condurlo alla vetta splendente della santità. Fratello carissimo, forse tu sei sfiduciato per la tua grande debolezza, senti tanto l’orrore dell’abisso che le tue colpe hanno scavato tra te e il buon Dio e ti pare impossibile poter risorgere dalla tua misera condizione. No, fratello mio, allontana questi pensieri e fatti coraggio: Gesù ti aspetta con gioia fra le sue braccia per darti il bacio del perdono con la stessa compassione con cui il padre del figliuol prodigo accolse il figlio suo che ritornava pentito alla casa paterna. Tante umili creature pregano e soffrono per la conversione di peccatori, quindi anche per te. Queste anime sconosciute, che solo nell’eternità potrai incontrare, ti aiuteranno a riaccendere la fiamma della tua fede, e fortificare la tua debole volontà per abbandonare la via insidiosa del peccato e a rimetterti sulla via del Cielo. Imita Carlo De Foucauld, pentiti dei tuoi peccati, confessati con dolore, confida nell’infinita misericordia del buon Gesù, fai bene i Nove Primi Venerdì, così anche tu ti assicurerai la salvezza eterna, il Paradiso.

Esempio

Nella città di Guadalajara, in Messico, un povero massone era agonizzante. Due membri della loggia massonica lo sorvegliavano perché nessun prete lo avvicinasse. Sconfessare la setta massonica alla fine della vita con una conversione a Cristo è il delitto più grave che il massone possa commettere.
I vicini di casa, accortisi del fatto, andarono ad avvisare il R. Games, salesiano, apostolo dei giovani universitari di Guadalajara, tipo burbero, deciso, coraggioso, che non si fermava di fronte a nessuna difficoltà.
— Vado subito — rispose il P. Games.
Si vestì in borghese, con un cappellaccio in testa e due rivoltelle ai fianchi, prese la SS. Eucarestia, l’olio degli infermi e andò alla casa indicata. Col calcio della rivoltella picchiò tre colpi alla porta. I due massoni di guardia vennero ad aprire e P. Games li affrontò così:
— Il Capo vuole che andiate a prendere una boccata d’aria e a bere alla sua salute. Vi sostituisco io. I due furono contenti della proposta e prima di andarsene gli dissero:
— Stai attento al P. Games, che potrebbe venire a rovinarci tutto!
— Se viene il P. Games — rispose — lo saprò accogliere io come si merita — e fece vedere le armi.
I due se ne andarono e P. Games entrò, chiuse la porta a chiave e si precipitò verso il moribondo, che giaceva nel suo letto.
— Che cosa hai fatto — gli gridò — per meritarti una grazia simile?
Il poveretto nel vedere quel figurone, con quelle rivoltelle, mandò un gemito, temendo che gli affrettasse la morte.
Allora P. Games si tolse il cappello, lasciò le rivoltelle e con voce più amabile disse:
— Io sono il P. Games e sono venuto a confessarti, a comunicarti e ad aiutarti a morire da buon cristiano. Che cosa hai fatto per meritarti questa grazia?
— Oh, benedetto il Signore, benedetta la Madonna! — mormorò il morente. — Sono stati fedeli. Quand’ero ragazzo ho fatto la Comunione riparatrice ai Primi Nove Venerdì del mese e ai Cinque Primi Sabati del mese, e il Sacro cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria non si sono dimenticati di me, povero peccatore, nell’ora della mia morte.
Al P. Games non riuscì difficile disporre il malato alla confessione, al Viatico e al Sacramento degli infermi. Poi ottenne che il malato firmasse due copie di una dichiarazione, nella quale rinunziava alla massoneria e attestava di voler morire da buon cattolico. Il P. Games controfirmò, lasciò una copia sul tavolo e partì portando con sé la seconda copia.
Quando i due custodi ritornarono e videro il malato cambiato e lessero la dichiarazione, non poterono che esclamare: — Il P. Games ce l’ha fatta! — E dovettero allontanarsi.
Il P. Games poté ritornare, vestito da prete, ed assistette il malato fino alla morte edificantissima. Più tardi anche i due vollero l’assistenza religiosa del P. Games e morirono in pace con Dio e con la Chiesa.
(Dal periodico, « Il Santuario del Sacro Cuore» di Bologna del i giugno 1980).