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45 – ESTASI, VISIONI E TORMENTI
45.1. Pio VII la libera dalle suggestioni diaboliche
Il
Santo Padre, per sua bontà e a riguardo del mio padre spirituale, che
ne fa molta stima, pregò per me, e fece un comando con la sua potestà
pontificia a quei maligni spiriti, che strapazzavano il mio corpo,
avessero terminato di strapazzarmi. Fece sapere il Santo Padre al mio
confessore che il giorno della Purificazione di Maria santissima, il 2
febbraio, sarei restata libera, e così seguì.
Sicché dal 25
gennaio fino al 2 febbraio, che sono nove giorni, il mio corpo fu tanto
malmenato, battuto con tante sorte di tormenti, che non mi è possibile
ridire, ma in quell’altra vita si vedrà, a gloria del medesimo Dio,
qual grazia abbia mai dato alla povera anima mia, per sostenere una
simile battaglia, e qual fortezza abbia dato al mio spirito per
sostenere le diaboliche loro suggestioni, qual grazia ha dato al mio
corpo per sostenere tanti e sì replicati supplizi.
Non posso
fare a meno di bagnare questa carta di lacrime di tenerezza, per
vedermi tanto beneficata da Dio, mentre io devo confessare che, per la
mia ingratitudine merito di essere abbandonata da Dio ogni momento.
La
mia vittoria si deve attribuire alla grazia grande che mi ha
somministrato Dio, di questo grande favore, che mi ha comunicato il mio
Dio, di darmi grazia così grande di vincere e superare questa grande
battaglia infernale, sono restata tanto obbligata al Signore, che non
passa giorno che non lo ringrazi con tutto l’affetto del mio povero
spirito, umiliandomi profondamente, mi riconosco indegna di questo sì
grande favore, io sento un vivo e ardente desiderio di corrispondere
all’infinito suo amore, tanti sono stati gli aiuti, le grazie e i
favori che il Signore mi compartì dopo questi nove giorni di patimenti,
che non ho termini di spiegarlo. Per altri nove giorni fui sopraffatta
da un sonno tanto forte, che per nove giorni continui mi dicono che
dormii con tanto abbandono e prostrazione di forze che, per quanto
facessero, non trovavano maniere di risvegliarmi.
In questo
tempo il mio spirito godeva le più elevate estasi. Io mi trovavo
continuamente in santa compagnia, o di sante vergini, ora di santi
apostoli, ora di santi Angeli. Fui visitata dalla gran Madre di Dio,
unitamente al suo santissimo sposo san Giuseppe. Questi santissimi
personaggi mi consolarono, mi confortarono, e, per particolare favore
mi diede la divina Madre a tenere il suo santissimo figliolo nelle
povere mie braccia.
Oh, qual giubilo non provò il mio spirito!
oh qual dolcezza! quante lacrime versai, nel vedermi tanto favorita,
quale amore non mi dimostrò il divino Bambinello, quanti mai furono i
miei ringraziamenti, nel vedermi tanto favorita, senza alcun mio
merito. Tutto il mio corpo era ancora tanto malconcio per i replicati
tormenti che avevo sofferto, che mi pareva di avere tutte le ossa
infrante; mi pareva ogni momento di morire.
All’apparire di
questa divina Signora tutto disparve il mio male, mentre la divina
Signora era corteggiata da molte sante vergini e martiri ed altre sante
matrone, che attorno a lei facevano corona. E perché risalti sempre più
la gloria del mio amorosissimo Dio, e perché la povera anima mia resti
sempre più umiliata e confusa, per i propri peccati e mostruose mie
ingratitudini, lascio per un momento di manifestare i favori ricevuti e
prendo di nuovo a manifestare i tormenti che soffrii.
45.2. La forza per sostenere una terribile battaglia
Il
mio corpo, in particolare, fu tanto grande il tormento che soffrì negli
occhi, cagionatomi da quel bitume e piombo bollente, che dall’alto mi
versavano quei crudeli demoni, acciò per mezzo di questo spasimo avessi
negato la fede di Gesù Cristo, che dal gran dolore divenni cieca. La
bocca me la tormentavano con un ferro tagliente, che tutto il palato
era lacero e nella bocca mi pendevano tutti pezzi di carne, in maniera
che non la potevo aprire per niente.
Il dolore era veramente
eccessivo, mi raccontano che, per lo spazio di cinque giorni, non volli
mai aprire la bocca, perché non potevo. Con violenza mi davano qualche
gelato e qualche ristoro con somma mia pena. Il collo me lo avevano
tanto tormentato con altri martiri, che mi pareva alle volte che la
testa mi si troncasse dal busto. Il viso me lo tormentavano con due
pietre infuocate; mi arroventavano le guance, calcandomi con somma
forza le suddette pietre infuocate.
Tutto il mio corpo era
tormentato da fuoco infernale, e tutti questi supplizi, per l’infinita
misericordia di Dio, non poterono vincere la fortezza che per pura
bontà il mio Dio mi aveva comunicato. Forte ed intrepido se ne stava il
mio spirito in mezzo a sì spietati patimenti, confessando sempre il
nome di Gesù Cristo, protestavo di essere fino all’ultimo respiro della
mia vita fedele seguace di Gesù Cristo crocifisso, protestandomi che, a
costo di qualunque supplizio avesse potuto inventare l’inferno contro
di me, sempre e poi sempre volevo confessare e professare la fede e
legge di Gesù Cristo, ed essere sua vera seguace.
A queste
continue e frequenti proteste si accresceva a dismisura la loro rabbia,
e con diabolici tormenti viepiù contro di me incrudelivano,
strapazzando il mio corpo con crudeli tormenti. Ero veramente ridotta
in uno stato tanto deplorabile, che facevo compassione a tutti quelli
che mi vedevano; mentre, benché io non accusassi a nessuno tutto quello
che pativo, e da chi lo pativo, nonostante mi dicono che il mio corpo
era tutto deformato, e benché si conosceva che molto pativo, mi dicono
che si conosceva che pativo assai più di quello che appariva.
In
mezzo a tutti questi gravissimi patimenti, che io non ho termini di
spiegare, ma solo in quell’altra vita si vedrà, a gloria del medesimo
Dio, qual forza abbia mai comunicato al povero mio spirito, per
sostenere una sì forte e terribile battaglia contro l’inferno tutto,
mentre tutti quei diabolici spiriti tutti tutti congiuravano contro di
me, la loro rabbia era di vedermi tanto favorita da Dio onnipotente,
che, ad onta dei loro tormenti, con costanza invitta sostenevo tutti i
loro tormenti, e confessavo con santo ardire la fede del mio
amantissimo Gesù, mostrando loro l’amore grande che verso questo buon
Dio io racchiudevo nel mio seno, e mi protestavo con tutta la sincerità
del mio cuore, che a costo di ogni gravissimo patimento volevo essere a
lui fedele; ma la maggior mia pena era che io, in mezzo a tanti
patimenti non solo sensibili, strapazzando il mio corpo, come già ho
detto, ma il maggior mio patimento era nel resistere alle forti
suggestioni di questi maligni spiriti, che, non potendomi vincere con
tanti tormenti, volevano sovvertirmi con grandi promesse, offrendomi
tutti gli onori, tutte le ricchezze che si possono godere sopra la
terra.
Mi esortavano ad avere compassione di me stessa, dicevano
che tanto strazio mi avrebbe cagionato la morte; con queste ed altre
suggestioni infastidivano il mio spirito, perché cedessi alle loro
voglie; ma il mio spirito, confortato dalla grazia di Dio, era assai
più forte di un robusto leone, a fronte dei più deboli animali, mi
ridevo di tutti i loro tormenti e di tutte le loro diaboliche
suggestioni, rispondevo con santo ardire: «Come mi potete dare quello
che non avete? E come volete che io creda al padre delle bugie e
dell’infedeltà? Rinunzio a Satana e a tutte le sue diaboliche
suggestioni e a tutte le sue promesse. Rinunzio al mondo e alla carne e
a tutte le loro promesse e falsi piaceri. Protesto di mortificare il
mio corpo con digiuni, veglie, vigilie e penitenze, con la debita
licenza del mio confessore.
A queste mie forti proteste,
unitamente ad una sincera e sicura speranza in Dio, che con tutta fede
e carità chiamavo in mio aiuto l’infinita potenza del divin Padre, la
sapienza del divin Figlio, la virtù del divin Spirito, li invocavo con
tanto fervore e fiducia, che quei crudeli maligni spiriti fremevano
dalla rabbia, si contorcevano e tremavano di spavento, e fuggivano
pieni di confusione.
45.3. L’Eucaristia per mano angelica
Allora
il mio pietosissimo Dio prendeva a confortarmi con farmi sperimentare i
suoi distinti favori, chiamandomi con il dolce nome di sua figlia
diletta, mi faceva penetrare la sua divina immensità, mi degnava dei
castissimi suoi amplessi, dei più teneri abbracciamenti, sì che il mio
patire si convertiva in un gaudio di paradiso.
Oh, qual contento
provava il mio cuore! non è possibile poterlo spiegare, quali e quanto
erano sublimi le intelligenze di spirito, che si degnava comunicarmi il
divino Spirito, non sono veramente spiegabili, quale scienza mi veniva
comunicata, a quale cognizione era elevata la mia mente
dall’onnipotente ed eterno Dio, che la povera anima mia restava fuori
di se stessa, tutta rapita in Dio, restava tanto innamorata
dell’infinito suo essere, che per il grande affetto si struggeva il mio
cuore in lacrime di amore, e per l’intima comunicazione restavo, per
vari giorni, alienata dai sensi, in maniera che non sentivo, non
vedevo, non parlavo, e il mio corpo era del tutto abbandonato come un
corpo morto.
Tra i tanti favori che in questo tempo ricevetti
dal mio amorosissimo Dio, fu di farmi partecipe del sacramento
dell’Eucaristia per mano angelica. Tutti i giorni ricevevo il pane
degli angeli, il divinissimo sacramento dell’altare, il mio Gesù
sacramentato, in mezzo a tanti atroci patimenti, non solo sensibili, ma
ancora spirituali dell’anima, soffrendo nel corpo, non meno erano
afflitte le potenze della povera anima mia. Questa soggiacque ad una
gravissima desolazione di spirito, nella immaginativa le si
rappresentavano fatti tanto afflittivi, che il mio povero cuore gemeva
e tutto si conturbava.
Quello che in questo tempo io ho sofferto
di patimento nello spirito non mi è possibile manifestarlo, solo nel
giorno del giudizio comparirà, alla maggior gloria dell’onnipotente
Dio, perché mentre io, che della sua divina grazia ne sperimentai i
buoni effetti, confesso, con tutta verità e con la bocca sulla polvere,
che senza una grazia particolarissima di Dio non era mai e poi mai
possibile ad una creatura tanto vile come sono io, che mi potesse
riuscire di sostenere una sì spietata battaglia, in mezzo a sì forti
patimenti dubitavo di arrendermi alle voglie dei miei spietati nemici.
Dubitavo
di negare la fede di Gesù Cristo, mentre tutta la loro malizia, tutta
la loro barbarie era rivolta contro di me, a questo fine, perché io
negassi la fede di Gesù Cristo, sicché il mio povero cuore esclamava in
mezzo alla desolazione, unitamente al mio caro Gesù nell’Orto: «Dio
mio, se è possibile, trasferisci da me questo calice», ma il conforto
che mi dava il mio Salvatore era che di nuovo mi fossi offerta a
maggiori patimenti, per sostenere la santa Chiesa e tutto il
cristianesimo.
«Ah, Gesù mio, non mi abbandonare in mezzo a sì
spietata battaglia! Mi manca la lena di resistere, vien meno la mia
misera umanità a tanto patire! Mio Dio amabilissimo, aiutatemi, non
permettete che la vostra povera serva perisca in mezzo a tanti
terribili patimenti di anima e di corpo! Aiuto vi chiedo, amorosissimo
mio Dio, per resistere e per combattere con fedeltà fino alla fine. E
nel vostro santo nome, con la vostra santa grazia possa trionfare di
tutti i miei nemici. Mio Dio, io mi conosco indegna di questo aiuto, ma
ve lo chiedo per la gloria vostra. Io mi sono offerta a patire
spontaneamente, è vero, ma voi, Gesù mio, mi avete detto che mi
offrissi insieme con i vostri meriti al vostro eterno divin Padre. Mi
diceste che mi offrissi qual vittima di riconciliazione, per riparare
il suo giustissimo furore, la sua inesorabile giustizia, giustamente
sdegnata con gli uomini».
45.4. Dio riempiva di luce la povera anima mia
A
questa preghiera, a questa mia esclamazione, il pietosissimo mio Dio si
degnava di confortarmi con i suoi celesti favori, e tra le tante
grazie, una di quelle che mi recava maggior conforto era che ad un
tratto vedevo un bello splendore che tutta di luce riempiva la povera
anima.
A questa vista si riempiva di gaudio il mio cuore,
fissavo l’occhio della mente, e vedevo nel mezzo del bello splendore la
sacrosanta particola. A questa vista mi balzava il cuore nel seno per
il contento, e piena di santi affetti di umiltà, di riverenza, di
adorazione, di desiderio ardente, bramavo di ricevere questo divino
sacramento; ma prima che mi apparisse questa divina luce, io con
ardente desiderio invitavo il mio amorosissimo Dio a venire a visitare
la povera anima mia in questo divino sacramento, con tanta ansietà ed
amore ardente invitavo il mio Dio a prendere possesso dell’anima mia,
che tutta mi disfacevo in lacrime di amore e di gratitudine,
riconoscendomi indegna di questo favore.
Offrivo i meriti
infiniti di Gesù Cristo, con questi ed altri affetti ferventissimi
invitando il mio Gesù, che sotto le specie sacramentali si degnasse
venirmi a visitare: «Venite», dicevo, «venite, sacramentato mio Gesù, a
visitare la povera anima mia peccatrice! Io vi credo realmente presente
nel santissimo sacramento dell’altare, e per questa gran verità sono
pronta a dare il sangue e la vita in mezzo ai più spietati tormenti.
Venite, Gesù mio, a visitare la povera anima mia che ardentemente vi
desidera».
Con queste e simili altre espressioni invitavo il mio
Gesù sacramentato. A questi santi desideri, che mi venivano comunicati
dalla grazia del Signore, quei mostri infernali, pieni di rabbia e di
furore, prendevano a strapazzare il mio corpo con tanta rabbia,
facendomi provare tormenti tanto fieri e crudeli, che mi pareva ogni
momento di perdere la vita sotto sì spietati tormenti. Mi tormentavano
le guance con due pietre infuocate, arroventate da un fuoco che io non
ho termini di poterlo spiegare; queste me le calcavano con tanta rabbia
sopra il viso che io credevo ogni volta di restare estinta, per il gran
dolore, per il grande spasimo.
Tutto questo lo soffrivo da
questi maligni spiriti, perché non volevano che io desiderassi ricevere
il santissimo sacramento dell’eucaristia. Tanta era la loro rabbia,
tanto era grande il loro sdegno che mi facevano provare i supplizi più
crudeli; ma, per mezzo della grazia di Dio, invece di arrendermi a
tanti e sì spietati tormenti, il mio povero spirito sempre diveniva
gagliardo, e piena di coraggio, in mezzo agli stessi tormenti,
confessavo la fede di Gesù Cristo, e desideravo ardentemente riceverlo
nel santissimo sacramento dell’altare. Alle mie costanti proteste, agli
ardenti miei desideri, quei barbari mostri viepiù incrudelivano contro
di me. Quando ad un tratto quei maligni spiriti, pieni di confusione,
lasciavano di tormentarmi, e si davano alla fuga, perché dal braccio
onnipotente erano vergognosamente fugati e mandati alla malora dalla
voce onnipotente di Dio, che dolce si faceva sentire dalla povera anima
mia.
45.5. L’anima mia si trasformava tutta in Dio
Ai
primi accenti di questa sovrana voce, il mio spirito donava la pace e
la calma, e da un torrente di gaudio celeste era in un momento immerso
il mio povero spirito. Oh potenza del mio Dio, e come in un momento
cambi le scene più funeste in un gaudio di paradiso! Ecco in un momento
il grave patire si cambiava in un immenso godere. Ero divenuta cieca
per i tanti supplizi che avevo sofferto negli occhi; la mia bocca era
tutta lacerata; il viso era un infrantume, per i replicati tormenti,
tutto il mio corpo poteva dirsi un sacco d’ossa spolpate, tanti erano
stati gli strapazzi, i diversi tormenti infernali che avevo sofferto,
che non avevo più un osso sano, ero tanto precipitata e malconcia, che
non è possibile poterlo descrivere.
45.6. Restai del tutto sanata
Per
mezzo di un celeste favore restai del tutto sanata. Mi apparve la
beatissima Vergine Maria, con uno stuolo di sante vergini e martiri. La
santa Vergine mi si avvicinò al letto, dove io giacevo, semiviva per i
gravi strapazzi che ho accennato di sopra, e chiamandomi questa divina
Madre col dolce nome di figlia, mi benedì e poi comandò ad una santa
vergine che era presso di lei, che mi avesse toccato gli occhi. Questa
santa vergine, facendo una profonda riverenza avanti alla santissima
Vergine, mi toccò gli occhi e mi ridiede la vista. La gran Madre di Dio
così mi parlò: «Questa è la mia diletta Tecla, che ti ha restituito la
vista. Abbi gran stima di questa, che ha saputo tanto bene imitare le
mie virtù».
Con queste e simili parole la santissima Vergine mi
dava a conoscere questa gran santa, che io non conoscevo, né mai in
vita mia avevo mai conosciuto. Oh quanto mai mi rallegravo nel vedermi,
senza alcun mio merito, tanto favorita da tante sante vergini e
martiri, ma il mio maggior contento era di vedermi favorita dalla
presenza della gran Madre di Dio, che, tutta amore, con la sua divina
presenza mi consolava, e comandava a tutte quelle sacre vergini che si
rallegrassero con me per la vittoria riportata. Poi comandò a santa
Silvia di toccare il mio corpo, così malconcio e rovinato per tanti
strapazzi sofferti da quei maligni spiriti infernali. E di fatti questa
benedetta santa, fatto un profondo inchino alla beatissima Vergine,
toccò il mio corpo e mi sanò del tutto.
Quanto grandi fossero i
miei ringraziamenti, non mi è possibile poterlo manifestare, trovandomi
in un momento sanata del tutto. I grandi ringraziamenti che feci alla
beatissima Vergine. Offrivo a lei tutti i meriti di quelle gloriose
vergini e martiri, che attorno a lei facevano corona. Quante lacrime di
tenerezza, di gratitudine i miei occhi versarono! E annientata in me
stessa, mi riconoscevo indegna di sì alto favore. La Vergine santissima
in atto di gradimento, mi benedì, promettendomi la sua speciale
assistenza in tutto il tempo della mia vita, e particolarmente nel
punto della mia morte.
Dal giorno 2 di febbraio, festa della
Purificazione di Maria santissima, che ricevetti il suddetto distinto
favore, con la istantanea guarigione, come ancora terminarono quei
diabolici spiriti di tormentarmi, sicché terminarono tutti i miei
patimenti; e passai a godere un gaudio di paradiso.