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PARTE TERZA.  ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO


— Dal 1820 al 1824 —

 

50 – VITTIMA DI RICONCILIAZIONE


Dal dì 8 novembre, giorno del mio ritorno da Albano a Roma, tutto il dì 24 gennaio 1820, giorno nel quale, per ordine del mio padre spirituale, per mezzo della santa obbedienza offrii all’eterno divin Padre, unitamente agli infiniti meriti del suo santissimo Figliolo Gesù Cristo, che si degnasse ricevermi qual vittima di riconciliazione, per bene della santa Chiesa e dei poveri peccatori, offrendomi di patire qualunque pena, qualunque travaglio per ottenere la grazia della riconciliazione di Dio con gli uomini, mentre chiaramente si vede che Dio è fortemente sdegnato con noi, per i tanti peccati che si commettono, che è un puro miracolo dell’infinita sua bontà, che non subissi ogni momento tutto il mondo per i gravi delitti e grandissime indegnazioni, che in essi si commettono dalla maggior parte degli uomini.

Per mezzo dunque della santa obbedienza mi offrii. Fatto questo sacrificio di tutta me stessa, mi pareva di vedermi d’intorno balenare la divina giustizia, e quasi con fulmini del suo giusto rigore volesse incenerirmi. Mi pareva che mi si aprisse la terra sotto i piedi per ingoiarmi; mi pareva ad ogni momento che lo sdegno di Dio volesse vendicare contro di me il suo giusto furore.

In questa angusta situazione, piena di timore e di afflizione ricorrevo alle sante orazioni, ora offrendo il sangue prezioso di Gesù crocifisso, ora gli infiniti suoi meriti.

Mi nascondevo nelle piaghe amorose di Gesù Cristo, per non patire il rigore della divina giustizia, che cercava da me soddisfazione per l’offerta che avevo fatto.

In stato così afflittivo, domandai al mio padre spirituale se questa offerta, che mi aveva fatto fare, fosse stata da lui raccomandata prima al Signore. Il suddetto mi rispose che stessi pur quieta che quanto mi aveva comandato lo aveva fatto per puro impulso di Dio, dopo maturo consiglio e molte orazioni. Questa notizia mi servì di un grande conforto. Il suddetto mio padre spirituale mi diede molto coraggio e mi assicurò essere questo mio povero sacrificio molto grato a Dio.

Fu molto sensibile questo improvviso cambiamento alla povera anima mia, mentre erano passati quasi tre mesi che, per la grandissima quiete di spirito che godeva, alle volte non sapevo se più abitassi la terra o il cielo. La continua presenza di Dio, la familiarità che godevo con lui, i suoi frequenti favori, le sue amorose visite, i suoi castissimi abbracciamenti, per mezzo delle sante unioni, i rapimenti di spirito che il più delle volte per la forte violenza della grazia con cui Dio toccava la povera anima mia, faceva prova di lasciare il corpo per andare rapidamente al suo Dio, che si degnava così fortemente chiamarmi, per mezzo della sua santa grazia, il corpo faceva prova di andare appresso allo spirito, e alle volte mi trovavo, quando tornavo nei sensi, che il mio corpo si posava in terra e mi avvedevo che in quel tempo si era sollevato da terra.

Fu al certo molto sensibile l’improvviso cambiamento, per l’offerta fatta il dì 24 gennaio 1820, come già dissi di sopra. Assicurata che fui dal mio padre spirituale, che la povera mia offerta era stata molto gradita dall’eterno divin Padre, per sua infinita bontà, si degnò Dio di accertarne anche la povera anima.

50.1. Immersa nell’infinita bontà di Dio


Il dì 2 febbraio 1820, giorno della Purificazione di Maria santissima, per mezzo d’intellettuale intelligenza fui alienata dai sensi, e mi fu permesso d’inoltrarmi negli amplissimi spazi della divinità, dove Dio si degnò dare a vedere alla povera anima mia cose molto grandi e sublimi, appartenenti all’infinito suo essere divino.

Cosa mai dirò della grandissima sua magnificenza, con cui dava a vedere alla povera anima mia, con qual gratitudine a sé la chiamava e dolcemente la stringeva al castissimo suo seno, assicurandola dell’eterno suo amore.

Oh qual gioia, oh qual gaudio di paradiso scorreva nel mio spirito non so ridirlo. Piena di santi affetti si rivolgeva verso il suo Dio, sommo suo bene, e annientata in se stessa, piena di propria cognizione, la povera anima mia, tutta bagnata di lacrime: «Mio Dio», esclamava, «mio Dio, mio sommo amore, ah non son degna che voi dal vostro augustissimo trono gettiate neppure uno sguardo sopra di me. E voi, per vostra pura bontà, tanto vi degnate sollevarmi, tanto vi degnate innalzarmi sopra me stessa, che più non mi ritrovo, ma tutta tutta sono inabissata, medesimata in voi, mio sommo bene, mio sommo amore! Sono immersa nell’infinita bontà e immensità vostra, mio Dio, mio tesoro, mio tutto. Io più non mi ritrovo, ma sono medesimata con voi, eccesso incomprensibile di amore! E chi mai potrà ridire qual bene sia godere l’immenso bene che è Dio e che è in Dio? Vengano pure gli uomini più dotti, più elevati, dicano pure quanto vogliono, a mio poco talento mi pare che niente potranno dire, per molto che dicano, in paragone di quello che Dio si degna comunicarsi alle anime per via di intellettuale intelligenza. L’anima mia molto comprende, ma niente sa ridire, tanta è la grandezza, tanta è la magnificenza della cognizione che niente sa spiegare, ma tutta rapita e assorta in Dio se ne resta piena di stupore e di ammirazione, tutta piena di santo amore verso il suo amato bene, che si sente la povera anima mia morire, tanto è l’ardore di questo divino fuoco, che mi consuma e mi fa languire il possesso di questo eterno divino amore, che giorno e notte altro non bramo, altro non cerco con lacrime e con sospiri ardenti che il possesso dell’eterno mio amore, che è Dio, sommo mio bene, infinito mio amore».

Ah, che queste parole, queste dolci espressioni le replicherei cento e mille volte, e tornerei ogni momento a riscrivere che la povera anima mia ama il suo Dio con amore ardentissimo, e sono pronta ogni momento a dare il sangue e la vita per amore di questo divino amante.

50.2. Lo sdegno di Dio


Riprendo il filo, e dico che dal 14 gennaio 1820, dopo fatta la suddetta offerta, molti sono stati i patimenti interni ed esterni che ho sofferto in questi tre mesi di febbraio, marzo e aprile, ma con la grazia di Dio tutto ho superato con pazienza e rassegnazione.

In questo tempo mi sono esercitata nella santa virtù della mortificazione, silenzio, ritiro, raccoglimento e frequenti orazioni, e penitenze, per quanto mi si permettevano dal prudente mio direttore, che vedendomi indebolita di forze e inferma nel corpo, che questi tre mesi suddetti, per molti incomodi non sono che tre volte sortita da casa, e per molti giorni ho guardato il letto, tanto era il male che soffrivo, con tutto questo male mai ho lasciato di fare la santa Comunione. La mattina mi alzavo e andavo nella mia cappella, sentendo la santa Messa. Facevo ogni giorno la santa Comunione. Il più delle volte mi favoriva il mio padre spirituale a celebrare la santa Messa.

Il giorno di san Giuseppe, il dì 19 marzo 1820, dopo la santa Comunione, che ricevetti nella mia cappella dalle mani del mio padre spirituale, che celebrò la santa Messa, fu sopraffatto il mio spirito da uno straordinario favore. Dio mi trasse dai propri sensi lo spirito, fui alienata dai sensi e il mio corpo restò qual cadavere immobile, senza quasi respirare e senza che i polsi dessero segni di vita. Questo seguì per lo spazio di circa nove ore. Dopo il suddetto tempo rinvenni un poco e per buoni tre giorni il mio spirito restò sopito, senza distinguere le cose sensibili della terra.

In questo tempo fu al mio spirito, per mezzo di intellettuale cognizione, mostrato il grande castigo che Dio è per mandare sopra la terra, per le grandi iniquità che si commettono dalla maggior parte degli uomini.

Oh quale spavento, oh quale orrore ne ebbe il povero mio spirito! Mi fu mostrato il braccio onnipotente di Dio che armato stava di forte e pesante flagello, per momentaneamente scaricarlo sopra di noi, miseri mortali. In questa afflittiva situazione vedevo l’umanità santissima di Gesù Cristo, che impediva al suo divino Padre di scaricare il funestissimo colpo, dove quasi tutti gli uomini sarebbero periti sotto sì spietato flagello. La povera anima mia, per il grande spavento di vedere lo sdegno di Dio, piena di santo timore, era tutta profondata in me stessa ed umiliata fino all’intimo del mio nulla, dal profondo del quale, con abbondanti lacrime ed infuocati sospiri chiedevo misericordia, offrendo di tutto cuore il sangue preziosissimo di Gesù e gli infiniti suoi meriti all’eterno divin Padre, acciò si degnasse di placare il suo giustissimo sdegno, irritato contro di noi, infelici peccatori.

50.3. Sospesa la giustizia di Dio


Fatta la preghiera, mi pareva che Dio sdegnasse di riceverla, ma preso dal giusto suo furore, veniva alla determinazione di castigare il mondo, ed in quel momento subissarlo. Sopraffatto il pover mio spirito dalla carità fraterna, per non vedere perire tante anime, che eternamente si sarebbero dannate, con santa fiducia e filiale confidenza, io dicevo: «Ah, mio Dio, mai e poi mai acconsentirò che questo segua! Voi mi avete, per vostra infinita bontà, ricevuta qual vittima di riconciliazione; ah, mio Dio, non sdegnate il povero mio sacrificio, che vi ho fatto di tutta me stessa in unione del sacrificio che vi fece il vostro santissimo Figliolo sopra l’albero della croce. Sì, mio Dio, in unione del suo ricevete il mio, che di tutto cuore torno ad offrirvi per l’esaltazione della santa Chiesa cattolica e per salvare tutto il mondo. Mio Dio, voglio tutti salvi e lo chiedo in nome del vostro santissimo Figliolo. Volgete verso di me il forte castigo, annientatemi, fate di me ciò che vi piace, ma salvate i poveri peccatori, salvate la Chiesa!».

La povera mia preghiera fu avvalorata dal grande amore che Dio porta a tutto il genere umano. L’umanità santissima di Gesù Cristo mi diede tanto valore, tanto coraggio, tanta fu la santa confidenza, che, animata dalla cognizione dell’amore infinito che Dio porta a noi, miseri mortali, m’inoltrai dunque con timore e tremore, perché la maestà di Dio infondeva sommo timore e sommo rispetto, tremavano da capo a piedi alla sua divina presenza, ma ciò nonostante la filiale confidenza che mi diede l’infinito suo amore mi diede coraggio di sostenere il suo braccio onnipotente, e così fu sospeso il colpo formidabile della divina giustizia, che voleva scagliare in quel momento il forte suo braccio vendicatore, che per le nostre grandi iniquità e gravi peccati tiene armato il suo forte braccio di terribile flagello, che al solo vederlo mi fece tanto terrore, che per lo spavento mi sarei nascosta nel cupo più profondo della terra.

A questa vista così spaventevole, caddi in un deliquio mortale e stetti molte ore come morta affatto, senza quasi più respirare e senza pulsazione, di maniera che non davo più segni di vita, ma in questo tempo il mio spirito operava con grande agilità ed attività. A fatto così terribile e spaventoso, piena di timore e di lacrime, volgevo lo sguardo verso l’umanità santissima di Gesù Cristo, facevo una fervida preghiera in vantaggio della santa Chiesa, del clero secolare e regolare, in vantaggio di tutti i poveri peccatori, nel numero dei quali ben conoscevo di avere io il primo posto.

Dicevo: «Gesù mio, difendete voi la vostra causa. Degnatevi di offrire il vostro preziosissimo sangue, placare lo sdegno del vostro divin Padre. Gesù mio, pregate, pregate per noi, poveri peccatori». Ma queste ed altre parole dicevo con tutto l’affetto del cuore, e con tanto fervore che impietosiva il cuore di Dio, mentre io ero risoluta di andare all’inferno per impedire lo sdegno di Dio, giustamente irritato contro tanti ostinati peccatori. Io, benché indegna peccatrice, mi caricavo di ogni patimento, eziandio ancora dell’inferno, per liberare tante anime dal meritato castigo.

Fatta la forte preghiera, Dio, per la sua infinita bontà, si degnò esaudirmi, e mi permise di avvicinarmi alla tremenda sua maestà, e sostenere il forte suo braccio, animata acciò non scaricasse il colpo terribile del suo giusto furore. e così per quel momento fu sospesa la giustizia di Dio, ma non placata; mentre, per le tante iniquità che si commettono, Dio ha stabilito di mandare un terribile castigo sopra la terra, per così lavare tante sozzure ed iniquità che si commettono. La preghiera delle anime che il Signore si degna per sua bontà chiamarle con il nome di sue predilette, queste con le loro preghiere vanno temporeggiando il tempo.

Ma pur verrà questo tempo terribile e tremendo, Dio chiuderà le sue orecchie e non ascolterà preghiera alcuna, ma portato dallo zelo di vendicare i torti gravissimi che riceve la sua divina giustizia, che armata mano tutti tutti severamente punirà, senza che alcuno possa resistere né sfuggire dalla sua mano vendicatrice.

Raccomandiamoci caldamente al Signore acciò si degni usarci misericordia. Pregando un giorno, dopo passata la festa di Pentecoste del medesimo anno 1820, per molte persone facoltose che desideravano sapere quale regolamento potevano prendere nelle presenti circostanze per salvare la loro persona e la loro roba, mentre per tutto il mondo si sentivano delle insurrezioni dei popoli, che facevano temere qualche rivolta nella nostra città di Roma, ad imitazione delle altre nazioni segnatamente nella Spagna.

Da miserabile peccatrice come sono, con tutto l’impegno feci la preghiera al Signore, acciò si degnasse darmi lume per consigliare le suddette persone, benché io non le conoscessi, ma solo a me raccomandate da un mio grande benefattore.

Ecco il sentimento che ne ebbe l’anima nella santa orazione, quando si trovava nel profondo della quiete, e tutta assorta in Dio, che non vi sarà precauzione che sia sufficiente per salvare la roba e le persone, perché la grande opera che è per fare il Signore non c’è chi possa resistere né salvarsi; sicché si renderà vana ogni prevenzione, ogni cautela, quello che si deve fare è ricorrere all’Altissimo, acciò si degni la sua per infinita misericordia annoverarci nel numero di quelli che ha prescelti, i quali saranno annoverati sotto il glorioso stendardo della croce, questi saranno tutti salvi, unitamente a tutti i loro beni. Saranno annoverati sotto questo glorioso stendardo tutti quelli che conserveranno la fede di Gesù Cristo nel loro cuore, e che manterranno la buona coscienza, senza contaminarla nelle false massime presenti, che ne è pieno tutto il mondo.

50.4. Desidero piacere all’Oggetto amato


Dal giorno 19 marzo 1820 fino al 19 di giugno del medesimo anno molti sono stati i patimenti, i travagli, le pene, le angustie che ho sofferto nel mio spirito: smarrimenti di spirito penosissimi, desolazioni afflittissime, ma molto grandi furono ancora i favori, le grazie che si degnò Dio compartirmi nei tre mesi suddetti; ma, per aver trascurato lo scrivere, non so precisamente accennare quante misericordie, quanto amore abbia dimostrato alla povera anima mia peccatrice.

Nel decorso di questi tre mesi molto gravosi furono i patimenti di spirito che dovetti soffrire nei nove giorni antecedenti alla festa dei principi degli apostoli, santi Pietro e Paolo, fui sopraffatta da un cumulo di patimenti tanto gravosi, che mi credevo di non poter sopravvivere a sì forti e penosi patimenti. Questo patire era nell’intimo dell’anima, e mi veniva somministrato da un’interna cognizione di me stessa, vedendomi tanto ingrata verso quel Dio infinitamente buono e tanto parziale amante dell’anima mia.

A questo riflesso era tanto il dolore di averlo offeso, che mi pareva veramente di morire per la veemenza del dolore; tra le lacrime e i sospiri mi pareva che il cuore mi si spezzasse in mille pezzi, questo dolore mi faceva agonizzare, ma dolce agonia, dolce patimento, dolce morte, o bella contrizione quanto degna sei di un cuore tutto infiammato di puro e santo amore!

In mezzo a questo dolore, oh come cresceva a dismisura la bella fiamma della santa carità, il santo amore prendeva possesso della povera anima mia e la faceva dolcemente languire di carità. Oh come in mezzo a questo sacro incendio si accrescevano a dismisura i santi desideri di piacere all’oggetto amato. Oh come tutta si trasformava la mia povera volontà nella sua volontà divina! Qual profondo di umiltà non sentiva in se stessa la povera anima mia, e con sentimento verace si conosceva per la più indegna, per la più vile creatura che abita la terra e che non vi sia stata al mondo mai creatura più indegna di me, e che non sia per esservi creatura più ingrata di me.

Da questo sentimento così profondo era l’anima innalzata a contemplare le infinite perfezioni di Dio, la povera anima mia era sopraffatta dall’infinita amabilità del suo amorosissimo Dio, voleva slanciarsi verso di lui, ma il vedermi ricoperta di tante ingratitudini e di tanti peccati non mi reggeva il cuore di inoltrarmi, ma piena di timore e di eccessivo dolore si annientava in se stessa la povera anima mia non ardiva di inoltrarsi, ma il santo timore m’impediva la velocità del mio rapimento, qual pena sia questa io non lo so spiegare, ma mi pare che possa rassomigliarsi a quel veemente desiderio che soffrono le anime del purgatorio, che vorrebbero congiungersi all’amato bene e ne sono dalla giustizia respinte. Non so spiegare invero qual fosse, se il santo timore o il lume della propria cognizione, che sospingeva il povero mio spirito e non mi dava coraggio di inoltrarmi dove l’infinita bontà di Dio si degnava chiamarmi, e, per mezzo della sua santa grazia, innalzarmi a penetrare gli amplissimi spazi della sovrana sua immensità.

Oh come a questo riverbero divino, che tramandava la luce inaccessibile della sua divinità, la povera anima mia si inabissava in se stessa, e, piena di propria cognizione e di santo timore chiedeva all’immenso Dio pietà e misericordia per sé e per tutti i poveri peccatori.

50.5. I santi apostoli Pietro e Paolo e i quattro alberi misteriosi


Il fatto che sono per raccontare mi seguì il giorno della festa del gran principe degli apostoli, il glorioso san Pietro, 29 giugno 1820. Fui alienata dai propri sensi, proseguendo a pregare il giorno del gran principe san Pietro del 1820, pregando per i bisogni della santa Chiesa cattolica, trovandomi di pregare per la conversione dei peccatori, fratelli miei, nel numero dei quali io occupo il primo luogo, si trovava il mio povero spirito sollevato per mezzo di particolare favore di Dio ad un rapimento celeste, e mi trovavo propriamente vicina a Dio medesimo, per mezzo di una luce inaccessibile ero unita intimamente in Dio in guisa tale che più non mi distinguevo, ma tutto ero trasformata in quella divina luce. Ricevetti la dolce impressione della divina carità. Oh qual giubilo, oh qual contento di paradiso restò nel povero mio cuore! Quando ero in mezzo a questa dolcezza e il mio spirito era circondato da una perfetta quiete, mi parve di vedere aprirsi il cielo, e scendere dall’alto con grande maestà, corteggiato da molti santi angeli, che cantavano inni di gloria, il grandissimo principe degli apostoli san Pietro, vestito degli abiti pontificali, portava nelle mani il pastorale, con il quale segnava sopra la terra una vastissima croce. Nel tempo che il santo apostolo segnava la suddetta croce, i santi angeli gli facevano d’intorno corona, cantavano con sommo rispetto e venerazione, in lode del santo apostolo: «Costitues eos principes super omnem terram», con quello che segue in appresso.

Appuntava il suo misterioso pastorale sopra i quattro lati della suddetta croce segnata, e al momento vedevo apparire quattro verdeggianti alberi, ricoperti di fiori e frutti preziosissimi. I misteriosi alberi erano in forma di croce, erano circondati da una luce risplendentissima, fatta che ebbe questa operazione, andò ad aprire tutte le porte dei monasteri delle monache e dei religiosi. Con interno sentimento distinguevo che il santo apostolo aveva eretto quei quattro misteriosi alberi per dare un luogo di rifugio al piccolo gregge di Gesù Cristo, per liberare i buoni cristiani dal tremendo castigo, che metterà a soqquadro tutto il mondo. Tutti i buoni cristiani, che avranno conservato nel loro cuore la fede di Gesù Cristo, saranno tutti sotto questi misteriosi alberi rifugiati; come ancora tutti i buoni religiosi e religiose, che fedelmente avranno nel loro cuore conservato lo spirito del loro santo istituto saranno tutti sotto questi misteriosi alberi rifugiati e liberi dal tremendo castigo. Così dico di tanti buoni ecclesiastici secolari ed altro ceto di persone, che avranno conservato la fede nel loro cuore, questi saranno tutti salvi. Ma guai a quei religiosi e religiose inosservanti, che disprezzarono le sante regole, guai, guai, perché tutti periranno sotto il terribile flagello. Così dico di tutti i cattivi ecclesiastici secolari e ogni altro ceto di persone, di ogni stato, di ogni condizione, che dati in preda al libertinaggio e vanno dietro alle false massime della riprovata filosofia presente. Questi sono contro le massime del santo evangelo, negano la fede di Gesù Cristo, questi infelici tutti periranno sotto il peso del braccio sterminatore della divina giustizia di Dio, alla quale nessuno potrà resistere.

Rifugiati che erano tutti i buoni cristiani sotto i misteriosi alberi, che li vedevo sotto la forma di belle pecorelle, sotto la custodia del loro pastore san Pietro, al quale tutte prestavano umile soggezione e rispettosa obbedienza, queste simboliche comparse significa il popolo cristiano: che milita sotto il glorioso stendardo della croce, il quale sarà immune dal tremendo castigo, che Dio è per mandare sulla terra, per i tanti peccati che si commettono dalla maggior parte del cristianesimo.

50.6. Dio si riderà di loro


Fatta dunque dal santo apostolo la suddetta operazione di assicurare sotto i misteriosi alberi il piccolo gregge di Gesù Cristo, il santo apostolo risalì al cielo, accompagnato dai santi angeli che con lui erano discesi. Risaliti che furono al cielo, il cielo si ammantò di tenebroso azzurro, che il solo mirarlo faceva terrore, un caliginoso vento con l’impetuoso suo soffio dappertutto si faceva sentire, con l’impetuoso e tetro suo fischio urlando nell’aria qual fiero leone col suo fiero ruggito l’orrido suo eco per tutta la terra faceva risuonare.

Il terrore, lo spavento poneva tutti gli uomini e tutti gli animali in sommo spavento, tutto il mondo sarà in rivolta e si uccideranno gli uni con gli altri, si trucideranno tra loro senza pietà. Nel tempo della sanguinosa pugna, la mano vendicatrice di Dio sarà sopra questi infelici, e con la sua onnipotenza punirà il loro orgoglio e la loro temerarietà e sfacciata baldanza, si servirà Dio della potestà delle tenebre per sterminare questi settari, uomini iniqui e scellerati, che pretendono di atterrare, di sradicare dalle sue profonde radici, di buttar giù dai suoi più profondi fondamenti la nostra santa madre Chiesa cattolica.

Questi uomini indegni pretendono di balzare Dio dal suo augustissimo trono, per mezzo della loro perversa malizia. Dio si riderà di loro e della loro malizia, e con un solo cenno della sua destra mano onnipotente punirà questi iniqui, permettendo alla potestà delle tenebre di sortire dall’inferno, e queste grandi legioni di demoni scorreranno tutto il mondo, e per mezzo di grandi rovine eseguiranno gli ordini della divina giustizia, a cui questi maligni spiriti sono soggetti, sicché né più né meno di quanto lo permetterà Dio potranno danneggiare gli uomini e le loro sostanze, le loro famiglie, i loro poderi, villaggi, città, case e palazzi, e ogni altra cosa che sussisterà sopra la terra.

Comanderà Dio imperiosamente alla potestà delle tenebre che facciano crudo scempio di tutti i suoi ribelli, che temerariamente ardirono di offenderlo con tanto ardire e baldanza. Permetterà Dio che siano castigati questi uomini iniqui dalla crudeltà dei fieri demoni, perché volontariamente alla potestà del demonio si soggettarono, e con loro si confederarono a danneggiare la santa Chiesa cattolica. Permetterà Dio che da questi maligni spiriti siano puniti, per mezzo di morte cruda e spietata. E perché il povero mio spirito bene apprendesse questo sentimento della giustizia divina, mi fu mostrato l’orrido carcere infernale. Vedevo aprirsi dal profondo cupo della terra una tenebrosa e spaventevole caverna, piena di fuoco, dove vedevo sortire tanti demoni, i quali, presa chi una figura e chi un’altra, chi da bestia, chi umana, venivano tutti ad infestare il mondo e fare dapertutto stragi e rovine.

Ma buono per i veri e buoni cristiani, mentre in loro favore avranno il valevole patrocinio dei gloriosi santi apostoli san Pietro e san Paolo. Questi vigileranno alla loro cura e custodia, acciò quei maligni spiriti non possano nuocere né la loro roba né le loro persone; ma questi buoni cristiani saranno preservati ed immuni dalle spietate rovine che faranno questi maligni spiriti, con il permesso di Dio e non altrimenti, mentre questo immenso Dio è l’assoluto padrone del cielo e della terra e dell’inferno, la cui tenebrosa potestà non può farci alcun danno senza il suo sommo permesso, senza la sua volontà.

Permetterà Dio a questi maligni spiriti di fare molte rovine sulla terra, deguasteranno tutti quei luoghi dove Dio è stato ed è oltraggiato, profanato, idolatrato e sacrilegamente trattato: tutti questi luoghi saranno demoliti, rovinati, e perderanno ogni loro vestigio.

50.7. La riconciliazione di Dio con gli uomini


Fatta la suddetta operazione, puniti gli empi con morte crudele, demoliti questi indegni luoghi, vidi ad un tratto riasserenare il cielo, ed immantinente dall’altezza di esso vidi scendere sulla terra un maestoso trono, dove vedevo il santo apostolo san Pietro maestosamente vestito degli abiti pontificali, corteggiato da immenso numero di angeli, i quali gli facevano d’intorno corona, e cantando inni di gloria in lode del santo, ossequiandolo qual principe della terra. In questo tempo vidi nuovamente aprire il cielo e scendere con gran pompa e maestà il glorioso san Paolo, che con autorevole potestà di Dio, in un baleno scorreva tutto il mondo, e incatenava tutti quei maligni spiriti infernali, e li conduceva avanti al santo apostolo, il quale con il suo autorevole comando li tornò a confinare nelle tenebrose caverne, donde ne erano usciti. Al comando del santo apostolo san Pietro tutti tornarono nel baratro dell’inferno.

Al momento si vide sulla terra apparire un bello splendore, che annunziava la riconciliazione di Dio con gli uomini; dai santi angeli fu condotto il piccolo gregge di Gesù Cristo avanti al trono del gran principe san Pietro. Questo gregge era quel suddetto gregge di buoni cristiani, che in tempo del tremendo castigo sarà rifugiato sotto i misteriosi alberi anzidetti, significati quali gloriosi stendardi della croce, insegna misteriosa della nostra santa religione cattolica. I misteriosi frutti dei suddetti alberi sono i meriti infiniti di Gesù crocifisso, che per amore del genere umano volle essere appeso sopra l’albero della croce.

Presentato che fu dai santi angeli il piccolo numero dei cristiani avanti al trono del gran principe degli apostoli san Pietro, tutti quei buoni cristiani gli fecero profonda riverenza, e benedicendo Dio fecero i loro più umili ringraziamenti a Dio ed al santo apostolo, per avere retto e sostenuto la Chiesa di Gesù Cristo e il cristianesimo, acciò non andasse errato nelle false massime del mondo. Il santo scelse il nuovo pontefice, fu riordinata tutta la Chiesa secondo i veri dettami del santo Evangelo, si ristabilirono gli ordini religiosi, e tutte le case dei cristiani divennero tante case religiose, tanto era il fervore, lo zelo della gloria di Dio, che tutto era ordinato all’amore di Dio e del prossimo. In questa maniera si formò in un momento il trionfo, la gloria, l’onore della Chiesa cattolica: da tutti era acclamata, da tutti stimata, da tutti venerata, tutti si diedero alla sequela di essa, riconoscendo tutti il vicario di Cristo, il sommo pontefice.