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6 - Il Messaggio dell'Amore Misericordioso

Un misterioso passaggio di consegne

"Stavo in casa dello zio Sacerdote, sentii suonare il cam­panello, scesi giù e vidi...".

Cosa vide la piccola María Josefa, all'età di dodici anni, mentre si trovava in casa di D. Manuel, parroco di Santomera? Sono molti ad aver sentito dalle sue stesse labbra il racconto di un incontro misterioso con santa Teresa di Gesù Bambino. P. Arsenio Ambrogi, presente a Collevalenza quando da Parigi arrivò al Santuario la statua della santa di Lisieux, ha lasciato una relazione dettagliata di quanto Madre Speranza disse in quella circostanza.

"Madre Speranza era lì, vicino alla piccola statua e la accarezzava come si accarezzerebbe una bambina e dolce­mente le disse; ‘Figlia mia, qui devi lavorare, perché ci tro­viamo nel Santuario dell'Amore Misericordioso'. Poi si volse di scatto verso di me e mi disse: ‘Vede, Padre: questa qui io l'ho conosciuta che avevo dodici anni... Vidi una suora tanto bella che non avevo mai visto.

Mi meravigliai che non portasse la bisaccia per raccogliere l'elemosina, pensavo, infatti che fosse una suora questuante e le dissi subito: ‘Suora dove mette la roba che le do se non ha neanche le bisacce?'. E lei mi rispose: ‘Bambina io non sono venuta per questo!? - Ma sarà stanca del viaggio, prenda la se­dia!’ – ‘Non sono affatto stanca’ – ‘Con questo caldo avrà sete!’ – ‘Non ho sete’ – ‘Allora che vuole da me?’. E lei mi disse: ‘Vedi bambina, io sono venuta a dirti da parte del Buon Dio che tu dovrai cominciare dove ho finito io’.

E mi parlò a lungo della devozione all'Amore Misericor­dioso che avrei dovuto diffondere in tutto il mondo. Ad un certo punto mi voltai e la suora non c'era più. Era proprio lei, sa! Era proprio lei.

E dicendo questo additava la statua di santa Teresa del Bambino Gesù che era lì in mezzo a noi. E aggiunse: “Dio non vuole essere più considerato come un giudice di tremenda maestà, ma come Padre buono. È questa la missione che io ho ricevuto”.

E a questa missione, possiamo dire che da quel momento, Madre Speranza incominciò a dedicare tutte le sue attenzioni rendendosi disponibile alla volontà di Dio.

Una data memorabile

Il 5 novembre 1927 è una data fondamentale nella vita di Madre Speranza.

Nel Diario scritto per ordine del suo Padre Spirituale, P. Antonio Naval, religioso della Congregazione del Cuore di Maria, si legge: "Mi sono distratta, ho passato, cioè parte della notte fuori di me e molto unita al Buon Gesù.

Lui mi diceva che io devo arrivare a fare in modo che gli uomini lo conoscono non come un Padre offeso per le ingrati­tudini dei suoi figli, ma come un Padre pieno di bontà, che cerca con tutti i mezzi la maniera di confortare, aiutare e ren­dere felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore in­stancabile, come se senza di essi non possa essere felice.

Quanto mi ha impressionato questo, Padre mio!".

Questa singolare distrazione, questa forte esperienza del divino, rimase profondamente impressa nel cuore e nella mente di Madre Speranza. Sarà il punto di partenza che la spin­gerà a convogliare tutte le sue energie, con tenacità e santa ostinazione verso un unico obbiettivo: la gloria di Dio.

È qui che si rivela la personalità di Madre Speranza, lo spessore della sua volontà, la grandezza del suo amore appas­sionato per Dio e per i fratelli.

Far conoscere Dio come Amore Misericordioso è stato 1'u­nico suo ideale. È verso di esso che convergono tutti i suoi pen­sieri, sentimenti e azioni.

Se la dispersione sta alla base dei nostri insuccessi bisogna dire che la capacità di convogliare verso un unico obbiettivo tutte le proprie risorse è alla base di ogni vero successo.

La storia di una devozione

Per inquadrare storicamente la figura, il messaggio e l'opera di Madre Speranza è utile ripercorrere fin dagli inizi, seppur brevemente, quel movimento religioso di reazione al Gianseni­smo che trova in alcune anime sante la sua massima espres­sione.

Madre Speranza ha soprattutto il merito di aver istituzio­nalizzato, attraverso una Famiglia Religiosa e un Santuario, questa devozione che la Chiesa ha confermato con l'Enciclica "Dives in misericordia" e recentemente con l'istituzione della festa della Divina Misericordia, nella seconda Domenica di Pasqua.

Quando diciamo devozione non intendiamo tanto una serie di preghiere o novene rivolte a Dio o a qualche santo, ma una dedizione, una consacrazione e un servizio che coinvolgono tutta la persona, il suo pensare e il suo agire.

S. Margherita Maria Alacoque

Nella Francia del seicento il vento gelido del Giansenismo aveva cominciato a diffondere nella Chiesa l'idea di un Dio tal­mente grande, puro e lontano che l'uomo doveva avvicinarsi a Lui con timore e tremore.

Dal Convento di Paray-Le-Monial un'umile suora fa sentire la sua voce. È il richiamo per la Francia e per l'Umanità a sco­prire i segreti del Cuore di Cristo. Dio desidera dare e ricevere amore in un rapporto libero, appassionato, coinvolgente.

Il 27 dicembre 1673, festa di S. Giovanni Evangelista, Margherita ha la prima visione. "Mentre ero davanti al Santo Sacramento mi trovai tutta investita della sua divina presenza e con tanta forza da farmi dimenticare me stessa e il luogo in cui mi trovavo. Egli mi fece riposare a lungo sul suo Divin Petto e mi scoprì le meraviglie del suo Amore e i segreti inesplicabili del suo Sacro Cuore". Sarà proprio il cuore il segno visibile di questo amore. Un cuore che poggia su un trono di fiamme più raggianti del sole, circondato da una corona di spine e sor­montato da una croce.

Ebbe una seconda e una terza rivelazione nelle quali il Signore le manifestò ciò che desiderava come riparazione per tutti gli oltraggi che continuamente riceveva dagli uomini, assi­curando che il suo cuore si sarebbe dilatato per effondere con abbondanza le ricchezze del suo Amore su quanti gli rende­ranno questo onore.

C'è, infine la Grande Promessa che costituisce il culmine di tutte le altre: "Nell'eccessiva misericordia del mio cuore, ti prometto che il mio amore onnipotente accorderà la grazia della penitenza finale a tutti coloro i quali faranno la Comunio­ne per nove primi venerdì consecutivi. Essi perciò non morran­no in mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti.

Il mio Cuore diventerà il loro rifugio sicuro in quel momento supremo".

La devozione al Sacro Cuore, si diffuse assai rapidamente coinvolgendo i fedeli e il Magistero pontificio.

Pio XII, con l'Enciclica "Aurietis Aquas" del 1956 definì la Redenzione "Mistero di amore misericordioso dell'Augusta Trinità e del Redentore divino verso l'umanità".

Il Sacro Cuore è visto, dunque, come il centro più profondo della persona di Cristo, l'espressione visiva dei suoi senti­menti, la fonte inesauribile del suo Amore Misericordioso. Nella Roma del primo Ottocento un sacerdote si distingue per l'accento appassionato con cui scrive e parla al popolo della misericordia di Dio.

È San Vincenzo Pallotti, nato a Roma nel 1775, fondatore, della Pia Società dell'Apostolato Cattolico, considerato antesi­gnano dell'Azione Cattolica, iniziatore dell'Apostolato tra gli emigrati. Per più di trent'anni percorse instancabile le vie della Capitale predicando nelle chiese, confessando, assistendo gli infermi, fondando scuole e orfanotrofi. Nelle sue meditazioni, "immerso in un mare immenso di divine misericordie" scrive pagine appassionate per esaltare Dio, "l'impazzito di miseri­cordia".

"Dio mio, siete Misericordia infinita e la vostra misericor­dia si diffonde e risplende, dove maggiore è la miseria".

S. Vincenzo esprimeva la sua viva preoccupazione per la Chiesa e per il Clero augurandosi una Riforma e un Concilio. "Ci vorrebbe - esclamava - un Concilio. Ci vorrebbe una rifor­ma!". Semi profetici nel terreno di una Chiesa bisognosa di riscoprire i tesori immensi della misericordia divina.

Anelito che troverà anche in Madre Speranza la sua realizzazione con la fondazione di una Congregazione dedicata alla diffusione dell'amore misericordioso e ai sacerdoti.

S. Teresa di Gesù Bambino

È singolare che Madre Speranza sia nata il 30 Settembre, giorno in cui mori S. Teresa di Gesù Bambino.

"Tu, bambina dovrai cominciare dove io ho finito", aveva detto la Santa di Lisieux alla piccola Maria Josefa.

La relazione tra queste due anime è profonda e complemen­tare.

Teresa era nata ad Alençon, in Francia il 2 gennaio 1873 da Martin e Zélie Guérin.

Dopo la morte della madre avvenuta quando aveva quattro anni si trasferisce a Lisieux. Lì, tra l'affetto del papà e delle sorelle, cresce sensibile, pietosa e intelligente.

Riceve la prima Comunione e poi la Cresima, intensamente preparata dalle benedettine del luogo.

Nel Natale del 1886 vive una profonda esperienza spirituale che chiama "completa conversione". Si tratta, soprattutto, del superamento di quella fragilità emotiva che aveva seguito alla morte della mamma. Ha inizio da questo momento "una corsa da gigante" verso la perfezione.

Vorrebbe subito abbracciare la vita contemplativa, come avevano fatto le due sorelle Paolina e Maria, ma l'età non glielo permette.

Durante un pellegrinaggio a Roma, chiede al Santo Padre Leone XIII il permesso per entrare nel Carmelo all'età di quin­dici anni. Lo farà il 9 aprile 1888 e l'8 settembre, festa della Natività di Maria, farà la sua prima Professione Religiosa. Vive con fedeltà e fervore i suoi impegni comunitari, provata dalla malattia e dalla morte del padre a cui era teneramente legata.

Scopre e inizia a percorrere con le sue novizie "la piccola via dell'infanzia spirituale" mettendo al centro di tutta la sua vita l'amore. Percorrendo questa via penetra sempre più nel mistero della Chiesa e sente nascere in sé la vocazione aposto­lica e missionaria. Il giorno della festa della SS. Trinità, si offre vittima di olocausto all'amore misericordioso di Dio. Il 30 settembre 1897, dopo una dolorosa malattia, e una dura prova della fede, la morte, che lei chiama "la visita dello Sposo divino", pone fine alla sua esistenza terrena mentre pro­nuncia le parole: "Dio mio, io ti amo".

La dottrina di S. Teresa è stata largamente recepita. Procla­mata Dottore della Chiesa, ha il merito di aver messo in evi­denza la chiamata universale alla santità, il valore apostolico e missionario della vita contemplativa, il messaggio evangelico della gioia, la fiducia nella misericordia di Dio e la centralità della carità nella vita della Chiesa.

S. Faustina Kowalska

Nel periodo buio tra le due guerre mondiali viene concesso un segno agli uomini stretti tra i massacri e gli orrori del marxismo e del nazismo.

Attraverso l'esperienza e la voce di un'umile Suora di clau­sura, Suor Faustina Kowalska, Gesù ricorda a tutti che Dio è misericordia infinita e quindi è possibile sperare, trovare un rifugio sicuro contro l'angoscia individuale e collettiva nel suo Cuore, che vi è la possibilità di ricevere e dare perdono.

Suor Faustina era nata in Polonia, nel villaggio di Glogo­wiec, il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, di famiglia molto povera. Venne battezzata due giorni dopo la sua nascita e le fu imposto il nome di Elena. A nove anni, quando fece la prima Comunione, esperimentò una forte attrazione verso il Signore.

Trascorse l'infanzia nella preghiera fervorosa, nel duro lavoro dei campi, sempre sensibile e premurosa verso le mise­rie umane.

Frequentò per breve tempo le scuole, poi fu costretta ad andare a servizio presso la famiglia di un fornaio. Desiderava consacrarsi totalmente al Signore, ma i genitori non glielo per­misero.

Un giorno, durante un ballo, vide Gesù, sanguinante in volto, che le disse: "Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare e fino a quando mi ingannerai?". Elena fu talmente impressio­nata che lasciò la festa e, senza neppure avvertire i genitori, partì per Varsavia dove peregrinò di convento in convento, rice­vendo continui rifiuti, finché, nell'estate del 1924 fu accolta dalle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia.

Fece la prima Professione Religiosa nel 1928 e quella Per­petua nel maggio del 1933.

Il 22 febbraio 1931 Gesù le ordinò di dipingere una sua immagine, simile a quella che vedeva.

È l'inizio di un dialogo fiducioso e appassionato, narrato con la semplicità disarmante di una persona quasi analfabeta, nel Diario scritto per ordine del suo direttore spirituale, D. Michele Sopocko.

Gli ultimi anni della sua breve vita furono segnati da tor­menti fisici, per la tubercolosi, che la andava minando, e da sofferenze spirituali e morali per le accuse di simulare i suoi fenomeni mistici. Morì a trentatrè anni, a Cracovia, il 5 ottobre 1938. Quella di Suor Faustina è una missione di portata mon­diale, per questo il Signore l'arricchì di doni mistici straordi­nari come rivelazioni, visioni, apparizioni, stimmate nascoste. "Non voglio, le ripeteva il Signore - punire l'umanità soffe­rente, ma desidero guarirla e stringerla al mio cuore".

A Suor Faustina Gesù apparve vestito con una veste bianca e con una mano alzata nel gesto di benedire.

Dal suo cuore si sprigionano due raggi: uno bianco e uno rosso.

C'è sotto l'immagine una scritta: "Gesù, confido in Te!". Mentre nel Crocifisso di Madre Speranza Gesù è rappresen­tato prima di morire, nel momento che implora dal Padre il perdono per i peccati degli uomini, nel Gesù misericordioso di Santa Faustina il Risorto è rappresentato mentre elargisce agli uomini questo amore misericordioso. Quella misericordia che si è manifestata sulla croce continua a salvare gli uomini attra­verso l'azione sacramentale della Chiesa.

C'e da rilevare che la visione di Madre Speranza, avvenuta nel 1929, precede di alcuni anni quella di Santa Faustina, avve­nuta nel 1931. A nessuno sfugge il parallelismo e la sorpren­dente continuità tra la vita, l'esperienza e la spiritualità di que­ste anime che il Signore ha chiamato, distanti nel tempo e nello spazio, per compiere una missione ecclesiale. Esse convergono tutte nell'intento di vivere e ripresentare al mondo le imper­scrutabili ricchezze della misericordia di Dio.

Sulla scia di P. Arintero

Iniziando il suo Diario, scritto unicamente in obbedienza al direttore spirituale, Madre Speranza dichiara che il 30 ottobre 1927, il Buon Gesù le chiese di darsi pienamente e con tutte le sue forze, al lavoro con il P Arintero, religioso domenicano, per far conoscere al mondo la devozione all'Amore Misericor­dioso.

Lo faceva già da tempo, ma il suo Padre Spirituale, Antonio Naval non voleva che la cosa si sapesse, neppure dai Superiori. P. Juan Gonzàlez Arintero era soprattutto un maestro di vita spirituale, ma anche uno scienziato, un apologeta.

Nato a Lugueros, diocesi di León, nel 1860, si era fatto domenicano nel 1876. Oltre ai normali studi aveva frequentato la facoltà di Scienze fisico-chimiche presso la prestigiosa Università di Salamanca. Insegnò scienze ecclesiastiche e pro­fane in varie Università: Soria, Valladolid, Roma, Salamanca.

Semplice e amabile di carattere era tuttavia energico e persuasivo per quanto riguardava i suoi ideali di vita religiosa. Si interessò con passione e competenza ai problemi del suo tempo con l'intento di discernere quello che era utile o dan­noso per la vita della chiesa. Anticipando il Concilio Vaticano II parla diffusamente nei suoi scritti dello sviluppo e vitalità della Chiesa, della sua evoluzione dottrinale organica e mistica e della chiamata universale di tutti i cristiani alla santità. Molto abbondante è la sua produzione letteraria.

Nel 1921 diede inizio alla rivista "La vida sobrenatural" che si proponeva di illustrare gli "ineffabili misteri" e le "meravi­glie della vita della grazia".

Il suo interesse andò via via polarizzandosi sulla devozione all'Amore Misericordioso e ne divenne, negli ultimi anni della sua vita, apostolo convinto e generoso.

Fece stampare e diffondere migliaia di opuscoli e stampe che la illustravano; tenne conferenze e soprattutto istillò nelle anime che dirigeva questa spiritualità.

Fu la lettura di un libro anonimo, proveniente dalla Francia, che in verità lesse un po' prevenuto, a metterlo su questa strada. Alla fine della lettura esclamò pieno di entusiasmo: "Questo è Vangelo puro, puro Vangelo!".

L'intento del libro era quello di esaltare l'amore divino nei confronti delle anime sottolineandone la misericordia. Gli scritti erano opera di "un'anima straordinaria, molto favorita dal Signore" che si firmava con le iniziali P.M. che significano "Petit Main", piccola mano. P Arintero la conobbe e stabilì con lei una vivace corrispondenza. A lei diede il nome di "Su­lamitis", cioè della mistica sposa del Cantico dei Cantici. Con questo pseudonimo firmava gli articoli che pubblicava nella ri­vista "Vida Sobrenatural". Quando morì, all'età di 65 anni, nel 1943 si conobbe il suo vero nome che corrispondeva a quello della Superiora delle monache Visitandine del Monastero fran­cese di Dreux-Vouvant, Maria Teresa Desandais.

Dopo la morte del P Arintero il 20 febbraio 1928, la diffu­sione della devozione all'Amore Misericordioso si andò esten­dendo soprattutto in America Latina. Ma l'Arcivescovo di La Habana proibì il culto e la diffusione dell'immagine del Croci­fisso dell'Amore Misericordioso, raffigurato con alcuni raggi che partivano dal cuore. Da quel momento l'Opera cominciò a perdere la sua popolarità e quasi scomparve.

La collaborazione e le riserve di Madre Speranza

Abbiamo parlato diffusamente di questo santo e dotto reli­gioso domenicano e della sua attività perché Madre Speranza, come abbiamo detto, collaborò con lui nella diffusione della devozione all'Amore Misericordioso, per consiglio del suo Padre Spirituale e per ordine di Dio. Nel suo diario parla addi­rittura di un rimprovero ricevuto dal Signore perché non si sforzava abbastanza nel far conoscere a coloro che con essa trattavano l'amore e la misericordia che Dio nutre verso gli uomini.

È lei stessa ad esaminare le ragioni della sua titubanza e ad esporre alcuni dissensi dal modo di fare del P Arintero.

Sa che questa devozione, per l'immediato subirà un insuc­cesso e dichiara di avere vergogna di ciò che penseranno e diranno di lei le persone. In una pagina del suo diario si rivolge al padre Spirituale con queste parole: "Che pena ha prodotto nella mia povera anima questo paterno rimprovero, padre mio! Mi aiuti a chiedere a Gesù che una volta ancora mi perdoni. È certo, padre mio, che da tempo sono preoccupata per il fatto che la diffusione della devozione all'Amore Misericordioso va incontro ad un insuccesso. Infatti il P Arintero, nonostante sia un gran santo, come uomo ha il suo modo di vedere le cose e così nei suoi opuscoli, spesso propaga idee sull'Amore Misericordioso che secondo il Buon Gesù non sono esatte. Io gliel' ho detto più di una volta, ma vedo che gli costa sottomettersi, in molte cose, ad una povera religiosa senza studi e senza tante conoscenze come ne ha lui. Rendendomi conto di ciò, gli dico con molto sforzo quello che il Signore mi dice, ma vedo che non scrive esattamente le cose come io gliele dico.

Lo stesso ha fatto con alcune frasi della novena che ha diffuso in America, Francia e Spagna".

Come possiamo renderci conto la collaborazione di Madre Speranza all'Opera di P. Arintero fu generosa, ma franca e leale, senza alcuna sudditanza. Lei sapeva di avere un suggeri­tore più affidabile di qualsiasi altro e a lui obbediva cieca­mente, dopo essersi consigliata con il Padre Spirituale.

P Arintero, sul letto di morte, dopo aver espresso la sua fiducia nel proseguimento dell'Opera, ebbe l'umiltà di espri­mere l'impressione che lui, ormai, era di ostacolo in questo mondo alla diffusione e fioritura delle sue idee sull'Amore Misericordioso e per questo il Signore lo prendeva con sé e affidava ad altri questo compito. Avrà pensato P. Arintero che Madre Speranza era tra coloro che avrebbero raccolto e portato alla piena fioritura la sua Opera? Parlando ad un gruppo di suore provenienti dalla Spagna, Madre Speranza raccontò qualcosa dei suoi rapporti con Padre Arintero, facendo risaltare la coscienza della sua inadeguatezza per il compito che il Signore le affidava.

"Questo titolo dell'Amore Misericordioso, nuovo nella Chiesa, fu prima conosciuto da un santo e intelligente Sacer­dote, il P. Arintero, religioso domenicano che lavorò moltis­simo per la diffusione di questa devozione. Io non fossi capace di aiutarlo minimamente, mentre ero religiosa dell'altra Congregazione, lavorai molto con lui in questa opera. Il Signore permise che la Chiesa, il Santo Ufficio, non approvassero detta Opera e il P. Arintero non poté continuare. Moltissime volte ho pensato: perché il Signore permise che l'opera del P. Arintero venisse soppressa dalla Chiesa?

Perché?... Perché il Signore voleva che la devozione al suo Amore Misericordioso si estendesse nel mondo intero, consi­deratelo bene: nel mondo intero per mezzo di religiose senza cultura.

Dopo è venuta la cultura, sono venuti gli studi, ma in quei mo­menti il Signore scelse come strumento della sua opera una povera religiosa, poco intelligente e incapace di portare a compimento una missione tanto grande e difficile come è la fondazione di Religiose e più tardi di Religiosi che hanno come speciale missione quella di far conoscere alle anime del mondo intero l'Amore e la Misericordia del Signore verso il povero bisognoso e peccatore".

Un'Enciclica provvidenziale

Nel 1980 il Santuario fondato da Madre Speranza a Collevalenza, cominciava ad essere conosciuto e apprezzato dovunque.

Dall'Italia e anche da alcune nazioni straniere giungevano sempre più numerosi gruppi di pellegrini che trovavano una fraterna ospitalità nella Casa del pellegrino; pregavano dinanzi al Crocifisso, facevano il bagno nelle piscine e si accostavano con fiducia al Sacramento della Riconciliazione e dell'Eucari­stia.

I sacerdoti venivano accolti nella casa dei Figli dell'Amore Misericordioso per ritiri spirituali, corsi di esercizi, aggiorna­menti, giornate di spiritualità. Alcuni di essi trovavano nella casa per Sacerdoti anziani un luogo dignitoso dove passare se­renamente gli ultimi anni della loro vita.

I giovani e le famiglie frequentavano il Santuario per Incon­tri e Corsi, utili a riscoprire e a vivere la loro particolare voca­zione.

Cardinali e Vescovi visitavano ufficialmente o in privato il grande complesso e tutti rimanevano colpiti non tanto dalla grandiosità delle strutture, quanto dalla profonda spiritualità che si respirava.

L'Enciclica "Dives in Misericordia", pubblicata il 30 novembre di quell'anno, oltre a delineare in maniera limpida e trasparente, la dottrina che si riferisce all'Amore Misericor­dioso, fu vista come una conferma ufficiale di quella spiritua­lità che Madre Speranza e altre anime elette avevano vissuto e diffuso nella Chiesa.

Questa Enciclica, la seconda del Pontificato di Giovanni Paolo II, esprime la convinzione che "La Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia - il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore - e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice".

La storia della salvezza viene vista come storia di miseri­cordia. Gesù è il segno più evidente della paterna tenerezza di Dio, che si china misericordiosamente sull'uomo debole, sof­ferente, malato. Il Crocifisso è l'icona dell'accoglienza di Dio nei nostri confronti e l'invito più persuasivo ad accogliere con lo stesso amore ogni nostro fratello.