GLI ANNI GIOVANILI
Luigina Sinapi nacque ad Itri, in provincia di Latina, l'8 Settembre
1916, da una famiglia benestante. Maggiore di cinque figli, tre maschi
e due femmine, venne alla luce prematuramente con un parto gemellare.
La sorellina morì quasi subito mentre lei, tra la grande trepidazione
dei suoi cari, sopravvisse. I genitori, Francesco Paolo e Filomena
Catena tardarono a dichiararne la nascita all'Anagrafe e perciò risulta
nata il 10 anziché l'8 Settembre. Essi, per timore che ambedue le
figlie morissero, fecero somministrare loro il Battesimo a poche ore
dalla nascita. In questi primi tre giorni di vita Luigina, come se
fosse «addolorata e desiderasse seguire la sorellina», rimase senza
mangiare, piangendo in continuazione. Si riprenderà però molto presto e
diventerà una bambina bella e vivace. Mentre il padre Francesco Paolo,
di professione ebanista e proprietario di una fiorente bottega con una
quindicina di operai, era di carattere debole, ombroso e collerico, la
madre Filomena, di professione ostetrica, nutriva una profonda religiosità, un carattere aperto e generoso e crebbe
i cinque figli infondendo loro l'amore per il Signore e per il
prossimo. Una donna di sani e santi principi che le permisero di vivere
accanto ad un marito dal carattere non sempre facile e succube delle
due sue sorelle.
Fin dai primi anni la vivacità e l'allegria che si sprigionava da
Luigina le accattivavano la simpatia di tutti. Gesù stesso, sotto le
sembianze di bimbo, amava giocare con lei. E questo era per lei una
cosa talmente naturale, sì da credere che ogni bambino giocasse
normalmente con il piccolo Gesù.
Racconta lei stessa che aveva cinque anni quando un pomeriggio lo zio
prete, venuto a fare visita, stava recitando il Breviario seduto in una
camera, mentre lei giocava in giardino a rimpiattino con Gesù Bambino.
Lo zio ogni tanto, sollevando gli occhi dal Breviario, dava
un'occhiata, attraverso la finestra, nel giardino e guardava stupito la
nipotina correre tutta sola da un lato all'altro, come se rincorresse
qualcuno o qualcosa. Dopo un poco ecco Luigina piombare in camera sua e
ficcarsi sotto il letto, strillando e ridendo. Lo zio, disturbato nel
suo pregare, sgridò Luigina. Di risposta lei, con aria innocente e con
tutta semplicità spiegò allo zio che la colpa era tutta di Gesù Bambino
che, giocando, si era rifugiato sotto il letto. Davanti al viso un po'
burbero e un po' perplesso dello zio la piccola, per dimostrargli la
sua innocenza, si mise, con naturalezza, a recitargli in latino il
versetto che in quell'attimo il sacerdote stava leggendo. Allora lo zio
con un tono tra la collera e la sorpresa le disse: «Te lo do' io Gesù
Bambino..., tu hai addosso il demonio e hai bisogno di benedizione e di
molta acqua santa». E così Luigina da quel momento cominciò a non
essere più capita e presa sul serio.
Questo suo modo di essere e di manifestarsi diventò un vero
«interrogativo» per i genitori, oltre che per se stessa. Per volontà
del Signore questo suo essere «diversa» sarà una delle sofferenze che
l'accompagneranno per tutta la vita e resterà come una «piccola
violetta nascosta» ed incompresa dai più, anche se violetta fortemente
«profumata».
Un altro evento che conferma questa sua dimestichezza con «le cose del
Cielo», accadde durante i suoi primi anni di scuola. Una mattina,
mentre si trovava per caso nel cortile della scuola adiacente alla
Chiesa Parrocchiale, vide che una lastra in cima al campanile stava per
staccarsi e cadendo avrebbe colpito il tetto dell'aula dove erano
riuniti i compagni. Cadde in ginocchio e alzando gli occhi al cielo
pregò fervorosamente Gesù perché fermasse il pericolo. Tale fu
l'ardente amore nella supplica e l'offerta che fece in quel momento di
se stessa, che improvvisamente «vide» due angeli sostenere la lastra
del campanile e tutto restò in ordine. La maestra, spaventata per lo
strano rumore che si sentì e paventando qualcosa per i piccoli, corse
all'esterno con gli scolaretti e, sorpresa, vide Luigina inginocchiata,
estremamente pallida e tremante. Il suo stato era così anormale che la
portarono immediatamente a casa. Tutti però erano ben lontani
dall'immaginare cosa avesse prodotto quello strano stato di shock della
piccola.
Gina intanto si ammalò e per un mese stette molto grave. A poco a poco
si stava ristabilendo quando, un giorno, dalla finestra chiusa per il
freddo e la neve abbondante che copriva ogni cosa, Luigina
all'improvviso vide un bambino lacero e scalzo, fuori dal cancello
della casa. Chiamò subito la nonna e gli altri di casa e raccomandò
loro di fare entrare quella pallida creaturina che stava al gelo. Ma al
cancello la nonna non vide alcun bambino. Solo il pianto di Luigina e
la paura che le tornasse il male, convinse la nonna ad aprire il
cancello, fu allora che vide una scena «strana». Gina, in cima alla
grande scala, invitava il bambino a salire, chiedendogli chi fosse, da
dove venisse. Corse con lui in camera sua e l'invitò ad infilarsi il
suo cappottino e gli stivaletti nuovi che il papà il giorno precedente
le aveva portato da un viaggio come regalo. Poi tutta affannata pregò
la nonna di preparare una bevanda calda per rianimarlo. Fu allora che
il Bambinello Gesù le si manifestò. Ma i familiari non videro nulla e
pensarono che Gina, ancora fragile com'era, sragionasse. Gesù intanto
la ringraziò per lo slancio d'amore con il quale aveva salvato i
compagni di scuola ed anche per la sua pronta generosità verso i
poveri. Gina di rimando, con il suo carattere simpaticamente impulsivo,
gli disse che l'aveva messa in un bel pasticcio di fronte ai suoi.
Costoro, infatti, l'avrebbero creduta pazza; perciò non se ne doveva
andare via se prima non avesse dato un «segno». Gesù allora
l'accontentò ed avvenne il prodigio davanti ai presenti. Mentre il
Bambinello indietreggiava per la scala, la nonna vide una nuvoletta
bianca e su quella spuntare una manina infantile che si agitava per
salutare. Davanti a questi avvenimenti che circondavano la bambina, la
mamma era molto preoccupata. Accadevano sovente fatti molto strani in
Luigina e, dopo aver molto riflettuto, si decise di condurla con sé da
Padre Pio da Pietrelcina, a San Giovanni Rotondo.
Erano passati pochi anni da quando il Padre aveva ricevuto le stigmate
e i pochi fedeli che andavano da lui, potevano avvicinarlo con
facilità. Cosicché alle preoccupazioni di questa mamma che credeva la
figlia influenzata da spiriti non buoni, il Padre rispose: «Dio si
manifesta in lei con la Sua Volontà». Poi la benedisse e, con tenerezza
veramente paterna, pose la mano stigmatizzata sulla testa di Luigina.
Quello fu pertanto il primo incontro di Gina con Padre Pio. Da allora e
per tutta la vita Luigina sarà sempre unita spiritualmente con questa
grande anima di Dio, e si incontreranno molte volte al Gargano.
La famiglia Sinapi viveva, con una certa agiatezza, in una bella casa,
dove i poveri, grazie alla generosità della mamma Filomena, trovavano
sempre di che sfamarsi. Luigina, chiamata in casa con il diminutivo di
Gina, amava, negli ultimi anni della sua vita, ricordare quelli
giovanili e la spensieratezza e la vivacità che la distinguevano.
Era di una vivacità unica se si pensa che un pomeriggio, stando in
Chiesa con le amichette, senza farsi accorgere, entrò nel
confessionale. Le altre, pensando che ci fosse il sacerdote, andarono
ad una ad una a confessarsi. Si dicevano poi fra loro: «Come confessa
bene questo sacerdote!». Ma la burla si scoprì quando, dopo l'ultima
penitente, Luigina saltò fuori dal confessionale ridendo. La nonna che
intanto era giunta in Chiesa, vedendo l'accaduto, la prese da parte e,
con dolcezza, la rimproverò, facendole capire che questi erano scherzi
da non farsi alle compagne. Luigina andò allora a chiedere perdono
davanti al Tabernacolo e subito «vide» aprirsi la porticina ed uscire
Gesù sorridente. Le disse: «
Io sto sempre qui dentro e se tu farai
sempre quello che ti dirò, io ti farò un giorno santa».
Non mangiava molto, anzi bisognava sempre forzarla perché prendesse un
po' di cibo. Era però molto golosa di dolci e particolarmente della
cioccolata. I parenti la viziavano regalandogliene sovente delle
tavolette che lei però nascondeva in camera sua, «inchiodandole» al di
sotto del ripiano del mobile, in modo che i fratellini non potessero
trovarla.
Naturalmente questi ricordi da adulta la facevano ridere. Anche un
altro episodio raccontava con tanta naturalezza. Un giorno, aveva circa
otto anni, cominciò a dire con insistenza al papà che sotto la finestra
della camera da letto c'era del miele. Naturalmente il padre non
credette. Dopo giorni e giorni di insistenza il padre volle
accontentarla e chiamò un muratore perché facesse un foro nel punto
indicato dalla figliola. Quale non fu la sorpresa quando, agli occhi
del muratore e del padre, si presentò molta cera con un bel miele
dorato. Erano chili e chili di miele filante e dolcissimo: in tutto
cinquanta chili. Certamente le api avevano trovato dall'esterno una
fessura e depositavano lì il loro dolce tesoro. Ma come poteva sapere
Gina che in quel punto della parete ci fosse cera e miele? Neppure lei
seppe spiegarselo!
Per le processioni che si tenevano in paese la signora Filomena amava
vestire i suoi piccoli da angioletti e Gina, essendo la più
grandicella, portava sempre un cestino pieno di petali di rosa da
spargere al passaggio di Gesù Sacramentato o della statua della Vergine.
Per carnevale poi, a scuola, la maestra organizzava delle piccole
festicciole e Gina era sempre la più elegante e la più carina. Una
volta le toccò d'essere proclamata «reginetta», e questo non la lasciò
indifferente. Il mondo con le sue attrattive cominciava ad
affascinarla. Ma si direbbe che Gesù vegliava sulla sua anima e la
proteggeva. Fu così che quella fu l'ultima volta che partecipò a un
carnevale. Dall'anno seguente in poi, ogni volta che Gina avrebbe
voluto partecipare a un carnevale con i suoi compagni, si ammalava di
geloni ed i suoi piedini si gonfiavano a dismisura. Era perciò
obbligata a restare in casa e a rinunciarvi. Incominciava a soffrire
per riparare al molto male che si commette nei giorni di carnevale. La
mamma però, anima molto sensibile e spirituale, intuiva e l'aiutava a
superare quei momenti di sofferenza.
Gina era amante delle belle cose e le piacevano le novità. Un giorno,
era appena signorinetta, vide alcune sue amiche che tenevano in mano un
astuccio di tartaruga. Si chiamava «trousse» e racchiudeva uno
specchietto, un piccolo pettine ed un porta cipria. Quale fu la sua
gioia quando il papà, di ritorno da un viaggio in Francia, gliene portò
uno in dono.
Aprendolo però, lo trovò vuoto. C'era un'immagine del volto santo di
Gesù con un biglietto scritto, dalla mamma: «Gesù ti vuole semplice ed
umile». Povera mamma che, sapendo di avere un male che presto l'avrebbe
rapita ai suoi, cercava di formare la sua prima fgliuola insegnandole i
vitali valori spirituali!
Mancava giusto un anno alla morte della mamma, quando Gina «vide» Santa
Rita da Cascia che le chiedeva la mamma per portarla in Cielo. Gina si
ribellò e fece le sue rimostranze. Tanto se la prese con la Santa degli
Impossibili che, solo dopo molti anni, già donna adulta si «pacificò»
con Lei, andando al suo Santuario: «per fare la pace»!
Anche questo episodio conferma il carattere semplice ma impulsivo e
schietto di Luigina. Di lì a qualche giorno, la signora Filomena,
tornando da una visita medica, parlò con la figliola confidandole che
presto sarebbe salita in Cielo. La mamma dovette farsi forza per dare
una tale notizia alla sua cara Gina ma, conoscendone il carattere,
voleva prepararla poco a poco a questa dura prova e cercò di fargliela
accettare come Volontà di Dio.
La mamma morì a soli 44 anni. Prima di lasciare la terra, attorniata
dalla prole, raccomandò ai figli sgomenti e dagli occhi lucidi per il
pianto, di essere sempre buoni e timorati di Dio e di fare sempre la
Sua Divina Volontà in ogni evento della vita. Ai tre maschi raccomandò
anche di non imparare a bere e di non fumare. Luigina rimase così sola.
C'erano i suoi quattro fratellini, il papà e la nonna, ma la mamma che
la guidava e che la capiva non c'era più. A sedici anni si trovava di
colpo adulta e con un grande dolore nel cuore.
A Giugno del 1931 aveva interrotto gli studi ginnasiali, a causa della
malattia della mamma. E pure questo fu per lei fonte di grande dolore.
Riusciva molto bene negli studi e, malgrado avesse una salute non
florida e facesse molte assenze durante l'anno scolastico, riusciva
sempre ad ottenere ottimi voti e ad essere promossa.
Con la morte della mamma. per Gina si chiuse il capitolo gioioso della
sua vita e incominciò la strada irta e dolorosa, anche se ricca di
favori divini, che la Provvidenza le aveva tracciato.
A questo punto è interessante seguire il racconto che il fratello
Pietro fa degli anni dell'infanzia e della giovinezza di Luigina.
Pietro, amato dalla sorella come gli altri due fratellini e la
sorellina, ebbe modo però di essere quello che più la seguiva da
vicino, essendo il secondogenito. Naturalmente conosce molti più fatti
degli altri. Inoltre Luigina si confidava molto con lui, perciò la sua
testimonianza ci è utilissima.