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PARTE SECONDA - LE NOZZE MISTICHE
— Dal 1813 al 1819 —
9 – UN DIO GLORIOSO CERCA LA VITA DALLE SUE CREATURE
Il
dì 15 dicembre 1813, nel ricevere la santa Comunione, così racconta di
sé la povera Giovanna Felice, fui condotta in luogo ameno e delizioso,
dove mi si diede a vedere il nostro Signore in sembianza di vago
fanciulletto. I raggi del suo splendore riempivano il mio cuore di
gaudio, di dolcezza; volevo avvicinarmi a lui, ma il ricordarmi le mie
ingratitudini mi rendeva penoso dolore. Esclamava il mio povero cuore:
«Ah, non ti avessi mai offeso, bontà infinita!».
9.1. Ha preso possesso del mio povero cuore
Ecco
ad un tratto il mio Signore ha preso possesso del mio povero cuore, in
maniera così eccellente, così sublime che si rende impossibile poterlo
ridire. Per parte di intelligenza mi ha dato a conoscere l’intima
unione che passa con le anime sue dilette. Ah, se mi fosse permesso,
quante cose vorrei dire! Ma mi perdo, mentre dubito di troppo ardire.
L’obbedienza mi obbliga a proseguire. Mi ha mostrato il mio Dio le tre
potenze dell’anima mia sotto il simbolo di tre bellissime colonne,
sopra le quali si è degnato innalzare il suo trono. Mi ha dato a
conoscere in qualche maniera, per questo ne sono capace, come questo
divino Signore alimenta l’anima mia, e come l’anima mia alimenta lui,
con mantenerlo in possesso del mio cuore. Questo è un tratto dell’amore
di Dio, tanto grande che tiene estatici i più sublimi Angeli del cielo,
vedere un Dio glorioso che dà vita a se stesso, cercare vita dalle sue
creature. Collocato che si fu con grande pompa sopra il suo trono, come
ho detto di sopra, assistito da molti spiriti celesti, così prese a
parlare: «Giovanna Felice del mio cuore, io mi compiaccio di dare vita a te: compiaciti, mia diletta, di dare vita a me in te».
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queste parole, il mio spirito divenne una stessa cosa con il mio Dio,
in maniera tale che mi pareva di vivere della sua vita divina per
partecipazione.
Con una similitudine spiegherò come Dio dà vita
alle anime sue dilette, e come le anime diano vita a questo Dio, che è
la vita stessa. Il Verbo divino, vivendo tra noi mortali, poteva dire
alle sue creature: «Io do vita a voi, ma mi compiaccio che voi diate
vita a me, benché io sia vostro creatore. A cagion di esempio, se
l’aria ne fosse stata capace, poteva dire: «Io do vita al mio creatore,
mentre il mio creatore dà vita a me che sono sua creatura».
Benché
le anime siano in grazia di Dio, Padre mio, vorrei che la vostra
riverenza mi dicesse se è comune a tutte di tanto inoltrarsi. Alle
volte sono dolcemente penetrata dallo Spirito del Signore, in guisa
tale che più non mi distinguo. Immersa in vasto oceano, mi trovo
ricolma di grazie, sopraffatta dall’amore, dilato il mio cuore, lo
ingrandisco quanto più posso, mentre vorrei amare il mio Dio quanto lo
ama tutto il Paradiso. Oh, dolce violenza che mi trasporti tanto oltre,
perfino a penetrare il cuore del mio Signore! Chi mai potrà ridire i
dolci effetti che produce nel mio povero cuore? Solo il mio Dio lo può
comprendere, mentre io stessa, che ne provo gli effetti, non ne
comprendo la vastità.
Il dì 17 dicembre 1813, nel ricevere la
santa Comunione, così racconta di sé la povera Giovanna Felice: Fui
sorpresa da dolce riposo, ma in questo riposo andava leggiadramente
inoltrandosi il mio spirito verso il suo Dio, in una maniera quanto mai
bella. Lo splendore della sua bellezza destava il mio cuore, così prese
ad esclamare: «Mio Gesù, mio amore, fin dove giunge la tua carità verso
di me, che sono la creatura più vile che abita la terra?».
Ma in
questo tempo che così esclamavo, volgo lo sguardo verso quella luce:
vedo il mio caro Gesù che dolcemente riposava sopra al regio edificio,
che si è degnato formare nella povera anima mia. Vedevo le tre potenze
dell’anima mia sotto il simbolo di tre bellissime colonne, sopra le
quali vedevo riposare il mio Signore. Quale quiete, quale pace, quale
dolcezza di spirito, quali affetti di amore sperimentava il mio povero
cuore! Ero tutta intenta a piacere al mio Signore, quando si è degnato
mandare dal suo amoroso cuore tre raggi di luce a penetrare le tre
colonne. In un momento, queste sono divenute quanto mai belle e
risplendenti. Ecco, ad un tratto una luce imponente che rendeva
magnifico questo bell’edificio; ecco la Triade Sacrosanta che si è
degnata prendere possesso di me. A qual grado di unione sia stata fatta
degna la povera anima mia, non è possibile manifestarlo, tanta è stata
la magnificenza che ha comunicato alla povera anima mia l’eterno Padre,
che più non mi distinguevo: la sua eternità luce mi rendeva una stessa
cosa con lui.
9.2. Il prezioso latte del suo amore
Il
19 dicembre 1813, nel ricevere la santa Comunione, la povera Giovanna
Felice così racconta di sé: dopo la santa Comunione sono stata sorpresa
da dolce riposo. In questo tempo il mio Dio si è degnato darmi
intelligenza particolare riguardante l’infinito suo amore. Cosa mai ha
sperimentato il cuore di gaudio, di dolcezza, di amore! Senza vedere,
senza parlare, ma con somma occultezza, godevo gli abbracci più teneri
del mio Signore. In questi amplessi sì teneri e amorosi del suo
purissimo cuore, comunicava al mio povero cuore una semplicità, una
purezza soprannaturale, che mi rendeva per pura sua carità degna di più
inoltrarmi, perfino a lambire il latte prezioso del suo amore.
Corroborata che è stata la povera anima mia da questo prezioso liquore,
da piccola bambina che mi vedeva, in un momento fui dal mio Signore
trasformata in un’arca vastissima, capace di ricevere la piena infinita
delle Sue misericordie. Sotto questo aspetto mi sono trovata in una
valle grandissima; era questa valle circondata da tre vastissimi monti,
ma – dico meglio – era questo un sol monte, vastissimo, grandissimo,
bellissimo, ma in tre aspetti diversi lo distinguevo, sicché
nell’essere un solo monte, tre monti erano. Ecco, ad un tratto, questo
monte dalle tre divisioni tramandava preziosa acqua, in tanta copia che
leggiadramente portava la povera anima mia, sotto la forma di arca,
fino alla sommità del monte. Sollevata in questa altezza il mio Dio mi
ha significato cose così belle. cose così grandi riguardanti la sua
potenza, la sua sapienza; la sua bontà, che non ho termini di
spiegarle, ma, sopraffatta dall’amore di Dio, la povera anima mia
restava vittima della sua carità. Le potenze dell’anima mia si
perdevano nella vastità della sua magnificenza, come tre gocce d’acqua
si perderebbero nel vasto mare.
9.3. Gesù Bambino intriso nel proprio sangue
La
povera Giovanna Felice così racconta di sé: In questa santa notte mi
portai alla chiesa, mi posi in ginocchioni, e al momento fui sorpresa
da intimo raccoglimento: il mio Signore mi donò una particolare
cognizione di me stessa. Quanto si umiliò, quanto si annientò la povera
anima mia! Qual fosse il dolore di avere offeso il mio Signore non
posso spiegarlo. Quante lacrime di contrizione! Mi pareva di morire dal
dolore. Ecco, in lontananza, vedo tre messaggeri celesti che verso di
me si approssimavano, mi invitavano di andare con loro. A questo invito
la povera anima mia sentiva sommo timore. E come è possibile che possa
tanto inoltrarmi, mentre sono la creatura più vile della terra? Ma
questi rinnovano l’invito; una forza superiore mi obbliga di andare con
loro.
Ecco apparire una luce che ci precede e ci conduce al
presepio. Vedo questo luogo d’immensa luce ripieno; vedo vago e
leggiadro Bambino: in povera culla giaceva, accanto alla suasantissima
Madre. Lo splendore del suo volto riempiva il mio cuore di mille
affetti, ma, riconoscendomi affatto indegna, non ardivo di entrare, ma
mi trattenevo fuori di questo luogo e domandavo perdono, pietà,
misericordia. Ma questo divin Bambinello con la sua preziosa manina mi
chiamava dolcemente: i suoi replicati inviti mi hanno obbligato non
solo ad entrare, ma ad avvicinarmi a lui. Molte erano le anime che gli
facevano corona in quel sacro luogo. Somma confusione provai mentre, ai
replicati inviti di quel divino Infante, dovetti tanto inoltrarmi,
perfino avvicinarmi alla culla. Eppure molto inferiore era la povera
anima mia in paragone di queste anime belle, che si trattenevano
all’adorazione di questo divino Infante.
Ma qual caso strano
sono io per raccontare, con sommo mio stupore: il solo pensarlo mi fa
orrore! Mi avvicino dunque alla sacra culla, e con sommo mio stupore,
la vedo tutta piena di sangue. Do in dirotto pianto, per vedere il mio
caro Gesù appena nato tutto intriso nel proprio sangue.
Ah, Gesù
mio, e chi vi ha ridotto in questo stato? Le offese dei suoi nemici,
gli oltraggi dei suoi ministri gli cagionavano questo affronto, appena
nato. Sono stata sorpresa di sommo dolore e procuravo di offrire i
meriti di tutti i santi, particolarmente i meriti di Maria Vergine
santissima sua cara Madre.
Ecco, vedo apparire tre messaggeri
celesti con tre vasi bellissimi: li presentano a Maria santissima.
Prende, questa divina Madre, tutto il prezioso sangue e con somma
riverenza lo pone nei tre vasi; si pone in atto supplichevole la divina
Signora verso il suo santissimo Figliolo. Restò stupito il mio spirito
alla preghiera della Madre santissima verso il suo santissimo Figliolo.
Come
già dissi, in questo tempo per parte di intelligenza conobbi qual fosse
la cagione di tanto spargimento di sangue di questo divino Infante,
appena nato. Meglio sarebbe occultarlo, che manifestarlo! La cattiva
condotta di tanti sacerdoti, secolari e regolari, di tante religiose
che non si portano secondo il loro stato; la cattiva educazione che si
dà ai figli dai padri e madri, come ancora da quelli a cui spetta
simile obbligazione. Siccome queste sono le persone che per parte del
loro buon esempio devono aumentare nel cuore degli altri lo Spirito del
Signore. Questi, invece, appena nato nel cuore dei suddetti, viene da
questi perseguitato a morte con la loro cattiva condotta, e cattive
massime. Mi fu manifestato chi erano i tre messaggeri celesti, chi
fossero, e a quale oggetto in questo luogo si fossero portati. Questi
sono tre angeli di alto grado, zelatori della divina giustizia, da
questa commessi per vendicare il suo giustissimo sdegno, provocato da
tante indegnazioni e peccati. Erano questi tutto sdegno contro il mondo
ingrato, volevano spandere sopra la terra il prezioso sangue, che
rispettosi tenevano nelle loro mani in quelli vasi suddetti.
Guai
a noi! Sarebbe restato al momento subissato il mondo tutto! S’interpose
la Vergine santissima: «Ah, non si eseguisca, o mio diletto Figlio, il
tremendo decreto!». Ciò detto, si genuflette sollecitamente ai piedi
del suo ss. Figliolo e ci ottiene la grazia. Il divino Infante alza la
mano santissima, autorevole e imperiosa: «Fermate, fermate! ». Per ben
due volte così disse. I messaggeri celesti dimessero il loro sdegno, e
umili e rispettosi si prostrarono ai piedi suoi santissimi. Per ordine
di Gesù Bambino consegnarono i tre vasi nelle mani di Maria santissima.
Appariscono altri tre messaggeri celesti: erano questi commessi dalla
divina misericordia. Giulivi e contenti si presentano pieni di
sommissione, prendono dalle mani della Madre ss. i suddetti vasi, e
cantando inni di lode a questo divino attributo, disparvero.
9.4. La santa anima di Anna Maria Berardi
La
povera Giovanna Felice racconta di sé come il giorno 4 gennaio 1814,
prima di ricevere la s. Comunione, mi è apparsa la santa anima di Anna
Maria e mi ha ringraziato del buon ufficio che ho fatto verso il suo
corpo defunto.
Addì 5 gennaio nuovamente è apparsa la suddetta
anima, accompagnata dai Santi patriarchi Giovanni e Felice; mi ha detto
che il giorno dell’Epifania andava alle nozze del suo sposo celeste; mi
ha promesso che si ricorderebbe di tutti quelli che a lei si sono
raccomandati.
Addì 6 gennaio, la mattina circa le sei di
Francia; mi trattenevo in orazioni: sono ad un tratto trasportata in un
luogo dove mi si dà a vedere il felice ingresso di questa anima
suddetta al paradiso. Era ammantata di luce chiarissima, preceduta da
moltitudine di spiriti celesti, accompagnata dai Santi patriarchi e da
molti Santi. Molte anime del purgatorio sono, per sua intercessione,
andate con lei in paradiso.
La gran Madre di Dio è venuta ad
incontrarla; e dolcemente la stringeva al suo materno seno. Si andava
questa anima bella inoltrando, quando ecco il caro Gesù tutto amore
verso di lei; i raggi del suo splendore penetravano questa santa anima
e la rendevano quanto mai bella e risplendente, assai più del sole;
arricchita di grazie così straordinarie, si è incamminata verso il
talamo del suo sposo celeste. Oh luce inaccessibile! Il mio povero
intelletto si perde nella tua immensità: più non distinguo, ma i tuoi
bei raggi mi sovrabbondano il cuore di amore di dolcezza, di gaudio. O
santo amore; e chi mai potrà comprenderti, eccessivo amore!
9.5. Situazione infelice del mondo
Il
dì 2 febbraio 1814, nel ricevere la santa Comunione; così racconta di
sé la povera Giovanna Felice: Sono stata trasportata in un luogo dove
ho veduto la situazione infelice del mondo. Vedevo immenso popolo
guidato dalle proprie passioni, senza ordine, senza subordinazione.
Erano deformi i loro volti, a seconda delle passioni predominanti. Di
quanto dolore mi fu vedere tanto popolo così sconcertato! Vedevo molte
anime fedeli al Signore; e queste si distinguevano da preziosa gioia
che sulla loro fronte risplendeva, più o meno a seconda della
perfezione che possedevano. Questo mi fu di molta consolazione; vedere
quanto bene regolate erano da Dio queste anime.
Ho sollevato lo
sguardo al cielo; e con mio sommo timore ho veduto il flagello di Dio
che pendeva dal suo onnipossente braccio. Era già per scagliare sopra
quegli infelici; che ho detto sopra, Oh, portento prodigioso! ecco,
vedo venire la gran Madre di Dio, riccamente vestita, accompagnata da
immenso stuolo di angeli, si presenta al trono immenso di Dio. Vedo tre
angeli che separano i buoni dai cattivi. Oh terrore, oh consolazione!
era già arrivato il momento che Dio voleva castigare questi infelici,
ma questa divina Signora ha fatto dolce violenza a Dio medesimo: ha
mandato sopra questi infelici i raggi del suo prezioso manto, così ci
ha sottratto dalla giustizia di Dio. Guai a noi, se abusiamo della
clemenza di questa divina Signora! La sua clemenza resterà esacerbata
dalla nostra ingratitudine: guai a noi, se ciò accadesse!
9.6. Vieni a consolare il mio cuore
Il
dì 17 febbraio, giovedì di carnevale, nel ricevere la s. Comunione,
così racconta di sé la povera Giovanna Felice, sono stata sorpresa da
vivo sentimento di contrizione; ero annientata nel proprio nulla; si
disfaceva il mio povero cuore in lacrime. Sono stata invitata a salire
un alto monte, ma la cognizione di me stessa mi impediva di proseguire
il viaggio. Andavo dicendo a me stessa: «Dove ti inoltri, anima mia?
Sei carica di peccati». Quando da dolce voce sono stata invitata a più
inoltrarmi. Era questa la voce del mio diletto, ecco le sue amorose
parole: «Allontana da te il soverchio timore; vieni, o mia diletta, a
consolare il mio cuore».
A queste parole la povera anima mia si
è sollecitamente inoltrata verso la sommità del monte. Oh, spettacolo
che mi ha fatto inorridire! oh, vista compassionevole! ho veduto il mio
caro Gesù carico di piaghe grondante di vivo sangue. «Ah, Gesù mio!»,
gli diceva la povera anima mia, «e chi mai vi ha ridotto in questo
stato così deplorabile? Ah, Gesù! lo so, i miei peccati vi hanno
ridotto in questo stato».
Mi sono data in preda al dolore, che
mi credevo di restare estinta. Ma il mio caro Gesù ha preso a
consolarmi con queste dolci parole: «Figlia diletta mia; tergi le tue
lacrime. Vieni a compensare le ingiurie che ricevo da quelli che si
prendono tante soddisfazioni illecite, con tanto mio disonore e dei
miei comandamenti. Vieni, mia cara, con amore a lambire le mie piaghe».
A
queste parole il povero mio spirito si è umiliato fino al profondo
abisso del suo nulla e, per compiacere il mio Signore; riverentemente
mi sono a lui avvicinata. Quando; ad un tratto; le sue piaghe sono
diventate tanti raggi di luce, così risplendenti, così belli che la sua
santissima umanità più non si distingueva. Sono stata sopraffatta da
questa bella luce; anzi, dico meglio, assorbita propriamente; che più
non si distingueva qual fossi io; qual fosse luce. In questo tempo
quali atti di amore; quali offerte andava facendo il mio cuore, mi si
rende impossibile poterlo riferire.
In questa intima unione, il
mio diletto si è degnato dare un caro abbraccio alla povera anima mia,
anzi dico di più, un casto bacio si degnò stampare sulla povera anima
mia, al momento, benché mi confesso di essere la creatura più
miserabile, divenni in quel momento tutta santa, tutta perfetta, per
fino a divenire oggetto delle compiacenze del mio Signore.
Oh
santo amore, fin dove giunge la tua bontà: fare oggetto delle tue
compiacenze la creatura più vile che abita la terra! Oh amore, oh
eccesso, oh carità, che riempì di stupore la povera anima mia, ti lodo,
ti benedico, ti ringrazio!