[ Ritorna al sito Gesu confido in Te! - Torna all'indice ]
A
A
A
A
A
39 – VOGLIO UNIRTI IN SACRO MATRIMONIO
39.1. In bocca al demonio
Dal
giorno 14 ottobre 1816 fino al 19 suddetto, li passai in sommo
raccoglimento, e nella pratica della penitenza e digiuno, come si è
detto di sopra, in preparazione alla festa di Gesù Nazareno, e in
suffragio delle dette anime del Purgatorio.
39.2. Come Caterina da Siena
Il
dì 19 suddetto fui favorita da Dio nella santa Comunione con grazia
molto particolare, ma non so manifestare con termini proporzionati cosa
tanto sublime, mentre fu sollevato il mio spirito ad un grado tanto
intimo di unione, che credetti di finire la vita. La dolcezza, la
soavità, l’amore essenziale che godeva la povera anima mia mi
necessitava a dire, ebria di santo amore: «Basta, mio amore, basta
Signore; basta, non più, sostener non posso la piena del vostro
infinito amore. Basta, Signore; basta, non più».
Il profondo silenzio fu interrotto da dolce voce: «Figlia diletta», sento chiamarmi, «e
se a te basta, non basta al mio amore. Altra grazia ti ha preparato
l’infinito mio amore: il giorno 23 con sacro matrimonio intimamente a
me ti unirò. Questo favore che voglio a te compartire non è meno grande
di quello che mi compiacqui di fare alla mia serva Caterina da Siena».
A
queste parole qual mi restassi non so ridire, ricordevole della mia
infedeltà mi confondevo, mi umiliavo profondamente, piangevo con
abbondanti lacrime le mie gravi colpe. Fui sopraffatta da viva
contrizione.
Intanto il Signore sollevava il mio spirito per
mezzo di intima cognizione, dandomi a conoscere l’infinito suo amore
quanto parziale sia verso di me, misera sua creatura. A queste
cognizioni si struggeva il mio cuore in lacrime di gratitudine, di
amore; piena di santo affetto, tutta tutta mi offrii al suo divino
beneplacito, acciò avesse fatto di me ciò che più gli piacesse:
«Domine, quid de me vis facere», ripeteva la povera anima mia, «fiat,
fiat voluntas tua».
Abbandonata che fui nel divino suo bene
tutto in lui riposò il mio cuore, mi fece sperimentare i mirabili
effetti del suo parziale amore.
Dal giorno 19 ottobre 1816 fino
a tutto il 22 il mio spirito si andò disponendo al sopraddetto favore.
Dio medesimo andava disponendo l’anima in una maniera molto
particolare, trattenendola in replicate cognizioni, ora di se stessa,
ora dell’infinito amore che mi porta. L’anima con santa umiltà si
annientava in se stessa e piangeva i propri peccati, con vivissima
contrizione, che sarebbe stata capace di levarmi la vita, se Dio da
questa contrizione non mi avesse sollevata alla cognizione più alta del
suo infinito amore.
Allora l’anima, qual cerva ferita, cercava
l’amata fonte del santo amore. Trovo il fonte dell’acqua viva e là
m’immergo, sono sopraffatta dalla piena delle dolcissime acque. Allora
l’anima, ebbria di santo amore, andava replicando cento e mille volte
il dolce suo nome, per dare così qualche refrigerio a quella viva
fiamma, che tutto tutto mi bruciava il cuore.
«Gesù», dicevo con
viva espressione, «dolce Gesù, fa’ che ti ami ogni momento di più».
Gesù era nella mia mente, Gesù era nel mio cuore, Gesù era in tutta me;
tutti i sentimenti miei invocavano Gesù: il mio sangue, le mie ossa, le
mie interiora, tutti tutti invocavano Gesù; sicché il dolce eco
risuonava nell’intimo dell’anima mia. La dolce armonia mi fece
dimenticare ogni altra idea, di maniera che più non conoscevo altra
parola che il dolcissimo nome di Gesù, non sapevo più proferire parola
che non dicessi Gesù.
In questa guisa andò disponendo l’anima
mia alla particolare unione di sacro matrimonio, come già le aveva
promesso. Sicché dal giorno 19 ottobre fino al dì 23 suddetto, il mio
spirito fu assorto in Dio, in una maniera molto particolare. L’amore
grande che mi compartì Dio in questi giorni non mi è possibile
manifestare.
39.3. L’anima tutta al suo Dio si consacrò
Il
dì 22 mi disposi con una buona confessione, si degnò il Signore
concedermi una particolare contrizione, tutto il giorno lo passai nel
piangere i miei gravissimi peccati. Dal pianto passava l’anima ad un
particolare riposo e godeva di un bene sommo, quando ero così
riconcentrata udivo nel profondo della quiete armoniose voci, che
dolcemente m’invitavano al divino talamo del mio Signore. Le dolci loro
voci rapivano il mio cuore e lo rendevano tutto tutto del mio Signore.
Tutte
queste cose che seguivano nel mio spirito, mi tenevano alienata dai
sensi, e questo fu per tutta la giornata, più o meno godei la soavità
degli odorosi profumi, che da ogni intorno spandevano quei medesimi
spiriti celesti, che soavemente cantavano le lodi del loro Signore. Si
andava ogni ora più disponendo la povera anima mia a ricevere il
suddetto favore con atti interni di viva fede, di ferma speranza,
ardente carità. Così passai la giornata. La sera poi si aumentò tanto
l’interno raccoglimento, che mi rese incapace di ogni idea sensibile.
Tutta
la notte la passai in orazioni, dopo aver riposato dolcemente nelle
braccia del celeste mio sposo circa tre quarti. Viva fiamma il cuor mi
accende di santo amore, il mio cuore già era impaziente, per la gran
brama che aveva di unirmi con sé. Quali atti di amore faceva il mio
cuore al certo non posso ridire. E Dio intanto mi dimostrava l’infinito
suo amore con sentimenti e dolci espressioni, mi parlava nell’intimo
del cuore, in profondo silenzio e in perfetta quiete, l’anima tutta al
suo Dio si consacrò.
39.4. Il Bambino di propria mano collocò l’anello nel mio dito
Il
dolce mio amore, l’amabile Gesù, mi fece sapere che alle sette della
notte mi voleva compartire il celeste favore, unendomi a lui
intimamente con dolce nodo di santo amore. Tutto ad un tratto cinta mi
vedo di celeste splendore; l’anima mia fu sopraffatta da santo timore,
e piena di lacrime, diceva al Signore: «Mio Dio, non sono degna di sì
alto favore». E profondata nel proprio suo nulla, tutta tutta di amore
in lacrime si disfaceva; il mio cuore in santi affetti si esercitava,
per così piacere al sommo suo amore. La vita, il sangue più volte
offrivo di quello che respirasse il cuore.
Ebbria di amore,
dicevo al Signore: «In croce per tuo amore voglio morire!». Era tanto
l’amore che sentivo al patire, che non ho termini di poterlo ridire.
Intanto l’amore a dismisura cresceva, che non lo potevo contenere più.
Il mio Dio sommamente si compiaceva per amore suo vedermi languire.
Tutto ad un tratto, vedo apparire maggiore splendore, nel mezzo del
quale mi parve vedere Gesù bambino, che, dal seno della sua santissima
Madre, amorosamente m’invitava ad avvicinarmi a lui, mostrandomi un
prezioso anello, mi chiamava, e, con gesti i più puri e cordiali, mi
significava l’infinito suo amore. Agli amorosi e replicati inviti del
divin pargoletto, tutto tutto di amore si accese il cuore nel petto,
profondamente mi umilio e a lui mi avvicino, non potendo più contenere
il grande incendio di amore.
Il caro Bambino mi dona l’anello, e
di propria mano lo collocò nel mio dito. Oh dolce momento, oh dolce
contento il mio cuore provò! l’anima mia di sacro incendio viva viva
bruciò, e stemperata di amore e di affetto, tutta liquefatta di amore
restò. Lo sposo diletto invitò l’anima al sacro riposo, allora fui
sopraffatta da celeste splendore, fino il mio corpo in alto si sollevò.
In questo tempo cosa seguisse io non so ridire, la dolce impressione
che fece nel mio cuore la particolare unione del mio Signore non so
ridire. Una nuova vita mi parve di respirare; in quel momento un altro
cuore Gesù mi donò, tutto conforme al suo divino amore. Il divin
fanciulletto, aprendosi il petto, mi dava a conoscere l’infinito suo
amore. Rompendo il silenzio, la dolce sua voce così mi parlò: «Amata
colomba, diletta mia sposa, vieni, entra e riposa nel sacro mio cuore!».
Qual
meraviglia, quale stupore, non era angusto il cuore del divin
fanciulletto, ma era qual mare immenso di amore. Replicando l’amoroso
invito, diceva: «Entra nel gaudio del tuo Signore»,
e, sommergendomi nella piena della preziosa acqua, che scaturiva
dall’amoroso suo cuore, restai tutta sommersa e intimamente a lui unita.
Spettatori
di questo favore furono i santi re magi, i santi patriarchi, la divina
madre Maria santissima, con il suo castissimo sposo Giuseppe e molti
spiriti celesti. Questi nobili personaggi furono spettatori e testimoni
del distinto favore; questi nobili personaggi mostravano l’alta loro
meraviglia, il loro stupore nel vedermi tanto favorita dal celeste
sovrano, re del cielo e della terra.
Mi fece intendere il
Signore che di questo distinto favore ne voleva particolare memoria.
Non so spiegare di più, mentre si degnò Dio di avvicinarmi tanto a lui,
che arrivai a godere della sua medesima esistenza, per partecipazione;
a me pare che questo sia un grado di unione tanto intima, che non possa
più inoltrarsi creatura viatrice più di quello... non posso spiegar di
più, cosa mai godei nell’anima non è possibile manifestarlo. Molto
particolari furono i buoni effetti, e permanenti: per lo spazio di
quindici giorni mi tennero assorta in Dio.