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Glorificazione di Gesù e di Maria

616. Il mattino della Risurrezione. Preghiera di Maria.

1 aprile 1945. Le donne riprendono i loro lavori agli oli, che nella notte, al fresco del cortile, si sono solidificati in una manteca pesante. Giovanni e Pietro pensano che è bene mettere a posto il Cenacolo, pulendo le stoviglie, ma poi rimettendo tutto come fosse appena finita la Cena. «Egli lo ha detto», dice Giovanni. «Aveva anche detto: "Non dormite"! Aveva detto: "Non essere superbo, Pietro. Non sai che l'ora della prova sta per venire?". E... e ha detto: "Tu mi rinnegherai... "». Pietro piange di nuovo mentre dice con cupo dolore: «e io l'ho rinnegato!». «Basta, Pietro! Ora sei tornato tu. Basta di questo tormento!». «Mai, mai basta. Divenissi vecchio come i primi patriarchi, vivessi i settecento o i novecento anni di Adamo e dei suoi primi nipoti, io non cesserò mai di avere questo tormento». «Non speri nella sua misericordia?». «Sì. Se non credessi a questo, sarei come l'Iscariota: un disperato. Ma, e anche Lui mi perdona dal seno del Padre dove è tornato, io non mi perdono. Io! Io! Io che ho detto: "Non lo conosco", perché in quel momento era pericoloso conoscerlo, perché ho avuto vergogna d'essergli discepolo, perché ho avuto paura della tortura... Lui andava a morire e io... io ho pensato a salvarmi la vita. E per salvarla l'ho respinto, come una donna in peccato, dopo averlo partorito, respinge il frutto del suo seno, che è pericoloso avere presso, prima che torni il marito ignaro. Peggio di un'adultera sono... peggio di...». Entra, attirata dalle grida, Maria Maddalena. «Non urlare così. Maria ti sente. É tanto sfinita! Non ha più forza di nulla, e tutto le fa male. I tuoi gridi inutili e scomposti le tornano a dare il tormento di ciò che voi foste...». «Vedi? Vedi, Giovanni? Una femmina può impormi di tacere. E ha ragione. Perché noi, i maschi sacri al Signore, abbiamo saputo solo mentire o scappare. Le donne sono state brave. Tu, poco più di una donna, tanto sei giovane e puro, hai saputo rimanere. Noi, noi, i forti, i maschi, siamo fuggiti. Oh! che disprezzo deve avere il mondo di me! Dimmelo, dimmelo, donna! Hai ragione! Mettimi il tuo piede sulla bocca che ha mentito. Sulla suola del sandalo c'è forse un poco del suo Sangue. E solo quel Sangue, mescolato al fango della via, può dare un poco di perdono, un poco di pace al rinnegato. Devo pure abituarmi al disprezzo del mondo! Che sono io? Ma ditelo: che sono?». «Sei una grande superbia», risponde calma la Maddalena. «Dolore? Anche quello. Ma credi pure che, su dieci parti del tuo dolore, cinque, per non offenderti col dire sei, sono del dolore di essere uno che può essere disprezzato. Ma che davvero io ti disprezzerò se continui solo a gemere e a dare in smanie, giusto come fa una femmina stolta! Il fatto è fatto. E non sono i gridi scomposti che lo riparano e annullano. Non fanno che attirare l'attenzione e mendicare una compassione che non si merita. Sii virile nel tuo pentimento. Non strillare. Fai. Io... tu lo sai chi ero... Ma, quando ho capito che ero più sprezzabile di un vomito, non sono andata in convulsioni. Ho fatto. Pubblicamente. Senza indulgere con me e senza chiedere indulgenza. Il mondo mi sprezzava? Aveva ragione. Lo avevo meritato. Il mondo diceva: "Un nuovo capriccio della prostituta" e dava un nome di bestemmia al mio andare a Gesù? Aveva ragione. La mia condotta di prima il mondo la ricordava, ed essa giustificava ogni pensiero. Ebbene? Il mondo si è dovuto persuadere che Maria peccatrice non era più. Ho, coi fatti, persuaso il mondo. Fa' tu altrettanto, e taci». «Sei severa, Maria», obbietta Giovanni. «Più con me che cogli altri. Ma lo riconosco. Non ho la mano leggera della Madre. Lei è l'Amore. Io... oh! io! Ho spezzato il mio senso con la sferza del mio volere. E più lo farò. Credi che mi sia perdonata, io, di essere stata la Lussuria? No. Ma non lo dico altro che alla mia persona. E sempre me lo dirò. Consumata morirò in questo segreto rimpianto di essere stata la corruttrice di me stessa, in questo inconsolabile dolore di essermi profanata e di non avere potuto dare a Lui che un cuore calpestato... Vedi... io ho lavorato più di tutte ai balsami... E con più coraggio delle altre io lo scoprirò... Oh! Dio! come sarà ormai! (Maria di Magdala impallidisce solo a pensarlo). E lo coprirò di nuovi balsami, levando quelli che saranno certo tutti corrotti sulle sue piaghe senza numero.... Lo farò, perché le altre sembreranno convolvoli dopo un'acquata... Ma ho dolore di farlo con queste mie mani che hanno dato tante carezze lascive, di accostarmi con questa mia carne macchiata alla sua santità... Vorrei... vorrei avere la mano della Madre Vergine per compiere l'ultima unzione...». Maria ora piange piano, senza sussulti. Come diversa dalla Maddalena teatrale che sempre ci presentano! É lo stesso pianto senza rumore che aveva il giorno del suo perdono nella casa del Fariseo. «Tu dici che... le donne avranno paura?», le chiede Pietro. «Non paura... Ma si turberanno davanti al suo Corpo, certo già corrotto... gonfio... nero. E poi, questo è certo, avranno paura delle guardie». «Vuoi che venga io? Io con Giovanni?». «Ah! questo no! Noi si esce tutte. Perché, come fummo tutte lassù, così è giusto che tutte si sia intorno al suo letto di morte. Tu e Giovanni rimanete qui. Lei non può restare sola!...». «Non viene Lei?». «Non la lasciamo venire!». «Lei è convinta che risorga... E tu?». «Io, dopo Maria, sono quella che più credo. Ho creduto sempre che così potesse essere. Lui lo diceva. E Lui non mente mai... Lui!... Oh! prima lo chiamavo Gesù, Maestro, Salvatore, Signore... Ora, ora lo sento tanto grande che non so, non oso più dargli un nome... Che gli dirò quando lo vedrò?...» «Ma credi proprio che risorga?..» «Un altro! Oh! A suon di dirvi che credo e di sentirvi dire che non credete, finirò col non credere più neppure io! Ho creduto e credo. Ho creduto e gli ho da tempo preparato la veste. E per domani, perché domani è il terzo giorno, la porterò qui, pronta...». «Ma se dici che sarà nero, gonfio, brutto?». «Brutto mai. Brutto è il peccato. Ma... ma sì! Sarà nero. Ebbene? Lazzaro non era già marcio? Eppure risorse. Ed ebbe la carne risarcita. Ma, ma se lo dico!... Tacete, miscredenti! Anche in me la ragione umana mi dice: "E’ morto e non sorgerà". Ma il mio spirito, il "suo" spirito, perché io ho avuto un nuovo spirito da Lui, grida, e sembrano squilli di argentee tube: "Sorge! Sorge! Sorge!". Perché mi sbattete come una navicella contro la scogliera del vostro dubitare? Io credo! Credo, mio Signore! Lazzaro ha ubbidito con strazio al Maestro ed è rimasto a Betania... Io, che so chi è Lazzaro di Teofilo, un forte, non un leprotto pavido, posso misurare il suo sacrificio di rimanere nell'ombra e non presso il Maestro. Ma ha ubbidito. Più eroico in questa ubbidienza che se l'avesse strappato con le armi agli armati. Io ho creduto e credo. E qui sto. In attesa come Lei. Ma lasciatemi andare. Il giorno sorge. Appena ci si vedrà a sufficienza, noi andremo al Sepolcro...». E la Maddalena se ne va, col suo viso bruciato dal pianto, ma sempre forte. Rientra da Maria. «Che aveva Pietro?». «Una crisi di nervi. Ma gli è passata». «Non essere dura, Maria. Soffre». «Anche io. Ma vedi che non ti ho chiesto neppure una carezza. Lui è stato già medicato da te... E io invece penso che solo tu, Madre mia, hai bisogno di balsamo. Madre mia, santa, amata! Ma fa' cuore... Domani è il terzo giorno. Ci chiuderemo qui dentro noi due: le sue innamorate. Tu, l'Innamorata santa; io, la povera innamorata... Ma come posso lo sono, con tutta me stessa. E lo aspetteremo... Loro, quelli che non credono, li chiuderemo di là, coi loro dubbi. E qui metterò tante rose... Oggi farò portare il cofano... Ora passerò dal palazzo e darò ordine a Levi. Via tutte queste orribili cose! Non le deve vedere il nostro Risorto... Tante rose... E tu ti metterai una veste nuova... Non deve vederti così. Io ti pettinerò, ti laverò questo povero volto che il pianto ha sfigurato. Eterna fanciulla, io ti farò da madre... Avrò, infine, la beatitudine di avere cure materne per una creatura più innocente di un neonato! Cara!», e con la sua esuberanza affettiva la Maddalena si stringe al petto il capo di Maria, che è seduta, la bacia, la carezza, le ravvia le lievi ciocche dei capelli scomposti dietro le orecchie, le asciuga le nuove lacrime che scendono ancora, ancora, sempre, col lino della sua veste... Entrano le donne con lumi e anfore e vasi dalle ampie bocche. Maria d'Alfeo porta un pesante mortaio. «Non si può stare fuori. C'è un poco di vento e spegne le lampade», spiega. Si pongono in un lato. Su un tavolo, stretto ma lungo, pongono tutte le loro cose, e poi dànno un ultimo tocco ai loro balsami, mescendo nel mortaio, su una polvere bianca che estraggono a manciate da un sacchetto, la già pesante manteca delle essenze. Mescolano lavorando di lena e poi empiono un vaso dall'ampia bocca. Lo pongono al suolo. Ripetono con un altro la stessa operazione. Profumi e lacrime cadono sulle resine. Maria Maddalena dice: «Non era questa l'unzione che speravo poterti preparare». Perché è la Maddalena che, più esperta di tutte, ha sempre regolato e diretto la composizione del profumo, tanto acuto che pensano di aprire la porta e di socchiudere la finestra sul giardino, che appena inalba. Tutte piangono più forte dopo l'osservazione sommessa della Maddalena. Hanno finito. Tutti i vasi sono pieni. Escono con le anfore vuote, il mortaio ormai inutile, e molte lucerne. Ne restano due sole nella stanzetta e tremano, pare singhiozzino anche esse col palpitare della loro luce... Rientrano le donne e chiudono di nuovo la finestra, perché l'alba è freddina. Si pongono i mantelli e prendono delle ampie sacche in cui collocano i vasi del balsamo. Maria si alza e cerca il suo mantello. Ma tutte le si affollano intorno persuadendola a non venire. «Non ti reggi, Maria. Sono due giorni che non prendi cibo. Un poco d'acqua soltanto». «Sì, Madre. Faremo presto e bene. E torneremo subito». «Non temere. Lo imbalsameremo come un re. Vedi che balsamo prezioso componemmo! E quanto!...». «Non trascureremo membro o ferita, e lo metteremo con le nostre mani a posto. Siamo forti e siamo madri. Lo metteremo come un bambino nella cuna. E agli altri non resterà che da chiudere il suo posto». Ma Maria insiste: «É il mio dovere», dice. «L'ho curato sempre io. Solo, in questi tre anni che fu del mondo, ho ceduto ad altri la cura di Lui quando Egli mi era lontano. Ora che il mondo lo ha respinto e rinnegato, è di nuovo mio. E io torno la sua serva». Pietro, che con Giovanni si era avvicinato all'uscio, non visto dalle donne, fugge sentendo queste parole. Fugge in qualche angolo nascosto per piangere sul suo peccato. Giovanni resta presso lo stipite. Ma non dice niente. Vorrebbe andare anche lui. Ma fa il sacrificio di rimanere presso la Madre. Maria Maddalena riconduce Maria al suo sedile. Le si inginocchia davanti, l'abbraccia ai ginocchi alzando verso Lei il suo volto doloroso e innamorato, e le promette: «Egli, col suo Spirito, tutto sa e vede. Ma al suo Corpo, coi baci, io dirò il tuo amore, il tuo desiderio. Io so cosa è l'amore. So che pungolo, che fame è amare. Che nostalgia di esser con chi è l'amore per noi. E questo è anche nei vili amori che sembrano oro, e fango sono. Quando poi la peccatrice può sapere ciò che è l'amore santo per la Misericordia vivente, che gli uomini non hanno saputo amare, allora meglio può comprendere cosa è il tuo amore, Madre. Tu lo sai che io so amare. E tu sai che Egli lo ha detto, in quella sera del mio vero natale, là, sulle rive del nostro lago sereno, che Maria sa molto amare. Ora, questo mio esuberante amore, come acqua che trabocca da un bacino piegato, come roseto in fiore che si rovescia giù da una muraglia, come fiamma che, trovando esca, più si apprende e cresce, si è tutto riversato su Lui, e da Lui-Amore ha tratto nuova potenza... Oh! che la mia potenza d'amare non ha potuto sostituirsi a Lui sulla Croce!... Ma quello che per Lui fare non ho potuto - e patire, e sanguinare, e morire al suo posto, fra gli schemi di tutto il mondo, felice, felice, felice di soffrire al suo posto, e, ne sono certa, arso ne sarebbe stato lo stame della mia povera vita più dall'amore trionfale che dal patibolo infame, e sarebbe dalle ceneri sbocciato il nuovo, candido fiore della nuova vita pura, vergine, ignorante di tutto ciò che non è Dio - tutto questo che non ho potuto fare per Lui, per te lo posso fare ancora..., Madre che amo con tutto il mio cuore. Fidati di me. Io che ho saputo, in casa di Simone il fariseo, così dolcemente accarezzare i suoi piedi santi, ora, con l'anima che sempre più sboccia alla Grazia, saprò ancora più dolcemente accarezzare le sue membra sante, medicare le ferite, imbalsamarle più col mio amore, più col balsamo tratto dal mio cuore spremuto dall'amore e dal dolore, che non coll'unguento. E la morte non intaccherà quelle carni che tanto amore hanno dato e tanto ne ricevono. Fuggirà la Morte. Perché l'Amore è più forte di essa. É invincibile l'Amore. E io, Madre, col tuo perfetto, col mio totale, di amore imbalsamerò il mio Re d'Amore». Maria bacia quest'appassionata che ha, finalmente, saputo trovare Chi merita tanta passione, e cede al suo pregare. Le donne escono portando una lucerna. Nella stanza ne resta una sola. Ultima esce la Maddalena, dopo un ultimo bacio alla Madre che resta. La casa è tutta buia e silenziosa. La strada è ancora oscura e solitaria. Giovanni chiede: «Non mi volete proprio?». «No. Puoi servire qui. Addio». Giovanni torna da Maria. «Non mi hanno voluto...», dice piano. «Non te ne mortificare. Esse da Gesù. Tu da me. Giovanni, preghiamo un poco insieme. Dove è Pietro?». «Non so. Per la casa. Ma non lo vedo. É... Lo credevo più forte... Anche io ho pena, ma lui...». «Lui ha due dolori. Tu uno solo. Vieni. Preghiamo anche per lui». E Maria dice lentamente il Pater noster. Poi carezza Giovanni: «Va' da Pietro. Non lo lasciare solo. È stato tanto nelle tenebre, in queste ore, che non sopporta neppure la lieve luce del mondo. Sii l'apostolo del tuo fratello smarrito. Inizia da lui la tua predicazione. Sulla tua via, e lunga sarà, troverai sempre dei simili a lui. Col compagno comincia il lavoro...». «Ma che devo dire?... Io non so... Tutto lo fa piangere...». «Digli il Suo precetto d'amore. Digli che chi solamente teme non conosce ancora a sufficienza Dio, perché Dio è Amore. E se ti dice: "Io ho peccato", rispondigli che Dio ha tanto amato i peccatori che per essi ha mandato il suo Unigenito. Digli che a tanto amore va con amore risposto. E l'amore dà fiducia nel buonissimo Signore. Questa fiducia non ci fa temere il suo giudizio, perché con essa riconosciamo la Sapienza e Bontà divina, e diciamo: "Io sono una povera creatura. Ma Egli lo sa. E mi dà il Cristo come garanzia di perdono e colonna di sostegno. La mia miseria viene vinta dalla mia unione col Cristo". É nel nome di Gesù che tutto viene perdonato... Vai, Giovanni. Digli questo. Io resto qui, con Gesù mio...», e carezza il Sudario. Giovanni esce, chiudendo la porta dietro di sé. Maria si pone in ginocchio come la sera avanti, viso a Viso col velo della Veronica. E prega e parla col Figlio suo. Forte per dare forza agli altri, quando è sola piega sotto la sua schiacciante croce. Eppure ogni tanto, come una fiamma non più oppressa dal moggio, la sua anima si alza verso una speranza che in Lei non può morire. Che anzi cresce col passare delle ore. E dice la sua speranza anche al Padre. La sua speranza e la sua domanda. (Qui Lei può mettere tale e quale è, perché non ha mutamento, la preghiera fatta lo scorso anno, il lamento di quest'alba pasquale, del 21 febbraio 1944).

21 febbraio 1944.
«Gesù, Gesù! Non torni ancora? La tua povera Mamma non resiste più a saperti là morto. Tu l'hai detto e nessuno ti ha capito. Ma io ti ho capito! "Distruggete il Tempio di Dio ed Io lo riedificherò in tre giorni". Questo è l'inizio del terzo giorno. Oh! mio Gesù! Non attendere che sia compiuto per tornare alla vita, alla tua Mamma che ha bisogno di vederti vivo per non morire ricordandoti morto, che ha bisogno di vederti bello, sano, trionfante, per non morire ricordandoti in quello stato come ti ha lasciato! Oh! Padre! Padre! Rendimi il Figlio mio! Che io lo veda tornato Uomo e non cadavere, Re e non condannato. Dopo, lo so, Egli tornerà a Te, al Cielo. Ma io l'avrò visto guarito da tanto male, l'avrò visto forte dopo tanto languore, l'avrò visto trionfante dopo tanta lotta, l'avrò visto Dio dopo tanta umanità patita per gli uomini. E mi sentirò felice anche perdendo la sua vicinanza. Lo saprò con Te, Padre santo, lo saprò fuori per sempre dal Dolore. Ora invece non posso, non posso dimenticare che è in un sepolcro, che è là ucciso per tanto dolore che gli hanno fatto, che Egli, il mio Figlio-Dio, è accomunato alla sorte degli uomini nel buio di un sepolcro, Egli, il tuo Vivente. Padre, Padre, ascolta la tua serva. Per quel "sì"... Non ti ho mai chiesto nulla per la mia ubbidienza ai tuoi voleri; era la tua Volontà, e la tua Volontà era la mia; nulla dovevo esigere per il sacrificio della mia a Te, Padre santo. Ma ora, ma ora, per quel "sì" che ho detto all'Angelo messaggero, o Padre, ascoltami! Egli è fuori dalle torture, perché tutto ha compiuto con l'agonia di tre ore dopo le sevizie del mattino. Ma io sono da tre giorni in questa agonia. Tu lo vedi il mio cuore e ne senti i palpiti. Il nostro Gesù l'ha detto che non cade piuma di uccello che Tu non la veda, che non muore fiore nel campo che Tu non ne consoli l'agonia col tuo sole e la tua rugiada. Oh, Padre, io muoio di questo dolore! Trattami come il passero che rivesti di nuova piuma e il fiore che scaldi e disseti nella tua pietà. Io muoio assiderata dal dolore. Non ho più sangue nelle vene. Una volta è divenuto tutto latte per nutrire il Figlio tuo e mio; ora è divenuto tutto pianto perché non ho più Figlio. Me l'hanno ucciso, ucciso, Padre, e Tu sai in che modo! Non ho più sangue! L'ho sparso con Lui nella notte del Giovedì, nel Venerdì funesto. Ho freddo come chi è svenato. Non ho più sole, poiché Egli è morto, il Sole mio santo, il Sole mio benedetto, il Sole nato dal mio seno per la gioia della sua Mamma, per la salute del mondo. Non ho più refrigerio, perché non ho più Lui, la più dolce delle fonti per la sua Mamma che beveva la sua parola, che si dissetava della sua presenza. Sono come un fiore in una arena disseccata. Muoio, muoio, Padre santo. E di morire non ne ho spavento, poiché anche Egli è morto. Ma come faranno questi piccoli, il piccolo gregge del Figlio mio, così debole, così pauroso, così volubile, se non c'è chi lo sorregge? Sono nulla, Padre. Ma per i desideri del Figlio mio sono come una schiera d'armati. Difendo, difenderò la sua Dottrina e la sua eredità così come una lupa difende i lupicini. Io, agnella, mi farò lupa per difendere ciò che è del Figlio mio e, perciò, ciò che è tuo. Tu lo hai visto, Padre. Otto giorni or sono questa città ha spogliato i suoi ulivi, ha spogliato le sue case, ha spogliato i suoi giardini, ha spogliato i suoi abitanti e si è fatta roca per gridare: "Osanna al Figlio di Davide; benedetto Colui che viene nel nome del Signore". E mentre Egli passava sui tappeti di rami, di vesti, di stoffe, di fiori, se lo indicavano i cittadini dicendo: "E’ Gesù, il Profeta di Nazareth di Galilea. É il Re d'Israele". E mentre ancora non erano appassiti quei rami e la voce era ancor roca da tanto osannare, essi hanno mutato il loro grido in accuse e maledizioni ed in richieste di morte, e dei rami staccati per il trionfo hanno fatto randelli per percuotere il tuo Agnello che conducevano alla morte. Se tanto hanno fatto mentre Egli era fra loro e parlava loro, e sorrideva loro, e li guardava con quel suo occhio che stempra il cuore, e ne tremano persin le pietre se ne son guardate, e li beneficava e li ammaestrava, che faranno quando Egli sarà tornato a Te? I suoi discepoli, lo hai visto. Uno lo ha tradito, gli altri sono fuggiti. É bastato che Egli fosse percosso perché fuggissero come pecore vili, e non hanno saputo stargli intorno mentre moriva. Uno solo, il più giovane, è rimasto. Ora viene l'anziano. Ma ha già saputo rinnegare una volta. Quando Gesù non sarà più qui a guardarlo, saprà permanere nella Fede? Io sono un nulla, ma un po' del mio Figlio è in me, ed il mio amore mette il colmo alla mia manchevolezza e la annulla. Divengo così qualcosa di utile alla causa del tuo Figlio, alla sua Chiesa, che non troverà mai pace e che ha bisogno di mettere radici profonde per non essere divelta dai venti. Io sarò Colei che la cura. Come ortolana solerte veglierò perché cresca forte e diritta nel suo mattino. Poi non mi preoccuperà morire. Ma vivere non posso se resto più a lungo senza Gesù. Oh! Padre, che hai abbandonato il Figlio per il bene degli uomini ma poi lo hai confortato, perché certo l'hai accolto sul tuo seno dopo la morte, non lasciarmi oltre nell'abbandono. Io lo patisco e lo offro per il bene degli uomini. Ma confortami, ora, Padre. Padre, pietà! Pietà, Figlio mio! Pietà, divino Spirito! Ricòrdati della tua Vergine!». [1 aprile 1945]. Dopo, prostrata fino a terra, Maria pare pregare col suo atto oltre che col suo cuore. É proprio una povera cosa abbattuta. Pare quel fiore morto di sete di cui Ella ha parlato. Non avverte neppure lo scuotìo di un breve ma violento terremoto che fa urlare e fuggire il padrone e la padrona di casa, mentre Pietro e Giovanni, pallidi come morti, si trascinano fin sulla soglia della stanza. Ma, vedendola così assorta nel suo orare, dimentica, lontana da tutto quello che non è Dio, si ritirano chiudendo la porta e tornano spauriti nel Cenacolo.