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21 – LA PERSECUZIONE CONTRO LA CHIESA


21.1. I santi Re Magi


Il dì 6 gennaio 1815 la mattina dell’Epifania del Signore, con mia fatica e stento mi portai in San Carlo alle Quattro Fontane, per aver passato tutta la notte combattendo con il nemico tentatore, senza poter riposare. Mi porto dunque alla suddetta chiesa, dopo fatta una breve ma dolorosa confessione, vado tutta fede a ricevere Gesù sacramentato. Al momento ricevuto, sperimento una totale innovazione di spirito; mi trovai affatto libera dal persecutore Gunone, ma tutta assorta in Dio era la povera anima mia, quando mi si fecero presenti i santi Re magi. Questi cortesemente mi offrirono la loro valevole protezione. Questi nobilissimi personaggi mi dissero, pieni di affetto: «Noi siamo commessi dall’infinita bontà di Dio alla tua custodia. Noi ti aiuteremo in tutti i tuoi bisogni spirituali e temporali. Invoca i nostri nomi, e ne proverai i buoni effetti!».

Le loro amorose esibizioni molto umiliarono il mio spirito; riconoscendo me stessa, detti in dirotto pianto, ringraziando il mio Signore dell’alto favore compartitomi per mezzo dei santi Re magi. In questo tempo, sento percuotermi fortemente una spalla, alla percossa mi desto, mi sento suggerire alla mente, che parta subito da quella chiesa e vada in altra, che avrei trovato la Messa. Non mi volevo muovere, per non perdere la bella compagnia dei santi Re. «Non dubitare», mi sento dire, «questi ti verranno sicuramente appresso!».

Io scioccamente credetti a quanto esteriormente avevo inteso dirmi; mi parto e vado alla chiesa delle Sacramentarie, trovai la Messa già molto avanzata, il fatto si è che perdetti tutto il bene che godevo, e pieno di tristezza restò il mio spirito, quando mi apparve il maligno Gunone, ridendo smoderatamente, mi domandava dove erano andati i Re, insultandomi, derideva la mia sciocchezza nell’aver creduto alle sue parole; mi diceva: «Non ti sono venuti appresso i Re? Oh, sciocca che sei, a dare mente alla tua immaginazione! Non credere ad altro che quello che cade sotto i tuoi sensi, il resto lascialo andare, che sono tutte favole! Oh, quanto sono diverse le cose da quello che credi!».

Quanto grande fu la mia afflizione, nell’aver lasciato sì cara compagnia, non posso esprimerlo. Passai tutto il giorno soffrendo molti insulti dal nemico tentatore.

Il mio padre spirituale, nel conoscere che era troppo gravosa la persecuzione di questo maligno demonio, mi disse che avessi, in nome di Gesù Cristo, comandato al demonio di lasciarmi in pace.

Fatto che ebbi il comando, costui, tutto rabuffato, si ritirò in un cantone della camera, dicendo delle ingiurie contro il mio padre spirituale. Così restai in pace per due giorni; ma il terzo giorno, circa l’Ave Maria, mi trattenevo ad orare, quando mi si presenta altro demonio, sotto la figura di uomo, nano, così brutto che mi faceva terrore, le sue parole erano piene di superbia e di arroganza, mi diceva che dalla sua forza resterei sicuramente vinta; mi faceva molta paura il suo ardito parlare. Erano passati già tre giorni che questo brutto nano mi perseguitava, quando la quarta sera, mentre mi trattenevo in orazione, costui arditamente mi si mise sopra le spalle, per esser di piccola statura nana, molto bene si collocò sopra le mie spalle, ma con somma mia pena, per essere il suo corpo di un peso disorbitante. Il suo ardire servì al mio spirito di somma mortificazione, parte per il timore che avevo di ricevere qualche affronto maggiore, parte per il grave peso che aggravava il mio afflitto corpo. Il timore rese immobile il mio corpo, e con calde lacrime ricorrevo al mio Signore, pregandolo di non permettere a quel demonio di farmi maggiore insulto. Il Signore si degnò somministrarmi una invitta pazienza per soffrire la grave pena che mi cagionava. Il suddetto demonio si trattenne circa tre quarti d’ora sopra le mie spalle.

Il giorno 10 gennaio 1815 nella santa Comunione mi porto in chiesa con fatica e stento, per essere il mio corpo molto abbattuto e addolorato, ma il mio spirito godeva una interna quiete; quando fui vicino al sacro altare, il mio intelletto fu rischiarato da interna luce, per mezzo della quale conoscevo me stessa, e piena di confusione si umiliava lo spirito, e domandavo mille volte perdono all’offeso Signore.

Si tratteneva la povera anima mia piangendo amaramente le sue colpe, quando improvvisamente sono stata obbligata dallo Spirito del Signore a sollevare la mia mente e andare a Dio. Mi è stata somministrata attività sufficiente per andare liberamente a lui, mi sentivo dolcemente tirare dall’infinita bontà di Dio. Nel sollevarsi lo spirito mi si sono fatti presenti i santi Re magi, unitamente ai tre santi Angeli, che sono soliti favorirmi. Mi hanno degnato della loro compagnia, mi hanno introdotto in luogo molto insigne, dove sono stata favorita da Dio in maniera molto particolare.

Padre mio, non so dir di più. Sono stata liberata dalle persecuzioni del demonio, il mio spirito ha mutato situazione, per avermi Dio donato un grado maggiore di perfezione.

Questa grazia la devo alla valevole protezione dei santi Re magi; di questa grazia tuttora ne provo i buoni effetti, potendomi più facilmente esercitare nelle sante virtù, certe particolari inclinazioni viziose sono in me quasi estinte, e così posso più facilmente slanciarmi verso il sommo bene, che a tutte le ore mi è presente. Oh, come l’anima mia desidera possederlo eternamente!

21.2. La gloria del martirio


Il giorno 11 gennaio 1815 la mattina, nelle tre ore di orazione che soglio fare subito levata, passai circa un’ora e mezza senza poter raccogliere lo spirito. Finalmente ad un tratto fui sopraffatta da interna quiete, fu al momento trasportato il mio spirito in luogo ameno e magnifico. Trovai questo luogo ripieno di splendida luce, mi intesi rapire lo spirito, penetro dunque la luce, mi inoltro, e mi fu manifestata in questo luogo la gloria grande che gode un religioso spagnolo, fratello del mio confessore, morto fucilato per sostenere i diritti della Chiesa cattolica.

Il mio confessore mi aveva detto di fare alla suddetta anima qualche suffragio. Quando lo vidi apparire, cinto di luce risplendente assai più del sole, con ricca palma in mano, corteggiato da molti angeli e dai suoi confratelli religiosi, lo vidi occupare un posto bene alto, vicino all’augusto trono di Dio.

Oh quanto mai mi rallegrò il mio spirito nel vedere anima tanto gloriosa, mi congratulai con lui per vederlo tanto glorioso. Allora mi pregò di unire i miei ringraziamenti ai suoi, per rendere così grazie a Dio per averlo sublimato a gloria sì grande.

Mi fu mostrato ancora il posto che Dio tiene preparato a un certo religioso a me cognito, e questo mi fu mostrato dal santo martire religioso suddetto. Mi dette a conoscere ancora quanto grande era il suo desiderio di vedere occupato quel nobile posto dal religioso suddetto a me cognito.

La povera anima mia fu sopraffatta dalla gioia e dal gaudio, per la compiacenza che prese il mio spirito nel conoscere quanto è propenso Dio nell’amare l’accennato religioso.

21.3. Viva presenza di Dio


Il giorno 13 gennaio 1815, giorno di venerdì, così racconta Giovanna Felice: Molto grande fu l’interno raccoglimento che mi donò il mio Signore, fin dalla prima orazione, che sono solita fare la mattina subito levata. Questo raccoglimento era unito a una viva presenza di Dio, per mezzo della quale la povera anima mia si umiliava profondamente, e il Signore mi donava una fiducia veramente filiale.

Oh, come per mezzo di queste due virtù, la povera anima mia si avvicinava al suo Dio! Oh, come leggiadramente andava appresso al suo amoroso Signore, che dolcemente la tirava per parte di interna compiacenza! Con sommo silenzio andava appresso a lui, non altro cercando che compiacerlo.

Nella santa Comunione molto si aumentò il suddetto raccoglimento. Dopo essermi trattenuta qualche tempo dopo la santa Comunione, mi partii dalla chiesa e mi portai alla mia casa, procurando di scuotermi alla meglio, per dare di mano alle faccende domestiche; ma invano fu ogni mio studio per riscuotere il mio spirito; anzi ogni momento più si sopiva, di maniera tale che fui obbligata a lasciare le faccende domestiche.

Mi ritirai nella mia camera, mi misi in ginocchioni, posta che fui in orazioni, il mio spirito fu trasportato sul monte Calvario, dove vidi la spietata crocifissione del nostro Signore Gesù Cristo. A questa vista così compassionevole fui sopraffatta da compassione tanto viva che l’amore mi rendeva partecipe della pena che soffriva l’amato Signore. Un torrente di dolorose lacrime inondarono il mio povero e afflitto cuore; dalla pena, dal dolore venne meno il mio corpo e cadde sul suolo. Stetti in questa situazione dalle ore 18 fino alle ore 24.

Il dì 20 gennaio, giorno di venerdì, mi accadde lo stesso fatto, come il giorno 13 surriferito.

21.4. «È infinito l’amore che ti porto!»


Il dì 21 gennaio 1815 così la povera Giovanna Felice: subito levata sono stata favorita da particolare illustrazione. Questa illustrazione mi mostrava quale e quanto sia l’amore che Dio porta alla povera anima mia. A questa cognizione sentivo accendermi di amore verso l’infinita bontà di Dio. Intanto andava crescendo la cognizione, e il mio spirito andava inoltrandosi viepiù. Oh, come si struggeva di amore verso l’eterno, l’infinito, l’amante Signore!

Nella santa Comunione, da questa vasta cognizione sono passata ad un intimo raccoglimento, senza però perdere la vista intellettuale dell’eterno bene, anzi più chiaramente lo scolpiva, ma l’anima mia andava appresso a Dio con sommo silenzio, solo compiacendosi di compiacere l’oggetto amato, che dolcemente mi tirava col manifestarmi occultamente le sue nobilissime perfezioni. Il perfetto silenzio era di tratto in tratto interrotto dalla sua voce divina, che pronunciando amorosi accenti verso la povera anima mia, l’andava inebriando di amore: «Figlia», diceva, «diletta mia, ti ho creato per beneficarti!».

A queste parole la degnava di tenero amplesso. L’anima mia restava immersa in Dio. Dopo pochi momenti tornava nuovamente Dio a compiacersi: «Amica mia», diceva, «è infinito l’amore che ti porto!». Nuovamente si degnava di abbracciare la povera anima mia. Tornò per la terza volta a compiacersi con maggior gagliardia, che credetti veramente di restare estinta: «Sposa mia», diceva, «oggetto delle mie compiacenze!».

Le sue parole erano per me tanti dardi che incendiavano il mio povero cuore. Mio Dio! e come potrò io manifestare grazia sì grande? Padre mio, giunsi in quei felici momenti ad amare Dio quanto si può amare da anima viatrice. Fu tale e tanta la speciale impressione che l’anima mia ricevette da questo favore, che le compartì Dio per pura sua misericordia, che dal giorno 21 fino al giorno 25 ho sperimentato i buoni effetti della suddetta grazia, con l’essere più o meno sempre assorta in Dio.

21.5. I Gesuiti in difesa della Chiesa


Il dì 26 gennaio 1815 Giovanna Felice nella santa Comunione dai santi Angeli, che sono soliti favorirmi, fui condotta in luogo sotterraneo, dove per mezzo di torce accese, che portavano nelle loro mani, potei scolpire l’occulta persecuzione che si fa a Dio da tanti ecclesiastici, che sotto manto di bene, perseguitano Gesù crocifisso e il suo santo Evangelo. Li vedevo dunque come lupi arrabbiati, che macchinavano di balzare il capo della Chiesa dal suo trono, cercavano in ogni modo di atterrare la Chiesa cattolica; ma, come piacque a Dio, per la valevole intercessione del patriarca sant’Ignazio, vedevo dalla nobilissima Compagnia di Gesù sorgere una gran personaggio, ricco di virtù e di dottrina, molto insigne, dotato di celeste eloquenza, che sosteneva le ragioni della Chiesa cattolica, unitamente agli altri suoi compagni, molti dei quali donavano il sangue per Gesù Cristo.

A queste cognizioni la povera anima mia porgeva infocate preghiere all’Altissimo, perché si fosse degnato di liberare la nostra Madre, la santa Chiesa, da persecuzione tanto funesta. Quando in un baleno sono stata trasportata a vedere il crudo scempio che è per fare la giustizia di Dio di questi miseri; con sommo mio terrore vedevo da ogni intorno balenare i fulmini dell’irritata giustizia.

Intanto vedevo rovinare i palazzi, le città, le intere provincie, tutto il mondo era in scompiglio; non altro si udiva che flebili voci, che imploravano la misericordia: il numero dei morti era incalcolabile. Fu tale e tanto lo spavento e il timore, che perdetti ogni uso di ragione, e, annientata in me stessa, credetti di restare estinta, per il grande orrore che ebbe il mio spirito restò tutto il giorno affatto stordito dallo spavento, il corpo restò gelato, come un marmo, quasi privo di ogni sensazione. Raccomandiamoci caldamente al Signore, acciò si degni placare la sua divina giustizia, per i meriti di Maria santissima, Vergine e Madre.

21.6. Vedevo Dio sdegnato


Proseguo quello che ho tralasciato del giorno 26 gennaio; fino dal giorno 25, fui invitata dai suddetti angeli, ma un certo incognito timore mi arrestò, e non potei proseguire il viaggio; mi mancò il coraggio di inoltrarmi in quel tenebroso luogo; ma il giorno 26, come già dissi, fui per comando di Dio obbligata ad inoltrarmi.

Dirò ancora qual fu la cagione del mio gran spavento, che ho nei passati fogli occultato, non fu il vedere tanta rovina, ma bensì il vedere Dio sdegnato. Ecco come fu.

Una forza imponente in un baleno mi condusse in luogo altissimo, solitario, dove mi si fece vedere Dio sotto l’immagine di forte gigante adirato al sommo, contro quelli che lo perseguitano. Le sue mani onnipotenti erano piene di fulmini, il suo volto era ripieno di sdegno: la sola sua vista bastava ad incenerire l’intero mondo. Non vi erano né Angeli né santi che lo circondassero, ma solo il suo sdegno lo circondava da ogni intorno.

Che terrore, che spavento! questa vista durò un sol momento, ma se altro momento fosse durata, io sicuramente sarei morta. Se un solo momento mi ha cagionato tanto male, che ormai sono sei giorni adesso che scrivo e ancora soffro cagionevole il mio corpo, le potenze dell’anima mia sono ancora istupidite per lo spavento che mi cagionò vista sì spaventosa. Ah, mio Dio, non sia mai più che vi abbia a vedere così sdegnato, per i meriti di Gesù, vostro Figliolo, e per i meriti della sua SS. Madre, placate il vostro sdegno, perdonateci, per carità!