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Capitolo tretatreesimo

L’INCOSTANZA DEL CUORE E L'INTENZIONE ULTIMA, CHE DEV'ESSERE RIVOLTA A DIO

PAROLE DEL SIGNORE Figlio, non ti fidare dei tuoi affetti; ben presto essi cambieranno in disposizioni diverse da quelle che provi ora. Finché vivrai, sarai soggetto, anche contro la tua volontà, a questa mutevolezza; ti sentirai ora lieto, ora triste; ora tranquillo, ora turbato; ora fervente, ora arido; ora voglioso, ora indolente, ora pensoso, ora svagato. Ma chi è sapiente e ben illuminato nelle cose dello spirito, sta saldo sopra questo variar d'affetti, non badando a quanto senta dentro di sé o da qual parte soffi il vento della sua instabilità, ma procurando a che tutta la tensione del suo animo giovi al fine dovuto e desiderato. Soltanto così, infatti, egli potrà rimanere sempre uguale a se stesso, irremovibile, con l'occhio puro della sua intenzione fisso in continuazione a Me, pur nel variare di tanti eventi. E quanto più puro sarà l'occhio dell'intenzione, tanto più grande è la costanza con la quale si procede tra le varie procelle di questa vita. Ma l'occhio puro dell'intenzione in molti s'offusca, perché presto essi volgono lo sguardo a qualcosa di piacevole che si presenti davanti a loro. E poi, raramente si trova uno del tutto mondo da questo nèo: la ricerca della propria soddisfazione. Così i Giudei s'erano recati un giorno a Betania, in casa di Marta e Maria, "non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro" (Gv 12,9). Dunque, bisogna purificare l'occhio dell'intenzione, perché sia semplice e retto; bisogna rivolgerlo a Me, oltrepassando tutti i vari obiettivi che si frappongono.